Dalla vita vissuta al romanzo: l’esperienza di George Sand



Giulio Gasperini

AOSTA – Quando apparve, nel 1859, questo romanzo di George Sand fu una pietra dello scandalo. Oggi, nel 2020, riesumandolo dal suo incolpevole oblio, Iacobelli Editore ripubblica (a cura di Annalisa Comes) Lei e lui, potente esperimento di narrazione di una storia d’amore complessa e turbolenta, dove fin dal titolo la presenza femminile occupa la scena privilegiata, e si fa punto di focalizzazione primaria. 

Raccontare la vita di George Sand è di per sé stessa una discesa nella narrazione più appassionante, perché la vita della scrittrice francese fu essa stessa un romanzo, un’epica intensa e strabordante, fatta di arte e impegno politico e sociale. George Sand stessa diventò simbolo e incarnazione di atteggiamenti finanche scandalosi, perché pietre di inciampo per la società del tempo.

I suoi amori furono ugualmente provocatori, socialmente osceni: da quello con Chopin a quello, tempestoso, con Alfred de Musset; ed è proprio quest’ultimo che offre la materia per il romanzo “Lei e lui”. Due artisti, con visioni e inspirazioni opposte e contrastanti, creano una vicenda perturbante e sovversiva, nella quale si rincorrono e si assediano, animati entrambi dai sentimenti più squassanti e travolgenti. Si racconta del loro amore, delle loro fughe in Italia, delle loro separazioni e dei loro ritrovi, più inattesi e insperati.

Attraverso un genere ibrido, a metà tra il romanzo epistolare e quello memoriale, con squarci sul romanzo di formazione, la Sand scrive di sé ma anche di tutti gli altri, diventando un exemplum nel quale chiunque si può rispecchiare. La scrittura, a tratti manierata – ma in linea con il gusto del tempo – ha lo scopo di condurre un’analisi chirurgica dei meccanismi dell’amore, della gelosia, del possesso. L’analisi di questi meccanismi, così attentamente e scrupolosamente osservati da una narratrice esterna, è un’incalzante viaggio nella profondità degli animi umani, coinvolgendo anche la dimensione artistica, indissolubile e imprescindibile.

George Sand ha il coraggio necessario per rendere la sua vita privata materia di narrazione pubblica, affidando alle pagine di questo romanzo la sua vicenda intima, già di per sé scandalosa, dimostrando a ogni pagina tutta la sua risolutezza nel sacrificio pubblico in nome di un ideale narrativo e artistico più alto. Il monumentale epistolario della Sand è fonte prima e privilegiata dalla materia narrata: tutte le epistole scambiate con Alfred de Musset trovano qua fioritura e sistemazione, creando un’organica rappresentazione di una storia particolare che diventa universale.

Iacobelli fa un enorme regalo alle lettrici e ai lettori che non si erano ancora avvicinati all’opera di questa discussa scrittrice, che ebbe molti detrattori, ma che indubbiamente, al netto del valore letterario contemporaneo, fu figura intrigante e seducente, per la sua scrittura ma anche per il lungo manifesto di intenti che fu la sua stessa vita.

Una Parigi riconosciuta con altri sguardi.

On s'est reconnus, ParisGiulio Gasperini
AOSTA – È una Parigi diversamente riconosciuta, quella descritta con parole e immagini in On s’est reconnus, Paris, taccuino fotografico di Giuseppe Varchetta, edito da Edizioni del Foglio Clandestino. Gli scatti, rigorosamente in bianco e nero, sono legati come perle in una collana da una storia chissà quanto vera o fantasticata, di Nerina Garofalo: ma saperlo non cambia la potenza di questo viaggio, nel quale una bambina curiosa ci accompagna, sfogliando un portfolio caduto distrattamente in un cinema d’essai. Continua

Le parole di un bambino tra Marocco e Francia

Un anno con i francesiGiulio Gasperini
AOSTA – Un anno con i francesi di Fouad Laroui, edito da Del Vecchio Editore è un romanzo delizioso. E quest’aggettivo non è scelto a caso, perché è un’opera di narrativa veramente aggraziata e misurata, dove nulla è lasciato al caso e dove non c’è niente di superfluo, eccessivo o accessorio. Dalla costruzione allo sviluppo dei personaggi, tutto viene presentato al lettore con una facilità disarmante, con una leggerezza che pare spontanea ma è frutto di una sapiente capacità di narrare e di far vivere i personaggi.
Il punto di vista, geniale, è quello di un bambino marocchino che dalla più remota campagna arriva a studiare al più prestigioso liceo francese del Marocco, il Liceo Lyautey. Qui incontra un’umanità ricca e vivace, una pletora di studenti, professori, convittori e collaboratori che si muovono attraverso tutto lo spettro delle umane manifestazioni e declinazioni. Continua

Colette: la stella del vespro che illumina ogni cosa

La stella del vesproLuca Vaudagnotto
AOSTA – “Occorre vedere, non inventare”. Con questa citazione precedente il frontespizio si apre La stella del vespro, uno degli ultimi lavori di Colette, tradotto per la prima volta in italiano da Angelo Molica Franco e pubblicato per i tipi di Del Vecchio Editore in un’elegante e raffinata veste grafica, rosa con una punta di nero, reminescenze della migliore Chanel e della sua città-simbolo, Parigi.
Ed è proprio lo sguardo, la capacità di osservare i dettagli, la grande lezione di Colette: la sfumatura particolare di azzurro che tingeva le pareti dell’appartamento di Hélène Picard, la piega della fronte del giornalista che la intervista, l’usura e la consunzione del bracciolo della sedia su cui la scrittrice lavorava e le trame che ne fuoriescono o ancora il guazzabuglio di capelli ribelli in testa a una sua amica. Continua

“Contro” uno Stato che non funziona più.

ControGiulio Gasperini
AOSTA – “Contro” di Lydie Salvayre, edito in Italia da Bébert edizioni (2014), è un pamphlet intenso e duro, scritto in una prosa poetica dallo stile caustico e risoluto. La critica allo stato francese è compatta e ben motivata, scandita da una progressiva accelerazione verso una corruzione che pare inevitabile e non più scongiurabile. Nato come scrittura, il progetto di “Contre” ha visto il coinvolgimento del chitarrista Serge Teyssot Gay, convertendosi in letture pubbliche che hanno coinvolto più intensamente e direttamente l’intera opinione pubblica.
La crisi della res publica riguarda tutti gli ambiti, in un’accelerazione alla devastazione che lascia soltanto vittime sulla sua strada. Creando una dipendenza persino mentale (“Perché nella repubblica da dove vengo, gli uomini non hanno più né occhi né lingua. Dicono di sì a tutto. Applaudono a tutto. Leccano e accarezzano”). Completamente abbrutiti in una sottomissione che è schiavitù, i sottomessi non esprimono neanche la minima volontà di riscatto, di rivalsa nei confronti dell’oppressore. Ma la critica si estende anche alla religione (“Il rimorso? Vedere, è una sorta di aceto cattolico e fortemente corrosivo”) e alla famiglia, all’interno della quale detestarsi “è un’antica consuetudine”. Con il beneplacito della società e dell’omertà imperante. Ma l’attacco colpisce anche i giornalisti e la stampa, che hanno smarrito la loro vocazione all’informazione e hanno, piuttosto, assunto il ruolo di terroristi, inseguendo (e osannando) piuttosto il sensazionalismo che correttezza e attendibilità: “La lapidazione viene praticata principalmente nei giornali e costituisce uno dei passatempi preferiti del paese”. Le accuse della Salvayre sono durissime, feroci: “Contro le nostre vite piegate, contro i porci che le calpestano e i sazi avari che le stritolano”. Tutta l’umanità pare scomparire sotto la carica del disfacimento, sotto il complotto annichilente del potere organizzato: “L’ultimo pazzo è morto / e così anche l’ultimo amante / […] / e così anche l’ultimo animale / […] / e così anche l’ultimo bambino / […] / e così anche l’ultimo musicista / […] / e così anche l’ultimo artista”.
La ricerca assillante, reiterata come fosse un salmo, la ricerca di una formula magica, è quella di un uomo che possa arrivare, abbattere dubbi e punti interrogativi, e sappia condurre lo stato a una nuova forma più completa, più : “Ha visto un uomo? Io cerco un uomo”. Un uomo come? Fondamentalmente “un uomo con gli occhi per vedere, una lingua per giurare e al di sotto un’anima”. Una sorta di nuovo Redentore in chiave contemporaneista, che sappia affrontare tutti i gravi problemi che affliggono democrazia e statalismo dei tempi nostri. Ma la soluzione, al di là dell’ennesimo salvatore del mondo, la Salvayre ce la propone nelle ultimissime pagine, con un imperativo che diventa piuttosto esigenza morale, etica; un imperativo che diventa impegno e dal quale non si può abdicare, né disertare: “Dite ne ho abbastanza. Dite io contro, contro, io sono contro”.