Chronica Libri intervista Matteo Fini, autore de "Non è un paese per bamboccioni"

Stefano Billi

ROMAChronicaLibri ha intervistato Matteo Fini, autore insieme a Alessandra Sestito dell’interessantissimo libro “Non è un paese per bamboccioni” pubblicato da Cairo Editore.
Attraverso risposte sagaci e sincere, il suo libro diventa ancor di più un vademecum essenziale per tutti coloro che, nel centocinquantesimo anniversario dell’Italia, hanno bisogno di riscoprire le eccellenze e i talenti nascosti tra le pieghe del patrio “scarpone”.

Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a raccogliere le storie scritte nel tuo libro?
Più che un’ispirazione, un’esigenza. Personale prima di tutto. Ossia capire se tutti là fuori erano sfigati come noi!
Leggendo i giornali e guardando la tv sembra così e allora ci siamo chiesti se invece in giro non ci fossero ragazzi in gamba che contando sulle proprie forze e nonostante il Paese nel baratro fossero riusciti a trovare una loro strada.

In “Non è un paese per bamboccioni”, certe vicende sono contraddistinte dalla circostanza per cui alcuni traguardi raggiunti dai protagonisti delle storie sono

realizzati attraverso collaborazioni tra giovani.
Sto pensando, per esempio, all’incredibile avventura di Federico Grom e di Guido Martinetti. Ecco, la scrittura a “quattro mani” di questo libro, quanto ha influito sulla riuscita finale del libro?
In realtà il discorso qui è un po’ strano. Poichè io e Ale benchè fossimo rinchiusi sul balconcino di casa mia non abbiamo scritto insieme bensì ognuno aveva le sue storie e infatti se uno avesse voglia di metterci attenzione può notare due stili di scrittura molto differenti. Però ovviamente ce le siamo lette e commentate e non son mancate le stilettate! Io credo di averle cassato completamente una storia che non mi convinceva per nulla e lei più di una vo
lta ha criticato alcune mie scelte stilistiche. Siamo completamente differenti: lei solare, entusiasta, io pessimista, cupo, lei ama l’Italia, io la odio, lei però intanto è a Londra…. e io al Santa Rita a Milano. Lei ama le parole, i colori, io il ritmo e gli accenti. Ma ci stimiamo così profondamente che ogni critica e ogni sfumatura era vista in un’ottica costruttiva e comunque ancora oggi ce ne diciamo di tutti i colori!


Come sono state selezionate le storie di talenti italiani da inserire all’interno di “Non è un paese per bamboccioni”?
Beh, dopo una prima ricerca (non banale visto che nessuno parla di storie se non sei perlomeno reduce dal GF….) tra google, gli amici e qualche magazine non standard, abbiamo selezionato un po’ di ragazzi provenienti da tutta Italia e divisi in vari campi della vita e del lavoro. E siamo andati a conoscerli, ovunque fossero! Volevamo rappresentare il più possibile un ampio spettro di mestieri. Abbiamo dovuto cassare anche qualche storia! Non perchè fosse meno valida dal punto di vista del valore, ma debole dal punto di vista letterario.

Hai già in programma qualche nuovo libro?
Sì, mi sono ripresentato da Cairo con una dozzina di idee. Il direttore dieci le ha cestinate, ma un paio gli son piaciute per cui sto cominciando a metterci la testa. Non posso dire di più però sarà una cosa completamente diversa e, diciamo, legato alla mia vita precedente.
Però l’onda di “Non è un paese per Bamboccioni” non si è ancora fermata e potremmo avere ancora delle sorprese…

Perché i nostri lettori dovrebbero leggere il tuo libro?
Non so se è un buon motivo per leggerlo però io ogni volta che finivo l’intervista con uno dei protagonisti del libro mi dicevo: “Ma cacchio guarda che bravo questo qui! Ma allora ce la posso fare anche io!!” e me ne tornavo a casa con una carica incredibile. Mi è successo anche con ragazzi lontanissimi dal mio mondo lav
orativo, penso a Ruggiero Mango, il cardiologo, o Massimo Fubini, l’informatico, o Laura Torresin, la cuoca trevigiana. E tutti gli altri.
E sai cos’è la cosa bella? Che magari trovi proprio nelle storie più distanti un suggerimento, un input, un flash, un’intuizione che poi ti torna utile nella costruzione del tuo di percorso.

Italiani che ce la fanno, nonostante tutto.

Stefano Billi

Roma – Cosa ci fanno undici storie di italiani, inserite in un libro? Sembrerebbe l’inizio di una barzelletta, e invece la domanda è serissima.
Perché questi undici racconti sono il cuore dell’opera di Matteo Fini e Alessandra Sestito, intitolata “Non è un paese per bamboccioni”, per le edizioni Cairo. Un libro dove si parla di italiani che ce l’hanno fatta, che ce la fanno. Nonostante tutto. Nonostante un paese ancora restio allo youth power, che invece all’estero è ormai divenuto il motore pulsante per affrontare quest’immane crisi globale. Nonostante un paese dove, se sei giovane, vieni guardato con indifferenza, o peggio ancora con diffidenza, da chi è più adulto di te, perché – secondo questo vegliardi – i giovani sono ancora “troppo piccoli” per fare le cose da grandi.
Insomma, undici
italiani che ce l’hanno fatta, nonostante questa Italia.
Le storie che si leggono in questo saggio, sono raccontate con uno stile svelto e accattivante, consono di quelle nuove generazioni che hanno la straordinaria capacità di veicolare – in maniera immediata – messaggi forti, attraverso l’uso di pochi caratteri e di concetti semplici.
E la semplicità è proprio il leitmotiv che rende omogenee le vicende dei protagonisti delle pagine in questione: difatti questi ragazzi e ragazze sono tutte persone semplici, spontanee, accomunate dalla debordante volontà di riuscire a realizzare le proprie idee e i propri sogni. Che poi, se ci riflette a fondo, magari rileggendo la costituzione italiana, si scopre che compito della Repubblica, tra i tanti, dovrebbe essere la promozione del pieno sviluppo dell’individuo (art. 3 Costituzione).
Né politica, né tanto meno demagogia: l’opera, piuttosto, in maniera saggia e molto oggettiva, focalizza l’attenzione su un sistema – quello lavorativo – che nel nostro benamato stivale è in crisi. Verrebbe voglia allora di lasciarsi stare, di non impegnarsi a fondo, perché tanto riuscire è difficilissimo, anzi, quasi impossibile.
Poi però leggi “Non è un paese per bamboccioni”, e allora viene voglia di stringere i denti, di rimboccarsi le maniche, di provare a far valere le proprie idee. Tra l’altro, uno dei padri costituenti, l’onorevole Giorgio La Pira, affermava che “le buone idee camminano da sole”.
Chi non fosse d’accordo con ciò, legga la storia di Federico Grom e Guido Martinetti, che stanno conquistando il mondo con i loro gelati di pregevole qualità; oppure, scorra la vicenda di Alessandro Fogazzi, che ha vestito i polsi di milioni di individui con i suoi inimitabili orologi in plastica; o ancora, faccia un giro per gli impianti di autolavaggio di Riccardo Moroni, carwasher giovanissimo e geniale.
Incredibile?
Affatto.
Perché le vite e i sogni di quegli undici talenti sono assolutamente veri, anzi, realizzati.
Forse, la sola cosa incredibile è farcela, nonostante tutto.