“Forse non tutti sanno che nelle Marche…”: fascino e magia di una terra da riscoprire. Intervista a Chiara Giacobelli

Marche_chiara Giacobelli_chronicalibriGiulia Siena
ANCONA – Fascino e mistero, leggende e tradizioni, signori e popolo si intrecciano in Forse non tutti sanno che nelle Marche… il nuovo libro di Chiara Giacobelli targato Newton Compton Editori. Dopo il successo di “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita” e “Le Marche al sapore diVino”, Chiara Giacobelli torna a parlare della sua regione e lo fa attraverso una guida romanzata che narra le vicende e le storie dei luoghi più suggestivi e delle personalità più coinvolgenti di questa regione da sempre caratterizzata da un fascino particolare.
Attraverso curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici e luoghi sconosciuti di una regione dai mille volti, Giacobelli riesce a destare – continuamente – l’attenzione del lettore. Nel racconto, nelle descrizioni, si ritrova lo stile pulito e narrativo che solo quelle guide, perfette compagne di viaggio, sanno regalare. Continua

5 dicembre Giornata mondiale del suolo: Altraeconomia presenta “Che cosa c’è sotto”

che cosa c'è sotto_Altraeconomia_chronicalibriMILANO – Sabato 5 dicembre sarà la Giornata mondiale del suolo ed è forse la data giusta per scoprirsi “partigiani del suolo”. Non solo perché – come ripete spesso Paolo Pileri, autore del libro Che cosa c’è sotto. Il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (edito da Altraeconomia) – “il suolo è bello”, ma perché è proprio il suolo che ci sostiene, ci nutre, ci fa respirare.
Questo testo spiega infatti in modo chiaro che la risorsa più preziosa è proprio sotto i nostri piedi: un piccolo strato che è in grado di trasformare la morte in vita, e di renderci servizi inestimabili, come il ciclo del cibo, la conservazione della biodiversità, la regolazione climatica e la captazione delle acque. Continua

Virginia con gli occhi di Leonard

La morte di VirginiaLuca Vaudagnotto
AOSTA – La morte di Virginia (Woolf) è un omaggio che le Edizioni Lindau hanno voluto fare all’immensa e rivoluzionaria scrittrice inglese, uscito nelle librerie proprio nel mese in cui si ricorda il settantaquattresimo anniversario della sua morte; è tuttavia un omaggio ricercato, non scontato. Si tratta, nello specifico, di un capitolo dell’autobiografia di Leonard Woolf, The Journey Not the Arrival Matters, in cui l’autore, marito della scrittrice, saggista e scrittore anch’egli e poi, assieme alla consorte, editore, narra gli eventi, sia di portata mondiale sia relativi alla sfera familiare, tra la fine del 1939 e il 28 marzo 1941, data del suicidio della moglie.
Nella sua prosa piana e distesa, serena, Woolf racconta le sue due guerre: in primis il secondo conflitto mondiale e la vita nella campagna inglese da rifugiato, a causa dei bombardamenti su Londra, che l’autore descrive con occhio particolare. Oltre ad aver vissuto anche la Prima guerra mondiale, infatti, Woolf si ritrova ebreo e militante socialdemocratico in un paese con la minaccia del nemico alle porte (sono gli anni della resa della Francia e delle incursioni tedesche in suolo britannico). Questo gli permette di condurre un’analisi schietta e razionale, comparando entrambe le sue esperienze di guerra.
E la stessa schiettezza la troviamo nel reportage della sua seconda guerra, ovvero della lotta contro la depressione che affliggeva la moglie in questi anni accanto a lei. In questo caso, però, Leonard Woolf si rivela un narratore che ama lo sfondo, allo stesso modo in cui spesso viene giudicata, a torto, la sua vita nei confronti della moglie; pertanto non può fare a meno di lasciar parlare Virginia, riportando passi e pagine del suo “Diario di una scrittrice”, commentandoli a margine, cercando indizi della catastrofe, domandandosi se non ci fossero stati segni chiari e inequivocabili che magari non avesse colto. L’autobiografia diventa cronistoria nelle ultime pagine, dove Woolf si lancia correndo nella descrizione di ogni singolo momento e accadimento appena precedenti il ritrovamento del bastone della moglie accanto al fiume dove si era suicidata. E ci lascia, come a riprender fiato, con il brano celeberrimo della lettera di Virginia scritta per lui e l’immagine di quegli olmi gemelli, battezzati Leonard e Virginia, uno dei quali fu abbattuto nel ’43 da una forte burrasca, appena due anni dopo la morte della consorte.

Scrittrici e scritti dimenticati: i “Romanzi del cambiamento” raccolti da Angela Scarparo

Romanzi del cambiamento_ScarparoGiulia Siena
PARMA “L’impressione che io ho è che questi libri siano stati scritti, non per supportare un ruolo già acquisito, o per crearselo, ma viceversa, per l’urgenza di affermare delle verità. Del fatto che la verità non può essere tale, se non è prima di tutto personale, credo che ognuna di loro fosse ben conscia”. Angela Scarparo descrive così, nell’introduzione del suo libro, Romanzi del cambiamento. Scrittrici dal 1950 al 1980, quello che è stato il  lavoro di recupero e analisi di quattordici testi di altrettante autrici del Novecento. Il libro, pubblicato da Avagliano editore con la prefazione di Daniela Marcheschi, raccoglie, infatti, stralci di romanzi simbolo della scrittura femminile dei passati decenni chiusi nel dimenticatoio dalle esigenze editoriali moderne. Con Romanzi del cambiamento, la Scarparo – autrice attenta alla letteratura e alle tematiche inerenti la donna – mette in moto, così, un lavoro di recupero e comparazione di libri e romanzi che per un trentennio, dal 1950 al 1980, fecero parte della vita culturale italiana, con ruoli e risonanze diverse. Da Angela Bianchini a Clotilde Marghieri, da Luce d’Eramo a Ginevra Bompiani, da Marilena Ponis a Giuliana Ferri passando per Fausta Cialente, Letizia Fortini, Bianca Garufi e Flora Volpini, arrivando a Maria Teresa Nessi, Sandra von Glasersfeld o Mary de Rachewiltz, le autrici in questione sono osservatrici attente e sensibili dei cambiamenti e delle evoluzioni in atto. Raccontano la vita e lo fanno ognuna con i proprio occhi, accomunate, però, da uno sguardo lucido sul mondo, da una scrittura senza fronzoli, “in cui la parola e la cosa divengono semplicemente stile, – come scrive Daniela Marcheschi nella sua prefazione al libro – cioè la “cosa detta” nella sua plastica evidenza, tesa a raccontare appunto le “cose naturale” che accadono agli esseri umani”.  Di questi cambiamenti loro si fanno carico, ne raccontano e si lasciano coinvolgere, partecipi delle grandi trasformazioni giuridiche sul ruolo della donna e sui diritti della famiglia, ma sempre un po’ ai margini del fermento intellettuale di questi anni. Attraverso gli scritti, i racconti, le pagine raccolte dalla Scarparo, vediamo infatti come le scrittrici protagoniste di questo libro – a differenza dei loro colleghi uomini – in questi anni si siano, volutamente, tenute fuori dai canoni prevalenti del periodo.

 

Le donne sono state escluse dalla grande letteratura, forse – sicuramente a torto – perché i romanzi scritti da donne erano spesso catalogati come libri “femminili”. Se da una parte questa esclusione ha contribuito alla perdita di attrattiva per le case editrici di molte delle autrici del secolo passato, dall’altra ha fatto sì che le autrici del secondo Novecento si sentissero fuori dalle accademie, dai circoli, dai salotti e dalle comunità letterarie, tanto da andare quasi fuori dagli schemi e sentirsi libere di toccare tematiche differenti, libere di narrare ciò che più stava loro a cuore. E tutto questo fa grande e prezioso Romanzi del cambiamento, un volume che raccoglie e analizza gli scritti di quattordici importanti scrittrici del Novecento arricchendo la memoria della letteratura moderna. Perché questa è l’editoria che serve, quella che ci fa capire che non dobbiamo smettere di leggere, di capire e di cercare le pagine della cultura italiana erroneamente messe nel dimenticatoio.

 

Qui potete vedere l’intervista ad Angela Scarparo e Daniela Marcheschi realizzata a Più Libri Più Liberi 2014 da ChronicaLibri. (Dal minuto 7.00)

Novità: arriva Bioeconomia, il libro-saggio sulla chimica verde

Croce_Ciafani_Bioeconomia_edizioni ambiente_chronicalibriMILANO “O l’economia diventa una bioeconomia o non avrà alcun futuro. Il nostro sistema di produzione e consumo dipende in modo eccessivo dalle materie prime di origine fossile e dalle loro trasformazioni chimiche.” (Pauli Gunter nella prefazione al libro).

 

Arriva per le Edizioni Ambiente di Milano Bioeconomia. La chimica verde e la rinascita di un’eccellenza italiana, il libro-saggio di Beppe Croce, Stefano Ciafani e Luca Lazzeri con la prefazione di Pauli Gunter. Il cambiamento in corso oggi è radicale: passando dalla petrolchimica a processi produttivi che utilizzano materie prime vegetali la chimica sta ridisegnando la propria identità. Biopolimeri, biocarburanti, biocombustibili, biolubrificanti: il prefisso “bio” dimostra che l’economia può (e deve) rapportarsi alla società e al territorio in cui colloca le proprie attività e da cui trae le risorse di cui ha bisogno, creando occupazione, profitti e innovazione.
Le risorse della bioeconomia offrono tre vantaggi cruciali: sono potenzialmente non esauribili, in genere inquinano molto meno dei loro omologhi fossili e, infine, sono producibili sul territorio e possono quindi garantire maggiore autonomia economica. Mettendo le risorse rinnovabili e i rifiuti alla base dei prodotti di domani si apre una straordinaria sfida economica ed ecologica.
Esiste dunque un’alternativa tra corsa alla distruzione di risorse e decrescita. È quella indicata da Nicholas Georgescu-Roegen, l’inventore del termine bioeconomia, osservando che l’energia libera a cui l’uomo può accedere proviene da due fonti distinte: “la prima è uno stock, lo stock di energia libera dei giacimenti minerari nelle viscere della Terra. La seconda fonte è un flusso, quello delle radiazioni solari intercettato dalla Terra”.

“Philly. La città dell’amore fraterno” tra storia, leggenda e pellicole cinematografiche

philly_epikaGiulia Siena
PARMA“[…] sapevo che Philadelphia è stata la prima capitale degli Stati Uniti, la città in cui venne proclamata l’Indipendenza, e che il suo fondatore William Penn aveva personalmente scelto quello strano nome greco sperando che nella nuova provincia allignassero sempre amore e concordia”. Philadelphia, una delle più antiche città degli Stati Uniti, si presenta eroica e inerme agli occhi di Lorenzo Lasagna quando arriva all’International Airport in una tiepida sera di primavera. E’ il 2011 e da qui – o forse anche da qualche momento prima – il taccuino dell’autore si apre e comincia a narrare una storia. La storia è Philly. La città dell’amore fraterno (Epika Edizioni) e racconta di un viaggio intrapreso per onorare l’invito di un amico e per tenere fede a una promessa fatta qualche anno prima; quella di addentrarsi nella maestosità di New York – e degli Stati Uniti – almeno una volta l’anno. Questa volta, però, lo scenario è diverso: di fronte agli occhi di Lorenzo Lasagna si estende Philly, palcoscenico perfetto della storia e di pellicole di successo, leggende, esperimenti scientifici e grande sport.

 

Attraverso gli occhi dell’autore percorriamo Passyunk Avenue, parcheggiamo in un tranquillo giardino ed entriamo in una tipica casa americana. Ci mettiamo a tavola, incontriamo la tradizione culinaria balcanica della famiglia Alimadhi, beviamo grappa, ci prepariamo per la partita allo Yankee Stadium, osserviamo la città e siamo pronti per un nuovo giorno. Philly, infatti, ci aspetta fuori con la sua storia e la sua mitologia. Qui, lungo il corso del fiume Delaware, avrebbe avuto luogo L’esperimento di Philadelphia: nel 1943 presso il cantiere navale di Navy Yard venne provata – si dice – la fondatezza e le implicazioni della teoria fisica dei campi unificati. Realtà storica e leggenda si mescolano, si confondono e sfumano in nuove altre storie: cinematografiche, sportive e umane. Intanto il percorso prosegue, i giorni trascorrono e il viaggio sta per finire. Cos’è allora Philly? Per scoprirlo non vi resta che aprire il libro e lasciarvi guidare da Lorenzo Lasagna.

“Crimini contro l’ospitalità”: migrazioni, CIE e detenzione

Crimini contro l'ospitalitàGiulio Gasperini
AOSTA – Donatella di Cesare, insegnante di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, ha avuto il privilegio, concesso a pochissimi, di entrare in un CIE, in particolare quello di Ponte Galeria, a Roma, tra i più grandi di Italia. “Crimini contro l’ospitalità”, edito nel 2014 da Il Melangolo, è il documento nato da quest’esperienza. Il testo si trasforma in un interessante saggio, ma perde quello che sarebbe potuto diventare il suo maggior pregio, ovvero la possibilità di testimoniare direttamente il visto e il sentito in questo luogo dove entrare e vedere sono due azioni praticamente impossibili.
Donatella di Cesare affronta la questione dei CIE, ovvero dei Centri di Identificazione e di Espulsione, in un’interessante prospettiva filosofica, declinando la problematica dal punto di vista della razionalità più pura e cristallina, confutando le idee e i fragilissimi principi che stanno alla base della creazione di queste “isole di non diritto”, questi territori che presentano le caratteristiche evidenziate da Erving Goffman per definire una “istituzione totale”: distanza, chiusura, isolamento.
I CIE, che spesso sono stati teatro di duri scontri e di rivolte da parte degli “ospiti”, non hanno praticamente mai un regolamento interno; ai reclusi, non sono consentite visite né possono parlare con il loro avvocato (quando ne hanno uno); non hanno passatempi, non hanno penne né libri né giochi né attrezzi sportivi. Sono ridotti a bestie in uno zoo, secondo il principio di zoologizzazione degli esseri umani, come sottolineato dalla di Cesare nel suo saggio. La prima violazione dei diritti umani è, però, antecedente ai CIE e avviene al di fuori: è l’arresto, la “detenzione amministrativa” alla quale sono condannati pur non avendo commesso nessun reato. La mancanza di un titolo di soggiorno è diventata reato soltanto dopo il Pacchetto sicurezza del 2009, ma non era mai stata prevista, in nessun ordinamento che si occupi di migrazioni. Inoltre, la detenzione non è decisa da nessun organo di giudizio, dopo un processo penale, ma è una condanna decisa da un’autorità esclusivamente amministrativa: sono chiamati a giudicare, pertanto, dei funzionari di governo e dei burocrati che “non sono membri dell’ordinamento giudiziario, non sono stati eletti, non rappresentano nessuno”. Di Cesare spiega compiutamente e fa vedere con estrema lucidità e puntualità come, all’interno del CIE, l’umanità si deformi perché si deformano le dimensioni più caratteristiche dell’uomo, a cominciare dal tempo e dallo spazio; brutalizzando l’uomo, riportandolo a una condizione primordiale e animale, lo scopo è quello di brutalizzarlo, di privarlo di dignità – un affronto che si assomma alla punizione per un crimine, come abbiamo visto, mai commesso.
Si potrebbe, con la massima attenzione, utilizzare per lo scritto di Donatella di Cesare la definizione di “reportage filosofico”, anche se non si può non sottolineare la mancanza di una parte di maggior reportage.

ISBN: “In un’altra parte della città”, viaggio attraverso le cartoline

in_unaltrapartedellacittaMILANO – Cosa ci aspettiamo da una cartolina postale? Partendo da questa domanda, Paolo Caredda con In un’altra parte della città. L’età d’oro delle cartoline traccia la storia di un oggetto che, nato per celebrare le vedute approvate dall’autorità, a partire dagli anni Cinquanta ha preso strade inesplorate, raccontando un’Italia popolare, periferica, reale. Attraverso immagini di Genova, Torino, Milano, Bresso, Senigallia, Isernia, Roma, Trapani e tanti altri paesi e province, In un’altra parte della città delinea questa epoca “d’oro” e poco conosciuta della cartolina. Quartieri-dormitorio, autogrill, autostrade, stabilimenti industriali, supermercati, scuole, alberghi, centri termali e case di riposo compongono l’archeologia geografica e urbana di un’Italia in pieno miracolo economico.
Accompagnata da una scrittura lirica che pesca a piene mani da un personalissimo immaginario pop, questa galleria di cartoline – pubblicata in questi giorni da ISBN Edizioni – restituisce il fermo immagine dei palazzoni e dei quartieri appena usciti dal cellofan della speculazione edilizia, prima che il tempo ne consacrasse lo squallore e la fatiscenza; ma testimonia anche la tenerezza di chi quelle immagini le spediva ad amici e parenti, per mostrare loro la finestra o il balcone dell’appartamento in cui abitava. Di rilievo l’omaggio a Ugo Gregoretti.

 

“Ruotai il carosello delle cartoline appoggiato sopra il bancone di vetro. Non era il primo cartoleria-alimentari che perlustravo. Non sarebbe stato l’ultimo. Sfogliavo questo mazzetto di tableaux metafisici: un giro dell’isolato per celebrare l’alba dell’era del cemento. Ignoravo la loro esistenza e ora le avevo trovate. Quanti tesori simili erano ancora in circolazione? Un archivio completo di queste cartoline? Non l’avrei mai trovato, mi dicevo”.

 

Quando la Bellezza è resistenza civile e sociale.

architetture-resistenti-copertinaGiulio Gasperini
AOSTA – Il mantra è quello di Peppino Impastato, giornalista ucciso dalla mafia per il suo lavoro di denuncia e resistenza sociale: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”. L’assuefazione alla quale Potere (con la lettera maiuscola, come lo scriverebbe Oriana Fallaci) tenta in tutti i modi di sottomettere le persone, i cittadini, è un nemico inarrestabile, indomabile. Le Edizioni BeccoGiallo, casa editrice con un menu altamente resistente, che ha sdoganato il fumetto come suprema forma letteraria, ci offre la possibilità di rivalutare anche il settore dell’architettura come un modo di opporsi alla marea dell’assuefazione, dotandoci di un’arma in più per combattere il tentativo di farsi incasellare in numeri, statistiche e proiezioni di voto.
“Architetture resistenti. Per una bellezza civile e democratica”, di Tamassociati (ovvero dell’architetto e grafico Raul Pantaleo e della fumettista Marta Gerardi) e dello storico dell’architettura Luca Molinari, ci accompagna in una curiosa e appassionante escursione tra le strutture edificate in Italia con intenzione civili e sociali, con l’intento di dare un messaggio potente, che andasse al di là della semplice funzionalità. Perché la semplice funzionalità non è sufficiente all’uomo, come sosteneva Adriano Olivetti, massimo esempio di imprenditorialità umana (e utopica): “La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza”.
La giornalista Beni Ponti, sfidando la Direzione del giornale per cui scrive, trasforma una serie di articoli sull’architettura in una forma raffinata di protesta. Attraverso la forma più leggera del fumetto, ma dal fortissimo impatto visivo (e planimetrico), ci mostra un’Italia anche periferica (rigorosamente percorsa con auto elettriche, col treno e con la bicicletta portatile) e ci accompagna alla scoperta della Barriera a protezione del Parco archeologico di Selinunte, di Pietro Porcinai; il Museo della Risiera di San Sabba di Romano Boico; lo Stabilimento Olivetti di Pozzuoli progettato da Luigi Cosenza; l’Auditorium costruito da Renzo Piano a L’Aquila appena terremotata; il Museo dedicato all’aereo Itavia esploso a Ustica a Bologna di Christian Boltanski; ai Collegi del Colle, a Urbino, progettati da Giancarlo De Carlo; al Giardino degli incontri nel carcere di Sollicciano, a Firenze, di Giovanni Michelucci.
Queste, e tante altre in Italia, sono tutte opere che si trasformano in una diga, una barriera contro l’abusivismo che serve agli interessi economici di molti ma che contribuisce alla distruzione e al degrado culturale – e pertanto umano – della cittadinanza. E anche un monito, un tentativo di ricordare pezzi di Storia dolorosa e ancora sanguinante, per non far addormentare le nostre coscienze e per farle tornare a pretendere la definizione di “umane”.

Intervista a Chiara Giacobelli, autrice del libro-guida dal cuore solidale: “Emilia Romagna. Una visione artistica”

Emilia-Romagna-una-visione-artisticaBOLOGNA“Emilia Romagna. Una visione artistica”, il libro di Chiara Giacobelli dedicato a una delle regioni più affascinanti della nostra Penisola, è un viaggio attraverso la voce, i ricordi e le emozioni di 16 personaggi di rilievo. Averardo Orta, Fabio Alberto Roversi Monaco, Francesco Amante, Andrea Merlini, Maurizio Marchesini, Michele Poggipolini, Renato Villalta, Fabio Bonifacci, Giuseppe Giacobazzi, Ivano Marescotti, Licia Angeli, Claudio Spadoni, Ivan Simonini, Beppe Carletti, Liliana Cosi e Maria Antonietta Venturi Casadei: sono loro gli imprenditori, attori, cantanti, chef, sportivi e creativi che hanno raccontato l’Emilia Romagna attraverso le proprie storie, le proprie esperienze e i propri ricordi. E’ nato, così, un libro che è un itinerario turistico che parte da Bologna, cuore pulsante di una regione ricca e misteriosa, schietta e coinvolgente, per poi proseguire a Ravenna, nelle valli del Comacchio, Rimini, Cesena, Modena, Reggio Emilia e nei piccoli centri in cui si conservano intatte le bellezze e le suggestioni naturalistiche. Il viaggio, però, comincia con uno scopo importante: il volume, presentato a Bologna nei giorni scorsi e in libreria da poco meno di 24 ore, è nato per dare un sostegno concreto al progetto “Melograno” dell’associazione Acacia, per la riabilitazione di giovani con gravi difficoltà psicomotorie.
Abbiamo intervistato l’autrice, Chiara Giacobelli, per farci raccontare “Emilia Romagna. Una visione artistica. Per la prima volta raccontata da 16 personaggi di rilievo”.

 

 

Come nasce il progetto “Emilia Romagna. Una visione artistica”?
Il progetto è nato perché volevo organizzare un’attività di beneficenza in collaborazione con Round Table, service che da anni si occupa di aiutare chi ne ha bisogno attraverso iniziative valide e concrete. In particolare, Round Table Bologna è stata fondatrice del Telefono Azzurro, oltre ad aver portato avanti molti progetti no profit negli anni. In questo caso ci interessava realizzare un prodotto editoriale che fosse accattivante e piacevole per tutti, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla provenienza, dall’estrazione sociale. Abbiamo così pensato a una guida turistica dell’Emilia Romagna, regione che ha decisamente tanto da offrire, raccontata tuttavia in maniera inedita ed emotiva, attraverso i ricordi di 16 personaggi considerabili ciascuno un’eccellenza nel proprio settore. Fanno da corredo delle bellissime immagini prestate da fotografi molto bravi.
chiara_giacobelli_intervista chronicalibriQuesto libro, oltre a raccontare le bellezze di Bologna, delle valli e delle coste della regione, è legato a un bellissimo progetto di solidarietà. Come mai questa scelta?
Personalmente svolgo diverse attività di beneficenza nel corso dell’anno, ma avendo tante proposte cerco sempre di privilegiare quelle concrete, in cui posso sapere dove vanno esattamente – a chi e per che cosa – i fondi che riusciamo a raccogliere. In questo caso mi fidavo di Round Table per la lunga esperienza alle spalle, per la serietà e la professionalità riconosciute; inoltre ho avuto modo di conoscere e apprezzare l’associazione Acacia, nello specifico il progetto Melograno, che si basa su una serie di attività psicomotorie in acqua per ragazzi con gravi problemi a seguito di eventi traumatici, come può essere un coma. Credo inoltre che il periodo natalizio sia probabilmente il migliore per pensare a un piccolo regalo in grado di fare del bene anche a chi è meno fortunato di noi.
In questo libro 16 personaggi di rilievo raccontano l’Emilia Romagna; sono imprenditori, artisti, donne e uomini di cultura. In cosa e come hanno arricchito questa guida?
Questa guida è a tutti gli effetti un lavoro di squadra: oltre al mio contributo e a quello di Round Table, giocano un ruolo fondamentale le immagini messe a disposizione dai fotografi e soprattutto gli spunti, le suggestioni, i ricordi, i consigli dei 16 personaggi che raccontano un’Emilia Romagna inedita, emotiva, artistica. Abbiamo parlato di luoghi legati alla musica e musicisti celebri con Beppe Carletti dei Nomadi, abbiamo scoperto le passeggiate più ambite dai motociclisti e i musei storici delle auto con Michele Poggipolini, abbiamo fatto una mappatura degli angoli cinematografici della regione con lo sceneggiatore Fabio Bonifacci, e ancora abbiamo parlato di danza con l’ex Prima Ballerina della Scala Liliana Cosi, di sport con il Presidente della Virtus Renato Villalta, di arte con il Presidente di Arte Fiera e del MAR di Ravenna Claudio Spadoni, di pittura con Maria Antonietta Venturi Casadei, di luoghi legati al divertimento con Giuseppe Giacobazzi e così via toccando tutti gli ambiti, senza dimenticare l’eno-gastronomia, che ha un ruolo importante in tutte le interviste, specialmente in quella dello Chef Andrea Merlini.
I tuoi libri sono spesso viaggi, dopo “Emilia Romagna. Una visione artistica” hai qualche altro itinerario in cantiere?
A primavera ho in uscita due libri sulle Marche, uno su alcune dimore storiche e itinerari del Pesarese, un’altra su vini e territorio. Ma mi piacerebbe scrivere presto qualcosa sulla Toscana, la regione italiana che più amo.