L’Editoriale: quando ogni libraio consiglia gli stessi libri

editoriale CHRL consigli del libraioGiulia Siena
ROMA – Succede ogni anno, sicuramente più volte l’anno. Succede in vista dei regali di Natale e succede per le vacanze estive. Entri in libreria e succede. I librai, tutti i librai, forti della loro esperienza di osservatori-lettori-addetti ai lavori ti segnalano un libro da portare sotto l’albero oppure il libro da mettere in valigia. Lo fanno in  diversi modi: con una classifica dei libri più venduti della libreria, con piccole recensioni home made, con segnalazioni o semplici richiami sulla copertina. Lo fanno e, anche questa volta, per questa estate che stenta a partire, lo hanno fatto. Mentre loro lo facevano ed erano intenti a esporre i libri “consigliati” io li guardavo – ne ho guardati almeno una dozzina in tutta Italia – e non ho potuto fare a meno di notare che tanti librai hanno suggerito gli stessi libri… L’equazione, infatti, è stata semplice: tanti librai per pochi libri. Nel mare magnum delle pubblicazioni che ogni giorno l’Italia del libro sforna, gli addetti ai lavori hanno selezionato più o meno sempre i soliti nomi. Quali sono questi nomi? L’ormai letterata Chiara Gamberale che con il suo “Per dieci minuti” sta diventando un fenomeno editoriale. Non me ne vogliano i suoi fans – che lei è anche brava a scrivere – ma non c’è solo il romanzo di chi, per dieci minuti, ogni giorno, fa qualcosa che non avrebbe mai fatto. Il tormentone, poi, che – a quanto pare – i librai italiani appoggiano è Giuseppe Catozzella che con il suo “Non dirmi che hai paura” si è aggiudicato il Premio Strega Giovani 2014. I visti, rivisti e già visti si arricchisce anche di “Open”, la vita romanzata dell’asso del tennis Andre Agassi: bellissimo romanzo per tutti ma… basta! Da notare, ancora, che tra i “consigliatissimi” e non si sa per quale motivo effettivo c’è sempre l’ultimo Premio Strega e, infatti, questa volta è “Il desiderio di essere come tutti” di Francesco Piccolo. E qui la mia domanda – come ogni anno – è sorta spontanea: facile per un libraio consigliare un libro fascettato con la sorniona scritta: Vincitore del Premio Strega; non sarebbe più coraggioso consigliare un bel romanzo ma scartato alle prime selezioni dell’ambito Premio? Quando finisce o finirà la dittatura dei grandi nomi, dei grandi marchi e dei piccoli libri? Dove comincia il coraggio di un libraio? Perché da Aosta a Bari, passando per Parma, Bologna, Roma e Napoli, io ho visto consigliare tutti gli stessi libri? Sicuramente ce ne sono di librai oculati, di quelli che leggono e che non hanno paura di consigliare un piccolo nome, un piccolo marchio ma un grande libro. Ma questi librai suonano ancora come rivoluzionari. Allora la rivoluzione facciamola, scegliamo dei libri che siano dei grandi libri e non facciamoci soggiogare dalla paura che quel libro andrebbe richiesto, prenotato e atteso. Anche questo è il piacere della lettura!

 

Buoni libri a tutti.

 

“Contro” uno Stato che non funziona più.

ControGiulio Gasperini
AOSTA – “Contro” di Lydie Salvayre, edito in Italia da Bébert edizioni (2014), è un pamphlet intenso e duro, scritto in una prosa poetica dallo stile caustico e risoluto. La critica allo stato francese è compatta e ben motivata, scandita da una progressiva accelerazione verso una corruzione che pare inevitabile e non più scongiurabile. Nato come scrittura, il progetto di “Contre” ha visto il coinvolgimento del chitarrista Serge Teyssot Gay, convertendosi in letture pubbliche che hanno coinvolto più intensamente e direttamente l’intera opinione pubblica.
La crisi della res publica riguarda tutti gli ambiti, in un’accelerazione alla devastazione che lascia soltanto vittime sulla sua strada. Creando una dipendenza persino mentale (“Perché nella repubblica da dove vengo, gli uomini non hanno più né occhi né lingua. Dicono di sì a tutto. Applaudono a tutto. Leccano e accarezzano”). Completamente abbrutiti in una sottomissione che è schiavitù, i sottomessi non esprimono neanche la minima volontà di riscatto, di rivalsa nei confronti dell’oppressore. Ma la critica si estende anche alla religione (“Il rimorso? Vedere, è una sorta di aceto cattolico e fortemente corrosivo”) e alla famiglia, all’interno della quale detestarsi “è un’antica consuetudine”. Con il beneplacito della società e dell’omertà imperante. Ma l’attacco colpisce anche i giornalisti e la stampa, che hanno smarrito la loro vocazione all’informazione e hanno, piuttosto, assunto il ruolo di terroristi, inseguendo (e osannando) piuttosto il sensazionalismo che correttezza e attendibilità: “La lapidazione viene praticata principalmente nei giornali e costituisce uno dei passatempi preferiti del paese”. Le accuse della Salvayre sono durissime, feroci: “Contro le nostre vite piegate, contro i porci che le calpestano e i sazi avari che le stritolano”. Tutta l’umanità pare scomparire sotto la carica del disfacimento, sotto il complotto annichilente del potere organizzato: “L’ultimo pazzo è morto / e così anche l’ultimo amante / […] / e così anche l’ultimo animale / […] / e così anche l’ultimo bambino / […] / e così anche l’ultimo musicista / […] / e così anche l’ultimo artista”.
La ricerca assillante, reiterata come fosse un salmo, la ricerca di una formula magica, è quella di un uomo che possa arrivare, abbattere dubbi e punti interrogativi, e sappia condurre lo stato a una nuova forma più completa, più : “Ha visto un uomo? Io cerco un uomo”. Un uomo come? Fondamentalmente “un uomo con gli occhi per vedere, una lingua per giurare e al di sotto un’anima”. Una sorta di nuovo Redentore in chiave contemporaneista, che sappia affrontare tutti i gravi problemi che affliggono democrazia e statalismo dei tempi nostri. Ma la soluzione, al di là dell’ennesimo salvatore del mondo, la Salvayre ce la propone nelle ultimissime pagine, con un imperativo che diventa piuttosto esigenza morale, etica; un imperativo che diventa impegno e dal quale non si può abdicare, né disertare: “Dite ne ho abbastanza. Dite io contro, contro, io sono contro”.