"All’ombra di Caravaggio", un’ipotesi non fa la storia. Ma la umanizza.

Giulio Gasperini

ROMA – Perché no?!? Tutto sommato, degli ultimi giorni del divin pittore non sappiamo granché; quasi nulla, anzi. Adesso, finanche per la scienza, Michelangelo Merisi da Caravaggio, pittore più acclamato in Europa ma più braccato nella penisola italica, morì e fu sepolto a Port’Ercole, deliziosa piega di costa del Monte Argentario, nella Maremma toscana. La verità non è che un’ipotesi, più o meno romanzata, più o meno fantasiosa: ma pur sempre un’ipotesi. Perché i documenti tacciono, gli archivi han sottratto, la memoria si è persa. Ed ecco dove arriva in aiuto la letteratura. Susanna Cantore giustifica la sua “ipotesi narrativa sugli ultimi giorni di Michelangelo Merisi” con le seduzioni che, in tempi di gioventù, una statua eretta a memento nella pineta della Feniglia esercitava su di lei. , libricino pubblicato nel 2010 dalla effequ – casa editrice con sede, appunto, a Orbetello – è un tentativo fantasioso e tutt’altro che banale di dar voce alla storia che storia non è, perché senza prove, ma leggenda e fantasia. A parlare è una donna, in un mondo (e in una storia) dove di uomini ce ne sono in abbondanza (tra papi, cardinali, sicari e protettori) ma le donne son confinate al ruolo di sbadate ombre, di evanescenti profili.
“All’ombra di Caravaggio”
Le donne, in realtà, son due: una monaca dalla vocazione fragile, dall’istinto pittorico, che accoglie l’ospite febbricitante e delirante, sfregiato nel volto e nell’animo; e un’altra, più immateriale, presente soltanto in una manciata di versi che accompagna il racconto, che sostiene la personalità della monaca e che strappa un sorriso amaro al morente: Vittoria Colonna, raro esempio di poesia al femminile mai rinnegata dalla letteratura italiana accademica. La monaca ci scorta in questo percorso all’assoluzione del Caravaggio, mèta ultima forse (a dir la verità) troppo accelerata e scontata: sia perché concessa e riservata soltanto a lei (e non all’ufficialità), sia perché quasi estorta da quel comune sentimento umano dell’angoscia in articulo mortis. Però s’è detto che, delle ore che precedettero la morte del pittore, niente se ne sa e tutto si può immaginare, sicché si può persino perdonare questa scantonata moraleggiante verso un pentimento che non è necessario, né doveroso, ci sia stato (e, in più, finanche la monaca, definitivamente spezzatasi la sua vocazione dopo lo scontro con Caravaggio, sarà condannata per eresia).
“All’ombra del Caravaggio” ci sorprende: perché ha il coraggio di giocare con la storia, d’immaginarla estendersi verso altri confini, verso nuove prospettive, dando carne e fiato anche a personaggi collaterali, creati ma verosimili; ma ha il coraggio di mantenere chiaro ed evidente che la fantasia, in questo caso, è una suggestione infantile, e che la storia dovrebbe essere piuttosto certezza dell’evento.