“Come fossi solo”: Srebrenica a tre voci, vent’anni dopo

come-fossi-soloGiulia Siena
ROMA
“Quante volte hanno già vissuto questo momento nei loro incubi? Anni trascorsi sotto le granate, consapevoli che prima o poi sarebbe successo. Adesso che i loro peggiori presagi si sono realizzati, adesso che non possono più sperare in un colpo di scena, in una qualsivoglia via d’uscita, sembrano persi, svuotati dalla loro unica ragione d’essere”. Questa è la guerra in Bosnia. Srebrenica, 1995. Qui l’esercito serbo-bosniaco uccise 8372 persone, un massacro ritenuto genocidio dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia il 19 aprile 2004. Ma partiamo dall’inizio.

 

Dopo quasi vent’anni dalle atrocità avvenute, un giovane scrittore aretino, Marco Magini, decide di tornare ai fatti di Srebrenica e usarli, ricordarli, impastarli nella trama di un romanzo, per entrare, così, nel panorama letterario italiano con un libro di grande impatto. “Come fossi solo”, pubblicato da Giunti – finalista al Premio Calvino 2013 e con buone chance per lo Strega 2014 – è una storia che ripercorre la storia. Tre voci: quella di Drik, casco blu olandese, rappresentante del contingente Onu colpevole di non aver impedito la strage che cerca ogni giorno un motivo per riscattare la sua sensazione di impotenza; quella di Dražen, il soldato “mezzosangue” che non voleva essere un soldato, nato in questa stessa terra, nella parte a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina da genitori croati. E, infine, quella di Romeo Gonzales, magistrato spagnolo di lungo corso che vede questa convocazione da parte del tribunale internazionale per giudicare Dražen come l’occasione per ampliare il suo prestigio personale. Tre voci coinvolte, diverse e distinte che portano avanti il proprio punto di vista per costruire la Storia.

Ognuno di loro è un piccolo tassello nella grande vicenda che prende forma, spettatori inconsapevoli di come le dinamiche della guerra siano ogni volta simili e ogni volta spietatamente sorprendenti. I protagonisti sono attori e marionette, colpevoli e vittime di crimini e ingiustizie, sono coloro che provocano dolore e che ricevono dolore. Sono al fronte. Sono in una guerra. Fino a quando la morte non metterà fine alla guerra.

 

 

Marco Magini era un ragazzo durante la guerra in Jugoslavia. Sapeva di quella guerra come ne sapevamo noi italiani in quel periodo – forse un po’ meno: notizie allarmanti, confuse. Dopo vent’anni Magini ha voluto approfondire quel periodo storico e ripercorrere con una scrittura lineare e asciutta – forse alle volte dando per scontato un po’ troppe cose – il genocidio di Srebrenica. Ma “Come fossi solo” non è un libro storico – devi già conoscere i fatti storici per leggere con consapevolezza il libro – è un romanzo in cui viene data voce ai personaggi e alle loro emozioni; alle difficoltà, le paure, le ansie e le oppressioni di chi sta dalla parte del più forte temendo, comunque, gli eventi.

 

 

“Perdutamente”: Alzheimer, romanzo quotidiano

perdutamente-flavio-pagano-chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– Napoli Centrale. Binario 16. Novembre. Una lettera spiegazzata infilata di fretta nella tasca di un cappotto consumato dal tempo. Il cappotto, però, non riuscirà mai a partire da quella pensilina che àncora la madre al figlio, due generazioni al cospetto del mutamento, la pensilina sotto la quale si incontrano il passato al presente, la normalità e l’imminente cambiamento. Il cambiamento si chiama Alzheimer, una malattia che danneggia i centri del cervello responsabili dell’apprendimento, della memoria, del linguaggio e del ragionamento. Una malattia neurodegenerativa che va a sovvertire i ruoli familiari prestabiliti, che rende i genitori figli di quegli stessi figli che si ritrovano quotidianamente ideatori e attori di una specie di farsa. La stessa che viene messa in scena dai protagonisti di “Perdutamente”, il romanzo di Flavio Pagano pubblicato da Giunti, per sopravvivere all’Alzheimer che colpisce la capostipite.

Il tentato viaggio dal binario 16, infatti, non era che la prima avvisaglia di una malattia che cancella il passato e annulla le inibizioni. Allora cosa fare? Con un sorriso amaro – perché “ridere è quasi una panacea di tutti i mali” – si guarda in faccia la realtà e si prende consapevolezza che i malati di Alzheimer vivono un presente parallelo che bisogna alimentare e al quale bisogna partecipare. Così tutti i personaggi di Flavio Pagano prendono parte a un teatrino casalingo innescato quasi naturalmente per sopravvivere al dolore quotidiano di sentirsi privi del punto di riferimento di una intera vita, della propria madre.

Ogni giorno, perciò, nel grande appartamento del centro di Napoli – mentre Napoli è li, affascinante e accogliente, illusoria e carnale, viva e rumorosa – i figli, i nipoti e gli amori di questo lessico familiare indossano i panni di attori e di infermieri, di giocolieri e di santi, di poeti e di locandieri, pur di alleviare quella sofferenza che con la vita toglie la vita.

Perdutamente è completamente, appassionatamente, senza via di scampo: come l’amore tra una madre e un figlio, come il tentativo ostinato di salvare i ricordi, di accompagnare la vita al suo declino.

“Quando uno si ammala di Alzheimer, l’esistenza di coloro che gli sono intorno non viene spinta verso gli interrogativi della morte, ma della vita. Perché l’Alzheimer è la malattia che più di ogni altra appartiene alla vita. Ne possiede tutta la follia, l’energia brutale e misteriosa, l’imprevedibilità. Rende concreta l’immaginazione, e dissolve la realtà. Rimescola il tempo”.

“Ecocentrica”, il benessere del Pianeta dipende da noi

Ecocentrica_recensione_chronicalibriGiulia Siena
ROMA 
“Sono diventata ecocentrica, ho scelto, cioè, di porre l’ecologia al centro della mia vita, consapevole che dal benessere del pianeta dipenda il mio. Di fronte al bivio cerco di scegliere sempre il meglio per l’ambiente, godendo di una qualità di vita non solo ottima ma persino più salutare e risparmiosa”. Inizia con questi intenti “Ecocentrica. Facili consigli per vivere felici aiutando il nostro pianeta”, il libro di Tessa Gelisio pubblicato da Giunti nella collana Variamente.

La giornalista e conduttrice tv – da sempre interessata alle tematiche ambientali – con la collaborazione della naturalista Emanuela Busà e del biologo Edgardo Fiorillo dell’associazione forPlanet, ci porta a capire quali sono le piccole grandi battaglie che l’uomo deve combattere ogni giorno per la preservazione del proprio benessere sulla Terra.

 

Ogni giorno la nostra vita tra le pareti domestiche e il luogo di lavoro mette a dura prova l’equilibrio ambientale del Pianeta: inquinamento, desertificazione, cambiamenti climatici ed esaurimento delle risorse di prima necessità sono il risultato di decenni di consumismo. Con “Ecocentrica” si dimostra, invece, che si può passare senza fatica dal “consumare meno” al “consumare meglio”. Orientare all’ecosostenibilità, infatti, le scelte quotidiane è possibile e Tessa Gelisio spiega come riuscirci in modo naturale e senza stress. Partendo dalle scelte per la nostra casa (arredamenti, prodotti per la pulizia e un corretto modo di riciclare) o per il nostro corpo (bellezza e make up), il libro ci fornisce utili informazioni che si nascondono nelle etichette dei prodotti per scoprire che con un po’ di inventiva e buona volontà possiamo trovare la nostra ricetta per la sostenibilità.

“Street Food all’italiana”: il buono e il bello di mangiare con le mani

Street Food_Giunti_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– “Un viaggio lungo tutto lo stivale, emozionante e coinvolgente, alle radici della cucina italiana più verace, semplice e generosa, fatta di pochi ingredienti poveri, quella che ha nutrito il popolo per secoli. Le bevande e le pietanze dello “street food all’italiana” testimoniano una grande storia, ricca di umanità e creatività: ve la raccontiamo attraverso i tanti protagonisti che abbiamo incontrato”.
Comincia da qui il viaggio di Clara e Gigi Padovani lungo le strade italiane del gusto alla ricerca di pietanze autentiche, genuine e pronte da consumare. Questo viaggio è “Street Food all’italiana. Il cibo di strada da leccarsi le dita”, il libro della “coppia fondente del food writing italiano” pubblicato da qualche settimana da Giunti. Il volume, presentato il 5 ottobre a Cesena nel’ambito di Saporìe, Festival del Cibo di Strada, racconta le origini antiche, le evoluzioni gourmet e l’attuale notorietà dello street food.
“Con il termine street foods – definisce la Fao – si indica un’ampia gamma di cibi pronti da mangiare e di bevande, venduti e a volte preparati in luoghi pubblici, in particolare nelle strade”. Questo fenomeno, molto in voga negli ultimi anni, ha radici molto antiche che risalgono ai banchetti della Roma imperiale e alle feste regali di Lorenzo il Magnifico. La tradizione vuole, poi, che il cibo di strada – caratterizzato in ogni regione d’Italia dalla territorialità e dalla stagionalità dei prodotti – abbia conosciuto il declino e l’ascesa secondo guerre, carestie e sviluppo economico. Oggi lo street food è il simobolo di una cucina che torna alle sue radici seguendo la qualità e la crescente necessità di un cibo buono, gustoso, territoriale, veloce ed economico. Sono questi, infatti, gli elementi che contraddistinguono lo street food all’italiana dal fast food globalizzante; nei nostri cibi di strada c’è, poi, un tipo di ristoanzione che riflette le culture locali tradizionali e si accompagna alla perfezione con il piacere di mangiare in piedi usando le mani: un’azione, un’esperienza che riesce a coinvolgere tutti i sensi.

In questo viaggio culinario-emozionale si va dall’Alto Adige all’Abruzzo, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, dalla Liguria alla Puglia alla scoperta degli artigiani del gusto, donne e uomini che ogni giorno nei loro chioschi e nei loro negozi interpretano e re-interpretano una cucina fatta di passione, fatica, idee e coraggio. I “Mangiari di strada” dello chef Giuseppe Zen di Milano (via Lorenteggio 269), il Lampredotto Pollini di Firenze (via De Macci) o la focaccia ligure di Zena Zuena di Genova (via Cesarea, 78); il pani ca’ meusa di Rocky Basile (piazza Caracciolo) o di Chiluzzo (Piazza Kalsa, 11) a Palermo, così come le specialità napoletane di Timpani e Tempura (vico della Quercia, 17) o la tradizione romana del filetto di baccalà nel centro storico di Roma dal Filettaro a Santa Barbara (Largo dei Librari, 88) sono le tappe del gusto che Clara e Gigi Padovani hanno esplorato per raccontare un’Italia che si lascia conoscere attraverso le specialità culinarie. Non ci sono – e non è una scelta casuale, ma un po’ ci dispiace – le nuove declinazioni di street food (guarda il Trapizzino di Stefano Callegari a Roma o le tante varianti italiche del kebab o del panino), perché “Street Food all’italiana” è un libro che va alla radice di questo fenomeno molto italiano, ne racconta la nascita, il percorso e i virtuosi protagonisti che portano avanti la storia.

 

“Street Food all’italiana” non è solo un libro; è un itinerario, è una guida, è un ricettario, è una testimonianza di come il cibo di strada sia espressione di alta cucina e spunto per l’alta cucina. Infatti, lo street food è stimolo e invettiva anche per grandi chef: Gualtiero Marchesi, Massimo Bottura, Fabio Picchi, Davide Scabin, Ciccio Sultano e Mauro Uliassi parlano in questo libro della loro passione e del loro legame con il cibo di strada, regalando al lettore-buongustaio rivisitazioni e ricette di piatti street. Il libro, poi, è un continuo viaggio che non si esaurisce all’ultima pagina, anzi! Grazie al pratico Qr Code (il simbolo è rintracciabile in oltre 40 pagine del libro) il lettore viene rimandato direttamente al sito di Street Food Italia con video interviste e approfondimenti che permettono un contatto diretto con tutti i protagonisti del volume.

 

“Si mangia per strada, da secoli, per necessità, per fare in fretta, per risparmiare. Ma anche per il piacere di condividere un’esperienza con persone che, diero al banco, sono lì tutti i giorni a fare il loro lavoro con passione e impegno”.

Premio Strega 2013, chiedimi dove erano i libri.

strega1Giulia Siena
ROMA
  “Non dedico il premio a nessuno in particolare. Ci sono persone a cui tengo e spero il libro sia stato scritto per loro”. Spiazza una risposta così; spiazza perché siamo abituati a cercare del buono e del romantico in ogni cosa, soprattutto quando si parla di libri. Ma Walter Siti non è così e non lo è stato neanche durante la serata letteraria più mediatica dell’anno. Non lo è stato neanche quando, dopo essere stato proclamato il vincitore della 67esima edizione del Premio Strega con 160 preferenze su 412 votanti, ha aperto la sua bottiglia di Strega e ha sorseggiato un po’ di liquore per la gioia dei fotografi; mentre la platea era ancora troppo concentrata sul buffet. Di libri, poi, durante la serata non se ne son visti… la vera grande pecca di un Premio letterario.

 

“Resistere non serve a niente” (Rizzoli), il libro vincitore, è la storia di Tommaso, un ragazzo che non ha mai risolto il suo rapporto con l’infanzia, forse anche per questo ama giocare con i numeri e con la finanza. Per lui il possesso è una forma di piacere, l’unico valore in cui credere e la ragione per la quale il bene e il male si confondono. Un’attualità, quella che descrive lo scrittore modenese, che entra quasi con prepotenza al Premio Strega facendosi ascoltare perché Siti è l’autore che riesce ad “ammaestrare e far capire cose che giacciono nell’inconscio personale e collettivo”. E mentre Siti aveva il sostegno – anche solo morale – di Emanuele Trevi che dopo essere stato nella giuria del Premio per quasi venti anni lo scorso marzo si è ritirato dichiarando che avrebbe sostenuto comunque Siti, oggi Alessandro Perissinotto – il secondo classificato strega4(78 voti) di questa edizione 2013 – si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Per l’autore de “Le colpe dei padri” (Piemme) l’atteggiamento di Trevi è stato poco corretto, perché in qualche modo ha influenzato gli Amici della Domenica prima che questi arrivassero a leggere tutti i libri. Ma le polemiche, caro Perissinotto, fanno parte di questo Premio tanto amato, tanto chiacchierato e tanto criticato; le supposizioni, poi, sono lo sfondo su cui si muove, da oltre mezzo secolo, lo Strega. Ma le dichiarazioni odierne dell’autore de “Le colpe dei padri” non scalfiscono, comunque, l’immagine che ieri ci aveva dato di sé. Perissinotto ieri sera ci aveva conquistati – oltre che per l’intenso romanzo e la sua lettera ai lettori – anche per la sua affabilità. “Le colpe dei padri” è la storia di Guido Marchisio, uomo di successo e fascino. Ma una data, il 26 ottobre 2011, segna il cambiamento, il declino dentro e fuori la sua vita. Da semplice curiosità, l’esistenza di un sosia o di un doppio dimenticato, da questo momento diventano per Marchisio una vera e propria ossessione. Perissinotto fonde così in modo magistrale i sentimenti personali e i conflitti sociali, portando alla luce, strega3costantemente, il suo legame con la memoria e il suo nostalgico guardare alla ribellione. Al terzo posto (77 voti) della classifica del Premio Strega 2013 si piazza Paolo Di Paolo con “Mandami tanta vita” (Feltrinelli). La storia ideata da Di Paolo è ambientata negli anni Venti quando, durante i giorni del carnevale, Moraldo e Piero scambiano per sbaglio le valigie. Inizia così una storia di amicizia e di attese, illusioni, sogni e rivoluzioni che si dipanano in un Novecento che sempre affascina. E’ firmato Longanesi, invece, il quarto posto di questa cinquina: “Figli dello stesso padre” di Romana Petri (73 voti). Il romanzo è incentrato sulla vita di due fratelli, Germano ed Emilio, due protagonisti così diversi e così pieni di rancore. Figli dello stesso padre, Emilio e strega2Germano, hanno una rabbia e un amore frustrato verso il padre Giovanni, artefice del loro dolore passato e dei problemi presenti. Con 26 voti “Nessuno sa di noi” (Giunti) di Simona Sparaco arriva al quinto posto. Il duro e commovente romanzo dell’autrice romana racconta l’amara gioia della maternità: Luce e Pietro, a qualche settimana dalla nascita del loro bambino, vengono messi al cospetto di una scelta difficile, disumana. Cinque libri, cinque storie da cui lasciarsi coinvolgere, romanzi che meritano di essere letti – come gli altri selezionati e non più in gara – a prescindere dalla fascetta che indossano.

 

Il Ninfeo di Villa Giulia, la magnifica creazione voluta da Papa Giulio II e ormai simbolo del Premio ideato da Maria e Goffredo Bellonci, si è andato così svuotando. Dopo gli applausi, i sorrisi e le telecamere, ora si spengono i riflettori. Speriamo che non si spengano lasciando i libri nell’ombra.

Giunti: arriva “Lo strano caso della cellula X”

ROMA – Arriva fresco di stampa in tutte le librerie “Lo strano caso della cellula X. Le avventure del prof. Strizzaocchi”. Pubblicato da Giunti Editoriale Scienza, il libro di Lorenzo Monaco e Matteo Pompili spiega in maniera divertente la vita della cellula e il suo funzionamento. Tante cellule (tra le quali la cellula X), uno scienziato dagli occhi piccolissimi (il Prof. Strizzaocchi) e un laboratorio pieno di microscopi, fiale e provette. All’improvviso la cellula X si sveglia e da un angolo buio del laboratorio comincia a parlare. Inizia così questo buffo racconto, un po’ surreale, la cui protagonista, la cellula X, imparerà moltissime cose su se stessa: nucleo, DNA, citoscheletro, mitocondri, microtuboli, apparato di Golgi, enzimi e proteine non avranno più segreti per lei e nemmeno per il lettore, che verrà anche coinvolto in un mistero da svelare: che cosa sta uccidendo la cellula X? Alla fine di ogni capitolo una piccola sezione scientifica di approfondimento per conoscere le scoperte degli scienziati e un laboratorio per costruire una cellula partendo da oggetti di uso quotidiano facilmente reperibili!

Artusi, “La scienza in cucina”. Il libro più longevo della cucina italiana

ROMA – “La cucina è una bricconecella; spesso e volentieri fa disperare; ma dà anche piacere perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria.” Diede inizio così, Pellegrino Artusi, alla rivoluzione della cucina italiana. Era il 1891 quando il cuoco di Forlimpopoli intraprese un ambizioso progetto gastronomico e linguistico che racchiudeva 475 ricette e molti suggerimenti sull’igiene domestica. “La scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene. Manuale pratico per le famiglie” venne stampato in 1000 copie e si perfezionò nel ventennio successivo, il “ventennio artusiano”, fino a diventare il libro più longevo dell’editoria italiana. A 100 anni dalla morte del celebre chef, Giunti  in collaborazione con Casa Artusi e il comune di Forlimpopoli, ripropone la prima edizione de “La scienza in cucina”. 464 pagine di ricette, storia e vita di Artusi si arricchisono dei contributi di Giovanna Frosini, Massimo Bottura, Massimo Montanari e Alberto Capatti.

Un volume unico, testimone moderno di una passione antica, splendido nella sua veste grafica originale.

“Diffidate dai libri che trattano di quest’arte; sono la maggior parte fallaci o incomprensibili[…]”

“I Promessi Vampiri. The dark side”: l’imperdibile sequel di Beth Fantaskey

Alessia Sità

ROMA – Se siete amanti di “Twilight”, di “The vampire diaries” o se amate il genere fantasy in generale, non potrete non apprezzare il nuovo intrigante romanzo di Beth Fantaskey: “I promessi vampiri. The dark side”, edito per Giunti Y nel 2011.
Avvincente, ricco di suspense, l’attesissimo sequel dei “Promessi vampiri”, il romanzo di esordio della scrittrice americana, non sembra deludere le aspettative dei lettori, che saranno catapultati nella suggestiva atmosfera della Transilvania, alla scoperta delle segrete dello spettrale castello dei Vladescu.
Tutto è ormai pronto per il matrimonio fra il bel tenebroso Lucius e la timida Jessica, che per amore ha deciso di stravolgere totalmente la propria esistenza, divenendo Anastasia.
Dopo le nozze, per i due si prospetta un romantico futuro per l’eternità, ma la loro felicità sembra non trovare pace a causa di una presenza oscura, determinata ad ostacolare in tutti i modi la loro ascesa al trono.
Le notti della futura regina delle tenebre iniziano ad essere sempre più tormentate da inquietanti e ricorrenti immagini. I terribili incubi, che si riveleranno essere sogni premonitori,  segneranno soltanto l’inizio di una nuova avventura, che metterà ancora una volta a dura prova il legame fra i due neosposi.
Aiutata dalla fedele Mindy e dal rinnegato cugino di famiglia – l’intraprendente Raniero – Jessica dovrà trovare il modo di salvare il suo amato Lucius, vittima di un losco complotto ordito per distruggere la pace fra i Vladescu e i Dragomir.
Con grande abilità, Beth Fantaskey dà vita ad un intrigante romanzo che ha il merito di saper unire all’intreccio narrativo anche una notevole capacità di approfondimento dei singoli personaggi.
Nuovi legami, nuovi possibili amori, l’imperdibile sequel vampiresco vi terrà col fiato sospeso pagina dopo pagina.

"Starcrossed", chi vorrebbe un vampiro se potesse avere un dio?

Marianna Abbate 
ROMA – Una delle cose che rimpiango di più della mia infanzia-adolescenza è che non c’erano tutti questi libri lunghissimi, e che praticamente non esistevano le saghe. Se volevi un libro per ragazzi dovevi accontentarti al massimo di duecento pagine stampate grandi, neanche fossero destinati agli ottantenni!
Ebbene, ora non esiste più questo problema, dal momento che non ho mai più visto un libro pubblicato che sia più breve di quattrocento pagine (escluso Erri de Luca). “Starcrossed”, il romanzo di esordio di Josephine Angelini, nuovissimo libro targato Giunti, rispetta con la massima precisione tutte le regole del romanzo per ragazzi moderno: è lunghissimo, fa parte di una saga ed è ambientato in un mondo fantastico.

Voli pindarici tra il presente – reale e contemporaneo – a un passato effimero e mitologico; protagonisti belli da fare invidia, visioni mistiche e una storia d’amore contrastato sono gli ingredienti che completano il quadro. Se poi aggiungiamo che il protagonista maschile sembra dipinto per far innamorare le lettrici, il gioco è fatto.


Liberamente ispirato all’Orestea, è un pastiche mitologico che trae spunto dalla tragedia e dall’epos, riscrivendo la storia in chiave contemporanea e soffermandosi con compiacimento su elementi scandalistici. 
Devo dire che la lettura scorre piacevolmente, e che non si può far a meno di rimanere tentati di proseguire. E riconosco pienamente l’abilità dell’autrice nel condurre sensatamente la trama. 


Tra gli slogan che promuovono il libro quello che mi ha fatto divertire di più è sicuramente la frase pronunciata dall’editor Rachel Petty sulla scelta tra vampiri e dei. Beh, i vampiri non mi dispiacciono, ma volete mettere Achille-Brad Pitt?

"Il libro della vera cucina marinara"

ROMA – Con l’arrivo dell’estate ChronicaLibri vi consiglia “Il libro della vera cucina marinara” di Paolo Petroni pubblicato da Giunti. Il volume è un ricettario d’autore, che si rivolge ad un pubblico attento e sinceramente appassionato di cucina. Le ricette, descritte in modo semplice ed efficace, sono originali dei pescatori e garantite dalla serietà di Petroni. Inoltre vengono riportate oltre 100 specie di pesci, molluschi e crostacei cucinati secondo le tradizioni regionali e vengono dati indicazioni e suggerimenti su come riconoscere i pesci e ”non farsi imbrogliare”