I codici neri di Alfred Hitchcock di Antonello Altamura: nella mente del killer

Robin Edizion, tra cinema e psicanalisi

Giorgia Sbuelz
ROMA
– Alzi la mano chi non ha pensato, almeno una volta in vita sua, di essere sbirciato in segreto.
O nel momento in cui vorremmo arrenderci al getto d’acqua di una doccia, quando ci sentiamo più vulnerabili, privi di indumenti e protezioni, alzi la mano chi non ha mai immaginato un’ombra minacciosa proiettarsi sulla tenda.
Non vedo mani. E questo vuol dire solo una cosa, che quel buontempone di un regista, un tale Alfred Hitchcock, non è stato definito genio a caso. Nell’opera di Antonello Altamura, I codici neri di Alfred Hitchcock (Robin Edizioni) l’autore, che è anche psicologo e psicoterapeuta, esamina gli enigmi nascosti nella filmografia del regista inglese, individuando alcuni codici caratterizzanti che ne costituiscono il fil rouge dell’intera produzione.

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“Federico”, un albo illustrato per entrare nel mondo di Fellini

Giulia Siena
PARMA
– Il 20 gennaio ricorre il centenario dalla nascita del grande regista Federico Fellini. Una vita di visioni, di creazioni, di illusioni. Un’arte, quella cinematografica, cominciata e coltivata fin dagli anni dell’infanzia.
Era curioso, Federico, un osservatore attento: dai suoi occhi trasognanti e vispi emergeva la voglia – spesso inconsapevole – di catturare e creare. Fumetti, disegni, film.

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“L’Estate in biblioteca”, 20 film nelle biblioteche di Roma

ROMA – Nell’ambito dell’Estate romana, dal 19 luglio al 27 settembre, l’Associazione Methexis, in collaborazione con le Biblioteche di Roma e il MedFilm Festival, organizza L’Estate in biblioteca, il Cinema legge il mondo, una rassegna di 20 film tra lungometraggi e cortometraggi che avrà luogo presso le Biblioteche di Roma: Valle Aurelia, Goffredo Mameli, e presso le Biblioteche in carcere di Rebibbia Femminile, Rebibbia Terza Casa, IPM Casal del Marmo.

“Per fare un buon film ci vuole una buona idea – afferma il direttore artistico della manifestazione, Ginella Vocca Continua

Odoya: Anna Magnani, biografia di una donna

Anna-Magnani_ODOYA_chronicalibriMarilena Giulianetti
ROMA Anna Magnani. Ad un’ artista così grande è difficile associare qualunque aggettivo.
Tutto sembra andare stretto, essere riduttivo, quando si parla di Anna Magnani.
Per lei parlano i film girati, gli spettacoli teatrali portati in scena, i premi vinti.
Un talento smisurato sostenuto da una personalità altrettanto unica.
A celebrare la donna e l’artista a sessant’anni dalla conquista dell’Oscar per la sua interpretazione ne La rosa tatuata di Daniel Mann, ci pensa Anna Magnani – biografia di una donna di Matteo Persica, edito da Odoya. Continua

Un’estetica per i reietti: viaggio nel cinema di Béla Tarr

Armonie contro il giorno. Il cinema di Béla TarrLuca Vaudagnotto
AOSTA – È possibile raccontare il cinema? Di più: si può spiegare con le parole una cinematografia complessa e così profondamente legata all’esperienza visiva come quella di Béla Tarr? Questa è la sfida che decide di affrontare Marco Grosoli nella sua monografia “Armonie contro il giorno. Il cinema di Béla Tarr”, pubblicata per i tipi di Bébert Edizioni nel 2014.
Il lavoro di Grosoli, studioso di cinema e professore associato in Film Studies presso l’Università del Kent (Gran Bretagna), si presenta come un viaggio, completo e dettagliato, attraverso la filmografia del regista ungherese: oltre ai dovuti cenni biografici, all’analisi dettagliata di ogni opera cinematografica, il libro è arricchito da citazioni e aneddoti del cineasta, brani di interviste che conducono il lettore sempre più nel profondo del pensiero e della poetica di Tarr. Fondamentale e di particolare interesse, in questo senso, è l’appendice che correda e arricchisce il lavoro di Grosoli: si tratta di una raccolta di interviste condotte da Michael Guarnieri, noto critico cinematografico, al regista e ad altri prestigiosi artisti che hanno collaborato alla realizzazione dei suoi film, come il compositore Mihály Víg, le cui creazioni musicali fanno da leitmotiv irrinunciabile e inconfondibile, quasi un ostinato ipnotico e ripetitivo, nelle pellicole di Tarr.
La sfida è vinta, possiamo dirlo: chiudiamo il libro e ci immergiamo nelle pellicole densissime di Béla Tarr, fatte di neri impenetrabili, di bianchi rari e rarefatti, di grigi dominanti e pervadenti. Tutto è pesante: le ombre, i tessuti, i capelli dei personaggi, i vapori del cibo che cuoce sulle stufe; perfino i vetri delle finestre, attraverso cui il regista non manca mai di volgere il suo sguardo sul mondo di chi vive ai margini, hanno un peso, una presenza: sono un filtro consistente e non trascurabile, un modo di vedere. In questa estetica, ogni oggetto apparentemente insignificante, ogni piccola azione diventa metafora e simbolo della condizione dell’uomo: è una delle tante e ricche chiavi di lettura che ci fornisce Grosoli: «l’assoluta inseparabilità del suo straordinario formalismo stilistico […] dall’umanesimo elementare ma incontestabile, che insiste sulla dignità e sull’incancellabile valore umano dei reietti e degli outsider».

Il senso di Andrej per la luce

Luce istantaneaLuca Vaudagnotto
AOSTA – Nessun altro titolo pareva più azzeccato di questo per introdurre “Luce istantanea” (Edizioni della Meridiana), del regista russo Andrej Tarkovskij (1932-1986), un libro da leggere e guardare. Si tratta, infatti, di una raccolta di Polaroid scattate in Russia e in Italia sui set di alcuni film celeberrimi (Lo specchio, 1974, e Nostalghia, 1983), corredate da appunti, pensieri trascritti e annotazioni che permettono al lettore di penetrare la poetica di questo immenso cineasta. E poetica è il termine più giusto per presentare questa raccolta, edita da Ultreya nel 2002, perché la poesia, e nello specifico la poesia della luce, è il fil rouge che unisce non solo queste piccole immagini dense e ricchissime, ma tutta la produzione del Tarkovskij regista.
In queste immagini, così intense ed evocative, Tarkovskij utilizza la luce come un elemento denso, materico, capace di modificare ogni cosa che colpisce e illumina, per veicolare i significati e i temi fondanti della sua ricerca artistica: troviamo, dunque, il topos della famiglia, nei ritratti della moglie e del figlio, trattenuti dal regime sovietico durante il suo viaggio in Italia, quello della casa, che si esprime attraverso gli sguardi sugli interni, i raggi di sole che trapassano le finestre, i mazzi di fiori di un giallo luminosissimo sui tavoli, le pieghe molli delle tende ombreggiate dal tramonto, o ancora l’archetipo dello spazio personale, del guscio, dell’intimità, dei luoghi dell’anima nelle fotografie di paesaggi, alberi e steccati, fiumi e cespugli, che circondano la casa del regista. Luoghi, oggetti, persone che raccontano al lettore, mediante la poesia di queste immagini che diventano per volere del loro autore una guida, un ponte verso altri significati, la nostalgia dell’esilio, la condizione precaria dell’uomo, l’importanza della memoria.
Tutto, infine, è intriso di una certa religiosità, che è difficile definire ma che Tarkovskij richiama continuamente, anche nelle sue parole: si avverte la presenza dell’assoluto, di un approccio religioso, ma di cui non è dato sapere di più. Queste polaroid diventano così icone, nel senso più autentico della parola: tutto ciò che ci circonda, attraverso la luce, è apparizione, immagine di un’entità suprema da cui siamo tutti, seppur inconsapevolmente, illuminati.