“Trascrivere la vita”. Pensieri sull’arte di Èdouard Manet

trascrivere la vita_Manet_viadelventoGiulia Siena
ROMA
“I musei mi hanno sempre causato sconforto. Entrarvi mi deprime, devo prendere atto che i quadri sono ridotti a misera cosa. Tutto si muove, visitatori, custodi. I ritratti non vivono. E tuttavia sono lì, i ritratti […]”. Cosa penserebbe, allora, oggi Èdouard Manet nel vedere il suo celeberrimo Le déjeuner sur l’herbe (1863) oppure la sua magnifica Olympia (1863) “inermi” presso il Musée d’Orsay di Parigi dove sono custoditi? Forse l’artista parigino non aveva considerato che la sua arte – come molta dell’ottima arte – nonostante sia materialmente ferma, si muova, guardi e sproni chi in quel momento la sta ammirando. Èdouard Manet forse non pensò a questo aspetto, forse voleva solo esprimere un giudizio, forse lo fece per domare la sua impulsività, per rendere giustizia a quel “reale” che spesso confina con il sogno. Manet arrivò, così, durante la sua vita a fare attraverso la scrittura quello che gli altri avevano fatto al suo cospetto: si mise a nudo e disse tutto quello che pensava sull’arte. Lo fece spontaneamente, come se non ci fosse interruzione tra il suo sguardo e la parola, senza regole e freni, piuttosto con una ricerca spasmodica di quel reale che in lui diventa un revêrie sospeso tra memoria e sogno. Questi pensieri vengono oggi raccolti in Trascrivere la vita, il volumetto di Via del Vento Edizioni (collana I Quaderni di Via del Vento, 66) curato e tradotto da Marco Alessandrini (sua anche la parte critica “La rivoluzione della grazia”).

Diretto e alle volte duro, in questi pensieri sull’arte Manet si rivolge alle modelle, agli attori in scena, ai suoi colleghi e ai collezionisti, parla di filosofia e della sua arte: “Il colore è una questione di gusto e di sensibilità. Soprattutto, dovete avere qualcosa da dire; altrimenti, meglio cambiar mestiere. Non siete pittori a meno di non amare la pittura sopra ogni altra cosa”. Non tralascia, poi, quel contatto con la natura che nelle sue opere si faceva contatto vivido e allo stesso tempo sfocato, reale, ma leggermente mistificato: “Se è massima certezza, come dice Bacone, che l’arte è l’uomo sommato alla natura, homo additus naturae, allora nell’arte non può mai mancare la natura. Impossibile sostituirla, nemmeno con il ricordo esatto”.

 

Con Trascrivere la vita. Pensieri sull’arte, Via del Vento (grazie anche all’ottimo lavoro di Marco Alessandrini) regala ai lettori e agli artisti di oggi uno spaccato vivido e coinvolgente di un maestro fuori dal tempo, Èdouard Manet.

10 Libri per un pomeriggio noioso

ROMA – Un pomeriggio di gennaio come tanti altri. Un pomeriggio noioso in cui si vorrebbe essere altrove o, semplicemente, fare qualcosa di diverso o proiettarsi in qualcosa di diverso, come un libro. Ecco “10 Libri per un pomeriggio noioso”, scegliete la vostra storia e tuffatevi.

 

1. “Io speriamo che me la chiavo. I fans scrivono alle pornostar”, AAVV, 80144 Edizioni;
2. “La vera storia dei Simpson”, John Ortved, ISBN Edizioni;
3. “Il trionfo dell’uovo”, Sherwood Anderson, Piano B Edizioni;
4. “Vienna è un giro in carrozza”, Michele Monina, Laurana;
5. “Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”, Irene Vella, Laurana;
6. “Oziando si impara”, Tom Hodgkinson, Rizzoli
7. “Trascrivere la vita”, Edouard Manet, Via del Vento Edizioni
8. “Breviario per nomadi”, Vanni Beltrami, Voland
9. “La ninfa incostante”, Guillermo Cabrera Infante, Sur
10. “Il ritratto di Venere”, Riccardo De Paolo, Cavallo di Ferro

Edizioni "Via del Vento", Fabrizio Zollo ci racconta la sua interessante realtà editoriale

via_del_vento a Pistoia, sede della ROMA – Portano l’antico nome della leggendaria via in cui si trovano, nascono da una grande passione per la tradizione letteraria e sono attente alla vera qualità: queste sono le Edizioni “Via del Vento”. La casa editrice di Pistoia, nata nel 1991, voluta e diretta da Fabrizio Zollo, è una piccola realtà che pubblica testi inediti e rari del Novecento italiano, con grande attenzione per la poesia straniera.

Dopo aver pubblicato la recensione di “Sono pesi queste mie poesie” di Nika Turbina e l’intervista al curatore Federico Federici, Chronica ha contattato Fabrizio Zollo che, con sua figlia Amanda e numerosi collaboratori esterni porta avanti il lavoro delle Edizioni “Via del Vento”, per conoscere meglio questa interessante realtà editoriale. 

Perché le Edizioni “Via del Vento” hanno deciso di pubblicare il volumetto di Nika Turbina “Sono pesi queste mie poesie”?
Il nome di Nika Turbina mi fu proposto per la prima volta nel gennaio 2007 dal poeta Federico Federici di Imperia che si era già occupato della poesia di Nika Turbina in modo costante, sino a farne una sorta di sua missione. Per farmene un’idea, mi documentai sulla rete e mi procurai il volume di sue poesie “Quaderno di appunti” che le Edizioni del Leone avevano pubblicato nel dicembre 1984, quando Nika Turbina aveva dieci anni appena compiuti. Quel volumetto, per la traduzione di Evelina Pascucci, vantava un saggio introduttivo di Evgenij Evtusenko, che ne parlava come di una bambina prodigio. Ma non fu per questo che decisi di pubblicarne una scelta di poesie nella mia collana di poesie straniera «Acquamarina», quanto perché i suoi versi mi avevano colpito in assoluto e non perché fossero stati scritti, quelli migliori, da una bambina di sette anni. Il suo volto bello e malinconico e la sua tragica vicenda personale sono stati elementi aggiuntivi, ma non determinanti. Il suo nome non sfigura accanto a quelli che troverete nel catalogo della collana, i grandi poeti russi che ho pubblicato non si saranno voltati dall’altra parte e l’avranno accolta certamente come sorella.
Edizioni Via del VentoQual è la vostra proposta editoriale?
Le Edizioni “Via del Vento” pubblicano nelle collane quadrimestrali di prosa «I quaderni di Via del vento» e «Ocra gialla» testi inediti e rari di grandi letterati italiani e stranieri del Novecento, quasi esclusivamente già antologizzati nella storia della letteratura mondiale, mentre la collana di poesia «Acquamarina» è riservata a grandi poeti stranieri, intendendo per ‘grandi’ quelli la cui poesia sia di grande spessore lirico, indipendentemente se siano già conosciuti dal largo pubblico, e comunque una poesia che corrisponda alla mia personalissima, e quindi opinabile, idea della poesia. Non solo la scelta dell’autore, ma anche la selezione delle poesie da pubblicare non sento di poterla delegare. I volumetti delle Edizioni “Via del Vento” sono composti da trentasei paginette, stampati su carta pregiata con una tiratura di duemila copie numerate ed avviati alle librerie per un prezzo di copertina di quattro euro. Ho un certo numero di abbonati, pochi, ma che mi obbligano a rispettare l’impegno di offrire tre numeri ogni anno che siano al livello di quelli che li hanno preceduti. Ad ogni loro uscita i volumetti vengono recensiti con risalto dalla grande stampa nazionale in quanto trattano, come detto, testi inediti in Italia, solitamente di grandi letterati.

Quanto è importante puntare sulle piccole opere di grandi scrittori e sugli autori emergenti?
Mi è facile rispondere solo alla prima parte della domanda: per me è stato naturale assumere come linea editoriale quella di pubblicare testi inediti o rari di grandi letterati italiani e stranieri del Novecento, in quanto in una nazione come la nostra, dove la propensione per la lettura è così bassa, mi è parso fondamentale iniettare piccolissime dosi di grande letteratura nel circuito del lettore per fargli desiderare di approfondire la sua conoscenza per quel determinato autore sino a spingerlo ad acquistare in libreria le sue opere più corpose e famose. Penso che il mio, nel suo piccolo, sia un servizio reso a tutta l’editoria italiana e alla diffusione della lettura nel nostro paese.
Mi resta più difficile rispondere alla seconda parte della domanda perché, alla luce di quanto ho detto sopra, solo raramente ho pubblicato autori sconosciuti alla storia della letteratura, ma le poche volte che l’ho fatto ho avuto conferme alle mie scelte. Ma qui il discorso si dilaterebbe. Mi congedo ringraziando il giornale telematico «Chronica», il suo pubblico della rete e la sensibilità di Giulia Siena della redazione cultura che mi ha ospitato con questa intervista.