Direttore. Per gli amici: il direttore di ChrL. Pugliese del nord, si trasferisce a Roma per seguire i libri e qui rimane occupandosi di organizzazione di eventi e giornalismo declinato in modo culturale e in salsa enogastronomica. Fugge, poi, nella Food Valley dove continua a rincorrere le sue passioni. Per ChrL legge tutto ma, come qualcuno disse: "alle volte soffre un po' di razzismo culturale" perché ama in modo spasmodico il Neorealismo italiano e i libri per ragazzi. Nel 2005 fonda la rubrica di Letteratura di Chronica.it , una "vetrina critica" per la piccola e media editoria. Dopo questa esperienza e il buon successo ottenuto, il 10 novembre 2010 nasce ChronicaLibri, un giornale vero e proprio tutto dedicato ai libri e alle letterature, con occhio particolare all'editoria indipendente. Uno spazio libero da vincoli modaioli, politici e pubblicitari. www.giuliasiena.com

La Biblioteca di Antonio: i libri arrivano in una scuola romana

ROMA – È il settimo anno che la Sinnos acquista (dai diversi editori per ragazzi) e dona circa 300 libri per bambini e ragazzi ad una scuola con un progetto di biblioteca scolastica ma con scarso accesso ai libri e alla lettura.
Negli anni passati le Biblioteche di Antonio sono andate al Sud di Italia: Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania. Quest’anno, sia per i validi contenuti del progetto della scuola Carlo Urbani e le sue motivazioni, ma anche per lanciare una provocazione, abbiamo scelto Roma: la Capitale. Capitale di un paese che si preoccupa pochissimo della crescita di lettori e quindi della crescita di cittadini con menti aperte, capaci di scegliere, pensare, immaginare, progettare. Un paese dove ci sono scuole dove la Biblioteca Scolastica non ha diritto di cittadinanza.
Il 185° Circolo didattico è giovane, nato nel 2000, ed è ubicato nella estrema periferia della città: tra la Borgata Finocchio e Borghesiana. La scuola ha tre plessi, c’è un continuo incremento della popolazione scolastica, aumento della popolazione di alunni di origine non italiana e presenza di alunni nomadi stanziali.Da 10 anni l’attività di promozione alla lettura è inclusa nel POF e viene seguita da insegnanti esperti. Pur avendo un buon numero di libri la biblioteca non riesce a incrementare il proprio patrimonio per mancanza fondi e non riesce ad incrementare le attività della biblioteca, in particolare con apertura extra-orario scolastico affinché si possa avviare un progetto Bibliopoint per offrire ad un quartiere senza librerie e con una Biblioteca comunale lontana dal territorio.
Inoltre la Biblioteca Scolastica del 185° Circolo didattico verrà dedicata a Stefania: un’insegnante scomparsa all’improvviso, a causa di una malattia, che ha seminato nella scuola l’amore e la passione per la lettura. Il legame tra La biblioteca di Antonio e quella di Stefania ci ha naturalmente colpito.
Purtroppo riusciamo a premiare un solo progetto l’anno, ma si dovrebbe fare molto di più. Per questo Sinnos prosegue con la campagna “I libri? Spediamoli a scuola!”, che quest’anno ha tre appuntamenti importanti che prevediamo di organizzare entro dicembre: una giornata di incontro-formazione tra scuole e librerie sulla biblioteca scolastica; l’invio di materiali alle librerie aderenti per la giornata internazionale dei diritti dell’infanzia  (20 novembre) per moltiplicare gli azionisiti di biblioteche scolastiche; un incontro alla Fiera della piccola e media editoria che si svolge ormai da anni a Roma, Piùlibripiùliberi Per sostenere le spese di stampa materiali e di comunicazione (la campagna si basa su volontariato e passione di chi la sta portando avanti), abbiamo lanciato una raccolta fondi “dal basso”.

Il progetto le “Biblioteche di Antonio”, giunto alla VII edizione , nasce nel 2005, per ricordare Antonio Spinelli – anima della Cooperativa Sinnos – prematuramente scomparso nell’ottobre di quello stesso anno. La sua Cooperativa, casa editrice dal 1990, ha voluto che Antonio fosse ricordato con un progetto concreto che porti i libri laddove ce n’è più bisogno, soprattutto in luoghi come la scuola e la biblioteca, privilegiati per la formazione a tutto campo dei giovani.
Il Premio assegnato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per l’anno 2008 alle “Biblioteche di Antonio”, ha rafforzato ancor il convincimento e l’impegno della Sinnos a far crescere questo progetto, perché vi siano sempre più “Biblioteche di Antonio” sparse per l’Italia e perché sempre più bambini e ragazzi possano esercitare il loroDIRITTO di LEGGERE.
Tutte le informazioni su come partecipare al bando per “Le Biblioteche di Antonio” si trovano sul sito www.sinnos.org e che il 31 marzo 2013 è la scadenza per inviare i progetti per la prossima edizione.

“Il tempo di Mahler”, una ricerca troppo difficile da accettare

Luigi Scarcelli
ROMA
“[…] Senza passato, senza futuro e senza presente, il tempo…dov’è?”
Il Tempo e l’irreversibilità del suo scorrere: un argomento antico quanto l’uomo è quello affrontato da Daniel Kehlmann, filosofo e scrittore, nel romanzo “Il tempo di Mahler” una delle ultime uscite Voland.

 

Chi sa davvero cosa sia il tempo? Immagine mobile dell’eternità, eterno ritorno o percorso escatologico? Il protagonista del libro, David Mahler, dedica tutta la sua vita e le sue energie alla ricerca della risposta. È un fisico, e come tale indaga la natura nei suoi meccanismi più profondi, pur sapendo che una volta scoperta la Verità questa potrebbe essere troppo pesante da accettare. È un genio, un ex bambino prodigio che decide di passare inosservato perché oscuri presagi lo mettono in guardia circa il suo cammino verso la scoperta. È un uomo, e per questo viene schiacciato dalla sua stessa conoscenza, non si arrende al suo destino pur non sottraendosi ad esso.

 

Kehlmann filtra il mondo di ogni giorno dando nuovi occhi al suo personaggio. Gli eventi non sembrano più gli stessi visti da una nuova prospettiva e l’autore dà una sfumatura quasi onirica alla trama, gioca con il tempo attraverso lunghi flashback e descrizioni dettagliate di singoli istanti. Le leggi della natura sembrano vacillare, ma il protagonista non è pronto a ciò, e tantomeno lo sono le persone che gli sono attorno: Marcel, amico fedele sino all’ultimo istante, Katja la sua pseudo fidanzata, i colleghi e la gente comune; tutti lo vedono come un pazzo.

Un po’ Zarathustra, un po’ Santiago e un po’ Gregor Samsa, David Mahler si prende la responsabilità della sua nuova consapevolezza fino alla fine del romanzo.

 

“Il tempo di Mahler” è un libro denso di significati e dalla trama suggestiva, caratteristiche indispensabili per appassionare il lettore.

“La graduatoria della felicità”, anche i ragazzi hanno le loro classifiche

ROMA Einaudi Ragazzi porta in libreria “La graduatoria della felicità” di Sara Not. Nella vita di Mirta, undici anni, c’è sempre una graduatoria. In cima c’è nonna Gemma e poi gatto Diego. Quindi viene Alice, la quasi amica, e la super compagna, Cleo. Sonia e Lucio, ovvero mamma e papà, sono finiti agli ultimi posti da quando si sono separati… Ma quando mamma viene spedita a fare la supplente in una scuola sperduta fra i monti la graduatoria della piccola eroina viene stravolta: nuova scuola, nuovi prof e Come saranno? Più severi? Più simpatici? E lei, Mirta, riuscirà finalmente a salire la graduatoria della felicità?

Età di lettura: da 10 anni.

Dal 13 settembre parte Babel, il Festival di letteratura e traduzione

ROMA – Babel, il festival letterario centrato sulla traduzione, è in programma a Bellinzona  dal 13 al 16 settembre. L’edizione 2012 ha come ospite la Polonia e si spinge oltre i confini del romanzo nella poesia, i saggi, i reportage, il teatro e l’illustrazione. Tra gli ospiti: Adam Zagajewski, Julia Hartwig, Antoni Libera, Francesco Cataluccio, Jaroslaw Mikolajewski, Mariusz Szczygiel, Wojciech Bonowicz, Eugeniusz Tkaczyszyn-Dycki, Jacek Dehnel, Bester Quartet. Babel ospita scrittori che hanno uno stretto rapporto con più lingue o più culture a dialogo con i loro traduttori italiani, laboratori di traduzione, traduzioni tra le arti e pubblicazione di libri. Babel è metafora di ospitalità linguistica, attraversamento e incontro.
Ogni anno Babel invita una lingua ospite, e questa si presenta sotto forma di scrittori, artisti, musicisti e traduttori: l’ungherese, le lingue balcaniche, gli inglesi uniti d’America, il russo, lo spagnolo messicano e le lingue della palestina, con ospiti come Derek Walcott, Amitav Ghosh, Mourid Barghouthi, Ismail Kadaré, Paco Ignacio Taibo II, Jamaica Kincaid, Ljudmila Ulickaja, Ruben Gallego, The Tiger Lillies, West-Eastern Divan Orchestra e András Keller: vai a Galleria di immagini e Podcast audio.
Accanto alla programmazione letteraria, denominata «La parola oltre i confini», con «Oltre i confini della parola» Babel estende la sua ricerca agli altri linguaggi artistici. Completano il festival il Settore ricerca, Scuole, extraBabel, infraBabel.
Babel 2012 (13-16 settembre) Babel2012 ospita la Polonia e si spinge oltre i confini del romanzo nella poesia, i saggi, i reportage, il teatro e l’illustrazione. Tra gli ospiti: Adam Zagajewski, Julia Hartwig, Antoni Libera, Francesco Cataluccio, Jaroslaw Mikolajewski, Mariusz Szczygiel, Wojciech Bonowicz, Eugeniusz Tkaczyszyn-Dycki, Jacek Dehnel, Bester Quartet.

 

l programma «Oltre i confini della parola» propone un intricato percorso di traduzioni tra i diversi linguaggi artistici: il concerto Hourglass Sanatorium del Bester Quarter, vertiginosa interpretazione tra klezmer e jazz del capolavoro di Bruno Schulz composta per il quartetto da John Zorn; la rassegna cinematografica cineBabel, che apre il festival con I colori della passione e dà ampio spazio al giovane cinema polacco; per artBabel, l’esposizione dei manifesti cinematografici e teatrali polacchi dal 1989 a oggi, e le proiezioni delle «poesie visive» di Lech Majewski e di Street of Crocodiles dei Brothers Quay, cortometraggio di animazione a sua volta ispirato ai racconti di Bruno Schulz.

 

Qui il programma completo della manifestazione

VerbErrando: La memoria

ROMA – Ogni mese un’area della poesia, per conoscere i pensieri, i le parole e i poeti che hanno fatto il Novecento in Europa. Ogni mese un tema e un bouquet di voci,  declinazioni e interpretazioni che hanno parlato di quei temi. Questo mese, come da “metrica dei giorni” la memoria.


La memoria


L’inconscio e il suo dinamismo, Bergson e l’ irrazionalismo da una parte e Freud con la psicanalisi dall’altra, in mezzo la memoria e la volontà, l’esperienza e la coscienza. Questo era lo scenario che si presentava nel Novecento, quando l’uomo, sebbene in possesso di un’identità stabile,  trovava la sua definizione nella memoria. E così l’ inquietudine, lo smarrimento, e poi il dibattimento tra la negazione e l’evocazione della Memoria stessa. La poesia, nel Novecento, si fa baluardo di questa inquietudine esercitandosi sul terreno della memoria individuale, collettiva e storica, attraverso una lirica melanconica, lamentosa, che rimpiange un “tempo perduto” cercando di rintracciare nelle parole, immagini e mondi scomparsi.
“Quando il viaggio investe la ridefinizione del proprio vissuto, il mezzo ideale che ne consento lo svolgimento è la Memoria.” (Pegorari “Metrica dei Giorni”)
La memoria come nostalgia,  di una terra lontana e amata, un tempo posseduta e non più goduta,  come “Vento di Tindari” di Salvatore Quasimodo:
“Tindari, mite ti so
Fra larghi colli pensile sull’acque
Dell’isole dolci del dio,
oggi m’assali
e ti chini in cuore.


Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m’accompagna
s’allontana nell’aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi da cui male mi trassi
e paure d’ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d’anima […]”


La relazione con la persona oggetto del ricordo si interrompe e la memoria costituisce il tramite per la conservazione del vincolo. Un vincolo che si vorrebbe sradicare,  così come la presenza della persona  dalla propria vita, e quindi  lottare contro la propria memoria che ci rimanda, ineludibilmente, sempre le sue immagini:
“Perché tu non mi veda –
In vita – di spinosa invisibile
Siepe mi circondo.

Di rovi mi cingo,
in brina – scendo.
Perché tu non mi senta –
Di notte – nella senile scienza
Del riserbo mi cimento.


In mormorio – mi stringo,
di sussurri mi bendo.
Perché tu troppo non fiorisca
In me – tra libri: tra boscaglie –
Vivo – ti affondo.


Di fantasie ti cingo
Fantasma – ti sricordo.”
(Marina I. Cvetaeva “Perché tu non mi veda”  tratta da “Dopo la Russia” (1928)


Oppure un vincolo che si vorrebbe mantenere, possedere di nuovo. E’ la speranza di un suo ritorno, in questo caso, ad affacciarsi, qui, con il tema dell’attesa, nutrita proprio dalla memoria, che si presenta grassa di tracce e di promesse speciali.
“<Ti perderò come si perde un giorno
Chiaro di festa: – io lo dicevo all’ombra
Ch’eri nel vano della stanza – attesa,
la mia memoria ti cercò negli anni
floridi un nome, una sembianza: pure,
dileguerai, e sarà sempre oblio
di noi nel mondo>.
Tu guardavi il giorno
Svanito nel crepuscolo, parlavo
Della pace infinita che sui fiumi
Stende la sera della campagna.”
(Alfonso Gatto “Parole” tratta da “Poesie”)


La memoria e il suo esercizio, per delineare le linee della propria coscienza e cercare un posto buono in cui stare. Ma per gli alcuni, come Caproni, Montale, è inutile nel suo fine di assegnare sapienza all’uomo, visto che il ricordo, comunque, non assolve al bisogno principale, quello del possesso. I luoghi e le cose che il soggetto ha vissuto e veduto, nonostante la memoria, restano non possedute, quindi inesistenti:
“Tutti i luoghi che ho visto,
che ho visitato,
ora so – ne son certo:
non ci sono mai stato.”
(Giorgio Caproni “Esperienza” tratta da “Il muro della terra” (1964-1975)


Infine, la memoria per ricordare, commemorare (cum memorare, ricordare insieme) il passaggio di qualcosa o di qualcuno che fece parte della nostra esperienza: Anna A. Achmatova, poetessa, madre e moglie, testimone e vittima del totalitarismo stalinista, non dimentica di aver avuto compagni di sofferenza, sebbene siano svaniti dalla memoria i loro nomi. Qui la memoria non si fa strumento di un dolore personale, ma del dolore storico e della lotta per la libertà:
“[…] Avrei voluto chiamare tutte per nome,
ma hanno portato via l’elenco, e non so come fare.

Per loro ho intessuto un’ampia coltre
Di povere parole, che ho inteso da loro.

Di loro mi rammento sempre e in ogni dove,
di loro neppure in una nuova disgrazia mi scorderò,


e se mi chiuderanno la bocca tormentata
con cui grida un popolo di cento milioni,


che esse mi commemorino allo stesso modo
alla vigilia del mio giorno di suffragio.


E se un giorno in questo paese
Pensassero di erigermi un monumento,

Acconsento ad esser celebrata,
ma solo a condizione di non porlo

Né accanto al mare dov’io nacqui:
col mare l’ultimo legame è reciso,

Né nel giardino dello zar presso il desiato ceppo,
dove l’ombra sconsolata mi cerca,

ma qui, dove stetti per trecento ore
e dove non mi aprirono il chiavistello.

Per anche nella beata morte temo
Di dimenticare lo strepito delle nere “marusi”

Di dimenticare come sbatteva l’odiosa porta
E una vecchia ululava da bestia ferita. […]”

 

Chiudo questa piccola raccolta sulla memoria usando le parole di Auden tratte da Blues in memoria (Funeral Blues), musicata da Benjamin Britten per “The Ascent of F6”, uno dei tre lavori teatrali che Auden scrisse in collaborazione con Christopher Isherwood. Parole tristi e senza speranza, un’altra, alta, forma di commemorazione dove la poesia tocca le vette più elevate dello struggimento e, con lui, della bellezza semantica e semiotica. In doppia versione, per donare al lettore il prezioso originale di uno dei poeti più imperdibili dello scorso secolo.


BLUES IN MEMORIA


Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti e fra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.


Incrocino gli aeroplani lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano i guanti di tela nera.


Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: avevo torto.


Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai nulla può giovare.


FUNERAL BLUES

Stop all the clocks, cut off the telephone,
Prevent the dog from barking with a juicy bone,
Silence the pianos and with muffled drum
Bring out the coffin, let the mourners come


Let aeroplanes circle moaning overhead
Scribbling on the sky the message He Is Dead,
Put crêpe bows round the white necks of the public doves,
Let the traffic policemen wear black cotton gloves.


He was my North, my South, my East and West,
My working week and my Sunday rest,
My noon, my midnight, my talk, my song;
I thought that love would last for ever: I was wrong.


The stars are not wanted now: put out every one;
Pack up the moon and dismantle the sun;
Pour away the ocean and sweep up the wood.
For nothing now can ever come to any good.


“L’uomo d’argento”, muoversi per non spostarsi di un centimetro

Matteo Dottorini
ROMA
– In un futuro non troppo lontano, in cui l’occidente è crollato sotto i colpi della crisi definitiva, una generazione perduta si autogestisce dopo essere scappata e aver ricreato una città in cui è sempre venerdì notte. Qui, alcool e sostanze sono l’unico fine, il coito compulsivo e disinteressato l’unico sesso praticabile e l’autodistruzione l’unica barriera protettiva contro l’ansia e lo smarrimento che non risparmia sia chi arriva e sia chi in città, da un po’, risiede. Questo è “L’uomo d’argento” di Claudio Morici pubblicato dalle edizioni e/o.
Con un linguaggio gergale ma non generazionale, divertente ma mai frivolo, l’autore dà prova di possedere quel che racconta, di parlare di qualcosa che conosce, senza retorica o banali moralismi. Nel futuro immaginato da Morici non è dovuto sapere, se non tramite brevi riferimenti fatti dai protagonisti, cosa avvenga nel mondo esterno all’ambientazione della storia.
Muoversi per non spostarsi di un centimetro, fuggire da un mondo deludente verso il suo clone mascherato da “diverso”, con gli stessi vizi e le stesse ineludibili distopie. Uno dei peggiori scenari possibili che potremmo ritrovare dietro l’angolo con personaggi, se possibile, peggiori dello scenario stesso, reali quanto quelli delle living room, dei rave party e dei club che conosciamo bene.
Qual è il miglior mondo possibile dopo questo? E ancora, una volta vista per davvero la realtà e immaginandone una alternativa, di fuga, saremmo capaci di pensarla diversa da quella che viviamo tutti i giorni? Morici sembra chiederci questo, indicando il nichilismo come unica soluzione possibile per opporsi a tutto ciò che oggi ci piega, ci costringe in ginocchio, ci toglie l’aria, l’acqua, il cibo. Solo l’uomo d’argento mantiene un ordine, astraendosi completamente da tutto quello che lo circonda, dalla morte che cammina, da una fine perpetuata ad libitum. Ma non è, forse, anche lui, in quanto ideale utopico, un fantasma?
Lo si inizia credendolo un romanzo di genere, futuristico o cyberpunk , ma si rivela, invece, una narrazione, sociologicamente accurata nei minimi dettagli, della crisi della nostra generazione, che da una parte lotta e dall’altra annaspa.

“L’era glaciale 4. Continenti alla deriva”

ROMA “L’era glaciale 4. Continenti alla deriva.” di Howard Lee e pubblicato da Mondadori è la storia con le immagini del fortunato film. Sempre all’inseguimento dell’inafferrabile ghianda, il piccolo Scrat stavolta viene catapultato in un luogo in cui nessuno scoiattolo preistorico è mai arrivato: il centro della Terra! E questo causa un cataclisma ambientale che dà origine alla deriva dei continenti. Separati all’improvviso dal resto del branco, Manny il mammut, Diego la tigre e Sid il bradipo usano un iceberg come scialuppa di salvataggio e iniziano una incredibile avventura per i mari. Per fare ritorno a casa dovranno esplorare un mondo pieno di insidie, affrontare spaventose creature marine e difendersi da spietati pirati antidiluviani che non hanno nessuna intenzione di lasciarseli scappare!

Dall’8 settembre la V edizione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica

ROMA – “Oltre i confini” è il tema della V edizione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica. Dall”8 al 12 settembre il Vecchio Ghetto Demolito di Roma sarà la cornice del Festival curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann. L’edizione 2012, oltre a dedicare grande spazio alla letteratura – cuore pulsante della manifestazione – allarga i suoi orizzonti presentando eventi di cultura ebraica, con spettacoli teatrali, arte contemporanea, danza e musica.

Il mondo è solcato da infiniti confini, visibili e invisibili. Da una parte i grandi confini che sancisono dolorose fratture nella storia dell’uomo: confini tra Stati, tra culture e ceti sociali; dall’altra, i confini più intimi ed individuali che percorrono le vite di ognuno di noi: i confini tra l’uomo e Dio, tra l’inconscio e la consapevolezza, tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere.
Grande inaugurazione l’8 settembre con la Notte della Cabbalà (dalle 21.00 alle prime ore del mattino), una “no-stop” di eventi culturali dedicata alla mistica ebraica, con artisti italiani e internazionali che si alterneranno tra musica, teatro, arte, degustazioni, incontri letterari e danza, per celebrare il sodalizio tra la Capitale e la Roma ebraica. Ad aprire la serata e il festival sarà lo scrittore, pittore, regista e intellettuale di fama internazionale Marek Halter, intervistato alle ore 21.00 presso il PALAZZO DELLA CULTURA dal giornalista e scrittore Pierluigi Battista. Ebreo di origini polacche, fuggito dal ghetto di Varsavia ancora bambino, e profugo in Uzbekistan, Marek Halter trova dimora infine a Parigi. Da qui partirà per continui viaggi che lo porteranno ad esplorare i luoghi più significativi della storia ebraica, da Praga a Birobijan, in Siberia. Halter scriverà di questi confini che hanno segnato la sua vita, rivelando storie, aneddoti, esistenze, scoperte durante le sue infaticabili peregrinazioni. Nello stesso luogo alle ore 22.30 il Capo Rabbino della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Di Segni incontrerà Moshe Idel, uno dei più grandi esperti di Cabbalà al mondo, mentre a mezzanotte si svolgerà l’incontro tra il Rabbino Roberto Colombo e Yarona Pinhas, tra le più importanti studiose di mistica ebraica.Alle 23.00 avrà luogo presso la Ermanno Tedeschi Gallery, in VIA DEL PORTICO D’OTTAVIA 7, una straordinaria performance d’arte contemporanea di Rami Meiri, considerato il più grande artista di murales in Israele. Il primo murales di Meiri è del 1980, nella storica spiaggia Gordon, di Tel Aviv. Da allora “l’urban artist” non ha smesso mai di vestire di colori la Città Bianca, dipingendo murales in ogni angolo della città. Anche la musica sarà protagonista della Notte della Cabbalà con due importanti concerti in LARGO 16 OTTOBRE 1943: alle ore 22.30 il concerto chitarra e voce del musicista israeliano e star internazionale David Broza; alle ore 00.30 il concerto Jewish Experience del quintetto del sassofonista, clarinettista e flautista italiano Gabriele Coen. Nel corso della serata l’area dell’antico Ghetto ebraico costituirà la scena dello spettacolo itinerante Jewish Flash Mob del coreografo Mario Piazza, tra i maggiori coreografi contemporanei, una miscela esplosiva in cui confluiscono danza, teatro, cinema, canto e arti figurative.Il Museo Ebraico di Roma e la Grande Sinagoga saranno aperti tutta la notte per visite guidate (dalle ore 21.30 alle 00.30 – ultimo ingresso alle ore 24.00). La Notte della Cabbalà è realizzata con contributo dell’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale.

La classifica dei libri più venduti nell’ultima settimana d’agosto

ROMA La classifica dei libri più venduti nell’ultima settimana d’agosto vede in testa il fenomeno dell’estate: le “Cinquanta sfumature…”. La fortunata serie di romanzi di James, apprezzata e criticata allo stesso tempo, è riuscita a scalzare la concorrenza italica del veterano Andrea Camilleri e del Premio Strega Alessandro Piperno. Vedremo se il mercato continuerà a tendere verso le pagine infuocate di James anche in autunno.

 

1. “Cinquanta sfumature di grigio” di E. L. James
2. “Cinquanta sfumature di nero” di E. L. James
3. “Cinquanta sfumature di rosso” di E. L. James
4. “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini
5. “Una lama di luce” di Andrea Camilleri
6. “Il mercante di libri maledetti” di Marcello Simoni
7. “La casa dei sette ponti” di Mauro Corona
8. “Open. La mia storia” di Andre Agassi
9. “Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi” di Alessandro Piperno
10. “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas

VerbErrando: Ritorni

Veruska Armonioso
ROMA
– Parola d’onore. Onore di uomo che da poco ha scoperto quanto la barba, non curante, cresca, ogni giorno. Che nonostante tu sia lì, pronto a reciderla, lei non ti vede e continua a fiorire, più forte, più testarda di sempre. Ti copre le rughe di questi nuovi trent’anni, ti avvolge i segni di ferite assopite e nasconde al tuo sguardo le fossedei colpi ancora da assestare. Parola d’onore, onore a te, parola ascoltata da queste mie orecchie, pronunciata dalle tue labbra semichiuse in un semiaperto alito di essenza alla lavanda e cocco che dondola sul polpastrello del mio anulare come fede, incrollabile, quando mi perdo nella scia della sua suggestione. Poi, di colpo, il vento, cade giù e all’anulare rimane solo fede solida e consapevole di passato prossimo vivo in presente lievemente nitido. Questa fede, più certa che fidata, fatta di concreta tridimensionalità e per questo sicura, mi dice di non muovermi di un solo gemito e rimanere lì, in oscillazione sull’accordo sbiadito di un ritornello che non suona mai ma echeggia senza sosta..
Quanto dura l’emozione? La descrizione dell’attimo che finisce proprio mentre inizi a pensarlo, è inespressa perché inutile o perché troppo vasta per essere anche solo parlata? E l’attimo, minuto ma non minuto, è inafferrabile perché imperituro o perché veloce? e poi la vita. Quanti attimi fanno una vita? E comunque, sempre e solo lei, la principessa di tutti i rebus, la domanda che vale un nome: “a cosa credere? Cosa sentire dentro di me?” Chiedermi incessantemente se nord o sud sia la direzione giusta, mi aiuterà a capire dove andare? Chiedermi se rincorrere il caldo o il freddo, se il caldo durerà per sempre o se il freddo smetterà mai, mi aiuterà a decidere? Forse che la risposta giusta non esista? Forse che l’unica risposta giusta sia di cambiare la domanda? E allora, ora, mi chiedo: “fin dove sarei disposto a raggiungermi qualora mi smarrissi?”.
Potrei perdermi dietro l’angolo e ritrovarmi in un secondo, vivendo, nel mentre, la vita che conosco e che ho scelto di attraversare oppure… oppure altrove, non so dove, in un qualche dove, ma lontano da qui. Vivere per ciò che non conosco, ma che so esistere. Sicuro di niente se non di dove voglia arrivare che coincide ineludibilmente con dove dovrei andare a riprendermi nel caso in cui mi perdessi. Se mi perdessi, mi troverei? Ma prima ancora, mi andrei a cercare? Avrei voglia di correre in mio soccorso dall’altro capo dei mondi? Avrei voglia di gridare il mio nome tanto forte da riuscire a sentirmi? Sarei disposto a fare uscire le branchie e nuotare i mari o palmarmi le braccia per volare i cieli solo per ritrovare me? In una corsa dove se vinci, vinci tutto e se perdi, perdi ogni cosa tu… sì, proprio tu, tu, dove sarai? Quando arriverà il tuo momento, quello in cui, stremato dagli eventi, affaticato dal male di vivere, appesantito dai giorni e pieno di chilometri nei piedi, tirarti indietro ti sarà impossibile; quando arriverà quel giorno in cui la vita ti chiamerà all’appello e ti dirà: “L’occasione è qua, eccola!”, tu, che farai? Fin dove sarai disposto a spingerti? Fin dove sarai disposto ad andarti a cercare? Sarai pronto a spogliare il tuo mondo? Sarai preparato a lottare di nuovo? Avrai fiato per gridare il tuo nome? Quanto forte sarai capace di gridare il tuo nome? Ma sopra a tutto, tu, in quel preciso istante, te lo ricorderai ancora il tuo nome?
Un nuovo anno sta per cominciare, l’occasione è lì, ci aspetta. Una nuova vita o una nuova scelta della stessa, ma con un proposito: ricordarci sempre di domandarci se dove siamo sia o meno il luogo giusto. E se non lo è, laddove sia possibile, alzarsi e andare via. Senza retorica o spiccia didattica, inizio questo nuovo anno con dei passi, dieci passi verso un nuovo inizio, dieci passi per tarare la mia bussola e sapere dove poter andare quando mi dovrò alzare.
Un passo per far cadere le foglie secche, che servono solo a dare colore e non vestono nemmeno più. Un passo per imparare a vedere i rami nudi, capire che non fa freddo e che spoglio non è vuoto.
Un passo per sopportare il gelo e la neve, che è leggera sì, ma pesa più del piombo e raffredda peggio di una parola bastarda.
Un passo per ‘mandare giù’ il ritorno della primavera, le giornate mezze e mezze, il sole tiepido, i bambini che gridano nel parco. Un passo per attendere l’uscita delle nuove foglie, ancora quasi invisibili, ma già grandi per essere scrollate via. Un passo per far da balia alle nuove foglie che fanno capolino dai rami, ché sono piccine e, si sa, vanno seguite. Un passo per farsi pronti a godere nel vederle verdi, forti e fiere, autonome; un passo per farsi forti quando punteranno i piedi,sono giovani, si sa, danno problemi. Un passo per farsi umili, sono quasi grandi ora e vogliono che ascolti le loro ragioni, e accettare la mediazione, rinunciare non vuol dire perdere.
E poi l’ultimo passo, il più difficile: ora che i tempi sono maturi, smettere di difendersi e cominciare a godersi.
Alla prossima settimana con Verberrando!