Le mine antiuomo e la dolcezza di una rinascita

Miss MinaGiulio Gasperini
AOSTA – Le mine antiuomo fanno ancora danni: ogni anno circa 3600 tra morti e feriti. Quasi l’80% sono civili, la metà bambini. Sono dati questi, sui quali anche i bambini possono cominciare a riflettere, assumendo coscienza di un problema che riguarda i loro coetanei di altre culture e provenienza, neanche così distanti (in Bonia, a pochi chilometri da noi, si calcola che ci siano ancora 120.000 mine da disinnescare). Miss Mina di Marco Innocenti, edito da Edizioni Corsare (2015) è un racconto per bambini dai 9 anni, che li proietta in una nuova geografia, quella lontana dell’Angola, e li avvicina a un problema serio, reale, che altri bambini in tutto il mondo hanno: quello della possibilità di saltare su una mina antiuomo, magari durante una corsa, e perdere un arto, un braccio, una gamba, quando non la vita stessa.
Fatima è una ragazzina che abita in un villaggio dell’Angola, assieme alla madre e al fratellino Manuel; un giorno, durante una gara di corsa col fratello, mette il piede su una mina. I medici riescono a salvarla ma la bambina perde la gamba. Comincia, per lei, un lungo percorso non solo di riabilitazione ma anche personale, durante il quale la bambina comincerà a capire che si può vivere anche con una menomazione come la sua. Conoscerà, grazia all’amico Toninho, una squadra di calcio composta esclusivamente da ragazzi vittime di amputazioni, e soprattutto diventerà amica di Teresa, una ragazza con il suo stesso destino. Ma sarà proprio Teresa a farle conoscere nuove possibilità, tra cui anche il concorso “Miss Mina”, un concorso di bellezza destinato soltanto a ragazze con delle amputazioni, il cui premio finale è proprio una protesi, così necessaria ma anche così cara e difficile da avere. Il governo angolano, infatti, non ha la possibilità di pagare una protesi a tutti i suoi cittadini; così Fatima comincia a sognare di poter vincere il concorso e avere di nuovo una vita “normale”. Ma la normalità, anche in questa storia, è soltanto un punto di vista, perché normale, ci insegna Fatima, è tutto quello nel quale impariamo a vivere a nostro agio e comodità, lasciandoci accarezzare i capelli dal “vento, carico di speranze”.
Ad accompagnare questa bellissima storia di dolore ma anche di voglia di rinascita, le illustrazioni in bianco e nero di Maria Cristina Costa.