“La testa aspra” in un’aspra società.

La testa aspraGiulio Gasperini
AOSTA – “La vita agra”, intitolò Bianciardi. Era un periodo (e una società) di sofferenza umana, lavorativa, professionale; ma non creativa. Si emigrava per trovare qualcosa e si soffriva del distacco. “La testa aspra”, ha intitolato Filippo Parodi questa raccolta di brevissimi racconti, edita nel 2014 da Gorilla Sapiens Edizioni. Quasi una sorta di mitragliata narrativa: frammenti aguzzi e taglienti che sono sparati in ogni direzione, come i ciuffi di una testa aspra che chissà quali pensieri partorisce: “Puntando lo sguardo al cielo lo invoca, quasi supplicandolo di sostituirsi con la sua violenza celeste ai pensieri, ai campi di sterminio che produce senza interruzione la mente”.
Filippo Parodi tenta attraverso questi racconti di presentarci sfaccettature multiple (e complesse) di una società che oramai è diventata multipla (e complessa) nonostante la banalità del vivere. I punti di vista che assume nei racconti sono ammiccanti, particolari, danno persino il capogiro di una distanza alla quale non si è abituati. Sono personaggi improbabili ma attuali, assurdi nella loro precisa conformazione contemporanea. Sono azzardi, persino: forzature di un quotidiano che non ha più nulla di a-normale ma che oramai è piena norma e definizione.
Troviamo la gratuita crudeltà di un controllore di autobus che riesce a imporsi soltanto contro un’anziana signora carica di borse della spesa e dalle caviglie gonfie (mentre tutta l’altra società la respinge e la contrasta, in nome di una legalità falsata dalla prospettiva); troviamo un’appassionante narrazione della dimenticata vita della dimenticata Rosalba Bonelli, cantante folk della profonda provincia trentina; troviamo una varia umanità che cerca di sopravvivere, con i mezzi che ha, alla crudele realtà di una società come quella attuale, dove paiono scomparsi tutti i punti di riferimento, gli obiettivi, i significati profondi, i modelli, gli esempi e le giuste prospettive.
Aspro è anche il linguaggio, ma ancora di più lo stile, il procedere incalzante di frasi brevi e incisive, quasi lame che affondano danno dolore e lasciano un segno non eccessivo ma significativo. Aspro è il ritmo che Parodi usa per dare corpo e sostanza a quest’umanità improbabile e a tratti allucinata, azzardata, imperdonabile ma anche da guardare con compassione e arrendevolezza; sempre al limite del giudizio tra buono e cattivo, tra giusto e sbagliato, tra sensato e completamente privo di senso.
Ma quest’umanità cerca o no l’assoluzione? È alla ricerca, o no, di un perdono, di un’altra occasione, di un riconoscimento pubblico che la autorizzi a continuare così? Forse no. Ed è questo l’aspetto più allucinato dei racconti di Parodi: come a dire che, ahimè, è così e poco si può fare per cambiare.