L’estate vien bevendo: “Succhi e frullati”

succhi di fruttaMILANO “Succhi e frullati” di Carla Bardi è il libro perfetto per chi cerca idee e suggerimenti per bevande gustose e salutari: succhi di frutta, centrifugati, frullati. Questo volume, pubblicato recentemente da Gribaudo, raccoglie tantissime ricette (ben 100 e tutte testate) – dalle più classiche a quelle più particolari – facili e veloci da preparare. Succhi di frutta, frullati e centrifugati sono adatti per qualsiasi circostanza e a qualsiasi ora del giorno: per una leggera merenda, con gusti decisi alle verdure, o per una dolce colazione, con creme e cioccolato: dal succo di mela e zenzero al frullato di banana caramellata, al succo di pomodoro fatto in casa, al frullato di cipolla, sedano e pastinaca.

Siete curiosi? Non vi resta che provare!

Novità: “Andirivieni”, una vita in viaggio

andirivieni_200pxROMA “Si dice che la testa non serva solo a usare il cappello. Si dice anche che le gambe e i piedi non esistano solo per usare le scarpe. Con le gambe e i piedi camminiamo, corriamo… viaggiamo”. Il viaggio è il tema centrale di “Andirivieni”, il libro di Isabel Martins Minhós e Bernardo Carvalho pubblicato in queste settimane da La Nuova Frontiera Junior.

 

L’andirivieni degli uomini, che percorrono chilometri e chilometri in automobili, navi e aerei, ci sembra al giorno d’oggi facile e scontato. Ma sulla terra non siamo gli unici: come noi, molti uccell mammiferi e pesci si muovono in cerca di cibo o di un buon clima. E questi incredibili viaggiatori non solo ci sorprendono per le distanze che percorrono, ma anche per l’enorme rispetto che, al contrario di noi, hanno nei confronti della natura e dell’ambiente.

 

Andirivieni è colori, viaggio e cultura del viaggio. Andirivieni è un libro illustrato (adatto dai 5 anni) ci sfida a riflettere sul nostro arrogante stile di vita quando viaggiamo, perché spesso, ignorando le esigenze e le culture dei luoghi che visitiamo, possiamo mettere a repentaglio il fragile equilibrio del pianeta.

 

 

I nostri libri per l’estate 2013

CHRONICALIBRI al mareOSTIA – Siamo andati al mare. Per consigliarvi le letture per questa tanto attesa estate 2013, abbiamo affrontato il vento e la salsedine. Abbiamo scelto per voi e per le vostre vacanze – in montagna o al mare, in collina o in campagna, al lago o a pochi passi dal fiume, in città o in un tranquillo eremo – dei libri che per qualche motivo ci sono piaciuti o hanno attirato la nostra attenzione. Sono libri di diverso genere: romanzi, libri per ragazzi, saggi e racconti di viaggio che percorrono strade e storie che in qualche modo ci hanno affascinato. Per motivi televisivi abbiamo dovuto fare una selezione, ma seguendo le nostre recensioni e le video-interviste realizzate con iTvRome potete scegliere liberamente il tipo di libro che preferite.

 

1. “La leggerezza perduta” di Cristina Bellemo, Topipittori

2. “Parigi on ice – Tre amiche sul ghiaccio” di Mathilde Bonetti, Piemme

3. “Musa Enferma” di Luna Miguel, Damocle Edizioni

4. “Vienna è un viaggio in carrozza” di Michele Monina, Laurana

5. “Non è per cattiveria. Confessioni di un viaggiatore pigro” di Antonio Pascale, Laterza

6.  “Diario del viaggio in Spagna” di Francesco Guicciardini, Edizioni Studio Tesi

7. “L’Iguana” di Anna Maria Ortese, Adelphi

8. “Istemi” di Aleksej Nikitin, Voland

9. “IPAZIA. Vita e sogni di una scienziata” di Adriano Petta, La Lepre Edizioni

10. “…Ed era colma di felicità” di Paola Liotta, Armando Siciliano Editore

11. “L’ultimo ballo di Charlot” di Fabio Stassi, Sellerio

12. “Restare, partire” di Massimo Stragapede, Lupo Editore

13. “La confidenza” di Irene Nemirovksy (a cura di Antonio Castronovo), Via del Vento

14. “Narra un soldato e altre prose” di Robert Musil (a cura di Claudia Ciardi), Via del Vento

15. “Notte di Stelle. Le costellazioni fra scienza e mito: le più belle storie scritte nel cielo” di Margherita Hack e Viviano Domenici, Pickwick

 

Buone letture e buona estate. Torneremo a settembre con le video-interviste di ChrL on iTVRome

 

Puoi vedere QUI tutte le puntate di quest’anno.

“Ranocchio è un eroe” perché l’amicizia rende tali

ranocchioeroecopROMA – “L’acqua era gelida, ma Ranocchio non ci badava. Pensava solo ad Anatra, Lepre e Porcello che stavano morendo di fame”. La storia di Ranocchio comincia quando comincia la pioggia: dapprima come semplice temporale passeggero, la pioggia imperversa fuori dalla casa di Ranocchio. La pioggia continua e il fiume cresce e l’acqua invade la casa del nostro protagonista. Ma se la sua casa è tutta allagata – pensa Ranocchio – cosa ne sarà delle dimore di Lepre, Anatra e Porcello? Allora Ranocchio decide di uscire di casa e andare a trovare gli amici. Le case di ognuno di loro sono invase dall’acqua e l’unico modo per mettersi in salvo e correre a casa di Lepre.

 

Comincia così “Ranocchio è un eroe”, il racconto di Max Velthuijs – curato da Alfredo Stoppa – e pubblicato da Bohem Press. Ranocchio è un eroe perché l’amicizia rende tali, perché finite le provviste Ranocchio ha deciso di tuffarsi in acqua e chiedere aiuto. Doveva farlo, doveva farlo per i suoi amici.

 

Una storia di paura, coraggio e amicizia. Una storia in cui l’affetto degli amici rende forti e determinati a sconfiggere tutte le intemperie.

 

Interviste: Cristina Bellemo, la forza delle storie

leggerezzaGiulia Siena
ROMA  
– Parlare con Cristina Bellemo è entrare nelle sue storie, capire che la scrittura è un esercizio necessario, continuo e costante che regala emozioni.  Le emozioni e le suggestioni dell’autrice hanno dato vita a “La leggerezza perduta” (Topipittori), un racconto per spiegare e dare il giusto peso alle parole, anche quelle più complicate e temute.

 

 

 

Che cosa sono le storie per Cristina Bellemo?
Le storie, per me, sono una ragione di vita. La vita è racconto. Credo che il nostro quotidiano, le relazioni con noi stessi e con gli altri siano intessuti di storie: storie che ascoltiamo, storie che narriamo, storie che ci cambiano, ci insegnano, ci trasformano, ci avvicinano, ci danno gioia e piacere, attribuiscono valore sacro ed esemplare alle esperienze, ci fanno crescere e ci attrezzano per affrontare ciò che ci accade. Leniscono la nostra solitudine. Le storie mi donano emozioni, mi fanno sentire viva: mi piace moltissimo raccontarle, perché possano contagiare le emozioni intense che io stessa ho vissuto; ma adoro anche ascoltarle, incontrarle, imbattermi in esse in maniera imprevista. Mi incantano, mi catturano. Se uno ha una buona storia da narrarmi, sono “in suo potere”. Sono sempre alla ricerca di storie, al punto che talvolta me ne devo difendere: impormi una pausa, allentare la tensione, fare in me un vuoto salutare, “le pulizie di primavera del cuore”, per tornare ad essere accogliente e capace di sorpresa e di meraviglia.

 

Cosa significa scrivere per bambini nel 2013?
I ragazzi, oggi, hanno la possibilità di utilizzare molti media, tutti straordinariamente accattivanti. E, accanto a questo, hanno vite molto “piene”: li vogliamo pianisti, calciatori, ballerini, poliglotti, violinisti, cantanti… e possibilmente geni. Quegli interstizi “vuoti” preziosissimi, indispensabili per prendere consapevolezza di sé, per dare forma alla propria identità sono sempre più rari. I libri, la letteratura, devono puntare sulle loro caratteristiche peculiari, inimitabili, irraggiungibili dalle altre forme di comunicazione e di narrazione, che li rendono affascinanti, ne sono convinta, esattamente come lo erano per i bambini vent’anni, o cinquant’anni fa. Prime fra tutte, la qualità e la bellezza, che poi sono strettamente interdipendenti. Anzi, forse sono proprio la stessa cosa.

 

“La leggerezza perduta” è un racconto in cui ogni parola trova la sua naturale posizione all’interno del testo poiché l’andamento del racconto coincide, quasi in maniera perfetta, con l’intensità del messaggio che si vuole trasmettere. Come è nato questo libro?
Questa storia nasce da una domanda bambina. Quando, qualche anno fa, ha cominciato a ricorrere la parola “crisi”, i bambini mi hanno chiesto cosa significasse, probabilmente anche intimoriti dall’atteggiamento degli adulti, a loro volta spaventati (e, dunque, ben poco rassicuranti) dagli scenari che questa parola prefigurava. Ho riflettuto, innanzitutto, sul valore, e sul peso, che le parole che noi adulti buttiamo in mezzo, come macigni, spesso con superficialità, hanno per i bambini. E mi sono interrogata su come raccontare la crisi ai bambini attraverso la metafora di una storia: ecco, più che un messaggio da trasmettere, cercavo proprio una storia da raccontare. La prima chiave di interpretazione che mi è venuta in mente è stata quella più facile: distinguere tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo. Tra le cose leggere e le cose pesanti. Ma questo punto di vista, anziché circoscrivere, definire lo scenario, lo spalancava infinitamente. Fatti salvi i bisogni primari, i diritti fondamentali di ogni persona, la discriminazione tra ciò che è indispensabile e ciò di cui possiamo anche fare a meno ha molto a che fare con la nostra singolarità, con la nostra identità. Non esiste (meno male!) un elenco valido per tutti di ciò che è da conservare e di ciò che è da buttare via: questo sarebbe stato un approccio un po’ presuntuoso e moralistico.

 

In questo libro tutto gravita attorno a quello di cui ci circondiamo: oggetti inutili, azioni sbagliate e pensieri poco piacevoli. Quanto è difficile spiegare ai bambini cosa è il superfluo?
Credo che sia più difficile dialogare sul superfluo con gli adulti, stimolarli a interrogarsi: gli adulti manovratori, e prime vittime, del mercato, che ci crea subdolamente bisogni, necessità addirittura, che non sapevamo nemmeno di avere, che ci vuole perennemente insoddisfatti, che ci insinua la sensazione stabile di inadeguatezza. I bambini hanno dalla loro, fortunatamente, la purezza e l’autenticità che fanno magari considerare un oggetto senza apparente valore meravigliosamente indispensabile, semplicemente perché bello o perché legato a un vissuto importante e specialmente significativo.

 
OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl grande merito del tuo libro è quello di insegnare al lettore che, se si vuole, si può. E la dimostrazione è la volontà di un re sbadato e pigro che, pur di mantenere quello che ha di più glorioso, la leggerezza del suo regno, si arma di pazienza e voglia di fare. La voglia, il coinvolgimento e la volontà, si possono insegnare?
Nella mia idea re Celeste non è così… eroico! Il fatto che, per qualche momento, si riscuota dalla sua distrazione per assumersi, una volta tanto, i doveri legati al suo ruolo ha più della casualità e della svagatezza, o forse della preoccupazione per se stesso e per la propria incolumità, che della progettualità e della generosità nel servizio. Mi sembrano più “eroici”, nel loro piccolo, i sudditi che, nonostante la loro semplicità e la poca dimestichezza con i ragionamenti filosofici, in maniera molto pratica accettano di mettersi in gioco con molta serietà e disponibilità, arrivando persino al punto di poter rinunciare anche a ciò che hanno di più caro, e vitale, per salvare il castello. L’unica intuizione “geniale” di Celeste centoventitre è la creazione del museo del superfluo, determinata nel suo caso più che altro, probabilmente, dalla sua personale difficoltà a rinunciare alle cose: ma un museo del superfluo, fuor di metafora, è uno stimolo costante a interrogarci su ciò che ha davvero valore per noi, per la cui difesa siamo disposti a lottare. La voglia, il coinvolgimento, la volontà, più che insegnare, si possono contagiare col nostro modo di essere.

 
“La leggerezza perduta” è un bellissimo albo illustrato; quanto contano le immagini in un libro del genere e come si riesce a equilibrare il ruolo della parola e quello dell’illustrazione?
Il lavoro di Alicia Baladan, in questo libro, è straordinario, tanto che non riesco più a pensare la storia slegata dalle illustrazioni di Alicia: sono diventate il mio “immaginario”, come se fossero originariamente l’ambientazione del racconto, e Alicia avesse acceso la luce per illuminarla. Ma Alicia è andata anche ben oltre le parole, ha raccontato altre sfumature della storia, altre storie direi. C’è una tavola, in particolare (ne sono innamorata!), in cui Alicia ha restituito il turbine di oggetti di cui i sudditi si liberano, dopo il proclama di Celeste. Sono a mezz’aria, sospesi tra il volo e la caduta: tra gli altri, ci sono questo fantastico cappello a due piazze, e questo ombrello “da compagnia”, a tre manici, che non compaiono nel testo. Oggetti inutilissimi (un po’ come le macchine munariane) ma meravigliosamente indispensabili, che richiamano, secondo me, anche alla responsabilità sociale di chi crea un oggetto. Aggiungo che, curiosamente, questa storia ha avuto per entrambe, senza che lo sapessimo, il medesimo sottofondo letterario: Dino Buzzati. “Il deserto dei tartari”, per me, “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” per Alicia. E infatti i nostri disegni sono pieni di orsi!

 

In che direzione sta andando la letteratura per ragazzi?
Credo che vada formandosi, nella letteratura per ragazzi, una sempre più profonda coscienza della sfida di raccontare il mondo affrontando anche i nodi tematici più spinosi. Con i ragazzi si può, e si deve, parlare di tutto. Questo è molto importante. Viceversa, dovrebbe essere più disponibile ad affrancarsi dai dettami del mercato ma, in questi tempi difficilissimi per l’editoria, temo sia quasi un’utopia.

 

 

Novità: da fine agosto “Noi non dormiamo”

NOI-NON-DORMIAMO_MILANO – Si presenta come una delle uscite più attese dell’estate. E’ “Noi non dormiamo”, il libro di Kathrin Röggla,  pubblicato ISBN Edizioni e in tutte le librerie dal prossimo 29 agosto. “Noi non dormiamo” è un romanzo, un’inchiesta, un’opera teatrale. Dopo aver raccontato la Berlino alternativa della techno e dei lounge bar, Kathrin Röggla si dedica a indagare uno degli oggetti più misteriosi della moder­nità: il sonno di manager, web designer, consulenti aziendali, sta­gisti, accounter e programmatori, attraverso una storia ambientata in una fiera di settore alla quale partecipano tutti i protagonisti, interagendo tra loro.  L’autrice plasma un’avvincente narrazione polifonica, una sorta di flusso di coscienza a più voci, dove l’attuale rapporto fra persona e sistema emerge in tutta la sua complessità.

“Noi non dormiamo” è il ritratto di una società insonne e fondata sul concetto di efficienza, che ha ormai dimenticato la sacralità del riposo: stanchezza cronica, ansia da prestazione, gerarchie ferree e il lavoro che avvolge ogni cosa.
Tra crisi e precariato, ambizioni e arrivismi selvaggi, una generazione votata all’efficienza è disposta a tutto pur di non perdere il lavoro e scalare la gerarchia: persino a smettere di dormire.

 

“Lo slogan: “potrò dormire quando sarò morto”, non lo adatterebbe pari pari adesso, si usava piuttosto una volta, “verso la metà degli anni novanta questo era lo slogan per an­tonomasia”, almeno per la sua generazione. verso la metà degli anni novanta si pote­va ancora dire. certo, a tutt’oggi qualcosa di valido ci sarebbe, ma allora lo si metteva in pratica, appunto. e a pensarci bene, deve dire che era sorprendente, la sua generazione. bisogna immaginarsi quanto sapere veniva accumulato in pochissimo tempo e quanta esperienza. sì, quello che ragazzi poco più che ventenni non avevano raccolto come espe­rienza. adesso naturalmente erano a pezzi, ma una volta che si fossero ripresi avrebbero potuto ripartire da tutt’altro livello”.

“La leggerezza perduta” e la lezione del superfluo

Leggerezza-copGiulia Siena
ROMA
“Dopo secoli e secoli di gloriosa tranquillità, il nostro glorioso borgo si trova oggi ad affrontare un problema di un certo peso. Il nostro glorioso castello è diventato troppo pesante e rischia di cadere dalla nostra gloriosa nuvola. Perciò ordino che ciascuno si liberi di ciò che è superfluo, buttandolo giù dalla torre più alta. Solo in questo modo riconquisteremo la gloriosa leggerezza che ci ha consentito di vivere qui per gloriosi secoli e gloriosissimi millenni”.

In “La leggerezza perduta”, il libro di Cristina Bellemo e Alicia Baladan pubblicato da Topipittori, Re Celeste Centoventitré (successore di centoventidue re Celeste) si trova ad affrontare questa strana problematica: il suo regno, appoggiato su una nuvola, sta perdendo la sua leggerezza. Come fare? Cosa fare affinché l’intero borgo con sudditi, case e castello non cada nel vuoto del cielo stellato? Il re Celeste deve reagire alla sua proverbiale sbadataggine e prendere una decisione. Il suo regno è in pericolo. Allora decide: il suo glorioso regno deve fronteggiare l’emergenza sbarazzandosi del superfluo perché è il superfluo che mina alla tranquillità e alla leggerezza della nuvola. Deve costruire, lontano, un Museo del Superfluo per trasportare e e allontanare tutto quello che grava sul suo glorioso regno. “Ma cosa è il superfluo?” Si chiedono i sudditi stupiti. Cercando sul vocabolario scoprono che il superfluo è tutto ciò che non è strettamente necessario. Allora, per alleggerire il proprio regno, possono rinunciare alle arrabbiature e agli oggetti strani, ai sensi di colpa e alla tristezza, ma possono tenere i sogni e le speranze, quelli non pesano!

 

Le parole di Cristina Bellemo e le illustrazioni di Alicia Baladan ci regalano un libro che non solo parla di sogni, decisioni e leggerezza con parole semplici e fatate, ma rende queste sensazioni palpabili. Attraverso questo magnifico albo illustrato riusciamo a respirare, a essere avvolti in questa nuvola che mano mano, con l’andare del racconto, si alleggerisce e ci porta con sé rendendo tutto più semplice.

 

 

Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica, a Roma fino a giovedì 25 luglio

letteratura_ebraica_rmROMA Un paese per giovani. E’ questo il tema della sesta edizione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica in programma a Roma fino a giovedì 25 luglio. Un paese per giovani perché sottolinea l’intenzione del festival di valorizzare le nuove energie e le nuove idee, la creatività, la capacità di accogliere le nuove sfide della modernità, pur nell’inquietudine e nella fragilità, sempre ricche di potenzialità, che caratterizzano la gioventù. E da questo tema si è partiti sabato 20 con un grande evento, La Notte della Cabbalà, manifestazione inaugurale che ha dato il via alla kermesse che prenderà vita nella zona del Vecchio Ghetto Demolito, tra il lungotevere De’ Cenci e via del portico D’Ottavia e tra via Arenula e il Teatro di Marcello. La Cabbalà – che nasce e si sviluppa intorno al XII secolo – non ha mai cessato di essere una risorsa fondamentale per la lettura e la comprensione della tradizione ebraica e del mondo in generale. Gli argomenti trattati dalla Cabbalà sono vastissimi: si parte dalla Creazione del mondo e dall’essenza stessa di Dio per arrivare ai rapporti sociali tra gli uomini e alla vita quotidiana di ognuno di noi. Per questo motivo, anche oggi, è uno degli ambiti dell’ebraismo che maggiormente affascina e attrae l’interesse di un pubblico non solamente religioso e non solamente di origine ebraica.
“Vogliamo che il medio oriente non sia visto solo come terra di conflitti – ha dichiarato Riccardo Pacifici, Presidente della comunità Ebraica di Roma, presentando il Festival – ma anche di dialogo tra i popoli, cui noi vorremmo dare il nostro piccolo contributo”

Il Festival, promosso e organizzato dalla Comunità Ebraica di Roma e curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, ha un calendario ricco di appuntamenti, incontri letterari, proiezioni di film e documentari, concerti, mostre, visite guidate e degustazione di piatti kosher.

 

QUI il programma completo della manifestazione

Novità: “Rubare la vita agli altri” è un po’ il mestiere dell’attore

rubare la vita agli altriROMA“Il cielo sopra Taranto è azzurro, come in quasi tutte le altre città del mondo.
Ma il nostro tramonto è molto più bello.
Il perché l’ho saputo da un direttore della fotografia: ‘Sai chi dovete ringraziare per quel tramonto? I fumi dell’ILVA, che filtrano le rifrazioni della luce del sole’.
Per questo c’è quel rosso fuoco unico al mondo”.

 
Michele Riondino smette per un attimo i panni di attore e scrive. Ma forse i panni non li toglie, usa la sua esperienza di attore per raccontare la passione, il teatro. In “Rubare la vita agli altri”, pubblicato da Fandango, Riondino racconta il suo viaggio.
Michele nasce nel quartiere operaio Paolo VI di Taranto, tra i caseggiati bianchi costruiti a due passi dal più grande complesso siderurgico del Mediterraneo. I ragazzi che vivono tra quelle larghe strade desolate e i grigi casermoni di cemento sono i protagonisti di un’educazione alla vita. Le avventure adolescenziali hanno un sapore epico, la strada sa insegnare mille cose ma non turba e corrompe mai i loro sogni. Perché quello che più importa a quell’età sono le passioni: la poesia, la musica, il teatro. “La setta dei poeti estinti” nasce così, ispirandosi all’Attimo fuggente di Peter Weir. Nel gruppo c’è Michele, che compone testi, che ha imparato a suonare la chitarra e partecipa ai primi laboratori teatrali che si tengono in città. Ma non basta, serve altro. Un giorno a tavola, con la famiglia presente, comunica a tutti la sua decisione. Il padre è sorpreso, sognava un figlio all’università e invece, se le cose andranno bene, se lo ritroverà attore. Michele pensa in grande, Taranto gli sta stretta, vuole provare a cambiare il corso degli eventi, e un provino per l’Accademia “Silvio D’Amico” sembra l’occasione che aspettava. Riprenderà a respirare, una volta a Roma, accelerando e frenando un po’ per stare dietro a questa nuova vita. E il teatro, non resterà solo un’aspirazione ma la sua diventa una missione. Michele Riondino racconta la sua storia, quella di un ragazzo che ha scommesso sulle passioni vere, ripercorrendo il viaggio dalla periferia al centro, dal buio alla luce, dalla indecisione al successo.

“Dio, come ti Olio!”, una sfrenata passione per l’extravergine

dio-come-ti-olioLECCE“Dio come ti Olio!”, secondo volume della collana Dove c’è Gusto de Il Raggio Verde Edizioni, è un libro che parla di ricette e racconti legati all’olio extravergine di oliva. Grande protagonista del volume curato da Leda Cesari e fotografato da Bruno Barillari è questo ingrediente antico e prezioso che per le sue proprietà e la sua prosperità nella regione, è stato soprannominato “l’oro giallo di Puglia”. Infatti il libro è un racconto e un viaggio nella Puglia, regione che fin dall’antichità è stata uno dei territori simboli della produzione olivicola nazionale.
“Dio, come ti Olio!” fa un’ampia presentazione storica e burocratica (con le normative recenti) sull’olio extravergine di oliva quale alimento ed elemento di un patrimonio paesaggistico da valorizzare e tutelare. Inoltre, vengono proposte una serie di ricette che accostano la tradizione del cucinare in casa (Dio, come ti Olio! a casa) alla tendenza di mangiare fuori dalle mura domestiche (Dio, come ti Olio! al ristorante). Nascono così 45 ricette proposte da alcuni dei più interessanti chef del panorama gastronomico pugliese:  Andrea Catalano, Giovanni Curri, Donato Episcopo, Mario Falco, Alessio Gubello, Gegè Mangano, Alessandra Moschettini, Emanuele Natalizio, Franco Tornese e Ippazio Turco.