Direttore. Per gli amici: il direttore di ChrL. Pugliese del nord, si trasferisce a Roma per seguire i libri e qui rimane occupandosi di organizzazione di eventi e giornalismo declinato in modo culturale e in salsa enogastronomica. Fugge, poi, nella Food Valley dove continua a rincorrere le sue passioni. Per ChrL legge tutto ma, come qualcuno disse: "alle volte soffre un po' di razzismo culturale" perché ama in modo spasmodico il Neorealismo italiano e i libri per ragazzi. Nel 2005 fonda la rubrica di Letteratura di Chronica.it , una "vetrina critica" per la piccola e media editoria. Dopo questa esperienza e il buon successo ottenuto, il 10 novembre 2010 nasce ChronicaLibri, un giornale vero e proprio tutto dedicato ai libri e alle letterature, con occhio particolare all'editoria indipendente. Uno spazio libero da vincoli modaioli, politici e pubblicitari. www.giuliasiena.com

Al via Più Libri Più liberi 2013, scopri cosa seguire con il Piccolo Vademecum ChronicaLibri

più_libri_più_liberi2013_programmaROMA“E’ nel coraggio dei piccoli e medi editori l’antidoto per resistere alla crisi e per far vivere una società più matura e dunque più libera”. Si è aperta con queste parole, oggi, la XII edizione di Più Libri Più Liberi, la Fiera della piccola e media editoria in programma a Roma fino a domenica 8 dicembre. A parlare è stato il presidente del Senato Piero Grasso che, seppur a distanza, ha voluto mandare il suo saluto e il suo augurio alla nuova edizione della kermesse letteraria. Una kermesse, quella di quest’anno, che si è estesa anche al di fuori delle mura del Palazzo dei Congressi dell’Eur di Roma, diventando una manifestazione “espansa”, che oltrepassa le barriere per comunicare un messaggio culturale che, negli anni, ha sempre movimentato gli stand e gli incontri all’interno della fiera. “L’obiettivo è irradiare il clima che c’è in questa fiera in tutta la regione – ha spiegato Lidia Ravera, assessore alla Cultura della Regione Lazio – perché la cultura è sviluppo economico: per questo stiamo mettendo mano alla legge sulla promozione della lettura e del libro. Vogliamo – ha concluso – rifinanziare e riscrivere con gli addetti ai lavori”, partendo da Più Libri Più Liberi. Quattro giorni – tre quelli che ci aspettano – in cui il libro, in tutte le sue forme, e la scrittura, nelle varie declinazioni, saranno al centro delle curiosità del pubblico, dei dibattiti, delle presentazioni, delle critiche, delle speranze e dei progetti; saranno i protagonisti di una macchina che muove 374 espositori, 900 ospiti per 310 eventi in programma.

 

Ma cosa non bisogna assolutamente perdersi? Ecco a voi il Piccolo Vademecum di ChronicaLibri per Più Libri 2013

Venerdì 6 dicembre

– Alle ore 11.00 in Sala Corallo, a cura di Arkadia Editore, “Maria Luisa Spaziani racconta Le donne di Balthus”, conversazioni su letteratura e pittura con Maria Luisa Spaziani, Valentina Neri, autrice del libro “Le donne di Balthus ed Elisabetta Stefanelli

– Alle ore 13.00 al Caffè Letterario L’Orma Editore cura la presentazione di “E’ così bella cosa il ridere. Lettere, musica e libagioni per i due secoli di Giuseppe Verdi”, letture e musica con Marco Federici Solari, Lorenzo Flabbi e Guido Zaccagnini
a cura di L’Orma Editore

– Alle ore 15.00 Odoya Edizioni in Sala Turchese presenta “Difendere la Terra di Mezzo. Scritti su JRR Tolkien di Wu Ming 4”, interviene l’autore con Roberto Arduini

– Alle ore 16.00 nello Spazio Ragazzi, Sala Incontri c’è il Laboratorio di lettura (per bambini dai 5 anni) curato dalle Nuove Edizioni Romane: “Principersa, princispera, principazza”, una collana di libri per bambini ad alta (at)ten(s)ione per insegnare a mamma e a papà ad amare (e a comprare) i libri per bambini, con Laura Anfuso e Claudio Saba

– Alle ore 17.00 in Sala Smeraldo La Lepre Edizioni presenta il libro “L’estate di Sgt. Pepper. Come i Beatles e George Martin crearono Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” di George Martin intervengono Alessandro Orlandi e Paolo Somigli
Alle ore 17.00 presso lo Spazio Ragazzi a cura di Gallucci Editore e ANPI Roma verrà presentato il libro “Libertà: la bellezza della poesia contro la guerra. Il manifesto della Resistenza” di Paul Éluard tradotto da Franco Fortini intervengono Mario Bottazzi, Elena Improta e Daniela Poggi

– Alle ore 19.00 in Sala Ametista l’Avagliano Editore presenta “Oltre il vasto oceano. Memoria parziale di Bambina” di Beatrice Monroy; intervengono l’autrice e Giosuè Calaciura

– Alle ore 20.00 in Sala Ametista SEF – Società Editrice Fiorentina presenta il libro “Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea” di Giorgio Linguaglossa con Letizia Leone, Marco Onofrio e Aldo Onorati, coordina Dante Maffia

 

 

Intervista: con Paola Liotta “si parla di vita e si parla perciò di amore”

copertina paola liotta_copertina aurora.qxdROMA“… Ed era colma di felicità”, pubblicato da Armando Siciliano Editore, è un viaggio nel mondo di Rosalba. Rosalba, la protagonista, è giovane, determinata e romantica; la sua vita è stata segnata dal dolore ma il suo presente è caratterizzato dalla forza e dalla bellezza. Il suo mondo è fatto di amore, studio, affetto e sfide quotidiane; le sue giornate sono dedicate a tutto il bello che offre la vita, anche quando la vita sembra essere beffarda. Ma come nasce un romanzo di questo tipo? Ne abbiamo parlato con l’autrice, Paola Liotta (nella foto in basso).

 

 “… Ed era colma di felicità”: Paola, come nasce questo libro?
La scrittura è per me ricerca e disvelamento assieme, quasi un ‘dove’ ideale in cui saldare i confini tra vissuto e desiderata in unico empito creativo. Il personaggio di Rosalba nasce da ciò, fino alla sua trasposizione sulla carta. Tessere dall’esterno una geometria delle passioni e delle inquietudini di Rosalba mi sarebbe stato impossibile, è una mia creatura, perciò ne esterno il percorso e le tensioni che la animano. Dandole la parola, le garantisco la pienezza di esistere anche per coloro che leggeranno il romanzo e, magari, ne saranno conquistati. Dalla sua grazia innanzitutto. Quindi, prima di dirti del mio romanzo, ti dirò com’è nata lei. Rosalba vive e si sostanzia di quelle passioni e energie, le mie, le sue, da cui sboccia pure un nuovo personaggio, una sorta di coprotagonista o alter ego in carica, che è Rosalba Due. Detta anche la Due, questa voce, nata in un momento di estrema sofferenza per la giovane, sottolineerà con crudezza e spirito salace le distonie intorno, sino alla felice reductio ad unum, nell’epilogo. Nel romanzo ho voluto rappresentare la carica vitale di Rosalba, che si barcamena tra vicissitudini e traversie di vario genere, tra cui il lutto, la perdita e la malattia, sempre cogliendone il risvolto positivo. Ne uscirà rinnovata, in pace con se stessa e con quel passato con cui, talvolta, non si vuole saldare il conto.

Come mai la scelta di questo titolo così poetico e “promettente”?
Per il titolo mi sono ispirata a Jean Giono, un autore che io amo molto, ed è l’ultima frase del suo romanzo più conosciuto, “L’ussaro sul tetto”: “ed era colmo di felicità”. Lì si riferisce al patriota Angelo Pardi. Dinanzi ad Angelo si stagliano le Alpi e, oltre, l’Italia, dunque il giovane si avvia verso l’avventura risorgimentale. Così per me è iniziato, in una sorta di epifania improvvisa, il romanzo. Anche perché “L’ussaro”, guarda caso, è caro non solo a Pietro Citati, che ne rivaluta la “radiosa perfezione classica”, di contro a chi lo ha ritenuto un pastiche stendhaliano, ma anche alla mia Rosalba, che, sulla scorta di Giono, si recherà in Francia e avrà ulteriore conferma del suo talento. E della propria volontà di mettersi in gioco.

 

Rosalba è una giovane studiosa che ama il bello nell’arte, nella natura e nella vita, nonostante la sofferenza per la perdita prematura della madre e le difficoltà che incontrerà lungo la storia. È giovane, impulsiva e passionale; viene descritta, poi, come una creatura quasi “ascetica”, e sempre capace di carpire il lato positivo delle cose. In che modo hai lavorato per plasmare i tuoi personaggi?

Ogni personaggio ha le sue ragioni, anche disparate o impervie che siano. Come ogni scrittura. È venuto da sé chiarire il personaggio di Rosalba nelle sue note dominanti. Si parla di vita, si parla perciò di amore: abbandono totale alla felice alchimia dei sensi, alla bellezza dell’amicizia, alle effusioni per i propri cari, ma anche virtuosa, certosina sperimentazione del disinganno, a più livelli. Non ho mai incontrato uno come Ruggero, ma mi è parso divertente dargli voce. I personaggi sono stati descritti non tanto per farne degli stereotipi, da contrapporre alla presunta perfezione di Rosalba, quanto per far risaltare la sua passione illimitata per la vita. Nella storia con Ruggero, nel recupero della figura materna, persa prematuramente, nei problemi di salute di questa giovane donna ho voluto incarnare la forza con cui aderiamo alla realtà, soprattutto nelle difficoltà. Rosalba è una donna indipendente, non tollera restrizioni al proprio modo di vedere la vita. Dalle avversità, dai conflitti risorge ancora più forte, come purificata. La sua pervicacia, il suo entusiasmo sono contagiosi e incondizionati, e sono un po’ anche i miei. Dunque, ogni personaggio man mano si è rivelato lungo i sentieri naturali per cui la storia si dipanava.

 

Paola Liotta_ed era colma di felicitàSpesso, però, Rosalba si lascia soggiogare da un fidanzato bugiardo e da un ambiente accademico spietato. Non è forse troppo ingenua la nostra eroina?
Sì, ma questa ingenuità di Rosalba è ben compensata dal doppio, Rosalba Due, e dal suo piglio garibaldino. I continui richiami della Due non hanno una valenza conflittuale, piuttosto servono ad attenuare l’attitudine alla riflessione di Rosalba e il suo sperticato ottimismo. Ella ha dalla propria parte una buona dose di cocciutaggine e di intraprendenza. L’apparente passività del suo personaggio, riservato e pensoso, è segnata dalla fine capacità di intuire il cuore degli altri, da una straripante bontà, che si risolvono sempre in sincera adesione alla vita. Come non pensare, un momento, allo stendhaliano “Dove diavolo avete vissuto finora? Siete un ciottolo non levigato dall’attrito”? Rosalba questo attrito lo ricerca e vi si butta a capofitto; anzi non si sottrae a nessuna intemperia le si opponga. Nella sofferenza acuta della separazione da Ruggero è germogliata la Due, con il suo limpido sguardo sul reale. Da ciò la caratterizzazione del personaggio trae linfa vitale. E la narrazione si fa dicotomica e brillante, facendo dilagare questa tostissima doppia voce, e le sue accorte manovre dissacratorie, finanche a Parigi, dove la Due vorrà chiamarsi, con un pizzico di civetteria d’altri tempi, Chérie.

 

 E del personaggio di Ruggero, questo uomo affascinante ma anche bugiardo e irresoluto – alle volte quasi nocivo per la protagonista – cosa puoi dirci?
Non ho mai incontrato un Ruggero in carne e ossa, piuttosto l’infliggergli certe caratteristiche che mi infastidiscono in chiunque – uomo o donna che sia – mi ha permesso di delineare il suo amore per Rosalba in tutte le variabili, dall’attaccamento all’amicizia all’attrazione, sentimenti molto importanti nel manifestarsi dei miei personaggi. Ruggero è molto sensibile al fascino femminile; alla bellezza aggraziata di Rosalba lui non può resistere, senza per questo sentirsi fino in fondo legato a lei. È un dato oggettivo del personaggio, altrettanto la sua natura collerica e possessiva. La sua visione dell’amore, molto pratica e libera, viene spesso a collidere con quella di Rosalba, a tratti un po’ edulcorata. Da qui, le rampogne della Due. Ma Rosalba ama in modo appassionato e totale non solo Ruggero, ama così anche la vita. E la fiducia di Rosalba in Ruggero deve continuamente fare i conti con la natura precaria del loro legame, come lo è ogni tipo di legame inteso quale libera elezione dei propri sentimenti.

 

Il fulcro di “… ed era colma di felicità” è la presa di coscienza di Rosalba attraverso la scrittura. Scrivere una lettera a Ruggero per ripercorrere i propri sentimenti e capire la strada da intraprendere è un modo per guardare con lucidità e distacco le cose. Per te che ruolo ha la scrittura?

Credo che il vivere con generosità la vita, come Rosalba, porti a un innato desiderio del confronto, della ricerca di sé nell’altro e della diversità come spunto di arricchimento. La scrittura permette e questo scambio e questo arricchimento, una scrittura che si sostanzi di letture e di profondo rispetto per la bellezza della vita. Come per Rosalba, anche per me “la letteratura io me la cucio addosso, me la rivivo, per trovarci delle chiavi di lettura con cui inquadrare il magma bruciante nel quale siamo immersi, dispersi, come frammentati”. Così, dopo due sillogi poetiche, “Del vento, e di dolci parole leggere”, del 2009, “Di Aretusa e altri versi”, del 2011, sono approdata al romanzo, un genere che è nelle mie corde da sempre. Credo che la scrittura abbia enormi potenzialità disvelatrici del reale, e che possa coniugare in sé queste formidabili possibilità espressive, e nella poesia e nella prosa. Come è connaturato al romanzo, nella sua natura polifonica – e penso a Diderot, a Sterne, a Virginia Woolf, al nostro Sciascia, per esempio – la contaminatio assortita e coraggiosa di vari aspetti del reale, in varie fogge.
La prosa può cogliere, come è della poesia più alta, “l’immensità dell’attimo”. Consentendoci davvero – così dice Rosalba, del foglio su cui appunta a brani la lettera per Ruggero – uno “spiraglio d’infinito”.

Le tre parole che preferisci
Risponderò con Rosalba, come lei, e con parole sue:
Speranza: “si intrufola a tratti nella frase più limpida e innocente, sbattendo piccole ali d’oro orlate di verde, troncando una parola in un sottinteso, conferendo magici tintinnii a una risata incoerente su piccoli denti bianchi voraci tra la rosea morbidezza della lingua caricando l’aria di un profumo denso d’estate”. Primavera, e passione: “lo osserva con occhi tersi di primavera, dicendosi che ora è primavera, ossia la promessa del sole e la speranza dopo il freddo, nivale inverno poetico e del cuore. Si ritrova impavida, felice, come quando si è sotto l’effetto di una grande passione e non ci si potrebbe sottrarre ad essa neanche volendolo”. Vita: “Si lascia travolgere da colori, voci e suoni che non la lasciano mai insensibile come non le è indifferente l’occhiata seducente di Dario su di sé o la voce di Fausto ancora in testa perché entrambe ben identificabili, fonte di piacevoli emozioni, di quel suo amore sconfinato per la vita”.

 

“…Ed era colma di felicità”, la storia di Rosalba è una storia di non solo amore

copertina paola liotta_copertina aurora.qxdGiulia Siena
ROMA
“La scrittura, innanzitutto, perché è un’ancora di salvezza. Non sarà forse vero che negli occhi di chi scrive passa tutto il dolore del mondo? Perché scrivere è un atto di coraggio, testimonianza di cuore e di amore per la vita, una scelta che può liberarci dalle contingenze, elevandoci al di là delle sofferenze e dei dispiaceri più o meno immediati che siano”. La scrittura è una delle passioni di Rosalba Guerrera; la scrittura riesce ad appagarla, la spinge a dimenticare le sofferenze passate, la stimola a cercare il meglio e a dare il meglio di se stessa, in tutto quello che fa. Rosalba è giovane, è siciliana, è appassionata ed è la protagonista di “…Ed era colma di felicità”, il romanzo di Paola Liotta pubblicato da Armando Siciliano Editore.

 

 

La passione di Rosalba è la vita e tutto quello che comporta: amore, arte, affetti, competizione e sfide, ma spesso Rosalba si trova quasi impigliata nella sua rigidità caratteriale, anche quando le situazioni andrebbero prese di petto, come quella con Ruggero. Il fascino di questo uomo a tratti arrogante, rappresenta per Rosalba l’amore. Un amore fatto di dedizione e donazione, un sentimento avvolgente e quasi cieco, anche quando gli avvenimenti porteranno Rosalba a scegliere, perché, dall’altra parte, c’è un altro amore: quello per il suo lavoro all’Università, fatto di studio e ricerca. Il suo senso di responsabilità, infatti, insieme a una sensibilità innata, fanno spesso soffrire la protagonista della Liotta, rendono questa creatura fragile e quasi ingenua. A soccorrerla, però, arriva la Due. Rosalba Due è  una figura che è una trovata narrativa semplice e sagace per dare verve a questa storia fatta di realismo e sogni. Il realismo è rappresentato da una perdita troppo grande da dimenticare, perché quando Isabella è venuta a mancare Rosalba era troppo piccola per immagazzinare tutto l’amore per affrontare il futuro; un amore sbagliato – quello per Ruggero – perché l’uomo la deluderà spesso e poi un neo sconnesso cresciuto sulla sua pelle come una minaccia. Dall’altra parte, però, ci sono i sogni: le sue ricerche su Jean Giono, il suo lavoro pieno di stimoli e Dario.

 

 “…Ed era colma di felicità”, il romanzo di Paola Liotta, intreccia vari aspetti della quotidianità, affermandosi come un inno alla vita attraverso la scrittura.

 

“PappaMilano 2014” la guida giusta per l’indirizzo giusto

pappamilano_2014MILANO – Il “PappaMilano 2014” di Valerio M. Visintin ci solleva dal difficile compito di scegliere il ristorante per trascorrere una piacevole serata nella città meneghina. “PappaMilano 2014”, pubblicata da Terre di Mezzo Editore, ci porta alla scoperta di 100 ristoranti di qualità (con 32 nuovi indirizzi e tutte le schede aggiornate) a buon prezzo per conciliare la soddisfazione del palato con quella del portafogli. PappaMilano contiene tra le sue preziose pagine indicazioni su osterie, trattorie, enoteche, ristoranti classici, regionali e pizzerie: praticamente tutto lo sciibile sul mangiar bene a Milano senza spendere una fortuna

Una serie di icone favoriscono il colpo d’occhio: i ristoranti garantiti dall’autore, quelli a prezzo veramente stracciato, le cucine aperte fino a tarda ora. Inoltre, una pratica mappa vi suggerisce il ristorante più vicino. Un capitolo è dedicato alle interessanti “risto-botteghe”, gli alimentari con uso di tavoli.

 

“Manuale di cucina sentimentale”, la vita è una ricetta che non ti aspetti

manuale-di-cucina_chronicalibri_recensione_liveraniGiulia Siena
ROMA
“Quei venerdì erano qualcosa di più di una semplice cena tra amiche a parlare di tizi carini, fidanzati immaginari, capi insopportabili, lavori precari, sesso insoddisfacente, dipendenza da social network, chili da perdere e colpi di testa: era l’idea che in un periodo storico di inquietudine e incertezza, in cui la precarietà lavorativa e sentimentale ci costringeva ad aggiornare i nostri sogni e a non prenderci troppo sul serio, gli unici punti fermi che avevamo erano l’amicizia e una cena da condividere con chi la sapesse apprezzare”. Tessa, Agata e Cecilia si incontrano ogni venerdì sera. Il loro è quasi un rito, un appuntamento al quale non si può rinunciare: ogni settimana, a turno, si mettono attorno a un tavolo imbandito, si spogliano dei propri orpelli sociali e assaporano il gusto e la piacevole complessità delle chiacchiere. Ogni venerdì di ogni settimana, nonostante tutto. Il tutto per Tessa, “foodblogger imprigionata nel corpo di un avvocato”, era un fidanzato QuantoBasta, un lavoro alquanto frustrante e una madre che le ripeteva “E adesso? Te lo avevo detto!”; ma la sua unica, vera e grande passione era la cucina, anche se spesso si lasciava imprigionare dalla ricerca della ricetta perfetta. Il “tutto il resto” di Agata, “una giornalista di moda sovrappeso con l’ossessione per la dieta” era spalmato durante la settimana, quando, vestiti i panni di una milanese fashion writing scriveva di diete, bellezza e tendenze. Per Cecilia “una bio-donna integralista  del km zero”, il resto era rappresentato dalla lotta ai pesticidi e agli OGM, mentre passava il tempo ad accudire Romeo, un panetto di pasta madre che si portava dietro dalla fine della storia con Gaspare.

Le vite di queste giovani donne così diverse si incrociavano ogni venerdì sera; mano mano che i mesi passano e i venerdì si alternano, le loro vite cambiano, prendono direzioni differenti, inaspettate e sorprendenti. Le nostre tre donne devono scontrarsi con la vita che, fuori dalle mura domestiche, continua sagace a cambiare le carte in tavola.
E loro devono crescere, improvvisando la ricetta della propria esistenza.

 

Questo – e molto altro – è “Manuale di cucina sentimentale”, il primo romanzo di Martina Liverani, giornalista e foodblogger già autrice di “10 ottimi motivi per non cominciare una dieta” (Laurana). Pubblicato da Baldini&Castoldi, il nuovo libro della Liverani è un romanzo piacevole e divertente, un racconto immediato e veritiero (tranne la possibilità di riuscire a trovarsi lo stesso giorno della settimana di qualsiasi mese) della società attuale. L’autrice fa del cibo uno strumento comunicativo: ci si confronta attraverso il cibo, si parla attraverso il cibo e lei stessa parla attraverso il cibo; infatti, usa il cibo – tema tanto inflazionato in questo periodo – per parlare di una generazione, quella dei trentenni, sempre alla ricerca della felicità.

 

Manuale di cucina sentimentale. Penso che la cucina abbia molto da insegnare, ed è una specie di metafora della vita- Come si cucina un arrosto o una torta fatta in casa, così si cucina la vita. Fateci caso, le regole della cucina valgono anche per la vita e per i sentimenti”.

“Ecocentrica”, il benessere del Pianeta dipende da noi

Ecocentrica_recensione_chronicalibriGiulia Siena
ROMA 
“Sono diventata ecocentrica, ho scelto, cioè, di porre l’ecologia al centro della mia vita, consapevole che dal benessere del pianeta dipenda il mio. Di fronte al bivio cerco di scegliere sempre il meglio per l’ambiente, godendo di una qualità di vita non solo ottima ma persino più salutare e risparmiosa”. Inizia con questi intenti “Ecocentrica. Facili consigli per vivere felici aiutando il nostro pianeta”, il libro di Tessa Gelisio pubblicato da Giunti nella collana Variamente.

La giornalista e conduttrice tv – da sempre interessata alle tematiche ambientali – con la collaborazione della naturalista Emanuela Busà e del biologo Edgardo Fiorillo dell’associazione forPlanet, ci porta a capire quali sono le piccole grandi battaglie che l’uomo deve combattere ogni giorno per la preservazione del proprio benessere sulla Terra.

 

Ogni giorno la nostra vita tra le pareti domestiche e il luogo di lavoro mette a dura prova l’equilibrio ambientale del Pianeta: inquinamento, desertificazione, cambiamenti climatici ed esaurimento delle risorse di prima necessità sono il risultato di decenni di consumismo. Con “Ecocentrica” si dimostra, invece, che si può passare senza fatica dal “consumare meno” al “consumare meglio”. Orientare all’ecosostenibilità, infatti, le scelte quotidiane è possibile e Tessa Gelisio spiega come riuscirci in modo naturale e senza stress. Partendo dalle scelte per la nostra casa (arredamenti, prodotti per la pulizia e un corretto modo di riciclare) o per il nostro corpo (bellezza e make up), il libro ci fornisce utili informazioni che si nascondono nelle etichette dei prodotti per scoprire che con un po’ di inventiva e buona volontà possiamo trovare la nostra ricetta per la sostenibilità.

Via del Vento pubblica “L’inizio e la fine”, lo sguardo spietato di Irène Némirovsky

Irène Némirovsky_via del vento_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
“E’ vero mi ero augurato ancora il dominio sugli uomini… La vita ci offre spesso la caricatura dei nostri sogni”. Eppure il procuratore Deprez non aveva mai osato sognare molto: già a vent’anni si era augurato di “avere per tutta la vita una camera imbiancata a calce e un letto in ferro” senza pretese di ricchezza e accontentandosi del futuro, pur vivendo una mezza povertà. Ora gli sta venendo meno anche il suo unico e incessante pensiero, l’avvenire. Da qualche giorno sa che non ha più molto tempo davanti a se. Il suo tempo verrà consumato presto da una malattia. Vorace e veloce. Il tempo, allora, da amico mansueto del procuratore si fa ricatto: lui, un uomo piccolo e gracile che negli anni ha acquisito sicurezza, forza e salute nell’indossare la sua toga rossa, dovrà decidere del tempo di un altro uomo; lui che di tempo ne ha ormai poco. Cosa fare mentre la debolezza incalza? Lasciarsi attorniare dal gioco beffardo oppure combattere il male altrui attraverso il proprio male?

 

Matematica, intensa e perfetta. Questa è la prosa di Irène Némirovsky ne “L’inizio e la fine”, il racconto pubblicato per la prima volta in Italia – a cura di Antonio Castronuovo – dalla casa editrice Via del Vento. “L’inizio e la fine”, apparso il 20 dicembre 1935 sul periodico parigino “Gringoire”, è solamente uno degli oltre cinquanta racconti che rappresentarono per l’autrice francese di origine russa un continuo e costante esercizio di eccelsa scrittura. In questo scritto, come nei suoi più famosi romanzi, la Némirovsky ci appare come un’osservatrice attenta e distaccata che utilizza la sua narrazione cristallina per farci entrare nel racconto da spettatori privilegiati.

“Street Food all’italiana”: il buono e il bello di mangiare con le mani

Street Food_Giunti_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– “Un viaggio lungo tutto lo stivale, emozionante e coinvolgente, alle radici della cucina italiana più verace, semplice e generosa, fatta di pochi ingredienti poveri, quella che ha nutrito il popolo per secoli. Le bevande e le pietanze dello “street food all’italiana” testimoniano una grande storia, ricca di umanità e creatività: ve la raccontiamo attraverso i tanti protagonisti che abbiamo incontrato”.
Comincia da qui il viaggio di Clara e Gigi Padovani lungo le strade italiane del gusto alla ricerca di pietanze autentiche, genuine e pronte da consumare. Questo viaggio è “Street Food all’italiana. Il cibo di strada da leccarsi le dita”, il libro della “coppia fondente del food writing italiano” pubblicato da qualche settimana da Giunti. Il volume, presentato il 5 ottobre a Cesena nel’ambito di Saporìe, Festival del Cibo di Strada, racconta le origini antiche, le evoluzioni gourmet e l’attuale notorietà dello street food.
“Con il termine street foods – definisce la Fao – si indica un’ampia gamma di cibi pronti da mangiare e di bevande, venduti e a volte preparati in luoghi pubblici, in particolare nelle strade”. Questo fenomeno, molto in voga negli ultimi anni, ha radici molto antiche che risalgono ai banchetti della Roma imperiale e alle feste regali di Lorenzo il Magnifico. La tradizione vuole, poi, che il cibo di strada – caratterizzato in ogni regione d’Italia dalla territorialità e dalla stagionalità dei prodotti – abbia conosciuto il declino e l’ascesa secondo guerre, carestie e sviluppo economico. Oggi lo street food è il simobolo di una cucina che torna alle sue radici seguendo la qualità e la crescente necessità di un cibo buono, gustoso, territoriale, veloce ed economico. Sono questi, infatti, gli elementi che contraddistinguono lo street food all’italiana dal fast food globalizzante; nei nostri cibi di strada c’è, poi, un tipo di ristoanzione che riflette le culture locali tradizionali e si accompagna alla perfezione con il piacere di mangiare in piedi usando le mani: un’azione, un’esperienza che riesce a coinvolgere tutti i sensi.

In questo viaggio culinario-emozionale si va dall’Alto Adige all’Abruzzo, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, dalla Liguria alla Puglia alla scoperta degli artigiani del gusto, donne e uomini che ogni giorno nei loro chioschi e nei loro negozi interpretano e re-interpretano una cucina fatta di passione, fatica, idee e coraggio. I “Mangiari di strada” dello chef Giuseppe Zen di Milano (via Lorenteggio 269), il Lampredotto Pollini di Firenze (via De Macci) o la focaccia ligure di Zena Zuena di Genova (via Cesarea, 78); il pani ca’ meusa di Rocky Basile (piazza Caracciolo) o di Chiluzzo (Piazza Kalsa, 11) a Palermo, così come le specialità napoletane di Timpani e Tempura (vico della Quercia, 17) o la tradizione romana del filetto di baccalà nel centro storico di Roma dal Filettaro a Santa Barbara (Largo dei Librari, 88) sono le tappe del gusto che Clara e Gigi Padovani hanno esplorato per raccontare un’Italia che si lascia conoscere attraverso le specialità culinarie. Non ci sono – e non è una scelta casuale, ma un po’ ci dispiace – le nuove declinazioni di street food (guarda il Trapizzino di Stefano Callegari a Roma o le tante varianti italiche del kebab o del panino), perché “Street Food all’italiana” è un libro che va alla radice di questo fenomeno molto italiano, ne racconta la nascita, il percorso e i virtuosi protagonisti che portano avanti la storia.

 

“Street Food all’italiana” non è solo un libro; è un itinerario, è una guida, è un ricettario, è una testimonianza di come il cibo di strada sia espressione di alta cucina e spunto per l’alta cucina. Infatti, lo street food è stimolo e invettiva anche per grandi chef: Gualtiero Marchesi, Massimo Bottura, Fabio Picchi, Davide Scabin, Ciccio Sultano e Mauro Uliassi parlano in questo libro della loro passione e del loro legame con il cibo di strada, regalando al lettore-buongustaio rivisitazioni e ricette di piatti street. Il libro, poi, è un continuo viaggio che non si esaurisce all’ultima pagina, anzi! Grazie al pratico Qr Code (il simbolo è rintracciabile in oltre 40 pagine del libro) il lettore viene rimandato direttamente al sito di Street Food Italia con video interviste e approfondimenti che permettono un contatto diretto con tutti i protagonisti del volume.

 

“Si mangia per strada, da secoli, per necessità, per fare in fretta, per risparmiare. Ma anche per il piacere di condividere un’esperienza con persone che, diero al banco, sono lì tutti i giorni a fare il loro lavoro con passione e impegno”.

Domani in libreria: “Venga pure la fine”, il nuovo romanzo di Roberto Riccardi

Venga pure la fine_Roberto Riccardi_chronicalibriGiulia Siena
ROMA – “E adesso venga pure la fine, venga pure la notte. Sono pronto ad accoglierle. Venga pure un nuovo inizio, perché è solo quando tutto finisce che incomincia davvero qualcosa“.

 

Arriva in libreria domani, mercoledì 25 settembre 2013, “Venga pure la fine”, il nuovo romanzo di Roberto Riccardi pubblicato dalle Edizioni e/o nella collana Sabot/age, diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto. “Venga pure la fine” è un’invocazione, una presa di coscienza, un arrendersi, un donarsi, un abbandonarsi al dovere e a quello che sarà. “Venga pure la fine” è la nuova e inattesa indagine di Rocco Liguori, il tenente dei Carabinieri già protagonista di Undercover. Niente è come sembra”.

Questa volta dovrà recarsi all’Aia a disposizione del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia. In quella terra ad Est lui c’è già stato, sette anni prima, nel bel mezzo di un conflitto fraticida che ha segnato la storia della Bosnia. Allora, anche se doveva rimanerne fuori per questioni politiche, Rocco Liguori aveva arrestato il macellaio di Gračanica, quel Milan Dragojevic colpevole della strage di Srebrenica e di altri eccidi in una terra costantemente lacerata dalle lotte. Dopo l’arresto tra loro cominciò un rapporto epistolare intenso, fatto di riflessioni e consapevolezza. Liguori ora deve tornare su quei passi, deve tornare in ex-Jugoslavia per indagare sul tentato suicidio di Dragojevic. Il colonnello, infatti, è in coma; probabilmente ha ingerito una massiccia dose di quei farmaci con i quali doveva combattere un nuovo nemico, la depressione. Ma la storia del tentato suicidio, per un uomo che ha procurato tanto male al suo stesso popolo, non regge. Il procuratore vuole che Liguori scopra di più. E Rocco lo fa, vorrebbe esimersi ma non può; vorrebbe anche evitare di tornare con la memoria e con gli occhi a quelle terre che sono state lo scenario della sua folgorazione per Jacqueline. Anni prima, infatti, proprio in Bosnia aveva incontrato questa “miscela di armonie silenziose che culminavano in un sorriso radioso e una voce cristallina”, una donna che gli aveva scombussolato i sensi e gli aveva dato buone idee per la cattura del colonnello. Ora lo scenario è cambiato, gli anni Novanta sono lontani, rimangono, però, gli antichi rancori nello sguardo risoluto di kosovari e bosniaci e l’indagine di Liguori prende, improvvisamente, rotte internazionali. La storia tiene dentro altre storie (magistrale il riferimento al libro di Elsa Morante) e viaggia velocemente su piani temporali diversi; il palcoscenico su cui si muovono i personaggi è un susseguirsi a velocità impressionate di città Europee: L’Aia, Sarajevo, Cracovia, Londra, Roma, come a ricordarci che la criminalità non risparmia niente, nessuno e in alcun luogo.

 

Roberto Riccardi – vincitore con “Undercover” della seconda edizione del Premio Letterario Mariano Romiti – firma un nuovo e avvincente romanzo, un libro in cui alla padronanza della materia si aggiungono sfumature e dettagli che solo un ottimo narratore può carpire.

 

“La vita non torna indietro a offrirti di correggere uno sbaglio. Lei è già altrove, a decidere per qualcun altro che, come te, si crede eterno ed è solo l’ennesimo granello nella polvere del tempo. La vita non torna indietro, non lo fece neppure quel giorno”.

 

Guarda QUI la video intervista a Roberto Riccardi realizzata con ItvRome.

Edizioni Leima, quando si produce cultura non c’è competizione. Intervista a Renato Magistro

EdizioniLEIMAGiulia Siena
PALERMO – Da legatoria a casa editrice: questa l’evoluzione che ha portato LEIMA a completare un lungimirante progetto attorno ai libri. Questi ultimi, infatti, da semplice manufatto sono diventati un prodotto culturale veicolo di storie attuali, graffianti e necessarie. Di storie, progetti e nuovi libri abbiamo parlato con Renato Magistro, direttore editoriale della casa editrice palermitana.

Che cos’è LE.I.MA?
LE.I.MA. è l’acronimo di Legatoria Industriale Magistro, l’azienda che è al contempo il cuore e l’origine di tutto il nostro progetto. La legatoria nasce nel 1990 su iniziativa di mio padre, Franco Magistro, che ha sempre considerato il libro come un manufatto pregiato e che ha fatto della puntualità e della qualità il punto di forza dell’azienda, al punto che LE.I.MA. è attualmente l’unica legatoria industriale della Sicilia, che cura le produzioni di tante altre realtà editoriali, non ultima la Sellerio. Da questo amore per il libro come oggetto alla decisione di curare un prodotto che fosse interamente “nostro” il passo è stato breve, e così sono nate le Edizioni Leima.

Fondata nove mesi fa, nel gennaio del 2013, la casa editrice LEIMA è nata per un bisogno di cambiamento in questo momento di crisi. È questo il ruolo della cultura? dare una possibilità, una chance, una speranza per cambiare rotta?
Il ruolo della cultura è stato sempre fondamentale in ogni società, e lo è ancor di più nella nostra, così soggetta a rapidi cambiamenti da necessitare un punto di riferimento forte. I libri servono a dare voce alle opinioni, a ricordarci i nostri legami con il passato, e permetterci di sognare, e a tanto altro. C’è una richiesta costante di ragioni e di emozioni nel nostro tempo, e i libri sono senza dubbio una delle fonti più durature a cui attingere.

I libri LEIMA sono storie forti, romanzi pieni di verità, sofferenza, vita e sfida. Qual è la linea editoriale che perseguite e come scegliete i vostri libri?
Le Edizioni Leima sono una realtà giovane, sia dal punto di vista della nostra esistenza nel mercato editoriale sia per la reale composizione del nostro team aziendale. Abbiamo deciso quindi di non “falsarci”, omologandoci ad altre realtà che sono sicuramente più adatte della nostra a interpretare la tradizione, ma di trasferire questa caratteristica nel nostro lavoro. Siamo giovani e quindi ci appassioniamo per i problemi reali che si affrontano ogni giorno, per le sfide e, diciamolo pure, anche per le trasgressioni. Ci piace anche avere un rapporto franco e creativo con i nostri autori, così è pure vero che molto progetti sono nati, e altri ne nasceranno, davanti a un caffè. La casa editrice ha tre collane: Le stanze ospita la narrativa a 360° gradi senza limitazioni di struttura narrativa, Le mani si occupa di saggistica mentre Le visioni comprende libri fotografici e monografie. Questo ci permette quindi di spaziare nelle nostre scelte editoriali e di ospitare autori con temi e vocazioni molto diversi tra loro.

Renato_Magistro_WEBDa Palermo a tutte le librerie d’Italia, questa la sfida di una casa editrice di “provincia”. Quali sono le difficoltà e i vantaggi di operare fuori dalle grandi rotte editoriali?
La difficoltà è senza dubbio quella comune a tutta la media e piccola editoria, ovvero quella di emergere e di crearsi un proprio spazio in un panorama nazionale ormai popolato da tantissime realtà, tra le quali il lettore spesso si perde e non sempre riesce a scegliere. Il vantaggio è quello di riuscire a creare una rete locale molto forte, fatta di un dialogo costruttivo sia con gli autori e gli operatori del settore, sia con il pubblico, con il quale riusciamo a dialogare a tu per tu, coinvolgendolo nei nostri eventi.

Sempre meno libri venduti, sempre più case editrici: come vive LEIMA questa continua “lotta”?
Il nostro motto è che, quando si produce cultura, non c’è competizione. Nel nostro settore i prodotti non si annullano a vicenda, ma si sommano per arricchire il lettore e il panorama culturale. Pensiamo che la collaborazione con le altre case editrici possa rappresentare la forza necessaria a creare eventi più grossi che permettano alla cultura di far parlare di sé. La lotta riguarda in realtà il calo delle vendite dovuto al fatto che in Italia si legge meno. La sfida allora si gioca tutta sul terreno dell’approccio al lettore, e soprattutto alle giovani generazioni di lettori. Il coinvolgimento e la partecipazione del pubblico sono la vera sfida da vincere.

Le novità per la prossima stagione autunno/inverno?
Abbiamo in cantiere ben quattro titoli per l’autunno/inverno 2013. A ottobre usciranno due volumi per la collana Le mani: “Suicidi d’onore” indaga da un punto di vista psicologico/antropologico il fenomeno dei boss che hanno infranto uno dei tabù del codice mafioso togliendosi la vita, “PolitikApp” è invece un piccolo saggio che analizza e spiega l’attuale situazione economico/politica nel nostro Paese. A novembre, con le strenne natalizie, si torna alla narrativa de Le stanze: sempre politica, ma stavolta tutta da ridere con “Cronaca dannata”, una divertente satira arricchita da illustrazioni sugli ultimi avvenimenti del Belpaese. Last but not least, uscirà anche il primo volume de Le visioni, una filmografia completa e corredata da una ricca sezione fotografica dedicata al cinema del grande Lucio Fulci, il regista che ha ispirato e ispira Quentin Tarantino.