Le istuzioni d’uso di una Vita futura.

Giulio Gasperini
AOSTA – Difficile definire cosa sia Vita: istruzioni per l’uso di Ahmed Nàgi, edito da Editrice Il Sirente nella collana Altriarabi dedicata alle voci contemporanee in lingua araba. Il romanzo, pubblicato in traduzione con il Patrocinio della Sezione italiana di Amnesty International e arricchito dalle imprescindibili illustrazioni di Ayman Al Zorgani, ha causato all’autore, nel 2016, la condanna a due anni di carcere per oltraggio al pudore; sicché è sicuramente un romanzo scomodo, un testo che racconta una Cairo convulsa, in preda alla violenza e alla follia, attraverso una narrazione fortemente metaforica e parzialmente traslata in un futuro fin troppo anteriore.
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I sopravvissuti “Canti d’amore dell’antico Egitto”.

Giulio Gasperini
ROMA – Alla parola “Egiziani” non sono le poesie d’amore le prime immagini che si presentano alla mente. Subito compaiono piramidi, sfingi, monumentali tombe e raffigurazioni di un oltretomba tanto certo quanto misterico. Ma dell’epoca di Ramesse II, il periodo di maggior fioritura dell’Egitto antico, ci rimangono alcune testimonianze scritte di notevole valore e importanza, che la Salerno Editrice ha pubblicato nel 2005, con la cura di Emanuele M. Ciampini: i “Canti d’amore dell’antico Egitto” costituiscono una miniera sorprendente di parole e immagini che riguardano l’amore. È sorprendente stupirsi di fronte ai toni coi quali in Egitto si poetava di questo sentimento, perché è facile ritrovare topoi e immagini concordi con quelle di altre popolazioni del tempo, soprattutto nell’ambito sapienziale (“egli allora magnificherà il mio nome”), a conferma di come il serbatoio poetico e la memoria collettiva sia comune al di là delle etnie e degli orizzonti che si occupavano. Risultano ancora più sorprendenti queste testimonianze vista l’estrema frammentarietà a cui è stata condannata la scrittura egiziana, codificata su supporti troppo fragili per potersi conservare massicciamente e a lungo: “Oh, possa tu venire in fretta da (tua) sorella / come una gazzella che corre per il deserto”.
Questi componimenti paiono sorprendere soprattutto per un aspetto: dopo la parentesi amarniana, con la riforma religiosa e sociale di Akhenaton, il predecessore di Tutankhaton/Tutankhamon, la coscienza egiziana si rende più “umanistica”, più focalizzata sull’interiorità e su un rapporto esclusivo tra uomo e mondo: in questo modo si potenzia il sentire, anche poetico, dell’individuo e la poesia può effettivamente librarsi al di là degli orpelli e dei limiti retorici e celebrativi: “Il tuo amore si è fuso col mio corpo / come [vino] con l’acqua / come una medicina alla quale si mischia della resina”. La nuova e maturanda coscienza di sé porta anche a un cambiamento epocale nella società egiziana: la sempre maggior presa di coscienza del ceto medio-alto egiziano, che comincia a conquistarsi spazi e prospettive all’interno della rigida società piramidale: “Fratello, mio amato, il mio cuore segue il tuo amore, / e tutto ciò che è stato creato per te io te lo racconterò”.
I temi delle poesie son quelli affrontati, classicamente, nei componimenti dall’origine della poeticità: l’amore visto come dolore, come sofferenza, ma anche, all’opposto, un amore concepito come sentimento universale, come potenza sovra-umana che sa conquistare l’uomo e persino cambiarlo (“La mia salute dipende dal suo arrivo / perché al solo vederla io sto bene”). È un amore che anche la Natura appoggia, che soddisfa e sostiene, e nella quale l’amante si ritrova, trasformato e sublimato: “Il melograno ha aperto la sua bocca / […] e rimango verde in ogni stagione / […] e comincio a dispiegare la mia fioritura”. È un amore inesauribile, che non smette mai di ricercare situazione di incontro, convergenze e tangenze: “È un giorno felice quando posso contemplarti. / Fratello, è un canto grandioso vederti!”. È un amore fortemente erotico, nella sollecitazione di tutti i sensi, accesi e stimolati al suo adempimento: “Tu potrai inebriare i loro sensi, / e li soddisferai nella sua notte. / E allora lei dirà: – prendimi tra le tue braccia / e al sorgere del sole noi staremo ancora così”. Spesso l’amore è osteggiato, spesso gli amanti sono costretti a separarsi, divisi dal destino e dagli antagonisti, ma spesso la loro riconquista reciproca sancisce la fine della sofferenza e il ristabilimento di una situazione che viene perseguito come il compimento più perfetto della vita di ognuno: “Oh notte, tu mi apparterrai in eterno, / da quando la signora è venuta da me!”.