“La musica è esaurita, Nasce la >>beat regeneration” di Lorange SadBaars

Luigi Scarcelli
PARMA
– La musica è una risorsa. Una risorsa che, come altre, la nostra generazione ha ereditato in via di esaurimento. Come rimediare? A fronte della scarsità delle risorse energetiche sta crescendo uno spirito collettivo orientato al risparmio, al rinnovabile, al riciclo; perché non applicare lo stesso concetto alla musica? Questo è il tema affrontato da Lorange Sadbaars nel libro “La musica è esaurita, Nasce la >>beat regeneration”, pubblicato da poche settimane da Add Editore.

Il libro racconta di Alex Sodo, un visionario che resosi conto della fine imminente – o forse già avvenuta – della musica tenta di salvarne l’anima dandole una nuova ed eterna forma.
Il libro è più di un semplice racconto, in quanto parla di una nuova forma musicale realmente in via di sperimentazione, come dimostra il sito www.plugger.dj e la mostra Re-generation recentemente ospitata al museo MACRO di Roma; racchiude una idea radicale che si manifesta nello stile narrativo del libro reinventando e riciclando testi, slogan, parole e simboli, cercando di inventare una forma unica. Sicuramente questo libro tocca un tema generazionale che va oltre la musica e la postfazione del libro, curata da Luca de Gennaro, spiega come negli ultimi anni sia cambiato il concetto di e gli strumenti per creare e fruire di questa forma d’arte.

La musica è sempre stata espressione dei propri tempi. La beat generation ha vissuto i fasti di un’epoca di grande evoluzione, in cui tutte le tradizioni e gli schemi passati sembravano sgretolarsi. La nostra, vive una specie di empasse forse dettato dalla decadenza – intellettuale e ormai anche materiale – del sistema stesso che aveva dato vita alla beat generation, e vive il paradosso di essere la generazione ad avere la maggiore tipologia di strumenti (acustici, analogici, digitali…), senza riuscire a inventare un linguaggio proprio, come schiacciata dal peso di una eredità troppo grossa. Non sappiamo quanto sia realmente innovativa l’idea proposta dal libro, “riciclare” questa eredità dandone forme nuove.
Lo lasciamo decidere al lettore; ma qualche considerazione comunque va fatta. Alex Sodo, il visionario che dovrebbe dare nuovi schemi alla musica sa molto di hippie in salsa moderna, tutto sommato un nostalgico della beat generation.
E se è vero che le note sono sempre le stesse 7 (anzi dodici) e quindi sia Mozart che Hendrix hanno suonato la stessa musica, sarà anche vero che per scrivere qualcosa di nuovo bisogna partire da un “foglio” bianco?

Un libro da leggere tutto di un fiato e magari con un sottofondo musicale.

“Amy. Mia figlia”

Giulia Siena
ROMA
“Le canzoni sono straordinarie, ma dovette attraversare l’inferno per poterle comporre”. Sono le parole di Mitch Winehouse in “Amy. Mia figlia”, il libro scritto dal padre della celebre star inglese morta il 23 luglio 2011. Il volume, pubblicato in Italia da Bompiani, è il racconto intenso, straziante, tenero e sofferto di 27 anni di vita di un’artista geniale.

Oggi, a un anno esatto dalla scomparsa di Amy, su queste pagine trova spazio un libro che parla di una bambina vanitosa, un’osservatrice attenta, una star con le sue virtù e le sue paure, una donna che si è lasciata rovinare per amore e che, nonostante l’amore, non è riuscita a rialzarsi.
Mitch Winehouse parte dell’infanzia di Amy, dalla passione di entrambi per la musica e per le canzoni di Sinatra; racconta la semplicità, la testardaggine e la determinazione di quella bambina che amava cantare, acconciarsi con i vestiti e le collane della nonna, riuscendo a fare sembrare attente decorazioni retrò. Amy era così, era una ribelle che amava la sua famiglia e le tradizioni ebraiche, era una ragazza curiosa, esplosiva e ironica.
Amy, all’inizio degli anni duemila, sapeva quello che voleva: cantare e diventare famosa. Frequentò diverse scuole, allenò la sua voce e compose in musica con la sua chitarra le frasi che raccoglieva sul suo taccuino per gli appunti. La sua musica si fa vita e nel 2003 pubblica Frank. Ma Amy per far conoscere la sua arte doveva affrontare il pubblico; “Amy non riuscì mai a capire come tener testa alla sua paura del palco. Anche se non si sentiva male fisicamente, come accade ad alcuni artisti, a volte aveva bisogno di bere qualcosa prima di salire sul palco”. L’insicurezza, il timore di affrontare chi le stava di fronte, accompagnava l’artista quando doveva salire sul palco; allora doveva bere qualcosa, all’inizio bastava qualche drink, poi, con gli anni, divenne alcolismo.

 

A peggiorare la situazione arrivò Black, l’ossessione di Amy. Black era il ragazzo scanzonato per il quale Amy perse la testa. Nel 2006 si conobbero e Amy si lasciò trascinare nella tossicodipendenza. A questo punto la vita di Mitch non è più solo quella di un padre. Mitch da amico e confidente di Amy ne diventa anche l’angelo custode, correndo al capezzale della figlia ogni volta che un collasso o una ricaduta portavano Amy a essere l’ombra della grande donna che era. Il 2007 è l’anno decisivo per Amy: esce Back to Black, l’album che le fa scalare le classifiche mondiali e grazie al quale ottiene cinque Grammy Awards. Ma Back to Black è una dichiarazione d’amore a suo marito, Black che sposa lo stesso anno e dal quale divorzierà nel 2009. A Black, a l’uomo che secondo Mitch sarà la causa di tutti i problemi di Amy, è dedicato un album nel quale l’artista esprime anche tutto il suo dolore, la sua sofferenza e la sua voglia di uscire dalla trappola letale che è la tossicodipendenza. Sono questi gli anni più bui di Amy Winehouse come donna, ma la con l’amore della sua famiglia, l’affetto degli amici e la sua determinazione riuscirà a uscire dalla tossicodipendenza a fine del 2008. Ma la strada è ancora in salita. Nel 2010 Amy sembra rinascere: suona, compone, ama nuovamente, ha tanti progetti e vuole vivere. Nella notte del 23 luglio 2011 la sua vita si arresta e la sua voce tace. Forse un collasso per abuso di alcool.

 

“Amy. Mia figlia” è un libro scritto in soli quattro mesi, un atto di amore frutto di un diario che Mitch tiene dal 2007 e dove appunta i tanti giorni d’inferno di una tossicodipendente, i grandi momenti di gioia di un’artista geniale e le tante richieste di aiuto di una figlia in difficoltà. Un libro su Amy, una biografia intensa per raccontare al mondo che oltre alle debolezze Amy aveva una grande forza e la cosa che amava di più era la sua musica. Ora ci resta la sua voce.

“Il violino del signor Stradivari”

ROMA – Arriva alla seconda edizione “Il violino del signor Stradivari”, il libro di Paola Pacetti pubblicato dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Prendete due fratelli, due tipi svegli di otto e dieci anni e buttateli in un’avventura niente male sulle tracce di un violino scomparso. Non si tratta di un violino qualunque, ma di un famoso Stradivari, misteriosamente sparito da un’asta.

Per risolvere l’enigma ci vuole l’aiuto di qualcuno che ne sappia di più, per esempio una zia un po’ mattacchiona e il suo amico violinista.
Un tranquillo week-end di sorprese si trasforma nella divertente avventura di un grande musicista.

Una storia un po’ magica, il 17 novembre nel nome di ALBA

eventi letterari_roma_chronicalibriROMA – Saranno Sonia Bergamasco e Roberto Prosseda i protagonisti della serata di beneficenza organizzata dall’Associazione ALBA nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, giovedì 17 novembre alle ore 21.00, dal titolo Una storia un po’ magica – racconto con musica da Anna Maria Ortese. Continua

"Cose dell’altro mondo", Baglioni ci parla del web

Marianna Abbate
Roma Un libro su Baglioni? Un libro di Baglioni? Ci siamo abituati alla poliedricità di questo ormai mitico cantautore: negli ultimi anni ha addirittura tentato la via del cinema, con risultati dignitosi.
In “Cose dell’altro mondo” edito da Rai-Eri e Infinito Edizioni l’artista romano conversa con Gianfranco Valenti, toccando temi di attualità come il web e i social network. Si esprime con grande semplicità e riflessività che da sempre caratterizza le sue canzoni. 

Baglioni paventa i suoi dubbi di fronte al fenomeno web, che ci allarga gli orizzonti in mondi molto più ampi di quanto non lo sia già il mondo reale.
Perchè il mondo reale è già astronomicamente vasto e sconvolgente e offre miliardi di possibilità. Ma scoprirlo costa fatica, ci vuole voglia e impegno. 
Il web, invece, è a portata di mano. Offre paradisi a portata di click, emozioni e risate a 20 mega al secondo. Permette di conoscere tutto subito, senza nessuno sforzo. Eppure tutto questo è solo un’illusione, una chimera effimera che scompare come è apparsa. E allora quali sono i rischi?
Quello che spaventa il nostro beneamato cantante è l’appiattimento delle emozioni, l’abitudine e la noia che sicuramente prima o poi colpisce chi del web fa un punto di riferimento imprescindibile. L’atteggiamento blasè che i sociologi paventano da tempo, è giunto al suo culmine. La desensibilizzazione colpisce tutti e potrebbe uccidere le emozioni.
E Claudio Baglioni è un inguaribile romantico, non potrebbe mai permetterlo.