“Asia non esiste”, suicidi con il sorriso

Silvia Notarangelo
ROMA – Il corpo di Giulia fluttua nell’aria e si schianta al suolo. Nessuno la spinge. È lei che deliberatamente si lascia cadere dalle mura del Bastione ponendo fine alla sua breve esistenza. Ma Giulia è solo la prima: la seguono, in ordine di tempo, Emanuela, Marco, Carla e tanti altri. Minimo comune denominatore: giovani, ricchi e felici. Segni particolari: suicidi. Un vero e proprio rompicapo irrompe nella vita di Libero Solinas, il commissario creato dalla penna di Emanuele Cioglia. “Asia non esiste” è il titolo dell’ultima, complessa indagine che vede protagonista il commissario e la sua squadra. Con un ritmo serrato, attenzione ai particolari, una giusta dose di ironia ed inquietudine, Cioglia mischia sapientemente le carte, riuscendo a creare attesa ed incertezza fino alla fine del romanzo.

L’interrogativo iniziale è più che legittimo: perché interessarsi al suicidio di ragazzi ricchi e felici? Il reato non sussiste, a meno che non si tratti di ex art. 580, istigazione al suicidio…Solinas sente che qualcosa non torna, ma è in un vicolo cieco e, impotente, osserva crescere, giorno dopo giorno, il numero di vittime che si tolgono la vita “con il sorriso”.
Lui è sempre lo stesso: rude, scorbutico, talvolta un’autentica carogna. Nel tempo, non ha perso il piacere di abbandonarsi ad elucubrazioni linguistiche, fantasticherie, monologhi interiori, né è riuscito a liberarsi di quella dipendenza da alcool e nicotina che, spesso, sembrano inebriarlo fino al punto di farlo cadere in uno stato di incoscienza. A riportarlo con i piedi per terra ci pensa sempre Carla, la sua compagna poliziotta, che non perde occasione di stuzzicarlo: “Purtroppo sei un maschio, così come mangi senza masticare, non cogli le sottigliezze”. Solinas abbozza amaramente, Carla ha ragione e lui lo sa.
In questo caso, però, i dettagli assumono la forma di inconfessabili macigni. Il commissario brancola a lungo nel buio, non ha un appiglio, il tempo passa e niente sembra condurlo nella giusta direzione. Proprio quando sembra aver perso le speranze, rassegnandosi a far archiviare il caso, accade l’imprevedibile. La soluzione di tutto “si presenta”, bussa alla sua porta, chiede aiuto. Solinas inizia a rimettere insieme i pezzi del puzzle. Tra una sbornia, una liberatoria pedalata in bicicletta e un pranzo indigesto con Arquazzi, lo stravagante medico legale, la verità sarà faticosamente portata alla luce. Una storia sconvolgente, raccapricciante, in cui vittima e carnefice si confondono in un gioco torbido, dalle regole precise, in cui uccidere diventa “l’unico modo di vivere”.

Un viaggio nei sentieri occulti del potere


Silvia Notarangelo

ROMA – Un libro per varcare le soglie e visitare molti di quei luoghi avvolti dal mistero, complici leggende, credenze mitologiche, storie, talvolta, di pura fantasia. Stephen Klimczuk e Gerald Warner di Craigenmaddie nella loro “Guida ai luoghi più segreti del mondo” (Castelvecchi Editore) si propongono di far luce, in modo razionale e rigoroso, su quelli che definiscono i “santuari” del potere, sulla loro storia, sul perché, ad oggi, ci si continui ad interrogare sulla loro vera natura.
Con uno stile chiaro e asciutto, proprio come una tradizionale guida turistica, i due autori conducono il lettore attraverso i territori, gli ambienti, le stanze che, in modi diversi, sono stati o continuano ad essere luoghi esclusivi, sedi private di attività e gruppi più o meno ufficiali. Un autentico viaggio nell’incognito che spazia dalle residenze degli ordini cavallereschi a quelle delle società segrete universitarie, dai templi del potere economico-finanziario alle “isole del mistero”. Si può percorrere il Passetto di Borgo a Roma, avventurarsi nel terribile Castello di Wewelsburg in Germania, introdursi nei moderni rifugi destinati alla protezione e alla sicurezza, come l’inaccessibile Mount Weather in Virginia, immaginare il “backup del mondo intero”, la famosa galleria nell’isola di Spitzbergen che conserva i semi di tutte le piante terrestri.
L’obiettivo di questa intrigante guida è dichiarato: “scavare al di sotto degli strati della cattiva informazione e presentare i fatti reali”. Un’aspirazione legittima e pienamente raggiunta che, nonostante getti più di qualche dubbio sul valore acquisito da alcuni luoghi, nulla toglie al loro fascino e a quella particolare suggestione che li circonda.

“Un matrimonio e altri guai”: effetti indesiderati di un’unione

Silvia Notarangelo
ROMA – Il titolo dice tutto, “Un matrimonio e altri guai”. Sì, perché spesso le tanto desiderate nozze sono precedute da tensioni, preoccupazioni, inaspettate prese di posizione che rischiano di offuscare, se non addirittura di pregiudicare, il lieto evento.

Ne è consapevole anche l’autrice di questo romanzo edito da Garzanti. Con leggerezza, ironia, sensibilità, Jeanne Ray riesce a cogliere e, talvolta, sdrammatizzare tutte quelle situazioni, quegli interrogativi, quelle perplessità che ossessionano i familiari degli sposi.
L’atmosfera si preannuncia elettrizzante fin dall’inizio: una futura moglie dall’apparenza raggiante ma intimamente tormentata dai dubbi (meglio lui o l’altro?), un futuro marito ricchissimo e inappuntabile, una zia disperata che arriva all’improvviso dopo essere stata scaricata dal marito per una giovane amante.
L’incontro, tra i due tendenzialmente opposti stati d’animo, avviene in una casa dove, con tempismo perfetto, le fondamenta stanno pian piano cedendo rendendo precaria l’intera struttura. È la casa di Tom e Caroline, i genitori della sposa. Lui difensore d’ufficio, lei insegnante di danza, sono ancora innamoratissimi, pur essendo “inciampati nel matrimonio, nell’essere genitori, nella vita” a soli vent’anni. Ora, però, è diverso, perché a compiere il grande passo è Kay, la loro bambina ormai cresciuta, che sfoggia al dito un incredibile anello di fidanzamento. Tutto bene, dunque, se non fosse che sposare Trey Bennett, il miglior partito della città, significa intraprendere l’insidiosa strada dei preparativi di un matrimonio a cui, limitandosi agli intimi, non possono partecipare “meno di mille invitati”. E, come da tradizione, le spese della cerimonia spettano alla famiglia della sposa.
È il panico. Tom e Caroline iniziano a fare i conti, non ce la faranno mai. E allora che cosa fare? Ammettere la propria inadeguatezza economica, nella velata speranza che Kay si accorga nel frattempo di amare l’altro, “il povero”, o far finta di niente ed affidarsi ad un miracolo? In un susseguirsi di confessioni inattese, improvvisi isterismi, vecchie questioni mai risolte, si arriva alla fine della storia con una consapevolezza: i guai non arrivano mai da soli.

Ricette per il campeggio


Silvia Notarangelo

ROMA – Il piacere della buona cucina anche in campeggio. È questa la promessa del fantasioso ricettario “Il Re del fornelletto” (Terre di mezzo Editore), grazie al quale, da oggi, possiamo preparare e gustare all’aria aperta degli ottimi manicaretti, veloci ma non raffazzonati, semplici ma non banali.
Lorenzo Buonomini, giovane e promettente chef, insieme a Jacopo Manni, appassionato ed esperto campeggiatore, sono gli autori di questa divertente ed utilissima guida.
55 piatti alla portata di tutti, da cucinare rigorosamente con l’attrezzatura minima: un fornelletto. Poco tempo da passare in tenda? Nessun problema, le ricette non superano la mezz’ora di preparazione. Volete stupire i vicini di piazzola con le vostre doti culinarie? Un menù pensato per una vera cena gourmet vi salverà la serata e contribuirà a farvi apprezzare da tutti.
Si può scegliere tra primi, secondi di carne e di pesce, gustose frittate, insalate, senza dimenticare il “must del campeggio”, il barbecue. Gli ingredienti, naturalmente, sono di facile reperibilità e possono variare a seconda del luogo di vacanza.
Completano il libro consigli e suggerimenti dedicati all’attrezzatura e ai quei trucchi, indispensabili, per diventare un perfetto “chef da campeggio”.

L’essenza della vita secondo Françoise Héritier


Silvia Notarangelo

ROMA – Lontani dal lavoro e dai frenetici ritmi quotidiani, l’estate può essere il momento giusto per riconquistare un po’ di serenità e riscoprire ciò che davvero ci rende felici.
Il sale della vita” dell’antropologa  Françoise Héritier (Rizzoli) è un’autentica miniera di spunti per riflettere su quante piccole cose possano allietare la nostra esistenza. Non occorrono eventi o situazioni particolari, a volte è sufficiente saper gustare ed apprezzare quei momenti, quei gesti, quelle occasioni che ogni giorno la vita sa regalare.
Con umorismo, leggerezza e, talvolta, una punta di malinconia, l’autrice si lascia andare ad una libera associazione di idee che prende forma nell’arco di due mesi. Una lunga riflessione in cui riconoscersi e in cui riconoscere un universo di sensazioni, capaci di strappare un sorriso ma anche di suscitare qualche lacrima.
Tutto può dare un senso, un sapore diverso all’apparente monotonia quotidiana.
Ci sono i piaceri della cucina, come “il profumo delle brioche calde per strada”, le bellezze offerte dalla natura, “il volo di una rondine”, la facoltà di compiere gesti tanto banali quanto liberatori, “fischiettare con le mani in tasca”o “appoggiare i piedi su un tavolino”.
E ancora, le piccole indispensabili rivincite personali, “dare una bella lezione ad un misogeno rispondendogli a tono”; l’adrenalina che nasce da nuove esperienze o posti sconosciuti, “veleggiare in feluca sul Nilo”; le inquietudini e i turbamenti che rendono imprevedibile il vissuto di ognuno.
L’importante, come sostiene la Héritier, è riuscire a salvaguardare “quella capacità di sentire e provare sentimenti, di lasciarsi coinvolgere…e di comunicare tutto questo agli altri”. Nulla di trascendentale, dunque, semplicemente una spassionata presa di coscienza di quella “grazia tutta speciale” che consiste “nel puro e semplice fatto di esistere”.

Perdersi e salvarsi in un’estate


Silvia Notarangelo

ROMA – Anche quest’estate, vacanze al mare con genitori e sorellina o con i nonni, mentre si vorrebbe girare il mondo o almeno restare in città con gli amici. Mojito e Margarita, a sedici anni, si aspettano qualcosa di più dalla vita e assieme, condannati di giorno ad ascoltare chiacchiere inutili sotto l’ombrellone, sfidano almeno le notti. Bevendo. Molto, fino alle estreme conseguenze. Ad accompagnarli sulla strada del piacere e della non distruzione sono una nonna e una bambina.
Il romanzo di Francesca Longo, “Mojito”, pubblicato da Edizioni EL nella collana Young, è la storia di un amore che si costruisce pian piano, attraversando la noia, il dolore, la paura, l’angoscia del tempo e dello spazio che caratterizzano tanti problemi delle nuove generazioni. È la nascita del desiderio dell’altro che emerge dal senso di nullità della vita e della presa di coscienza della bellezza della propria sessualità. Uno spaccato di vita familiare comune a tanti ragazzi: contrasti con i genitori, abitudini domestiche dissacratorie, rapporti difficili con fratelli o amici.
È un racconto ironico, a volte struggente, per quella capacità dei protagonisti di saper ridere e piangere sul serio, che è una delle più belle virtù degli adolescenti. Ma è anche un libro ‘duro’ che affronta senza moralismi il tema del dilagare dell’alcool tra i giovani, alcool spesso di cattiva qualità, usato per sballare e non per essere quello che è, un piacere da centellinare e trattare con cura. Mojito e Margarita scopriranno quanto quella vacanza, che sembrava destinata a una noia infinita, rimarrà impressa per sempre nelle loro vite.

“La sesta stagione”, una grande saga italiana

Silvia Notarangelo
ROMA – “La sinfonia in musica può considerarsi il corrispettivo del romanzo in letteratura”. È partendo da questa singolare riflessione che Carlo Pedini si è cimentato in un originale esperimento nel suo romanzo d’esordio “La sesta stagione” (Cavallo di Ferro), selezionato per il Premio Strega.

Prendendo come modello di riferimento I Buddenbrook di Tomas Mann, l’autore, celebre compositore e direttore d’orchestra, ha tentato di utilizzare nella narrazione la stessa tecnica compositiva della sinfonia, conferendo al racconto una struttura ben definita e tempi e ritmi precisi. Il romanzo, per certi aspetti corale, ed imponente per varietà di temi e personaggi, ripercorre cinquant’anni di storia italiana, dal 1934 al 1985, rievocandone gli eventi principali, le tragedie, i devastanti cambiamenti che hanno interessato anche le più piccole realtà.
Una storia inventata, ma verosimile, che si apre con la grande festa organizzata per l’inaugurazione di un santuario mariano nell’immaginario paesino di Civita Turrita. Qui le vicende di tre seminaristi, Piero, Ottavio, Oreste, si intrecciano con quelle della diocesi e della comunità locale. Diverso è il loro modo di vivere il sacerdozio. Alla freddezza e all’ambizione di Don Ottavio, proiettato ad una brillante carriera ecclesiastica sacrificata per un atto spregevole, si contrappongono l’esuberanza di Don Oreste e il suo ministero vissuto tra la gente, la timidezza e l’insicurezza di Don Piero destinate a riservargli una vita protetta all’interno del vescovado.
La decadenza che, a poco a poco, investe la diocesi di Civita Turrita va di pari passo con la crisi che colpisce la Chiesa: perdita di fedeli, diminuzione delle vocazioni, nascita di nuove correnti religiose. Tutti cambiamenti che non sfuggono alla riflessione conclusiva di Don Oreste: “ Il Concilio è servito solo ad allungare la nostra agonia…se ci saranno dei giusti allora verrà davvero la primavera. Se no guardati bene dalla sesta stagione che sarà ben più terribile della quinta perché non vedrà una settima”.

Un’amicizia per sempre


Silvia Notarangelo

ROMA – Ross ha diciassette anni, scrive racconti di avventura e quando, in uno stupido incidente, perde la vita, i suoi tre amici, Sim, Kenny e Blake decidono che non possono lasciarlo andare così, che merita qualcosa di più di uno squallido funerale. Cercare vendetta verso quanti, negli ultimi tempi, gli hanno reso la vita difficile non basta. Per il loro amico occorre pensare a qualcosa di veramente speciale.
È un’avventura intensa e, a poco a poco, sempre più coinvolgente quella regalata da Keith Gray nel suo nuovo romanzo “Quel che resta di te”, pubblicato da Piemme (collana Freeway).
A raccontare, in prima persona, è Blake, apparentemente il più impacciato e complessato dei tre, in realtà terribilmente determinato e combattivo. Il piano messo a punto dai ragazzi, dopo qualche esitazione, è relativamente semplice: portare il loro amico, o meglio la sua urna, a Ross, l’omonimo paesino della Scozia dove da sempre sarebbe voluto andare. Tutto facile sulla carta, un po’ meno nella pratica. Il furto dell’urna, la preoccupazione dei genitori, la polizia che si mette sulle loro tracce e un inconfessabile segreto che stenta a venire a galla. Saranno due giorni intensi per i tre ragazzi, e non solo per i vari imprevisti con i quali dovranno fare i conti.
Il viaggio sarà un’occasione di riflessione, un momento per guardarsi dentro e ammettere che forse le cose sono un po’ diverse da come si sono immaginate per tanto tempo. I sensi di colpa iniziano ad affiorare, ognuno sente di avere la sua parte di responsabilità ma, come spesso accade, riversa sugli altri le proprie mancanze.
Alla rabbia si unisce un tremendo senso di impotenza. Lo scontro è dietro l’angolo e i tre si dividono. Alla fine del viaggio solo Blake e Kenny si ritroveranno a Ross, su un bordo roccioso, per dire finalmente addio al loro amico.

Gli eroi delle Olimpiadi

Silvia Notarangelo
ROMA – La XXX Olimpiade della storia moderna, in pieno svolgimento a Londra, sembra, per il momento, non tradire le aspettative. Abbandonati i fasti di Pechino, i Giochi tornano in Europa ad una dimensione, spettacolare sì, ma più vera, più affine allo spirito sportivo.
Un percorso, quello delle Olimpiadi, non privo di tensioni e drammatici colpi di scena, costretto, nel tempo, a scendere a compromessi e a fare i conti di, volta in volta, con scenari politici in continua evoluzione.
Alfredo Pigna, alla vigilia dell’apertura dei Giochi, ne ripercorre la storia con “Il romanzo delle Olimpiadi”, un saggio emozionante e mai banale, appena pubblicato da Mursia.
La “cronaca di eventi eccezionali che, nel tramandarsi, diventano leggenda”. È con questa convinzione che l’autore racconta i suoi Giochi. Prima da appassionato, poi da attento e sensibile giornalista sportivo ci trasmette l’attesa e le emozioni delle gare, il tifo, l’incredulità di fronte ad un risultato inatteso. Ma i veri protagonisti sono loro, gli atleti, con il proprio vissuto, le proprie fragilità, con quella strana antipatia e riluttanza che, talvolta, li accomuna. I retroscena raccontati sono tanti, spesso curiosi, più volte emblema di quanto si nasconde, o si desidera nascondere, dietro la “divisa di ordinanza”.
Si scopre, così, la rassegnazione di Pierre de Coubertin per quell’Olimpiade di Parigi che assume i connotati di un autentico fallimento, si partecipa al dramma sportivo di Dorando Pietri che, stremato, cade ripetutamente nello stadio prima di tagliare il traguardo, vincere ed essere squalificato. Si rivive la leggenda di Nedo Nadi, primo atleta nella storia a conquistare ad Anversa cinque medaglie d’oro. Non può, poi, non strappare un sorriso la vicenda di Ugo Frigerio, vincitore della “tre chilometri”, costretto, suo malgrado, a correre con un insopportabile mal di denti, complice la distrazione di un dentista colpevole di aver estratto non il dente malato ma quello sano.
E se il 1960 è la volta di Roma e del record di Livio Berruti, ciò che va in scena a Mosca, dodici anni più tardi, è ancora vivo nel ricordo di tutti: forze armate prendono in ostaggio un gruppo di atleti israeliani, facendo irruzione nel villaggio olimpico. È una strage, ma i Giochi non si fermano.
La narrazione procede fino alle edizioni più recenti, dai successi di Novella Calligaris ai volteggi di Nadia Comaneci, all’eterno dualismo tra Berruti e Mennea.
Le Olimpiadi, del resto, sono anche questo: adrenalina, competizioni, record ma, soprattutto, storie di uomini che si mettono alla prova perché “l’essenziale nella vita è lottare, non trionfare”. Parola di Pierre de Coubertin.

Sette notti tra storia e mito


Silvia Notarangelo

ROMASette itinerari da percorrere preferibilmente di notte, passeggiando nel silenzio e riappropriandosi dei luoghi, per immergersi in un viaggio nel tempo e varcare la soglia delle apparenze addentrandosi in una Roma diversa, “sottile” e misteriosa, fatta di segni levigati dal tempo, allegorie e codici arcani da decifrare.
Una raccolta di leggende e curiosità, di aneddoti e misteri, di storie lugubri e fatti divertenti che fa di “Misteri di Roma”, il nuovo lavoro dello storico Alberto Toso Fei pubblicato da Studio LT2, un modo diverso di visitare la città. Un modo avvincente e suggestivo, giocato sul filo di una narrazione in cui demoni, papi e cortigiane, imperatori e vestali, esseri malvagi e fantasmi delicati prendono vita là dove il reale e l’immaginario si intrecciano nella storia dei luoghi attraverso il linguaggio del mito.
“Misteri di Roma” è, inoltre, il primo libro del suo genere arricchito dalla novità del Codice QR (che rimanda a contenuti multimediali grazie alla lettura ottica), consentendo così al lettore di poter ascoltare le storie narrate direttamente dall’autore: una maniera di sposare la tecnologia più moderna all’antica dimensione del racconto orale, alla quale il libro attinge gran parte della sua ricchezza.
Completano il testo un corredo fotografico elegante, le mappe dei percorsi e una veste grafica molto raffinata, nella semplicità della fruizione.