“Città senza mura”, la poesia è una valorosa guerriera. Intervista a Flavio Pagano

Giulia Siena
PARMA“Amo le storie / di chi non fa la Storia. / La pazienza di chi bussa / alla porta di una casa vuota. / La forza di chi sceglie la salita / e la dolcezza di chi si guarda indietro. / Non so raccontare / il mio sentire più profondo / ma lo porto con me / in quella valigia / che non disferò mai”. Flavio Pagano ha aperto quella valigia e ha lasciato che il suo sentire più profondo trovasse la strada della parola; una parola – quella di Pagano, scrittore e giornalista – che in Città senza mura si fa interprete delle emozioni più recondite e immediate. La parola emerge attraverso suoni delicati e accordati a ritmo del tempo trascorso e della melodia presente. In questa raccolta, pubblicata nella collana di poesia Rosso Sospeso da Fuorilinea Editore, confluiscono gli scritti poetici che hanno dato rifugio e lucidità, stasi e asilo all’autore napoletano. Sono versi sciolti e poesie strutturate in esametri, settenari ed endecasillabi, simbolo di una scrittura immediata o soppesata, causa e conseguenza di una sensibilità acutizzata dall’analisi, dall’ironia e dalla sofferenza.
Città senza mura è resa e richiesta; abbandono al cospetto della vita e preghiera di amore scevro da limiti o imposizioni. Le composizioni – divise secondo la tipologia e il periodo – sono state scritte lungo un arco di tempo molto esteso; solo l’ultima sezione, “Diario di un addio”, sono testimonianza della partecipazione al dolore e alla malattia e narrano la durezza del distacco. Quest’ultima sezione, infatti, chiude un’ideale trilogia insieme ai romanzi “Perdutamente” e “Infinito presente”, firmati da Pagano negli ultimi anni. Continua

“Infinito presente”, una storia d’amore. Quando l’avere cura è l’unica cura contro l’Alzheimer

Giulia Siena
PARMA“La salvezza è nell’amore: l’amore dà alla vita un senso così profondo che nulla può osare contraddirlo”.
Una famiglia, una malattia, un doppio io narrante. La consapevolezza delle cose che cambiano, la volontà di trattenere la persona amata. Il dilemma: lasciare che la vita faccia il suo corso, che la malattia ingoi i ricordi lontano da casa, in letti estranei, oppure cullare ancora quelle braccia che per prime hanno accolto la vita e gestire tra mura familiari quei piccoli e continui deliri? Eppure entrambe le scelte sono sinonimo di grande coraggio perché per l’Alzheimer non c’è una cura, c’è solo l’assistenza. Ogni decisione è un cambiamento: gli equilibri che si spezzano, le dinamiche che si modificano, il coinvolgimento di tutti, la disperazione che irrompe in un pacifico disegno quotidiano. Quello che accade attorno a un malato di Alzheimer è una frattura dolorosa che viene sanata solo dall’amore. E Flavio Pagano, nel narrare Infinito presente (Sperling & Kupfer), si affida all’amore. Continua

“Senza paura”, storia di una passione che può cambiare la vita

SENZA PAURA_Pagano_CHRONICALIBRIGiulia Siena
PARMA“Essere senza paura è un’altra cosa. Quello è uno stato di grazia, ma per incontrarlo bisogna avere fegato sul serio. Bisogna avere la forza di essere se stessi fino in fondo. Fino alle estreme conseguenze”. Flavio Pagano, autore di Senza paura, romanzo edito da Giunti, parte da una considerazione sul coraggio per raccontare la storia di Bruno e con essa – a grandi linee – quella di Ciro Esposito, il tifoso ferito allo Stadio Olimpico di Roma il 3 maggio 2014 e morto 52 giorni dopo. Il romanzo, acclamato dalla critica (Premio Selezione Bancarella Sport, 2015) e premiato dal successo di pubblico,  è la storia di vite segnate, cambiate e strappate via da una passione semplice quanto ancestrale, quella per il calcio.  Continua

Anteprima: Flavio Pagano ci presenta “I tre giorni della famiglia Cardillo”, da domani in libreria

imageGiulia Siena
ROMA – Arriverà domani in tutte le librerie d’Italia I tre giorni della famiglia Cardillo, il nuovo libro di Flavio Pagano. Pubblicato da Piemme, il libro è una vera e propria novità: è nuovo nel genere – è una mafiaba; è nuovo nella tematica – si parla di mafia, strappando sorrisi e lacrime; è nuovo per la location – è ambientato nel suggestivo e affascinante Cilento; è, infine, un nuovissimo esercizio per l’autore. Pagano, infatti, dopo il successo di Perdutamente (Giunti, 2013) torna con una voce diversa: con I tre giorni della famiglia Cardillo attraversa i generi finora provati e approda a una storia che unisce realtà e grottesco, spensieratezza, avventura, suspense e sorriso amaro. In attesa di immergersi nella lettura di questo nuovo romanzo pulp, ChronicaLibri intervista, per voi, l’autore.

 

“I tre giorni della famiglia Cardillo” domani sarà in tutte le librerie e c’è grande attesa; ma come è nata questa storia?

Non lo so. È nata da sé, all’improvviso. La prima versione, che in effetti era già la storia completa, la scrissi in pochi giorni. Pensavo da tempo a scrivere una storia diversa. E volevo che fosse una storia d’azione, all’americana. Volevo un tema forte, e pensavo a uno schema di base da film horror: la famiglia che si perde… grandi spazi… uno scenario naturale a tinte forti… un incontro fatale… e quindi una brutale escalation di follia. Insomma, avrebbe dovuto essere un thriller. Ma the unexpected always happens, diceva Conrad, e infatti, mettendo insieme tutti gli ingredienti, è venuta fuori una commedia, anche se nera, anzi nera che più nera non si può… Anche se non appartiene alla letteratura “di genere”. Ne I tre giorni della Famiglia Cardillo si toccano tanti registri letterari, e c’è uno sfondo polidialettale se mi passi il termine, che mi ha affascinato moltissimo, perché ai personaggi (romani, milanesi, o «terroni» che siano) do voce lasciandogli le loro inflessioni: è stato il mio modo di rendere omaggio alla meravigliosa polifonia della lingua italiana. È un libro tutto da scoprire, credimi.

Una commedia nera dunque, truce e decisamente esilarante, che però promette di fare scalpore per il ritratto graffiante che fa della società italiana e per l’originalità della vicenda che tocca senza pudori il tema del rapporto tra mafia e potere. Nasce così la mafìaba, cos’è questo nuovo genere?

Tocchi tutti i temi, tutti insieme. Sì, alla base ci sono, per così dire, due grandi brand italiani: la mafia (ahimé), e la bellezza del territorio, il Cilento in questo caso. Mafiaba è evidentemente la fusione delle parole «mafia» e «fiaba». Come i lettori più attenti noteranno, ogni tanto nel testo s’incontrano citazioni dal contesto (e dal lessico) tipico della fiaba. Le fiabe del resto erano storie terrificanti, e anche I tre giorni della Famiglia Cardillo è così. La storia possiede tutta la brutalità dell’innocenza, e tutto il languore della malvagità, i mafiosi, in fondo, fanno parte del catalogo degli orchi: in questo senso è decisamente fiabesca, però bisogna riconoscere che anche la vita reale possiede questi ingredienti… Ci sono molte situazioni (troppe) della nostra vita, anche di quella pubblica, che sembrano altrettante mafiabe! Quanto al ritratto della società italiana, sì, ho descritto credo senza indulgenza, ma anche senza barare, il mondo dei media, che è decisamente allo sbando, non meno dei suoi fruitori. Lettori, e comununicatori, sono entrambi confusi. Lo sono, lo siamo, un po’ tutti. Ma i mafiosi no, loro sono di un’altra razza come credo il libro – e proprio perché è una commedia – metta bene in evidenza. I «miei mafiosi» sono divertenti, ma soprattutto sono liberatori per il lettore perché sono l’incarnazione (anzi il trionfo) del «politicamente scorretto», e questo ha un suo innegabile fascino, perferso se volete, ma potente. C’è un problema che la società contemporanea deve risolvere: se quello che abbiamo da opporre a forze come la mafia, sono tweet e proteste su facebook, o marce della pace, la guerra è persa. Perché in realtà di quello si tratta. Lo disse anche Falcone: i mafiosi non hanno paura di niente, nemmeno di morire. Non ce ne dobbiamo dimenticare mai: è una guerra.

imageNonostante, però, si parli di mafia e lo si faccia anche in modo tragicomico, ironizzando su modalità e credenze di questi moderni boss della malavita, il linguaggio che tu usi non è mai indulgente verso la mafia. Come si riesce a ottenere questo brillante ed equilibrato risultato narrativo?

Se ci sono riuscito, è stato perché lo sento profondamente. In questa storia i Cardillo sono “vittime”. E questo li rende apparentemente simpatici. Ma, e cerco di non farlo perdere di vista al lettore mai, i mafiosi sono belve. Ce l’ho sempre ben presente: per questo ho deciso di non castrare le «qualità» del mafioso (il suo «coraggio» bestiale, ad esempio) ma non ho mai utilizzato le situazioni o i personaggi per costruire delle «macchiette» da teatro di Scarpetta. Credo che i lettori per certi versi s’indentificheranno profondamente nei protagonisti, ma credo che ne avranno anche orrore. Del resto l’amore, il desiderio, sono inscindibili dalla paura: se una cosa non fa paura, non può attrarci davvero.

Da Detroit i Cardillos arrivano in Italia e si spostano in Cilento; qui, tra le selvagge e affascinanti montagne che guardano al mare, vivono un’avventura senza eguali. Quanto conta l’ambientazione per un romanzo del genere e perché hai scelto di ambientare “I tre giorni della famiglia Cardillo” proprio in Cilento?

Prima di tutto l’ho scelto perché il Cilento, ed in particolare Petina – il paese reale accanto al quale ho inserito quello immaginario di Belcolle – è parte della mia vita. Ci sono andato da ragazzino, per anni. Erano gli anni settanta, e feci in tempo a conoscere – ciò che considero una fortuna inestimabile – il mondo contadino vero, quello, come si suol dire di una volta. Poi ci sono tornato da adulto, trovando intatti i miei ricordi e le suggestioni profonde di quel paesaggio quasi selvaggio e di bellezza sconvolgente che è il Cilento. I Monti Alburni sono una cattedrale naturale di un fascino semplicemente irresistibile, dalle vette si vede il mare, la costiera amalfitana. E dall’altro lato tutta la piana del Sele. Sono luoghi incontaminati, ancora tutti da scoprire: andateci, perché Petina è i suoi dintorni sono magici! L’artigianato gastronomico è semplicemente sublime, se mi si consente una nota di colore, e si sposa con luoghi che sembrano scivolati silenziosamente fuori del tempo. Montagne, boschi, ruscelli… Per avere un’idea degli spazi e della purezza di questo habitat, basti pensare che già da anni sono ricomparsi i lupi. I lupi, capite? L’animale più simbolico della cultura occidentale… E poi il Cilento è il territorio simbolo splendido della Campania felix, che ancora resiste e che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti: l’opposto della martoriata «terra dei fuochi».

La Campania, comunque, è la culla di molti tuoi romanzi e uno di questi, Perdutamente (Giunti) torna alla terra in cui è ambientato e a settembre, possiamo anticiparlo, approderà in grande stile al Pompei Cinema Festival.

Sì, a Perdutamente è stato dato il premio «Un libro per il cinema» ed è un riconoscimento di cui sono felice e orgoglioso. Perdutamente è stato un libro che mi ha dato e mi dà grandissime soddisfazioni, non solo perché si è dimostrato valoroso in libreria, entrando in classifica, ma perché ne ho avuto un eccezionale ritorno dai lettori. Lettere e lettere di persone che mi dicono di essersi ritrovate in ogni situazione, in ogni parola, in ogni virgola, che mi dicono di essere state «aiutate» da questo libro: ecco, quando la letteratura riesce a uscire dall’artefazione, da quello stare un po’ in posa che oggi l’affligge, quando l’emozione dello scrivere e quella del leggere s’incontrano, allora la letteratura vive. E si scopre come un libro sia il mezzo di comunicazione più potente, dopo lo sguardo. Il premio del Pompei Cinema Festival tra l’altro – che quest’anno è dedicato al grande Troisi, si avvale della collaborazione dell’associazione «Ricomincio da te», presieduta da Antonella Esposito – ed è un evento straordinario in una città straordinaria. È stato il presidente Raffaele De Luca a volere fortemente anche un premio letterario, e ha scelto di chiamarlo “Un libro per il cinema”. La statuetta, una riproduzione del celeberrimo fauno pompeiano, è più bella di un Oscar! Un onore che abbiano scelto Perdutamente, e una grande soddisfazione che nella motivazione sia stata riconosciuta la qualità letteraria della scrittura, ma anche la capacità del libro di parlare per immagini.

10 Libri per la tua estate CHRL scelti da Flavio Pagano

10 libri chrlNAPOLI – Tanti sono i libri che potremmo portare in vacanza o candidare a simbolo di questa estate 2014. E quando i libri sono tanti, il rischio di sbagliare aumenta: potremmo scegliere a occhi chiusi, farci consigliare i libri più alla moda e gettonati oppure lasciarci guidare da chi i libri li crea, li osserva e li comunica. Da questa idea sono nati i 10 Libri per la tua estate CHRL e per il nuovo appuntamento abbiamo chiesto a Flavio Pagano di accompagnarci alla scoperta di 10 ammalianti letture.

 

Consigliare un libro è come consigliare un ristorante o un meccanico: rischi di farti un nemico per sempre… Ma ci provo.

1. Ogni giorno ha il suo male di Antonio Fusco, Giunti
Fame di noir? Eccovi serviti: Ogni giorno ha il suo male (Giunti) è un libro che vi stupirà e vi aprirà gli occhi (in tutti i sensi). Ne è protagonista il commissario più “vero” della nostra letteratura, Tommaso Casabona, e l’autore stesso è un poliziotto di razza: Antonio Fusco, attualmente Capo della Squadra Mobile di Pistoia.

2. Se chiedi al vento di restare di Paola Cereda, Piemme
Se invece, malgrado l’afa, avete voglia d’amore, ecco 2 libri capaci di commuovervi anche mentre sudate: Se chiedi al vento di restare (Piemme) di Paola Cereda, la storia – che vi conquisterà – della morantiana Agata, ragazza cresciuta in un’isola, insieme al progetto straordinario che ha nel cuore: cambiare il mondo, ma senza fuggire.

3. La seconda estate di Cristina Cassar Scalia, Sperling & Kupfer
Un libro tambureggiante, incalzante, un’affascinante lettura a perdifiato dove nulla è scontato: una storia d’amore che vi sorprenderà (e forse un po’ vi cambierà…).

4. Publisher di Alice Di Stefano, Fazi
Altro must estivo è l’umorismo. Ma il genere langue (eh già, far ridere richiede talento…): applausi doppi allora per Publisher, di Alice Di Stefano (Fazi), libro delizioso, sapientemente autoreferenziale rispetto al mondo dell’editoria, tutto da godere.

5. Pirandello

6. Buzzati
7. Capitan Fracassa di Théophil Gautier, Rizzoli

8.  Tre uomini in barca – Tre uomini a zonzo di Jerome Klapka Jerome, eNewton Classici
E ora, cari lettori imbottiti di libri alla moda, prostriamoci dinanzi ai classici. Prima di tutto Pirandello e Buzzati: di questi giganti della letteratura mondiale leggete il libro che vi pare, si va a colpo sicuro. Fra gli autori stranieri Théophil Gautier, direi, col suo immortale Il Capitan Fracassa (Rizzoli, splendida la traduzione di A. Jeri). Ovvero Tre uomini in barca – Tre uomini a zonzo (eNewton Classici) di Jerome Klapka Jerome, maestro dello humor britannico.
9. Commedie di Menandro, Mondadori
Tra i classici antichi, senza le irresistibili Commedie (Mondadori) di Menandro, anche per capire che in duemila anni, dentro di noi, nulla è cambiato.

10. E tutti lavorammo a stento – Italia 0-24 di Sabato Cuomo, Arpanet
Infine l’editoria indipendente: ed ecco un bel libro ideato da Sabato Cuomo, semileggendario tabaccaio-scrittore-attore: E tutti lavorammo a stento – Italia 0-24 (Arpanet). Il “giro d’Italia in ventiquattr’ore”, attraverso altrettanti racconti, per scoprire – tra pagine più smaliziate e altre più naif – piccole e grandi realtà della vita di tutti i giorni.

 

Flavio Pagano_chronicalibri_anteprimaFlavio Pagano, scrittore, è anche editorialista di prestigiosi quotidiani e riviste, e direttore di NapoliStyle.it. Il suo ultimo libro Perdutamente, ha vinto il premio “Un libro per il cinema – Pompei Cinema Festival”, e il primo settembre sarà in libreria il suo nuovo, attesissimo romanzo I tre giorni della Famiglia Cardillo che Chronicalibri presentò in anteprima e che inaugura un nuovo genere letterario: la “mafiàba”.

Scelti per voi: Flavio Pagano presenta “Si lasciano tutti”, l’arte di amarsi (e quella di lasciarsi), in una esilarante commedia di Simone Laudiero

Si lasciano tutti_SK_chronicalibriFlavio Pagano*
NAPOLI – La letteratura italiana contemporanea muore di provincialismo, straziata dalle incursioni di autori sempre più improvvisati e dalla avvilente ripetitività dei temi, ma libri come Si lasciano tutti (appena uscito per Sperling & Kupfer) sono una bella iniezione di fiducia.

 

L’autore, Simone Laudiero, si definisce un napoletano nato “per sbaglio” a Milano, e noi aggiungiamo che è “bilingue”, dal momento che scrive anche per la tv (e si vede).
Al centro della vicenda c’è una coppia, Roberto e Sandra, che si prepara al grande passo: trasferirsi a casa di lei. Ma non temete, non siete davanti alla solita storia. Allacciate le cinture, invece, perché altrimenti la sterzata della trama vi scaraventerà giù dalla poltrona: sta per entrare in scena la nonna di Sandra. Un’ottantenne sannita, energica, cocciuta e volitiva, che ha appena preso una decisione che lascia tutti sbalorditi: divorziare dal marito ottantacinquenne e andare a vivere da sola.
A quel punto è dunque a lei (che del resto ne è la proprietaria…) che serve la casa in cui Sandra e Roberto progettano di andare a convivere: e se non vuole trasformare il classico “io mammeta e tu”, in un inedito “io nonneta e tu”, la nipote dovrà sloggiare.
Si lasciano tutti è un libro divertente, capace di raccontare il “ventre” di Napoli con una “veracità” e una leggerezza straordinarie, e di far vivere con i personaggi con realismo davvero travolgente.

Non possiamo non riconoscerci nelle vicende dei protagonisti, e saremo costretti a riflettere e a ridere un po’ alle nostre stesse spalle…. Insomma è una commedia – genere glorioso e ahimé assopito della nostra letteratura – dedicata all’amore, o meglio quasi alla sua meccanica, della quale siamo artefici ma anche, e forse soprattutto, le vittime più o meno ignare.
Roberto e Sandra non hanno dubbi amletici. La domanda è semplice: perché si lasciano tutti?
Ma la vera domanda, in fondo, è un’altra: perché, quando ci innamoriamo, aspiriamo a trasformare i nostri sentimenti in un legame dal sapore eterno, pur sapendo che il legarsi è, in qualche modo, l’energia potenziale del lasciarsi?
Una domanda alla quale è ormai impossibile rispondere, senza prima ascoltare quello che Simone Laudiero ha deciso di raccontarci in un libro che promette di diventare un piccolo classico del genere.

 

Lunedì di novità per Chronicalibri. Per i nostri lettori e tutti i curiosi di libri e novità editoriali, oggi lo scrittore e giornalista Flavio Pagano ci presenta Si lasciano tutti, una esilarante commedia di Simone Laudiero pubblicata da Sperling & Kupfer.

 

“I tre giorni della famiglia Cardillo”, il nuovo libro di Flavio Pagano in anteprima esclusiva

I tre giorni della famiglia Cardillo_chronicalibri_anteprimaGiulia Siena
ROMA
– Sarà in libreria la prossima estate per Piemme ma qui, in anteprima esclusiva per coloro che amano l’ottima letteratura, si svela un po’. È “I tre giorni della famiglia Cardillo”, il nuovo libro di Flavio Pagano (nella foto in basso), l’autore che, dopo il successo di “Perdutamente” (Giunti, 2013), cambia completamente genere. Nasce, così, un libro che è una commedia nera, pulp ed esilarante, che promette di fare scalpore per il ritratto graffiante che fa della società italiana e del suo rapporto con i media, e per l’originalità della vicenda, che tocca senza pudori il tema del rapporto tra mafia e potere.

 

I Cardillos, una famiglia italoamericana che vive a Detroit, tornano in Italia per partecipare al faraonico matrimonio della figlia di un grande boss. Nonostante siano nostalgici del Belpaese, i Cardillos sono pieni di stereotipi: pensano che le musiche di Gigi d’Alessio le abbia scritte Giuseppe Verdi, pensano che Michelangelo siano due persone Michele e Angelo e credono che in Italia tutto sia piccolo, comprese le montagne e i criminali; ma su questo punto si sbagliano di grosso, mentre attraversano il Cilento, luogo di fascino e mistero, si perdono e finiscono nelle mani di un serial killer, uno che fa sul serio. Quella che dovrebbe essere la vittima predestinata non è affatto inerme: al contrario è un killer di professione, un uomo abituato a lottare e a uccidere, e la situazione darà luogo a un travolgente susseguirsi di colpi di scena. Intanto, simultaneamente, sia i Carabinieri che la mafia stessa indagano sull’accaduto.

Flavio Pagano_chronicalibri_anteprimaLa storia si arricchisce, così, di una sfumatura thriller che aggiunge ritmo alla magistrale scrittura di Flavio Pagano. Una scrittura ironica – come sempre nei libri di Pagano, l’attenzione allo stile di scrittura e ai registri letterari è grande – (da non confondersi con la banale e sorpassata satira sul mondo mafioso)  che rende «I tre giorni della famiglia Cardillo» un romanzo vivido e che non fa sconti: il suo realismo è per certi versi agghiacciante. I mafiosi di questa commedia nera sono divertenti, ma non c’è buonismo. La loro convinzione che la violenza possa risolvere tutto, trova sconcertanti conferme; i suoi protagonisti, poi, sono mafiosi veri, spietati e pronti a tutto. E, soprattutto, sono efficienti.

 

Thriller d’azione e giallo all’italiana si fondono in questa storia ad alto ritmo, calata profondamente nella realtà della provincia italiana. Emblematico, quasi, lo scalpore che viene raccontato nel libro  – come in tanti amari casi della cronaca vera – quando giornalisti da tutta Italia accorrono nel paesino cilentano di Petina (un luogo incantevole nel cuore del Parco nazionale del Cilento) a caccia di scoop. Ma questa è solo un’anteprima; per assaporare “I tre giorni della famiglia Cardillo”, le sue citazioni tratte da “Il padrino” o “Pulp fiction” (in cui Tony Cardillo crede che Ezechiele Ventisette non sia un nome biblico seguito dall’incarnazione dei versetti, ma semplicemente il nome e cognome dell’autore) e l’esplosiva vitalità dei personaggi, non vi resta che aspettare l’uscita di questa bellissima «mafiàba». Cos’è la «mafiàba»? La «Mafiàba», azzeccatissimo neologismo di Pagano, è una favola mafiosa, dove tutto è alla rovescia. Soprattutto la morale….

“Perdutamente”: Alzheimer, romanzo quotidiano

perdutamente-flavio-pagano-chronicalibriGiulia Siena
ROMA
– Napoli Centrale. Binario 16. Novembre. Una lettera spiegazzata infilata di fretta nella tasca di un cappotto consumato dal tempo. Il cappotto, però, non riuscirà mai a partire da quella pensilina che àncora la madre al figlio, due generazioni al cospetto del mutamento, la pensilina sotto la quale si incontrano il passato al presente, la normalità e l’imminente cambiamento. Il cambiamento si chiama Alzheimer, una malattia che danneggia i centri del cervello responsabili dell’apprendimento, della memoria, del linguaggio e del ragionamento. Una malattia neurodegenerativa che va a sovvertire i ruoli familiari prestabiliti, che rende i genitori figli di quegli stessi figli che si ritrovano quotidianamente ideatori e attori di una specie di farsa. La stessa che viene messa in scena dai protagonisti di “Perdutamente”, il romanzo di Flavio Pagano pubblicato da Giunti, per sopravvivere all’Alzheimer che colpisce la capostipite.

Il tentato viaggio dal binario 16, infatti, non era che la prima avvisaglia di una malattia che cancella il passato e annulla le inibizioni. Allora cosa fare? Con un sorriso amaro – perché “ridere è quasi una panacea di tutti i mali” – si guarda in faccia la realtà e si prende consapevolezza che i malati di Alzheimer vivono un presente parallelo che bisogna alimentare e al quale bisogna partecipare. Così tutti i personaggi di Flavio Pagano prendono parte a un teatrino casalingo innescato quasi naturalmente per sopravvivere al dolore quotidiano di sentirsi privi del punto di riferimento di una intera vita, della propria madre.

Ogni giorno, perciò, nel grande appartamento del centro di Napoli – mentre Napoli è li, affascinante e accogliente, illusoria e carnale, viva e rumorosa – i figli, i nipoti e gli amori di questo lessico familiare indossano i panni di attori e di infermieri, di giocolieri e di santi, di poeti e di locandieri, pur di alleviare quella sofferenza che con la vita toglie la vita.

Perdutamente è completamente, appassionatamente, senza via di scampo: come l’amore tra una madre e un figlio, come il tentativo ostinato di salvare i ricordi, di accompagnare la vita al suo declino.

“Quando uno si ammala di Alzheimer, l’esistenza di coloro che gli sono intorno non viene spinta verso gli interrogativi della morte, ma della vita. Perché l’Alzheimer è la malattia che più di ogni altra appartiene alla vita. Ne possiede tutta la follia, l’energia brutale e misteriosa, l’imprevedibilità. Rende concreta l’immaginazione, e dissolve la realtà. Rimescola il tempo”.