“La confessione”: il noir come esplorazione dell’umano.

La confessioneGiulio Gasperini
AOSTA – Un omicidio nella casa dei salesiani al Valdocco, a Torino; un ragazzo romeno che confessa subito; un investigatore (ex maresciallo dei Carabinieri) che indaga ma pare non scoprire nulla di strano: sembrerebbe che la morte di don Feronato non abbia nulla di anomalo. Ma, all’improvviso, si spalancano abissi umani nascosti e affiorano verità fino a quel momento insospettate. Ecco gli ingredienti del romanzo “La confessione” della torinese Giuliana Olivero, edito dalla casa editrice END Edizioni, di Gignod, piccolo paese della Valle d’Aosta, come primo volume della nuova collana “GialloAlpe”.
Il noir è un genere che si squaderna ampiamente, oltre la trama: la scoperta del colpevole è soltanto un aspetto, probabilmente persino trascurabile. Quello che nel noir interessa e colpisce sono i meccanismi di risoluzione, gli sviluppi, le articolazioni dell’umano che si declina e manifesta in varie gradualità. Giuliana Olivero ha, in questo senso, la capacità di tratteggiare raffinatamente la psicologia dei personaggi, in particolare quelli dell’ex maresciallo valdostano Hervé Farcoz e della sua socia Odetta Giachery: i particolari, i dettagli, le sfumature compaiono durante l’azione, seguendo il filo delle indagini. Non soltanto si compiono tentativi (e passi in avanti) nella risoluzione dell’enigma, ma si edificano le complesse architetture personali e interiori. Questi personaggi, però, abitano in un mondo ben più vasto, dove le incognite e le perplessità di si spalancano, lasciando intravedere inquietanti verità. È questa la sorpresa del noir: cercare di dare un senso al caos, ricomponendo una realtà che non è facile da ristrutturare perché densamente gravida di incognite e perplessità. Non è l’ambiente del giallo, dove la scoperta del colpevole fa tirare un sospiro di sollievo e ricrea (o almeno così c’è l’illusione) una realtà tranquilla e composta.
Giuliana Olivero ha una scrittura essenziale e uno sguardo ironico: non c’è nulla di superfluo né inutile in quello che racconta. E questo aiuta l’inabissarsi nelle profondità delle persone, dei loro segreti, dei loro legami, delle reazioni e dei pensieri che riguardano tutti. “La confessione” si legge divorandolo, macinando le pagine, assecondati da una curiosità irresistibile su cosa sia quell’elemento che ancora manca, che ancora non è stato compreso, su quello che ancora non è stato svelato; ma che c’è, come quel pensiero che girava, irrequieto, nella testa dell’ex maresciallo senza palesarsi.
Sullo sfondo c’è una Torino multietnica e affollata, una Torino dai grandi androni e gli eleganti colonnati ma anche dai mercati straripanti di venditori e compratori, di nuovi e vecchi cittadini; ma c’è anche una Valle d’Aosta lontana ma vicina (e sempre presente) soprattutto nei ricordi d’infanzia, di un passato che pare condizione tutelata e protetta, al quale puntare per chiudere il conto con sé stessi.