La poesia batte il diritto

Stefano Billi

ROMA – Chronica Libri ogni domenica si occupa di testi scovati in preziose bancarelle, scoperti in librerie secolari, ritrovati nei magazzini di biblioteche poco frequentate. E poi di classici che hanno scritto la storia della letteratura e che hanno forgiato le coscienze; e poi di libri datati, di cui talvolta ci si scorda, ma di cui non ci si dovrebbe dimenticare mai, perché rifulgono ancora per la loro straordinaria bellezza. Queste sono le letture vintage.

Questo è anche l’ “Elogio dei giudici scritto da un avvocatodi Piero Calamandrei (la cui terza edizione, originariamente pubblicata negli anni cinquanta, trova ora una sua ristampa grazie all’editore Ponte Alle Grazie).

Giurista dalla statura elevatissima, Piero Calamandrei ha scritto pagine indimenticabili dove si mette in risalto l’importanza della Magistratura, professione così complicata nel suo aver a che fare, più che con il diritto, col difficile compito di giudicare ricercando una verità, se non altro processuale.

Pensando ad un elogio – soprattutto rivolto ad eccellentissimi signori, quali appunto i giudici – ci si aspetterebbe allora un cumulo di roboanti lodi, dove aggettivi da cerimoniale e frasi ad effetto costituirebbero l’unica impalcatura delle pagine.

In realtà, il libro racconta aneddoti di tanti anni di vita forense, di massime d’esperienza raccolte sul campo, di storture ed umanità di un sistema giudiziario che vede accomunati nella sofferenza del processo giudici e avvocati, entrambi chiamati a fare del diritto qualcosa di veramente giusto.

Umorismo d’altri tempi quello di Piero Calamandrei, che spinge il lettore a divenire consapevole di quanto importante sia la figura di chi per mestiere è chiamato a giudicare, sapendo in cuor suo il peso che deriverà da ogni plausibile decisione.

Singolare, oltretutto, che a tesser queste lodi sia proprio un avvocato: forse, soltanto chi quotidianamente scorge quanto penar comporta l’amministrazione della Giustizia può davvero ringraziare sinceramente la figura del giudice.

Curioso, infine, che attraverso un encomio della Magistratura anche la professione dell’avvocato trovi lustro (lontano dall’azzeccagarbugli di manzoniana memoria), segno evidente di come i destini dei togati siano per certi aspetti simili e coincidenti.

Un libro, “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, straordinario nella sua attualità e nel suo stile signorile e nobile, che andrebbe assaporato quotidianamente per ritrovare una fede, quasi religiosa, nella Giustizia.

Linee di inchiostro indispensabili, quelle del Calamandrei, per chi decidesse di far della professione forense non solo il proprio mestiere, ma il proprio destino, consapevole che solo i cuori caldi, coraggiosi possono servire veramente la causa della Giustizia.

Ecco perché, nell’edizione originale, il fregio del libro mostrava una bilancia dove nel piatto più pesante era collocata una rosa ed in quello più leggero un codice: la poesia batte il diritto.