“Sahara. Paesaggio dell’immaginario” in cui perdersi.

Sahara. Paesaggio dell'immaginarioGiulio Gasperini
AOSTA – Il libro di Eamonn Gearon, “Sahara. Paesaggio dell’immaginario”, edito dalla casa editrice Odoya (2014), squaderna e sviscera quella grande piega di mondo che è lo sterminato deserto del Sahara. Luogo magico, protagonista indistinto di tante fiabe e racconti da Mille e una notte, non è sempre stato quell’ammasso poetico di sabbia e dune sempre in movimento che ci appare adesso. Conosciuto alle cronache moderne più per essere terra di migrazioni forzose e di morti ignote, ignorate e dimenticate, e pregiudizievolmente per essere luogo di aridità estrema, in realtà il Sahara ha una lunga lunghissima storia di colonizzazioni e di attività umane, animali, vegetali. Come testimonia, ad esempio, il sito di Wadi al-Hitan, considerato Patrimonio mondiali dell’umanità dell’UNESCO, dove sono stati ritrovati centinaia di fossili della protobalena Basilosaurus (c’era allora il mare, in quel luogo?). Il Sahara fu anche terra verde, umida, ricca d’acqua e di vegetazione.
Ma il Sahara fu ricco anche di uomini, più di adesso, sopravvivendo soltanto alcune tribù di Tuareg. Le incisioni rupestri, scoperte da Heinrich Barth a Wadi Telisaghé, sono testimonianza straordinaria, sorprendente: rappresentano la presa di consapevolezza artistica e comunicativa di un’umanità ai suoi albori e ci testimoniano una forma di cultura dei primordi, ma non per questa meno importante né trascurabile. Tra questi graffiti troviamo anche sbalorditivi esempi di “nuotatori”, risalenti a 5000 anni fa, che aprono prospettive inedite e non ancora ben indagate. E, ancora ricco di uomini, il Sahara è anche un rete di città, di insediamenti che l’uomo continua ostinatamente ad abitare, piegandosi alle esigenza della natura e alle sue condizioni. E non sono solo città-oasi, nate grazie alla presenza di un acqua che emerge dalle sabbie, come Tindouf e Ghardaia.
La storia delle esplorazioni del Sahara è un racconto appassionante che affonda le sue origini nella storia dell’antico Egitto, nella lunga lista di faraoni che si susseguirono sul trono di uno dei più grandi imperi della storia antica. Tanti altri popoli, dai Fenici ai Persiani, dai Greci agli Arabi, dai Romani ai Vandali si confrontarono con questa terra devastante e assolata, con queste lunghe prospettive e intensi viaggi, assumendone il potenziale e trasformandola in terra di commerci e di racconti, di leggende e di indagini, di scambi e di narrazioni più o meno veritiere.
E poi ci furono i geografi e cartografi, a cominciare da al-Idrisi, che nel Sahara si divertirono a indagare e compilare; ci furono gli esploratori come Hugh Clapperton, le esploratrici; e poi gli scrittori, come Bruce Chatwin e Paul Bowles. E tanti altri personaggi, noti e meno noti, che hanno trasformato il Sahara in una terra dalle infinite possibilità, dalle prospettive potenti e inedite. Perché, nonostante gli anni passino e il mondo diventi sempre meno ignoto e inesplorato, come scrisse Plinio il Vecchio, “dall’Africa arriva sempre qualcosa di nuovo”.