“Il giardino delle bestie”: questa settimana torniamo a temere la storia

Marianna Abbate
ROMA – Non avete mai la sensazione che sulla II Guerra Mondiale sia stato già detto tutto? Credetemi, io ce l’ho ogni volta che guardo la copertina di un nuovo libro sull’argomento- o che accendo la televisione per vedere un film sul tema. Eppure, ogni volta mi devo ricredere. La seconda guerra mondiale è un pozzo inesauribile di nefandezze, orrori ed ingiustizie- ma anche atti eroici, sconvolgimenti e ritrovamenti.

E così, guardando con timore il tomo di 600 pagine che mi è stato affidato, ho pensato: cosa ci potrà mai essere di nuovo- di sconosciuto in un libro così grosso?

L’autore di “Il giardino delle bestie” edito da Neri Pozza nella collana Bloom, ci presenta una storia vera, un tantino romanzata per rendere la lettura più scorrevole. Il protagonista collettivo sono i membri della famiglia Dodd, parenti di un distinto professore americano, che inaspettatamente si ritrova- per volere dello stesso Roosevelt, ambasciatore a Berlino.

Così dalla loro vita felice di Chicago, si ritrovano a vivere una vita altrettanto felice, anche se un po’ nostalgica, a Berlino. Ignari della realtà passavano pomeriggi nei caffè assieme ai gendarmi delle SS e serate ai balli in compagnia di gente del taglio di Goebbels.

Ma una realtà così terribile può sfuggire solo ad un cieco- e ovviamente il professore tale non era. Dopo i terribili avvenimenti legati alla “Notte dei Lunghi Coltelli” l’ambasciatore, che non era mai stato molto diplomatico, si trovò ad essere persona non grata e dovette richiedere al proprio governo di tornare in patria.

Ovviamente l’America e il suo governo, al contrario del professor Dodd, rimase cieca più a lungo, senza riconoscere in modo univoco ed esplicito il pericolo rappresentato dal nazismo.

Ma dov’è la novità in questo romanzo? Perché vale la pena leggerlo? Non sappiamo forse tutto sui fatti antecedenti la guerra e sul periodo d’oro del nazismo in Germania?

Ricorderete tutti, quel macabro e terribile film di Rossellini che raccontava la temeraria ascesa e la disperata caduta della potente famiglia tedesca dei von Essenbeck. Il titolo era “La caduta degli dei”, e non poteva esserci titolo migliore per raccontare la storia di una famiglia che si sentiva immortale, priva di ogni regola e libera di distruggere tutto, persino se stessa.

Ora, questo film raccontava il punto di vista dei protagonisti, dei fautori della guerra. In questo romanzo abbiamo un punto di vista inedito- una sobria e abbastanza oggettiva, dal punto di vista storico, visione della realtà. Uno sguardo critico, privo di esaltazione ideologica- quasi distante.

Un punto di vista che coincide con il nostro. Un bel libro.

“Gli zoccoli di Steinbruck”- nonno raccontami la Storia

Marianna Abbate

ROMA – Non ho mai avuto un nonno. Un’ingiustizia che ho da sempre considerato gravissima- e questo sia un monito per la generazione abituata a produrre figli alle soglie degli ‘anta. Mi sarebbe piaciuto, un nonno dico. Magari uno con molte storie. Non che mi lamenti: mia nonna- l’unica che ho avuto, mi ha raccontato storie bellissime e terribili. e delle volte, la notte mi sembrava di vedere il suo cappellino in prima fila nella chiesa del paese.

Altre volte, invece, ho immaginato le file degli impiccati lungo le rotaie del treno nei pressi di Radom.

Perché è questa l’unica storia che mi avrebbe potuto raccontare mio nonno, e qualunque altro nonno nato nel secondo decennio del XX secolo.

Ed è questa la storia che racconta Pompilio Trinchieri. Gli zoccoli di Steinbruck edito da Marlin, nella collana Filo Spinato. “Peripezie di un bersagliere tra guerra e lager”, recita il sottotitolo. Ma secondo me la parola peripezie è troppo viva, inadatta ai tempi del racconto. Avrei preferito la parola racconto, appunto, oppure storie- più pacato nel senso. Peripezie è quasi un sinonimo per avventure, mi fa pensare a Tom Sawyer. Ma qui il migliore amico non è Huck, ma l’arma e la fame.

I ricordi riaffiorano, questo è evidente, dopo molto tempo. Il testo non cerca di avere la struttura del diario, accetta la sua funzione di memorie. Lo fa attraverso l’utilizzo di un’alternanza di tempi tra passato remoto, imperfetto e presente che è tipico del racconto vivo nella mente ma lontano nel tempo.

Ci sono molti fermo immagine, spesso racconti nel racconto, che fanno raggelare. Sto pensando al bambino della prigioniera, lanciato in aria e poi trafitto da mille spari come nel tiro a volo. O a quella cella 2 metri per 1 e mezzo dove ci si stava in sette e si beveva dallo scarico.

Sono immagini di QUELLA orribile guerra. Innominabile, terribile guerra- che poi di colpo è finita.

Servirebbe a tutti un nonno così.

 

In viaggio con… Alessandro Aresu

ROMA – Bentrovati all’appuntamento di “In viaggio con…”: la nuova rubrica di audiointerviste, che anima il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervistano per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Questa settimana è ospite Alessandro Aresu con il suo successo “Generazione Bim Bum Bam”

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Alessandro Aresu su CHRONICAtube

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

 

Alessandro Aresu

Generazione Bim Bum Bam

Perché gli italiani passano il tempo a darsi degli imbecilli a vicenda? Per via di quello che è successo negli anni Ottanta.”
Alessandro Aresu è nato nel 1983, è cresciuto negli anni in cui la televisione commerciale è diventata un fenomeno di massa e i cartoni animati uno dei miti fondativi dei ragazzi di allora, oggi giovani adulti in una società gerontocratica che non solo offre poche possibilità di esprimere i loro talenti ma che, soprattutto, non riconosce o sottovaluta la “generazione Bim Bum Bam”. Nati tra il 1975 e il 1990, i suoi rappresentanti sono cresciuti con Uan e BatRoberto, mentre la vecchia Italia si dibatteva tra debito pubblico e stragi di Stato e la Cina cominciava il suo travolgente processo di trasformazione.
Per raccontare la storia di questa generazione ci sono due alternative: “Una è giocare e fare sul serio allo stesso tempo, e l’altra è pensare di essere un popolo di imbecilli e darci degli imbecilli a vicenda. La prima è divertente, la seconda inutile. Questo libro sceglie la prima strada per sbarazzarsi della seconda”. Domanda precisa: Cosa è successo nel 1981? Risposta precisa: Provano ad ammazzare Reagan ma anche (non secondario) Cristina D’avena e Alessandra Valeri Manera si incontrano a Bologna e nasce Bim Bum Bum.
Domanda precisa: Quanto duravano i discorsi di Aldo Moro?
Risposta precisa: Infinite sigle dei cartoni animati. Domanda precisa: Che cos’è la cei?
Risposta precisa: La Certezza di Essere Incapaci di risolvere qualunque problema.
Domanda precisa: Quanto duravano i discorsi di Deng Xiaoping nel 1992? Risposta precisa: Due sigle dei cartoni animati. Dopo, la gente doveva tornare al lavoro.
Domanda precisa: Se Bim Bum Bam è finito come facciamo a riprendere il suo spirito?
Risposta precisa: Internet.
Giocando attraverso 131 “domande e risposte precise “, Alessandro Aresu ci svela cos’è stato sul serio il “trentennio perduto”, dal 1981 a oggi, attraverso un racconto ricco di ironia pungente e leggerezza, ma anche capace di intuire acutamente le ragioni della nostra decadenza. Passando per Cristina D’Avena, Travaglio, la Prima Repubblica, la Cina, Lady Oscar, Berlusconi, Prodi, Max Pezzali, Scalfari, Mattei, Dagospia e tanti altri, scopriremo, giovani e meno giovani, che “molti dei nostri problemi derivano dal mancato riconoscimento dell’importanza della Generazione Bim Bum Bam. Immersi in questa sottovalutazione, dimentichiamo i sogni e, messi davanti alla realtà, non sappiamo che fare”.
Un libro che costruisce in maniera sorprendente l’immaginario, lo stile e l’universo culturale di una generazione mal rappresentata dalle analisi del censis: circa dieci milioni di giovani italiani, superficialmente bollati come “bamboccioni”, che rappresentano invece una collettività più viva che mai, oggi cruciale per il futuro del nostro paese. (Mondadori, 2012, € 17,00)

“Pronto e indossato”, Lavinia Biagiotti inaugura la novità multimediale di ChronicaLibri

Marianna Abbate
ROMA – E’ con immenso piacere che ChronicaLibri presenta “In viaggio con…”, la nuova rubrica di audiointerviste, che da oggi animerà il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervisteranno per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Cominciamo subito con l’intervista a Lavinia Biagiotti, con un argomento decisamente in linea con gli interessi delle nostre affezionate lettrici:


Pronto e indossato. Ricette di stile per tutte le occasioni.

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Lavinia Biagiotti su CHRONICAtube

 

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Vi ricordo l’appuntamento domani, sabato 16 giugno 2012, per conoscerci e discutere insieme alle 18.00 al N’Importe quoi.

Pronto e indossato. Ricette di stile per tutte le occasioni.

“Vestirsi velocemente mortifica, ma con un minimo di organizzazione ogni guardaroba può diventare una miniera d’oro”: questa è la base di quelle che Lavinia Biagiotti chiama le sue “ricette di stile e di felicità”, tutte raccolte in questo volume fresco, giovane e tutto al femminile. I testi dell’autrice, accompagnati da foto e schizzi, sono un suggerimento per imparare a vestirsi con gusto ed essere cool in ogni occasione, dal party con gli amici al colloquio di lavoro, dal weekend fuori porta alla passeggiata in città. E se non si ha voglia di spendere, basta recuperare quei capi sepolti da tempo nel proprio armadio che, rinnovati con semplici accorgimenti, permetteranno di cambiare look ma senza toccare il portafoglio. Insomma una guida di stile ala portata di tutte le tasche femminili, sotto forma di pratica agenda da portare sempre con sé grazie al suo formato in stile notebook comodo e maneggevole. (Mondadori Electa, 2012, 19.90 €)

 

“Andrà tutto bene”… speriamo

Marianna Abbate

ROMA – Frasi brevi, concitate, un po’ nervose e annoiate. E’ un blasè il protagonista del romanzo d’esordio di Stefano Iannaccone edito da La Bottega delle Parole. Un ragazzo, che negli anni ’50 sarebbe stato uomo da un pezzo, e che invece nei nostri tempi vive in quel limbo molle di adultescenza, precaria e instabile. “Andrà tutto bene” è il titolo del libro, da ripetere come un mantra. Perché cos’altro potrebbe andare male, in questa Roma che da fuori potrebbe davvero sembrare dalle mille possibilità (come recita la quarta di copertina), e che invece non è altro che un enorme buco nero dove talenti e sogni scompaiono e muoiono come in un pozzo.

“Prenderò il treno e via, ciuf ciuf, verso il successo (…) Non posso fallire”. I pensieri del protagonista riflettono con dolorosa precisione i pensieri di centinaia, migliaia di ragazzi di questa maledetta Generazione mille euro. Grandi sogni, ottima educazione, molta esperienza e nessuna prospettiva.

Niente di nuovo di questi tempi, eppure c’è qualcosa che attrae. Una scrittura audace, ironica, a tratti acida. Un pochino frustrata. Ma sicuramente corretta scorrevole e attraente. Un romanzo da leggere tutto insieme, presi dalla curiosità sul destino di questo aspirante scrittore, protagonista e forse alter ego dell’autore. Soprattutto dopo aver appreso dall’introduzione che Iannaccone si è presentato in bermuda per il colloquio di lavoro. E che grazie al suo talento è stato assunto, nonostante le apparenze e le mancate raccomandazioni.

Una speranza, tutto quello che ci serve.

“Volevo essere Coco Chanel” o almeno trovare un posto fisso e non annoiarmi

Marianna Abbate
ROMA “Volevo essere Coco Chanel.” Ah quante di noi si sarebbero accontentate di diventare una delle sorelle Fendi. Ma nei libri, si sa bisogna sognare in grande. Vanessa Valentinuzzi al suo esordio letterario con Avagliano Editore, ci racconta una storia tra il romanzo allegro sullo shopping – che negli ultimi anni abbiamo imparato ad amare – e la nuda, cruda e triste realtà italiana sul precariato.

Non riesce a resistere ai vezzi stilistici, tanto che chiama la sua protagonista Ottavia Brandeschi: un nome da favola, decisamente nobile.
Si parte dal lavoro dei sogni, dal fidanzato dei sogni e dalla città dei sogni, o almeno di quelli legati alla moda: Milano. Ottavia fa la shoes designer, ovvero disegna scarpe per un marchio famoso, è fidanzata un giovanissimo modello e la sua vita sembra avere preso una piega molto positiva. Finchè tutto gli crolla addosso: perde lavoro, casa e fidanzato e si ritrova a lavorare in un call center a Roma.

Una storia comune nell’Italia dei nostri tempi, dove non importa quanto hai studiato o quanta esperienza hai, ma chi conosci e chi ti potrebbe dare una spintarella. E’ pur vero che l’autrice non rinuncia all’happy ending, ma è chiaro che si tratta solo di un sogno, qualcosa di immateriale che accade nei libri, dove un bel finale non si nega a nessuno. Potrebbe aver iniziato un nuovo genere letterario. Forse un giorno qualcuno scriverà un romanzo alla Valentinuzzi, come si parla oggi della Kinsella. Ma non voglio sembrarvi troppo negativa: i sogni a volte si avverano! E se anche così non fosse, i sogni sono una delle pochissime cose che non costa nulla.

 

Toilet, racconti da leggere in bagno.

Marianna Abbate
ROMA – Nell’anno passato mi sono incontrata veramente di sovente con un’ossessione nei confronti dell’attività da bagno. Il primo ritrovo è avvenuto nell’estate, quando ho sfogliato la rivista fotografica “Toilet paper”, con immagini a dir poco inquietanti e una copertina molto ambigua. Poi una ragazza, amica di amici, ha portato il suo libro appena pubblicato, che aveva in copertina un bel rotolo di carta igienica ed era stato scritto, secondo lei, proprio per una lettura in bagno. Ma all’origine di tutta questa tendenza sui racconti e articoli da “bagno” c’è 80144 Edizioni. E’ il 2007 quando la casa editrice romana pubblica “Toilet” una raccolta di racconti da leggere in bagno.  Ad oggi toilet ha pubblicato oltre 150 autori, tra i quali spiccano i nomi di Antonio Pennacchi e Pulsatilla e moltissimi autori emergenti.  “Toilet anno uno” raccoglie i racconti di 17 autori per un libro di 15o pagine che vi indica anche i tempi di lettura, così, per ogni vostra esigenza. Vi chiederete, perché qualcuno debba scrivere una cosa simile? Non è forse meglio scrivere per un cassetto che scrivere per un WC? Ebbene, per quanto io sia tentata di dirvi alla Fiorello/Brunì que volgaritè, devo riconoscere che l’idea non è poi tanto malvagia. Effettivamente in quel luogo specifico, potrebbe essere meglio leggere un libello così piuttosto che scomodare un possente romanzo. Non ve la prendete, giovani autori, per aspera ad astra: ora la gavetta dello scrittore passa dalla toilette. Non so dirvi se tutti i racconti hanno la medesima funzione lassativa: alcuni sono divertenti, altri fanno ridere un po’ meno. Ma se pensate che questo è il meglio di un anno di racconti già pubblicati, potete fidarvi almeno un po’ e ingerire questa pastiglia invece del solito SanPellegrino.

Chi non ha mai cucinato con Sonia?

Marianna Abbate

ROMA – Cucinare a volte è una passione. A volte no. Anche seguire una ricetta può sembrare un ostacolo insormontabile: quanto è un pizzico di sale? mezzo bicchiere di farina intende un bicchiere da 20 cl o uno da 40? Sonia Peronaci ha avuto un’idea brillante. Rivoluzionaria. Come fare un uovo sodo? Devi aspettare che l’acqua bolle e poi poggiare l’uovo su un cucchiaio e immergerlo lentamente, poggiandolo sul fondo. E aspettare. Ma aspettare quanto? Nell’era di youtube e dei tutorial su qualunque cosa Sonia ha trasformato il nostro vivere in cucina. Possiamo sconvolgere i nostri amici con ricette originali che non pretendono alcun impegno reale grazie ai suoi video tranquilli e semplici che riempiono di giorno in giorno uno dei siti più famosi d’Italia: Giallo Zafferano.

Molti uomini che abitano soli proclamano a gran voce che Sonia li ha salvati da una frequenza quotidiana della tavola calda all’angolo.

Ma non lasciatevi ingannare: per Capodanno volevo, appunto, sconvolgere i miei amici con dei bellissimi macarones che mi hanno illusa con la scritta facile facile sul sito di Sonia. Eppure dopo ripetuti tentativi non ho potuto far altro che dichiarare il fallimento. Sarà perché non ho la tanto decantata planetaria o perché non ho usato il termometro da zuccheri, ma per me le paste a base di meringa rimangono un enigma.

Pertanto vi invito a non dimenticare tutti i consigli classici che le nonne tramandano, e se una cosa ha la fama di essere difficile non illudetevi che non lo sia solo perché Sonia ve lo dice sorridendo.

Ora è uscito persino un libro, che racchiude 130 delle sue ricette più cliccate, da quelle semplici alle più ricercate- indirizzato, più che altro, a tutte le signore che non usano internet e muoiono dalla curiosità di provare le sue ricette perché ne hanno sentito parlare.

Ma per chi internet lo sa usare, propongo di continuare a seguire le videoricette e, magari, comprarsi questa benedetta planetaria.