Chiara Giacobelli e il romanzo: “Un disastro chiamato amore” oltre i soliti cliché

disastro-chiamato-amore_chronicalibriGiulia Siena
PARMA – Copertina rosa shocking e un’immagine leggera, di stupore: tutto lascia presagire a una lettura da ombrellone, a un romanzo dove una giovane e sbadata giornalista riesce a far capitolare il fascinoso rampollo. Oltre la copertina, che attrae ma inganna, questo libro è molto di più. Vivienne Vouloir è molto più che un’ingenua e imbranata trentenne alle prese con sfilate di moda e personaggi famosi; Vivienne non è solamente una catalogatrice di uomini bizzarri, fobie e delusioni. Vivienne possiede sensibilità, Vivienne vive di una leggerezza profonda dovuta alla sua capacità di ascolto e osservazione.
Vivienne è la protagonista di Un disastro chiamato amore, il romanzo della giornalista e scrittrice Chiara Giacobelli. Pubblicato da Leggereditore, il libro è incentrato sulla figura della stramba eroina parigina che conosce l’italiano grazie alla sua nonna materna e che continua a non saper cucinare poiché troppo distratta e smemorata. Continua

“L’amore, forse”: il lungo percorso dell’amore nel romanzo di Barbara Fabbroni

Barbara-Fabbroni_CHRONICALIBRIMILANO – Charlotte era convinta che nessun uomo potesse più violare il suo cuore; nessun uomo dopo che quella sera a New York, a pochi mesi dalle nozze, scoprì che Bernardo la tradiva. Nessuno, se lo era giurato, nessuno potrà mai più farlo. Ma la vita, si sa, è imprevedibile. Comincia così L’amore, forse, il primo romanzo di Barbara Fabbroni – psicologa e psicoterapeuta aretina – pubblicato da Edizioni CroceContinua

Sorpresa Homo Scrivens: Solo Nina, il romanzo di Rosalia Catapano

catapano_ninaGiulia Siena
ROMA “E aveva passato in rassegna il suo abbigliamento, con l’occhio esperto di chi di abiti femminili se ne intende. Quello di Nina era di una semplicità disarmante. Un vestitino di garza bianca che arrivava poco sopra il ginocchio e lasciava scoperte le spalle. Un qualcosa di svolazzante nel taglio della gonna, il tessuto inconsistente, quasi etereo, di un candore perfetto, conferivano alla sua figura un tocco deliziosi di leggerezza e femminilità”. Rivelazione, visione, disvelamento. E’ questo quello a cui assiste Raùl Ortega all’aeroporto di Napoli in una banale mattina d’estate. In questo momento la sua vita è a un punto fermo. Raùl deve decidersi: ha trentatrè anni e se vuole sfondare nel mondo della moda deve darsi da fare seriamente, non bastano più i suoi natali, non basta più fare la spola tra il passato e la classicità di Napoli e la creatività e il genio di Barcellona. Se la sua anima è così divisa ora deve trovare una strada, una sua strada. E quella che incrocia aspettando il volo da Capodichino non è solamente una nuova rotta. Raùl in questo momento incrocia Nina, “Solo Nina”. Comincia così l’omonimo romanzo di Rosalia Catapano, medico napoletano che da qualche anno si dedica – con ottimi risultati – all’attività letteraria. Il libro, pubblicato dalla casa editrice Homo Scrivens, è l’incontro tra un uomo e una donna in un momento qualsiasi. Per loro, però, questo momento è cruciale: entrambi aspettano qualcosa, sono in attesa di partire, ma il viaggio vero è la vita. Da una parte Raùl, la sua anima fragile e le tante aspettative, dall’altra Nina, “solo Nina”, la donna che viaggia per incontrare l’affetto delle sue amiche e aspetta quell’amore che non le faccia più sentire il grande vuoto lasciato dalla sua famiglia. Tra loro un trolley, punto d’incontro del loro futuro sentirsi.

Arrivati a destinazione Raùl deve creare, soddisfare le aspettative della vulcanica zia Blanca e dare vita ad abiti che lascino il segno. Ma nella sua mente ora c’è il ricordo della ragazza dell’aeroporto. Semplice, femminile, graziosa, gioiosa e malinconica; Nina, solo Nina. Lei, Nina, a Barcellona abbraccia le sue amiche e cerca di dimenticare Vincenzo, l’ennesimo errore sentimentale. Lei, non pensa minimamente che il ragazzo serioso e affidabile a cui ha lasciato il suo trolley per scappare alla toilette prima di partire sia rimasto così ammaliato da lei. Non lo sa. Non può saperlo. Ma lui ha qualcosa di lei, il suo numero di telefono e ha qualcosa che lei gli ha lasciato, l’ispirazione.

 

Una storia di vita, amore – probabile – cambiamento, coincidenze e speranze. “Solo Nina” è questo, anche questo, insieme a un grandioso affresco di vita quotidiana, con personaggi, errori e contrattempi che cambiano il nostro vissuto, e di conseguenza, la nostra vita.

Rosalia Catapano ha il merito di lasciarci, a ogni pagina, con l’emozione in gola e la curiosità negli occhi, creando quella silenziosa e quasi inconscia consapevolezza che le attese, le coincidenze e le speranze danno vita al nostro cammino quotidiano.

“Lo chef è una donna”, da Piemme un romanzo di amore e ricette

LO-CHEF-E-UNA-DONNAROMA “Graciane chiuse gli occhi, assaporando la perfezione di quel momento: un uomo che sapeva di buono e il cui odore si mescolava a quello del caffè, illuminato da un raggio di sole della bruma pungente del primo mattino. Bastava così poco per essere davvero felici”. 

Graciane è una donna, ha quarant’anni ed è uno chef. Nulla di strano se non fosse che ha passato la vita a competere con Florent, il suo ex marito, un famoso chef sempre impegnato a sperimentare nuove ricette e nuove tecniche. Ma per Graciane la cucina è donna e vuole dimostrarlo anche agli altri: divorzia e prende in mano la sua vita. Comincia così “Lo chef è una donna”, il romanzo di Valérie Gans pubblicato da Piemme.

Graciane allora decide di affrontare “l’uomo che, per oltre dieci anni, l’aveva trattata come una ragazzotta, senza mai perdere l’occasione di sminuirla, possibilmente in pubblico”e si mette alla prova. Apre un ristorante nella sua Parigi, ma lei vuole differenziarsi dai tanti chef della città, nella cucina di Graciane le materie prime e il ruolo della squadra sono fondamentali; poi, un menu che non dimentica le sue origini basche e i segreti culinari di nonna Ama fanno la differenza. Così, la vita della protagonista cambia: oltre agli impegni, alle preoccupazioni e alle gioie per i suoi due figli Timothèe e Elija, nel quotidiano di Graciane trova sempre più spazio la cucina e una nuova e inaspettata sfida. Infatti, la brigata di cucina iscrive Graciane a una competizione per eleggere il miglior chef di Parigi tra i più rappresentativi cuochi delle cucine parigine.

“Lo chef è una donna” è un romanzo leggero composto da pochi e semplici ingredienti: passione, fantasia, amore e avventura. Un perfetto mix che si completa grazie alla tematica culinaria (ormai di gran moda), tanto che ogni capitolo prende il nome di una pietanza e si chiude con la ricetta stessa.

Eccone un esempio:

La ricetta di Graciane
Soufflé al cioccolato

Per 4 persone
135 gr. di cioccolato al 70% di cacao, 30 gr. di burro + burro per stampini, 30 gr. di tuorlo d’uovo, 130 gr. di albume d’uovo, 45 gr. di zucchero + zucchero per gli stampini

1. Scaldare il forno a 180°
2. Far sciogliere a bagnomaria il cioccolato con un po’ di acqua o latte.
Togliere dal fuoco, aggiungere il burro a tocchetti e poi i tuorli d’uovo.
3. Montare gli albumi a neve non troppo ferma con lo zucchero e una presa di sale.
4. Incorporate gli albumi al composto: cioccolato, uova, burro.
5. Distribuire il preparato in 4 stampi da soufflé individuali, imburrati e spolverizzati di zucchero. Infornare per 10 minuti.
6. Servite subito.

“Appuntamento al Ritz”: sognare in un grand hotel

ROMA“Era da un paio di mesi, ormai, che provavo un gran desiderio di cambiamento. Lo sentivo ogni giorno più forte. Ero convinta di aver spremuto la città al massimo. Restavano poche gocce. E speravo che mi bastassero per resistere. Non volevo correre il rischio di morire di sete proprio nella Milano da bere!”
E come in ogni sogno che si rispetti il cambiamento per Hope arriva in maniera improvvisa. Una semplice telefonata mattutina le cambia i piani: da Milano deve volare verso Parigi. Così comincia “Appuntamento al Ritz” il libro di Hélène Battaglia pubblicato da Dalai Editore.

Hope, la protagonista, scrive di moda e il suo sogno è diventare scrittrice; intanto, con in Natale alle porte, Hope deve organizzare le feste in famiglia e organizzare è una cosa che le riesce molto bene. La vita, però, è fatta di sorprese e cambiamenti che non sempre permettono di pianificare con calma le cose. Hope ne è consapevole da quando ha risposto a quella telefonata. Dall’altra parte della cornetta c’è il suo capo. Deve andare a Parigi con il primo volo, lì qualcosa l’aspetta. Ad attenderla ci sono gli Champs-Élysées e il monumentale Hotel Ritz. Un Grand Hotel in piena regola è quello che trova Hope al suo arrivo in città. Lei dovrà “lavorare sotto copertura” e scoprire i retroscena di questo luogo da sogno.

 

In questo modo, con un “nuovo lavoro” e con Paul, lo steward incontrato sul volo verso la sua nuova vita, Hope ha l’occasione di rimettersi in gioco. Dai piani bassi dell’hotel, quelli riservati al personale, la protagonista del romanzo della Battaglia guarda al lusso in altro modo. Guarda al mondo in altro modo. E questo le dà la spinta per cambiare, per affrontare nuove sfide e timbrare ogni giorno il cartellino del lato segreto del Ritz.

 

Ironico e sorprendente, sognatore e incalzante, il romanzo di Hélène Battaglia è una favola 2.0.

“La passione di Ornella”

Luigi Scarcelli
PARMA – “Il mondo ti condanna se ami senza dignità”

Passione, una parola che indica un sentimento forte di voglia, piacere ma anche di dolore.

Ne “La passione di Ornella”, il libro di Nina Vanigli edito da Lettere Animate, tutti i significati di questa parola si riflettono nelle vicende della protagonista. Ornella è una ragazza ordinaria, che vive la sua personalissima, controversa e grottesca storia d’amore con Alessandro, una specie di angelo al rovescio, tanto bello quo crudele. Alessandro non prova amore per Ornella, ma la usa come un oggetto di sua proprietà, al servizio del suo piacere e dei suoi perversi giochi erotici. Portata allo stremo, Ornella per un attimo vedrà con lucidità il suo rapporto d’amore malato e cercherà di allontanarsene, ma l’attrazione sarà così forte da costituire una vera e propria gabbia mentale in cui la ragazza rimarrà imprigionata fino alla fine del romanzo.

Il racconto scorre veloce, nel  suo ritmo  si riflettono l’istintività e la carica delle forti tinte erotiche che contraddistinguono la trama, senza troppi fronzoli e con molta incisività. Nina Vanigli, che non è il vero nome ma uno pseudonimo dell’autrice, riesce curiosamente ad interpretare bene molte di quelle che sono tipiche fantasie erotiche maschili.

Il libro è anche, a mio avviso, un’occasione persa: il tema dell’amore cieco e perverso, che purtroppo affligge soprattutto le donne con risvolti spesso drammatici, è la punta di un iceberg fatto di aspetti istintivi, psicologici, fisici e sociali che caratterizzano i rapporti tra uomo e donna, l’ombra di quella che può essere una distinzione tra amore maschile e amore femminile e non un sentimento troppo spesso rappresentato come unico e omogeneo.

“La passione di Ornella” non si pone questi quesiti, ma guarda al lato puramente sensuale, doloroso ed erotico, in senso ampio, dell’amore. Questo ovviamente non è un aspetto negativo di per sé, ma a tratti sembra trascinare nella trama troppa superficialità: i personaggi  femminili, ad esempio, sono trattati, forse non volutamente, in maniera non troppo benevola nel momento in cui  rimangono affascinate dalla straordinaria bellezza  di Alessandro oscurando qualsiasi bestialità del suo comportamento. Lo stesso Alessandro poi è un personaggio che se fosse stato approfondito dal punto di vista caratteriale e psicologico avrebbe contribuito a dare un risvolto diverso alla trama.

 

 

Un amore da seguire fino “In capo al mondo”

Giulia Siena
ROMA
“Ricorda una cosa, però. Non sono i viaggi quelli che contano. Se riesci ad amare e farti amare alla fine puoi andare anche in capo al mondo, quel sentimento non lo distruggi.” L’amore, spesso, è fatto di distanze; emotive, comportamentali o fisiche. L’amore, spesso, non tiene conto dei chilometri, dei treni e dei biglietti aerei; lui sboccia e cresce, prende coraggio e ti cambia la vita. La vita di Alina viene stravolta. Lei, protagonista de “In capo al mondo” (Rogiosi Editore) di Alessandra Del Prete, si lascia invadere dall’emotività dell’amore e comincia il suo viaggio. Perché, quando il sentimento si innesta nella quotidianità sconvolge i ritmi, i bisogni e la geografia trasportandoti fino in capo al mondo. Così, le terre del mappamondo di Alina, diventano i nuovi luoghi del suo gioco. Lei incontra due occhi verdi di nome Julian e si lascia coinvolgere in un gioco: si vedranno da qualche parte nel mondo, tutti i loro viaggi avranno i colori della favola, ma a differenza di una sfida, in questo gioco non ci saranno né vincitori né legami. Almeno secondo Julian. Con il passare degli aerei, degli autisti, degli hotel e dei suoi letti, il gioco cambia. Alina ci mette di più, ci mette del suo, ci mette il cuore e la testa e in quell’uomo ripone una speranza. Quella speranza si chiama amore, ma ammetterlo a lui significa arrestarsi e accettare una vita senza aerei, autisti, hotel, letti e soprattutto amore.

Ma qualcosa cambia. La loro storia è fatta di affinità che andranno oltre i silenzi, gli affari e il passato.

“In capo al mondo”, il ritorno di Alessandra Del Prete alla narrativa, ha tutti i colori della favola moderna. E’ un romanzo denso di immagini, un lavoro che fa della struttura narrativa e della componente emozionale i suoi punti di forza.

“Il cuore di una donna è come l’oceano: gettaci dentro qualcosa, probabilmente si perderà alla vista ma resterà per sempre conservato sul fondo. A meno che qualche pazzo non decida di andarlo a recuperare per strapparlo all’immensità.”

10 Libri di San Valentino, letture con tutto l’amore che c’è

i 10 libri sull'amoreROMA – Non me ne voglia Sergio Rubini se “rubo” la frase che dà il titolo a un suo bellissimo film del 2000. Prendo in prestito “tutto l’amore che c’è” per suggerirvi 10 Libri di San Valentino che parlano di tutte le sfaccettature dell’amore: coniugale, fraterno, adultero, giovanile… Un amore quotidiano, lontano, passionale o goloso. Letture, quindi, con tutto l’amore che c’è.

1. Qualche lontano amore di Carla De Bernardi, Mursia
2. Favola di Eros e Psiche di Lucio Apuleio, Giunti
3. Dolce come il cioccolato. Romanzo piccante in 12 puntate con ricette, amori e rimedi casalinghi di Laura Esquivel, Garzanti
4. Poesie d’amore di D. H. Lawrence, Newton & Compton
5. Metafisica dell’amore sessuale di Arthur Schopenhauer,  BUR
6. Love Cooking, AA. VV., Aliberti
7. La felicità di fare l’amore in cucina e viceversa di Irène Frain, Ponte alle Grazie
8. Il gioco della seduzione di S. Elizabeth Phillips, Leggereditore
9. Lezioni d’amore di Patrizia Valduga, Einaudi
10. Scritto sul corpo di Jeannette Winterson, Mondadori

"La sposa e la vendetta" un viaggio nel fantasy

Marianna Abbate
ROMA – La sperimentazione della lettura di nuovi generi letterari è una mia ben nota passione. Orbene, il libro che sto per recensirvi è per me una novità assoluta in quanto potrei qualificarlo come romanzo fantasy-rosa-un po’porno ma ho letto anche che c’è chi l’ha definito erotico fantasy-storia alternativa. Tant’è che “La sposa e la vendetta” di Jaquelin Carey, pubblicato dalla casa editrice Nord,  è il secondo libro di una fortunata saga ambientata nelle terre d’Ange, una mitica Inghilterra celtica- che ricorda le nebbiose terre di Avalon. Gli esperti del genere perdonino la banalità dei miei paragoni, ma la mia unica fonte di metafore sono i poemi medievali in lingua d’oil studiati all’alba durante filologia romanza. 

Ma torniamo a noi: dopo una cinquantina di pagine di lettura abbastanza confusa nella quale non riuscivo a comprendere metà degli avvenimenti e stentavo a raccapezzarmi tra gli svariati Belrik, Dorelei e Imriel, mi sono resa conto che in realtà mi stavo divertendo un mondo!
La Carey ha una scrittura fluida e piacevole, da bestseller, e riesce a trasmettere immagini vivide e conturbanti. In poco tempo mi sono sentita trasportare in questo mondo fatato dove amore, odio, gelosia e potere si mescolano perfettamente, come succede nel mondo reale. Certo, le reazioni dei protagonisti sono un po’ esagerate, come gli avvenimenti che li vedono protagonisti sono un po’ fantasiosi, ma le emozioni sono vere.
L’unica pecca è che trattandosi di una saga la storia non giunge ad una conclusione soddisfacente- ma che ci possiamo fare: sono queste le regole del marketing. Credo tuttavia, di essere caduta in pieno nella sua trappola e aspetto con ansia la nuova parte di questa saga. 

Anteprima: leggi un estratto de "Il letto di rose", il nuovo romanzo di Nora Roberts (Leggereditore)

ROMA – In anteprima su ChronicaLibri un estratto del nuovissimo romanzo scritto da Nora Roberts e pubblicato da Leggere Editore. “Il letto di rose” è il secondo episodio della serie Il quartetto della sposa, che ha già conquistato il cuore di centinaia di migliaia di lettrici nel mondo.
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I dettagli le affollavano la mente, molti in modo confuso,
Emma controllò l’agenda degli appuntamenti mentre prendeva
la prima tazza di caffè. Le consulenze consecutive le davano
la stessa carica della forte miscela zuccherata. Assaporandola, si appoggiò allo schienale della sedia nel comodo ufficio per leggere le annotazioni che aveva aggiunto a margine dei dati di ogni cliente.

Nella sua esperienza, la personalità della coppia – o spesso, più precisamente, della sposa – la aiutava a determinare il tono della consulenza, la direzione che avrebbero seguito.
Secondo la concezione di Emma, i fiori erano il cuore del matrimonio.
Che fossero eleganti o divertenti, ricercati o semplici, i fiori rappresentavano il romanticismo.
Il suo lavoro era dare ai clienti tutto il cuore e il romanticismo che desideravano.
Sospirò, si stiracchiò, poi sorrise al vaso di roselline sulla
scrivania. La primavera, pensò, era il meglio. La stagione dei
matrimoni entrava nel vivo… Il che significava giornate indaffarate
e lunghe notti a progettare, disporre, creare, non solo
per i matrimoni di questa primavera, ma anche per la successiva.
Amava la continuità quanto il lavoro stesso.
Ecco quel che Promesse aveva dato a lei e alle sue tre migliori
amiche. Continuità, un lavoro gratificante e quel senso
di realizzazione personale. E lei era finita a giocare con i fiori,
a vivere con i fiori, praticamente a immergersi tra i fiori ogni giorno.
Pensierosa, si osservò le mani, esaminando i piccoli graffi
e i tagli minuscoli. In certi giorni li considerava cicatrici fatte
sul campo di battaglia, in altri medaglie al valore. Quella mattina
desiderò soltanto di essersi ricordata di prenotare una manicure.
Diede uno sguardo all’ora, fece due calcoli. Di nuovo carica,
balzò in piedi. Facendo una deviazione in camera, prese
una felpa scarlatta col cappuccio e la infilò sopra il pigiama.
C’era abbastanza tempo per passare dall’edificio principale
prima di vestirsi e prepararsi per la giornata. Lì la signora Grady
avrebbe preparato la colazione, così Emma non avrebbe
dovuto frugare in tutta casa per cucinarsi qualcosa da sola.
La sua vita, pensò mentre scendeva le scale saltellando, era piena di squisiti privilegi.
Attraversò il soggiorno che utilizzava come reception e sala
di consulenza e si guardò rapidamente attorno mentre si
dirigeva alla porta. Avrebbe cambiato l’acqua ai fiori in esposizione
in tempo per il primo appuntamento della giornata,
ma oh, quei Lilium orientalis non si erano aperti meravigliosamente?
Uscì da quello che era stato l’alloggio per gli ospiti di villa
Brown e che ora era la sua casa e la base operativa di Bouquet,
la sezione di Promesse gestita da lei.
Respirò a fondo l’aria primaverile. E tremò.
Accidenti, perché non poteva fare un po’ più caldo? Era
aprile, per l’amor di dio. Era il tempo delle giunchiglie. Com’erano
allegre le viole del pensiero che aveva piantato nei
vasi. Si rifiutava di permettere a una giornata gelida – e, okay, a dirla tutta stava cominciando anche a piovigginare – di rovinarle l’umore.
Si strinse nella felpa, infilò la mano che non reggeva la tazza
di caffè in tasca e cominciò a camminare in direzione dell’edificio principale.
Le cose stavano tornando a prendere vita intorno a lei, ricordò a sé stessa. Se si guardava attentamente, si riusciva a scorgere la promessa del verde sugli alberi, l’indizio della delicata
fioritura del corniolo e del ciliegio. Quelle giunchiglie
volevano sbocciare, e i fiori di zafferano selvatico lo avevano
già fatto. Forse ci sarebbe stata un’altra nevicata primaverile,
ma il peggio era passato.
Presto sarebbe giunto il momento di sporcarsi le mani, di
portare alcune delle sue meraviglie fuori dalla serra e metterle
in mostra. Lei si occupava di bouquet, festoni e ghirlande,
ma niente superava madre natura nel fornire il più struggente
scenario per un matrimonio.
E niente, secondo lei, batteva villa Brown nel valorizzare tale scenario.

I giardini, il pezzo forte persino adesso, presto sarebbero
esplosi di colori, boccioli, profumi, invitando le persone a gironzolare
per i sentieri sinuosi e a sedersi su una panchina, a
rilassarsi al sole o all’ombra. Parker aveva incaricato lei – così
come dava incarichi a chiunque altro – di occuparsene,
quindi ogni anno si trovava a giocare, a piantare qualcosa di
nuovo, o a supervisionare la squadra di tecnici del paesaggio.
Le terrazze e i patii creavano dei deliziosi spazi utili all’aperto,
perfetti per matrimoni ed eventi… ricevimenti in piscina,
ricevimenti in terrazza, cerimonie nel roseto o sotto il
pergolato, o magari vicino al laghetto all’ombra di un salice.
Abbiamo ogni possibilità, pensò.
E la casa? C’era qualcosa di più elegante, di più bello? Il
meraviglioso blu tenue, quei caldi tocchi di giallo e crema,
tutti i vari profili del tetto, le finestre ad arco, le balconate in ferro battuto contribuivano a creare quel fascino raffinato. E poi il portico d’entrata sembrava fatto apposta per essere affollato
da vegetazione lussureggiante o da tessuti e colori complessi.
Da bambina aveva sempre pensato a quel posto come al
regno delle fate, con tanto di castello.
Ora era casa sua.
Girò in direzione della dépendance accanto alla piscina dove
la sua socia Mac viveva e gestiva il proprio studio fotografico.
Proprio mentre stava per afferrare la maniglia, la porta si
aprì. Emma sorrise, fece un cenno all’uomo allampanato con
i capelli spettinati e la giacca di tweed che stava uscendo.
«Buongiorno, Carter!»
«Ciao, Emma.»
La famiglia di Carter e la sua si frequentavano da che aveva
memoria. Ora Carter Maguire, ex docente di Yale e insegnate
di letteratura inglese nel liceo che avevano frequentato
da ragazzi, era fidanzato con una delle migliori amiche che avesse al mondo.
La vita non era semplicemente bella, pensò Emma. Era un dannato letto di rose.
Con quel pensiero in mente, non poté far altro che raggiungere
Carter a passo di danza, tirarlo per i risvolti della giacca
mentre si alzava in punta di piedi per dargli un sonoro bacio.
«Wow» disse lui, arrossendo leggermente.
«Ehi.» Mackensie, gli occhi assonnati, la massa di capelli
rossi luminosi nell’oscurità, si appoggiò allo stipite della porta.
«Ci stai provando con il mio ragazzo?»
«Magari. Te lo ruberei, ma tu l’hai sedotto e ammaliato.»
«Hai assolutamente ragione.»
«Bene.» Carter offrì a entrambe un sorriso confuso. «Questo
è davvero un ottimo inizio per la mia giornata. La riunione
dei docenti cui devo partecipare non sarà divertente nemmeno la metà di così.»
«Datti malato.» Mac abbassò il tono della voce con fare seduttivo.
«Ti darò io qualcosa di divertente.»
«Ah. Bene. Comunque… ciao.»
Emma sorrise guardandolo precipitarsi verso la macchina.
«È così carino
«Proprio così.»
«Ma guardati, Ragazza Felice.»
«Fidanzata Felice. Vuoi vedere di nuovo il mio anello?»
«Oooh» fece d’obbligo Emma mentre Mac sventolava le dita. «Aaah.»
«Stai andando a fare colazione?»
«Questo è il mio piano.»
«Aspetta.» Mac entrò un attimo, prese una giacca, poi si
chiuse la porta alle spalle. «Non ho nient’altro di pronto a parte il caffè, quindi…» Mentre scendevano insieme i gradini,
Mac aggrottò la fronte. «Quella è la mia tazza.»
«La vuoi indietro adesso?»
«Io lo so perché sono felice in questa merdosa mattina, ed
è la stessa ragione per cui non ho avuto tempo di fare colazione.
Si chiama ‘facciamo la doccia insieme’.»
«Ragazza Felice e anche Stronza Fanfarona.»
«E ne sono orgogliosa. Perché sei così allegra? Hai un uomo in casa?»
«Purtroppo no. Ma ho cinque consulenze questa mattina.
Il che è un modo grandioso di iniziare la settimana, e segue la scia della deliziosa conclusione della settimana scorsa, con il tè della cerimonia di ieri.»
«La nostra coppia di sessantenni che si è scambiata le promesse e ha festeggiato circondata dai figli di lui, quelli di lei e i nipotini. Non è stato solo dolce, ma rassicurante. Era la seconda
volta per entrambi, eppure eccoli lì, pronti a farlo di nuovo, spinti dal desiderio di condivisione e unione. Ho fatto degli scatti davvero belli. Comunque, credo che quei pazzerelli
ce la faranno.»
«Aproposito di pazzerelli, dobbiamo davvero cominciare
a parlare dei fiori per te. Dicembre sarà anche lontano,» disse rabbrividendo «ma arriverà in un baleno, come ben sai.»
«Non ho nemmeno deciso il tono della foto di fidanzamento.
Né dato un’occhiata ai vestiti, o scelto i colori.»
«Io sono fantastica nei toni delle pietre preziose» disse Emma con uno sfarfallio delle ciglia.
«Tu sei fantastica anche con addosso un sacco. Aproposito
di stronze fanfarone.» Mac aprì la porta che dava nello spogliatoio
e, poiché la signora Grady era tornata dalla sua vacanza invernale, ricordò di pulirsi i piedi. «Non appena troverò il vestito, discuteremo di tutto il resto.»
«Sei la prima tra noi a sposarsi. E a celebrare il matrimonio qui.»
«Già. Sarà interessante vedere come faremo a occuparci
del matrimonio e a parteciparvi allo stesso tempo.»
«Sai che puoi contare su Parker per la logistica. Se c’è qualcuno
che può far andare tutto liscio, quella è Parker.»
Entrarono in cucina, e nel bel mezzo del caos.
Mentre la sempre equilibrata Maureen Grady lavorava ai
fornelli, con movimenti efficienti e viso sereno, Parker e Laurel
si affrontavano da una parte all’altra della stanza.
«Bisogna fare così» insisté Parker.
«Stronzate, stronzate, stronzate.»
«Laurel, questi sono affari. Negli affari bisogna servire i clienti.»
«Lascia che ti dica cosa vorrei servire alla cliente.»
«Adesso smettila.» Parker, i folti capelli castani raccolti in
una coda, indossava già un completo blu notte in previsione
dell’incontro con i clienti. «Ascolta, ho già compilato una lista
con le sue scelte, il numero degli invitati, i suoi colori, le selezioni
floreali. Non dovrai neanche parlarle. Farò io da intermediario.»
«Adesso lascia che ti dica cosa puoi farci con la tua lista.»
«La sposa…»
«La sposa è una testa di cazzo. La sposa è un’idiota, una
stronzetta piagnucolosa che ha fatto ben presente quasi un
anno fa che non avrebbe avuto né il bisogno né il desiderio di
servirsi dei miei particolari servigi. La sposa può baciarmi le
chiappe, che saranno tutto ciò che di mio avvicinerà alla bocca,
perché non mangerà niente preparato da me ora che si è
resa conto della propria stupidità.»
Con addosso pantaloni di cotone e canottiera che usava
per dormire, i capelli ancora spettinati, Laurel si lasciò cadere
su una sedia nell’angolo della colazione.
«Devi calmarti adesso.» Parker si chinò per prendere una
cartellina. Probabilmente gettata a terra da Laurel, pensò Emma.
«Tutto quello che ti serve è qui.» Parker posò la cartellina
sul tavolo. «Ho già assicurato alla sposa che esaudiremo le
sue richieste, quindi…»
«Quindi disegnerai e preparerai una torta di nozze di quattro
strati tra adesso e sabato, e una torta dello sposo, e una selezione
di dessert. Per duecento persone. E lo farai senza esserti
preparata in precedenza e con tre eventi nel week-end e
un evento serale nel giro di tre giorni.»
Con il viso mutato in un’espressione ribelle, Laurel prese la
cartellina e la fece scivolare deliberatamente sul pavimento.
«Adesso ti stai comportando come una bambina.»
«Bene. Sono una bambina.»
«Ragazze, le vostre amichette sono venute a giocare» cantilenò
la signora Grady, in tono eccessivamente dolce, gli occhi che ridevano.
«Oh, sento la mamma che mi chiama» disse Emma e fece per uscire dalla stanza.
«No, non ci provare!» Laurel scattò in piedi. «Senti questa.
Il matrimonio Folk-Harrigan. Sabato, evento serale. Ricorderai,
ne sono certa, come la sposa abbia storto il naso al solo
pensiero che Delizie di Promesse provvedesse alla torta o a
uno qualsiasi dei dessert. Come ha schernito me e i miei suggerimenti e ha ribadito che sua cugina, chef pasticcere a New York che ha studiato a Parigi e ha disegnato torte per occasioni
importanti
«Ti ricordi cosa mi ha detto?»
«Ah.» Emma si spostò leggermente perché il dito di Laurel
puntava dritto al suo cuore. «Non le parole esatte.»
«Be’, io sì. Ha detto che era sicura – e lo ha detto con quel
tono di scherno – che era sicura che potessi occuparmi discretamente
della maggior parte delle occasioni, ma che lei voleva
il meglio per il proprio matrimonio. Me lo ha detto in faccia.»
«Scortese da parte sua, senza dubbio» cominciò Parker.
«Non ho finito» disse Laurel a denti stretti. «Ora, all’ultimo
momento, sembra che la geniale cugina sia scappata con
uno dei propri clienti. Scandalo, scandalo, visto che il suddetto
cliente le aveva commissionato la torta per il suo fidanzamento.
Adesso questi due sono spariti e la sposa vuole che
subentri io e salvi il suo grande giorno.»
«Il che è quello che faremo. Laurel…»
«Non lo sto chiedendo a te.» Le dita puntate su Parker si spostarono
a indicare Mac ed Emma. «Lo sto chiedendo a loro.»
«Che? Hai detto qualcosa?» Mac offrì un sorriso tutto denti.
«Scusa, dev’essermi rimasta dell’acqua nelle orecchie dopo la doccia. Non ho sentito una parola.»
«Vigliacca. Em?»
«Colazione!» La signora Grady girò un dito per aria. «Tutte a tavola. Omelette di chiare d’uovo su pane di segale tostato. Sedete, su. Mangiate.»
«Non mangerò finché…»
«Sediamoci.» Interrompendo l’ennesima filippica di Laurel,
Emma cercò un tono conciliante. «Dammi un minuto per pensare. Sediamoci tutte quante e… oh, signora G, sembra favoloso.» Afferrò due piatti, usandoli come scudi si diresse di
corsa verso l’angolo della colazione. «Ricordiamoci che siamo una squadra» esordì.
«Non sei tu quella insultata e sommersa di lavoro.»
«In realtà, sì. O almeno lo sono stata. Whitney Folk è il primo
esemplare certificato di Spozilla della storia. Potrei riferirvi
gli incubi personali che ho avuto con lei. Ma questa è una storia per un altro giorno.»
«Ne ho qualcuna anch’io» si inserì Mac.
«Così hai riacquistato l’udito» borbottò Laurel.
«È scortese, pretenziosa, viziata, difficile e sgradevole»
continuò Emma. «Di solito quando pianifichiamo un evento,
persino con i problemi che possono insorgere e le comuni
stranezze di certe coppie, mi piace pensare che li stiamo aiutando
a delineare un giorno che darà inizio al loro ‘per sempre
felici e contenti’. Con questa qui? Mi sorprenderei se durasse
due anni. È stata scortese con te, e non credo si trattasse
di scherno, ma di compiacimento. Non mi piace.»
Ovviamente inorgoglita dal sostegno ricevuto, Laurel mostrò
la propria soddisfazione a Parker, poi cominciò a mangiare.
«Detto questo, siamo una squadra. E i clienti, anche le stronzette
compiaciute, devono essere serviti. Questi sono buoni
motivi per farlo» disse Emma mentre Laurel le metteva il broncio.
«Ma ce n’è uno più importante. Farai vedere a quel suo culo
piatto, secco, scortese e compiaciuto cosa può fare uno chef
pasticcere davvero geniale, e per di più sotto pressione.»
«Questa l’ha già usata Parker.»
«Oh.» Emma tagliò una fettina sottile della propria omelette.
«Be’, è la verità.»
«Potrei cuocermi al forno anche quella mangiauomini di sua cugina.»
«Senza dubbio. Personalmente, credo che dovrebbe strisciare, almeno un po’.»
«Se strisciasse mi andrebbe bene» considerò Laurel. «E anche se implorasse.»
«Dovrei essere in grado di fornire un po’di entrambe le cose.» Parker sollevò il proprio caffè. «Inoltre l’ho informata che per soddisfarla con così poco preavviso dovremmo applicare
una penale. Le ho aggiunto il venticinque percento. Ha accettato
come se si trattasse di un’ancora di salvezza, e in realtà ha pianto di gratitudine.»
Una nuova luce balenò negli occhi viola di Laurel. «Ha pianto?»
Parker piegò il capo e alzò un sopracciglio rivolta a Laurel.
«Allora?»
«Anche se la storia del pianto mi scalda il cuore, dovrà comunque
accettare quello che le darò e farselo piacere.»
«Assolutamente.»
«Devi solo informarmi di cosa decidi o quando lo decidi»
le disse Emma. «Preparerò i fiori e le decorazioni per la tavola.»
Diede un’occhiata comprensiva a Parker. «Ache ora ti ha chiamato per dirti tutto questo?»
«Stanotte alle tre e venti.»

Laurel diede un buffetto sulla mano di Parker. «Scusami.»
«Questa è la parte di lavoro che spetta a me. Ce la faremo. Ce la facciamo sempre.»
Ce la facevano sempre, pensò Emma mentre cambiava
l’acqua ai fiori nel soggiorno. Era certa che sarebbe sempre
stato così. Diede uno sguardo alla foto che conservava in una
semplice cornice bianca, e che ritraeva tre bambine che giocavano
a ‘Matrimonio’ in un giardino d’estate. Quel giorno aveva fatto la sposa e aveva tenuto il bouquet di erbacce e fiori selvatici, aveva indossato il velo di pizzo. Ed era stata incantata
e deliziata quanto le amiche quando la farfalla blu si
era posata sul dente di leone del suo bouquet.
Anche Mac era lì, naturalmente. Dietro la macchina fotografica,
a immortalare quel momento. Considerava un miracolo
non da poco che avessero trasformato il fantasioso gioco
della loro infanzia in una florida società.
Niente più denti di leone adesso, pensò mentre sprimacciava
i cuscini. Ma quante volte aveva visto lo stesso sguardo
deliziato e incantato sul viso di una sposa quando le offriva
un bouquet studiato appositamente per lei. Solo per lei.
Sperò che l’incontro che stava per iniziare alla fine si risolvesse
la primavera successiva con lo stesso sguardo incantato
sul volto della sposa.
Sistemò le sue cartelline, i suoi album, i suoi libri, poi si diresse
allo specchio per controllare capelli, trucco e la linea del
completo pantalone che aveva indossato.
La presentazione, pensò, è una priorità per Promesse.
Si allontanò dallo specchio per rispondere al telefono:
«Bouquet di Promesse. Sì, ciao, Roseanne, certo che mi ricordo
di te. Matrimonio in ottobre, giusto? No, non è troppo presto per prendere queste decisioni.»
Mentre parlava, Emma prese l’agenda dalla scrivania e la
aprì. «Possiamo organizzare una consulenza la prossima settimana,
se per te va bene. Puoi portare una foto del vestito?
Grandioso. E hai già scelto gli abiti per le damigelle, o i loro colori?
Mmh-mmh. Ti aiuterò io per ogni cosa. Che ne dici di lunedì alle due?»
Segnò l’appuntamento, poi guardò sopra la propria spalla quando sentì l’auto avvicinarsi.
Una cliente al telefono, un’altra alla porta.
Quanto amava la primavera!
Emma mostrò all’ultima cliente della giornata l’area di
esposizione in cui teneva composizioni con la seta e bouquet,
insieme ad altri modelli sui tavoli e sugli scaffali.
«Questo l’ho preparato quando mi hai mandato l’email
con la foto del tuo abito e l’idea base dei tuoi colori e fiori preferiti.
So che mi avevi detto che preferivi un grande bouquet a cascata, ma…»
Emma prese dallo scaffale il bouquet di rose e lilium legato con un nastro di seta bianco tempestato di perle. «Volevo soltanto che vedessi questo prima di prendere una decisione
definitiva.»
«È bellissimo, e in più sono i miei fiori preferiti. Ma non sembra, non so, grande abbastanza.»
«Con la foggia del tuo vestito, la linea della gonna e la
splendida decorazione di perline del corpetto, il bouquet più
contemporaneo potrebbe stridere un po’. Voglio che tu abbia
esattamente ciò che desideri, Miranda. Questo modello è più
vicino a quello che avevi in mente.»
Emma prese un bouquet a cascata dallo scaffale.
«Oh, è come un giardino!»
«Sì, è vero. Lascia che ti mostri un paio di foto.» Aprì il raccoglitore
sul bancone, ne tirò fuori due.
«È il mio vestito! Con i due bouquet.»
«La mia socia, Mac, fa magie con Photoshop. Queste ti
danno un’idea piuttosto precisa di come ogni stile risulti con
il tuo abito. Non c’è una scelta sbagliata. È il tuo giorno, e ogni
dettaglio deve essere esattamente come desideri.»
«Però hai ragione tu, vero?» Miranda studiò entrambe le
foto. «Quello grande in un certo senso, be’, mette in ombra il
vestito. Ma l’altro, sembra proprio fatto apposta. È raffinato,
ma pur sempre romantico. È romantico, no?»
«Direi di sì. I lilium, con quel tocco di rosa, contrastano con
le rose bianche e il pizzico di verde chiaro. La trama del nastro
bianco, il bagliore delle perle. Ho pensato, se la cosa ti piace,
che potremmo usare solo i lilium per le tue damigelle, forse
con il nastro rosa.»
«Credo…» Miranda portò il modello di bouquet davanti allo
specchio orientabile vecchio stile posizionato nell’angolo
della stanza. Il sorriso le sbocciò come un fiore sul viso mentre
studiava la propria immagine. «Credo che sembri fatto da
una fata davvero molto creativa. E lo adoro.»
Emma ne prese nota sul suo taccuino. «Ne sono lieta. Lavoreremo a partire dai bouquet. Metterò dei vasi trasparenti sul tavolo principale, così i bouquet non solo resteranno freschi,
ma serviranno anche come elemento decorativo durante
il ricevimento. Ora, per il lancio del bouquet stavo pensando
alle sole rose bianche, in formato più piccolo di questo.»
Emma prese un altro modello. «Legate con nastri bianchi e rosa.»
«Sarebbe perfetto. Si sta rivelando tutto più semplice di
quanto pensassi.»
Compiaciuta, Emma prese un altro appunto. «I fiori sono
importanti, ma devono anche essere divertenti. Non ci sono
scelte sbagliate, ricordalo. Da tutto quello che mi hai detto, vedo
‘romantico moderno’come stile del matrimonio.»
«Sì, è esattamente quello che cerco.»
«La tua nipotina, la prima damigella, ha cinque anni, giusto?»
«Li ha compiuti proprio il mese scorso. È davvero eccitata
al pensiero di spargere i petali di rosa lungo la navata.»
«Ci scommetto.» Emma cancellò dalla propria lista mentale
l’idea di un pomander. «Potremmo usare questo cesto stilizzato,
rivestito di satin bianco, decorato con roselline, circondato
anch’esso di nastri rosa e bianchi. Potremmo farle
un’aureola, sempre di roselline bianche e rosa. Dipende dal
vestitino, e da quello che ti piace, possiamo mantenerlo sul
semplice oppure potremmo far scendere dei nastri lungo la schiena.»
«I nastri, assolutamente. È proprio civettuola. Sarà elettrizzata
all’idea.» Miranda prese l’aureola che Emma le stava porgendo.
«Oh, Emma. Sembra una coroncina! Da principessa.»
«Esattamente.» Quando Miranda la sollevò per metterla
sulla propria testa, Emma rise. «Una bambina di cinque anni
sarà in estasi. E tu sarai per sempre la sua zia preferita.»
«Sarà un amore. Sì, sì, a tutto. Cesto, aureola, nastri, rose, colori.»
«Grandioso. Mi stai rendendo facile il lavoro. Ora pensiamo alle madri e alle nonne. Potremmo fare dei corsage, al polso o appuntati su una spalla, usando rose o lilium o entrambi. Ma…»
Sorridendo, Miranda posò di nuovo l’aureola. «Ogni volta
che dici ‘ma’si tratta di un’idea fantastica. Quindi, ma?»
«Pensavo che potremmo rispolverare il classico tussymussy.»
«Non ho idea di cosa sia.»
«È un piccolo bouquet, come questo, inserito in un piccolo
contenitore per mantenere i fiori freschi. Potremmo sistemare
dei sostegni ai loro tavoli, sempre a scopo decorativo,
solo un po’ più degli altri. Potremmo usare lilium e rose, in
miniatura, ma forse invertendo i colori. Rose rosa, lilium
bianchi, il solito tocco verde chiaro. Oppure, se non si accompagnano
ai loro vestiti, tutto bianco. Piccoli, non troppo delicati.
Io userei qualcosa come questo in argento, niente di troppo
elaborato. Poi potremmo farli incidere con la data delle
nozze, o i vostri nomi, i loro nomi.»
«È come se avessero i loro bouquet. Come se fossero una
miniatura del mio. Mia madre…»
Quando gli occhi di Miranda si inumidirono, Emma si
sporse per prendere la scatola di fazzolettini che teneva a portata
di mano.
«Grazie. Li voglio. Devo pensare ai monogrammi. Mi piacerebbe
discuterne con Brian.»
«Abbiamo tutto il tempo.»
«Ma li voglio. Il contrario del mio, credo, perché così sono
più personali. Resterò seduta qui per un minuto.»
Emma andò a sedersi con lei, mise i fazzoletti in un punto
accessibile per Miranda. «Sarà bellissimo.»
«Lo so. Lo vedo. Riesco già a vederlo, e non abbiamo ancora
cominciato con le decorazioni e i centrotavola e, oh, tutto
il resto. Ma riesco a vederlo. Devo dirti una cosa.»
«Certamente.»
«Mia sorella, la mia… damigella d’onore? Mi ha davvero
fatto pressione perché ci affidassimo a Felfoot. È sempre stato
il
«È favoloso, e fanno sempre un ottimo lavoro.»
«Ma Brian e io ci siamo innamorati di questo posto. L’aspetto,
l’atmosfera, il modo in cui voi quattro lavorate insieme. Ci
è sembrato adatto a noi. Ogni volta che vengo qui, o che incontro
una di voi, so che avevamo ragione. Avremo il più
splendido dei matrimoni. Mi dispiace» disse, asciugandosi di
nuovo gli occhi.
«Non devi.» Emma prese un fazzolettino per sé. «Sono lusingata,
e niente mi rende più felice dell’avere una sposa seduta
qui a piangere lacrime di gioia. Che ne dici di un bicchiere
di champagne per alleggerire un po’ le cose prima di
cominciare con le boutonnière?»
«Davvero? Emmaline, se non fossi innamorata pazza di
Brian, chiederei a te di sposarmi.»
Con una risata, Emma si alzò. «Torno subito.»
Più tardi, Emma salutò l’eccitatissima sposa e, moderatamente
esausta, si sistemò nel proprio ufficio con un bricco di
caffè. Miranda aveva ragione, pensò mentre registrava tutti i
dettagli. Avrebbe avuto il più splendido dei matrimoni. Una
marea di fiori, un’atmosfera contemporanea con tocchi di romanticismo.
Candele e lo splendore, e il luccichio di nastri e
velo. Rosa e bianco con una punta di blu e verde a fare da contrasto.
Argento brillante e vetro trasparente per dare risalto.
Linee lunghe e la stravaganza delle luci.
Mentre preparava un contratto particolareggiato, si congratulò
con sé stessa per la giornata molto produttiva. E poiché
avrebbe trascorso la maggior parte di quella successiva
lavorando ai preparativi del loro evento serale di metà settimana,
considerò l’idea di andare a letto presto.
Avrebbe resistito alla tentazione di andare a vedere cos’aveva cucinato per cena la signora G, si sarebbe preparata un’insalata, magari un po’di pasta. Si sarebbe accoccolata sul
divano con un film o una pila di riviste, avrebbe chiamato sua
madre. Sarebbe riuscita a fare tutto, a trascorrere una serata
rilassante e a essere a letto per le undici.
Mentre correggeva la bozza del contratto, il telefono emise
i due squilli ravvicinati che segnalavano la sua linea personale.
Controllò il display, sorrise.
«Ciao, Sam.»
«Ciao, bellissima. Che ci fai a casa quando dovresti essere
fuori con me?»
«Sto lavorando.»
«Sono le sei passate. Molla tutto, tesoro. Adam e Vicki danno
una festa. Potremmo mangiare qualcosa insieme prima.
Ti passo a prendere tra un’ora.»
«Ehi, calma. Ho detto a Vicki che questa sera proprio non
mi andava bene. Ho avuto una giornata piena oggi, e ne avrò
ancora per un’ora prima di…»
«Dovrai pur mangiare, no? E se hai lavorato tutto il giorno,
meriti un po’di svago. Vieni a divertirti con me.»
«È carino da parte tua, ma…»
«Non farmi andare alla festa da solo. Facciamo un salto lì,
beviamo qualcosa, un paio di risate, ce ne andiamo quando
ci pare. Non spezzarmi il cuore, Emma.»
Gettò uno sguardo al soffitto e vide il suo piano per una serata
di relax andare in fumo. «Non ce la faccio per cena, ma
possiamo vederci lì per le otto.»
«Ti passo a prendere alle otto.»
E poi farai di tutto per entrare quando mi riaccompagnerai
a casa, pensò. E questo non succederà. «Ci vediamo là. Così
se io me ne devo andare e tu vuoi restare a divertirti, puoi
farlo.»
«Se questo è il massimo che riesco a ottenere, ci sto. Ci vediamo là.»
posto a Greenwich, lo sai, ed è bellissimo.»
, si sarebbe occupata di tutti i dolci.