Gli omuncoli e altre storie: tutto l’azzurro della Russia

Gli omuncoli e altre storieLuca Vaudagnotto
AOSTA – “Gli omuncoli e altre storie” va letto in una luce azzurra, perché azzurre sono la Russia di questi racconti e San Pietroburgo; azzurro come l’impermeabile che indossava l’autrice, Elena Schwartz (1948-2010), in visita ad Anna Achmatova (di cui leggiamo nelle brevi memorie qui presenti), azzurro come la pelle dell’angelo che chiude uno dei sogni narrati. Basterebbero due elementi per fermare in un’immagine la particolare raccolta di racconti, sogni, ricordi, edita dalle Edizioni del Foglio Clandestino: la presenza dei grandi nomi della letteratura russa (ritroviamo, infatti, Gončarov, Gogol’, la Cvetaeva, Puškin, per riportarne solo alcuni), a volte ingombranti, ma confronto imprescindibile per l’autrice, e l’elemento soprannaturale, il gusto per il bizzarro, il grottesco, l’extra-ordinario, così tipico della cultura popolare russa e che permea tutta la raccolta.
La Schwartz, lungo il filo di questi racconti quasi aneddottici, summa di un modo tutto russo di vivere e concepire l’esperienza umana, sembra condurre il lettore attraverso i diversi stadi di maturazione della sua critica al regime comunista e alle sue derive successive: si inizia con la lucida analisi degli anni settanta, presente nel primo racconto (non dimentichiamo che la poetessa ha frequentato per lungo tempo gli ambienti intellettuali sotterranei, non allineati di San Pietroburgo) e che ha come modello evidente Gogol’, anch’egli fortemente critico verso la Russia del suo tempo (possiamo leggere, infatti, gli “omuncoli” del titolo come epigoni delle “Anime morte” gogoliane). Si prosegue con il recupero della tradizione popolare attraverso l’elemento paranormale, definito dalla Schwartz «il vecchio tessuto dell’esistenza reale», che il regime sovietico aveva tentato di sradicare, ma che con tenacia è resistito nella cultura russa: tutti i racconti-tableau della seconda parte ne sono intrisi, tanto da poter essere considerato una forma di resistenza alla dittatura. Si giunge infine alla dimensione onirica, che appare quasi un rifugio, per chi ha vissuto sia l’oppressione del totalitarismo, sia la finta libertà del capitalismo dei “nuovi russi”, per non occuparsi più delle faccende di questo mondo («I sogni, come l’ispirazione, discendono dal flusso della vita, non sono la vita, ma intanto che c’è di più importante dei sogni per la nostra anima, che c’è di meglio dell’ispirazione per essa?»).
In mezzo alla raccolta, composta da racconti talmente brevi da somigliare ad un album di istantanee, troviamo una sorta di diario, che permette di comprendere come questa evoluzione del pensiero nella Schwartz non sia altro che uno specchio delle sue esperienze di vita: si ripercorre, infatti, il suo vissuto di poetessa “underground” ante-litteram, poi di voce narrante nota solo all’estero e di poetessa, infine, riconosciuta ed apprezzata in patria.