“L’horror è un contenitore che può più di altri toccare corde essenziali dell’animo umano”: ChronicaLibri intervista Claudio Vergnani

Michael Dialley
AOSTA – Un viaggio particolare in un’Italia popolata da zombie: questo il contesto del nuovo romanzo di Claudio Vergnani, “I vivi, i morti e gli altri”, uscito da poco per la Gargoyle Books.
Tinte fosche, luoghi misteriosi e rumori sinistri provocati da quelli che sembravano morti, sono invece gli ingredienti che tengono il lettore vigile e attento a tutti i dettagli.
ChronicaLibri ha intervistato l’autore per cercare di capire cosa c’è dietro questo romanzo e per dar voce a chi ha dato la luce a quest’avvincente storia.

 

Ha scritto una saga di vampiri, prima de “I vivi, i morti e gli altri”: che cosa l’ha avvicinata agli zombie? Come mai ha incentrato il nuovo romanzo su queste creature?
Né i vampiri né gli zombi hanno molta importanza per me: mi servivano solo per creare uno sfondo horror conosciuto dove poter raccontare soprattutto altro.

“Ritengo che l’horror sia un contenitore che, se usato adeguatamente, può più di altri toccare corde essenziali dell’animo umano”: queste le parole che ha usato in un’intervista per definire il genere horror.

 

Nel suo nuovo romanzo emerge la fragilità del protagonista, Oprandi, che viene quasi schiacciato dalla realtà, dalla società composta da cannibali: è questo, forse, un ritratto dell’uomo odierno e del mondo reale, trasposto ed enfatizzato poi nella realtà horror?
Di solito sfuggo le metafore. Spesso sono banali o ambigue. Ma certamente Oprandi si muove in un mondo che è solo un passo avanti al nostro, e infatti lo interpreta lucidamente in tutta la sua miseria, ignoranza, ingiustizia e pericolosità. Paradossalmente, pur essendo un uomo con tutte le carte in regola per crollare definitivamente, l’essere un figlio di questi nostri tempi gli sarà d’aiuto per non smarrire definitivamente sé stesso nel momento della catastrofe e dell’orrore.

 

Crede che il genere horror possa essere uno strumento utile alle persone per evadere, visto il periodo storico nel quale viviamo oggi?
È difficile da dire. Potrebbe sembrare di sì, ma i risultati delle vendite tendono a dire il contrario. Forse i tempi senza speranza in cui viviamo spingono maggiormente il lettore verso il fantasy, dove i buoni soffrono ma poi vincono, i cattivi vengono umiliati e sconfitti, e mille creature soprannaturali ma perbene ispirano al lettore la possibilità di un mondo magari ancora sconosciuto, ma decisamente migliore e più giusto di quello reale.

 

Una persona mi ha detto “leggi e rilassa la mente”, ed effettivamente la lettura ha, su di me, quest’effetto; a lei in che modo la lettura aiuta? Perché consiglierebbe alle persone di leggere un buon libro?
Me l’avesse domandato anche solo due anni fa mi sarei detto d’accordo, e avrei spiegato il perché. Oggi, le confesso, non lo so più. Qui in Italia la maggioranza dei lettori non legge, si limita a scorrere con gli occhi un insieme di parole che altri hanno scelto per loro. Non acquistano un libro, acquistano un autore, per pigrizia, per abitudine, per sentirsi rassicurati. Forse un giorno la gente tornerà a leggere, e allora, chi lo sa, potrò rispondere diversamente alla sua domanda, se le parrà ancora d’attualità.

 

I lettori, ormai, la conoscono nel genere horror: in quale altro genere le piacerebbe impegnarsi? Sta già lavorando a qualche altro progetto?
È uscito in questi giorni un thriller, Per ironia della morte, dove cerco ancora una volta di inserirmi in un genere, con amore e rispetto delle sue strutture classiche, e per poterlo poi rinnovare dall’interno con il mio stile considerato drammatico, profondo e ironico nello stesso tempo.

 

Come scrittore, quali sono le tre parole che preferisce?
Me ne basta una: quella giusta, schietta e sincera che arriva dritta al cuore e alla mente di un lettore attento e intelligente. Quella parola è tutto. Perché, come dico sempre, un romanzo è solo un’opera parziale, al quale solo un lettore attento e ricettivo può dare il soffio della vita, portandolo con sé nel suo mondo, arricchendolo con la sua partecipazione, le sue considerazioni e, perché no, con il suo amore. A mio parere è tutto qui, tutto quanto qui.

Un nuovo viaggio tra “I vivi, i morti e gli altri”

Michael Dialley
AOSTA – È un’Italia, un mondo, dove gli uomini devono combattere contro il popolo dei non-morti, gli zombie, che stanno prendendo il sopravvento e si stanno moltiplicando all’ennesima potenza: uno scenario, insomma, che richiama quella tradizione del XIV secolo legata ai “Trionfi della morte” che si trovano nel panorama artistico e letterario del tardo medioevo.
Claudio Vergnani torna nelle librerie con “I vivi, i morti e gli altri”, per la casa editrice Gargoyle books, per raccontare questo mondo caduto nel caos totale; è una lettura scorrevole, che permette un momento di evasione e di “stacco della spina” dal caos reale che regna, oggi, nella società.
Oprandi, il protagonista, è un uomo di mezz’età, che ha fatto ormai la sua vita e che ha il vizio dell’alcool: ex combattente, la sua attività attuale è uccidere gli zombie, dar loro l’eterno riposo che la morte dovrebbe concedere ad ognuno.
Sono situazioni difficili, agghiaccianti, con immagini crude e suoni: sì, vengono descritti nei dettagli i moltissimi rumori che questi cadaveri fanno nei cimiteri, nei loro loculi, nelle casse; da un grattare continuo e costante a mugolii ed urla vere e proprie.
Ma non è solamente questa “non morte” la protagonista del romanzo, anzi: la chiave dell’intero racconto è Oprandi, la sua anima, la sua psicologia, i suoi sentimenti. È un uomo straziato dalla solitudine e dal dolore e cerca di reagire a queste difficoltà nel migliore dei modi, ma soprattutto con i mezzi che ha; in un momento di particolare crisi, però, ogni volta arriva qualche aiuto: dalla signora che prega per lui e gli dona una medaglietta di San Cristoforo, fino ad un incarico che, sì è molto difficile e complesso, ma che promette la tanto agognata luce in fondo al tunnel.
Durante questo incarico il protagonista vivrà situazioni estreme e di estrema difficoltà, ma conoscerà anche la passione, l’aiuto di persone estranee, l’amore per una ragazza che sarà costretto a abbandonare, il dolore della perdita. Oprandi ha una missione che lo porta a camminare sempre sul filo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, ma che gli fa riconoscere quanto, a volte, siano meglio i cannibali bramosi di carne (che non hanno più un’intelligenza, ma rispondono solo alla loro fame) rispetto a quegli uomini, ancora vivi, che hanno perso qualsiasi umanità (ma che sono assolutamente in grado di pensare ed agire secondo la ragione); emerge, infatti, la crudeltà fine a se stessa, la parte peggiore dell’uomo in momenti di estrema difficoltà e drammaticità.
Estremo silenzio ed estrema solitudine, alternati a caos, rumori, spari ed incendi: su questo dualismo si snodano le vicende del romanzo, che permettono al lettore, piano piano, di entrare sempre di più in quella realtà e, soprattutto, in Oprandi.