"Alias MM" Cent’anni d’Italia

Marianna Abbate
ROMA In questo periodo di festeggiamenti per l’Anniversario italiano è un piacere trovare tra le novità editoriali piccoli gioielli di letteratura sul nostro Paese. Il libro di Pino Sassano “Alias MM” edito da L’infinito è sicuramente tra questi. Racconta le complesse vicende generazionali di una famiglia del Sud tra il 1860 e il 1966, mostrando con maestria i cambiamenti sociali e politici di un paese in fieri. 
Se Gabriel Garcia Marquez ci ha presentato “Cent’anni di solitudine”, quelli di Sassano sono cent’anni in compagnia, dove anche le peggiori difficoltà vengono affrontate con spirito e desiderio di rivincita.
Il capostipite della famiglia si trova alle prese con gli intrighi politici di uno stato ancora da formare, con tutte le sue lacune di potere e una malavita da sempre organizzata. Suo figlio Giovanni si vedrà affrontare una realtà diversa ma altrettanto complessa: cercherà di cavalcare l’onda dello sviluppo industriale in un’inedita Bell’Epoque napoletana. La nipote Milly, a sua volta, calcherà i palcoscenici del varietà, fino a che, travolta da inaspettati rivolgimenti politici del Ventennio, non sarà costretta ad emigrare in America.
Fino ad arrivare ad Alias MM il nipote omonimo del capostipite, Mario Mignone, al quale il nonno stesso, in punto di morte, racconterà la sua storia.
Un libro piacevole, appassionante. Per ricordarci chi siamo e da dove veniamo- senza dimenticare dove stiamo andando.

"Dentro la setta": un fumetto per raccontare la drammatica esperienza delle sette

Stefano Billi
ROMA Se è vero che i fumetti hanno tradizionalmente il ruolo di fornire svago e ristoro al lettore, lasciando dunque ai libri l’arduo compito dell’erudizione, talvolta essi riescono a trasmettere messaggi profondi ed assolutamente seri.

Prova di ciò è “Dentro la setta”, sconvolgente pubblicazione di Louis Alloing e Pierre Henri (edito Coniglio Editore) che racconta una vera esperienza legata alla partecipazione in una setta.
La trama dell’opera fa riferimento all’ingresso di Marion, giovane pubblicitaria protagonista della vicenda, in questa “comunità”; questo personaggio narra, tra le pagine, tutto il periodo trascorso come adepta di questo pseudo-movimento, orientato – a suo dire – allo sfruttamento di coloro che vi si affilano, piuttosto che alla progressione culturale ed individuale dei suoi membri.
In maniera scorrevole ed immediata le tavole raffigurano la drammaticità degli individui che fanno parte delle sette: sottoposti a lavori degradanti e a ritmi di vita disumani, essi sono costretti a subire vere e proprie angherie, che poi spesso sfociano in coercizioni psicologiche.
La tecnica grafica del fumetto è particolare: la scelta dei colori, dove la preminenza è affidata ad un blu quanto mai spento e affievolito, riecheggia l’inquietudine della condizione di Marion, che nel periodo in cui era un’adepta, lamentava una mancanza assoluta di libertà.
In considerazione di ciò vale la pena citare le parole della stessa Marion la quale afferma: “Il fatto che io fossi uscita dalla setta non significava che la setta fosse uscita da me“; così infatti la protagonista descrive le difficoltà provate non appena era riuscita a sottrarsi dalla “comunità”.
Lo stile linguistico è semplice e immediato, certamente proteso a veicolare un messaggio d’allarme e di cautela; per questo nel testo non si ravvisa l’utilizzo di espressioni di particolare complessità o di figure stilistiche elaborate.
Questo fumetto merita di essere letto per la funzione sociale che svolge, e per il valido tentativo di mettere in luce quella che per gli autori è la terribile realtà delle congregazioni para-religiose, che troppo spesso rischiano di tramutarsi, come desunto dall’opera di Louis Alloing e Pierre Henri, in campi di concentramento per lo spirito e l’animo di coloro che subiscono la iattura di farne parte.

Piemme: "Falli soffrire 2.0. Gli uomini preferiscono le stronze. La versione aggiornata"

Alessia Sità

ROMA Al giorno d’oggi, riuscire a costruire una relazione duratura e solida, che vada oltre il primo appuntamento o la routine quotidiana, non è una cosa semplice.
Se siete stanche di elemosinare misere attenzioni da chi è troppo preso solo da se stesso, “Falli soffrire 2.0” di Sherry Argov, pubblicato nel 2011 da Piemme, fa proprio al caso vostro. Troverete ottimi spunti di riflessione sul perché gli uomini, in realtà, preferiscono le stronze.
Attraverso una serie interviste, che l’autrice riporta, si intuisce quanto sia fondamentale per le donne riuscire ad acquisire maggiore sicurezza nei rapporti sentimentali. Talvolta, mettere da parte la ‘brava ragazza’ che è in noi non può che essere un bene.
Se lui non chiama, non preoccupatevi cercando di capire che cosa sia successo o se avete fatto qualcosa di sbagliato, piuttosto coltivate altri interessi. La prima legge del fascino dice che tutto quello a cui nella vita le persone danno la caccia, fugge”. La stessa regola vale anche per gli uomini. “Comportatevi come un dono del cielo e lo trasformerete in devoto credente”. La Argov, però, ci ricorda che essere “stronze” non vuol dire essere maleducate o cattive, ma indipendenti e fiere di mantenere la propria dignità sempre al primo posto. Il successo in amore non si raggiunge curando l’aspetto esteriore, ovviamente anche quello conta, ma la carta vincente, che ogni donna dovrebbe giocare, è quella dell’atteggiamento. Essere uno ‘stimolo intellettuale’ è la caratteristica che gli uomini trovano più attraente. “Una donna viene percepita come uno stimolo intellettuale nella misura in cui l’uomo non sente di avere il cento per cento del controllo su di lei”. Basta mollare le amiche o passare le ore a fare e a rifare trucco e parrucco prima di un appuntamento! Il segreto per piacere veramente all’uomo dei vostri sogni consiste essenzialmente nella vostra personalità, “pensate sempre con la vostra testa e ignorate chiunque tenti di definirvi in termini limitativi”.

“Falli soffrire 2.0 ” non vuole essere una guida su come vendicarsi di chi vi ha spezzato il cuore, ma una sorta di vademecum su come migliorare il proprio comportamento con l’altro sesso, senza dover rinunciare alla propria individualità e alle proprie abitudini.

Con uno stile brillante e spiritoso, Sherry Argov ci regala tante dritte intelligenti per capire quali errori bisogna evitare nel rapporto di coppia per essere realmente felici e soddisfatte.

Vigne, persone, culture…i "Centovini" dei Trimani

Silvia Notarangelo

Roma Selezionare una cantina invece di un’altra, consigliare un buon rosso al posto di un bianco, dimenarsi, con successo, tra le denominazioni doc, docg, igt. Non tutti, bisogna ammetterlo, ne sarebbero capaci. Presunti intenditori o semplici appassionati di vino sono sempre più numerosi, spesso, però, si fermano all’apparenza, a quelle informazioni di servizio indispensabili ma aride, prive di qualsiasi connotazione.

Per conoscere davvero cosa si nasconde dietro una bottiglia, la casa editrice Donzelli propone Centovini, una rassegna curata dalla famiglia Trimani che ha raccolto un numero limitato di vini e spumanti, seguendo un proprio, personalissimo criterio.

E, del resto, chi meglio di una famiglia di vinai attiva nella Capitale da quasi due secoli avrebbe potuto cimentarsi in una simile iniziativa?
Il risultato è un percorso insolito e stimolante, in cui sono le storie che si celano dietro ad un’etichetta, storie note o sconosciute, a raccontare perché la scelta degli autori sia ricaduta proprio su quel vino. Non solo la gradazione, il gusto o il profumo. A distinguere una bottiglia da un’altra, a renderla davvero “speciale” sono gli aneddoti, le intuizioni, talvolta persino dei semplici tentativi andati a buon fine.
Ripercorrendo l’Italia da nord a sud, in un’articolazione che prevede cinque distinte sezioni geografiche, il lettore si imbatte nel Barbaresco della cantina Gaja e nei suoi vigneti soprannominati “sorì”, nelle bottiglie disegnate in esclusiva per il Gran Cuvée Brut dell’azienda bresciana Bellavista, nell’immancabile Sassicaia proposto dalla Tenuta San Guido, davvero sorprendente per la velocità con la quale ha saputo imporsi in tutto il mondo. Scendendo verso sud, si scopre la curiosa vicenda di “un’impenitente astemia”, Paola Di Mauro, divenuta produttrice di un vino che, oggi, non a caso, prende il nome di Donna Paola Marino. E, ancora, si riflette sull’importanza di una passione autentica come quella di Cosimo Taurino che, con il suo Patriglione, continua ad essere un punto di riferimento per l’intera regione pugliese.
La suggestione che si ricava è quella di un panorama italiano ricchissimo e diversificato, in cui a consolidate aziende familiari si affiancano nuove realtà propositive e innovative. Modalità e vigneti diversi per raggiungere, tuttavia, gli stessi obiettivi: qualità e attenzione verso un vino che sappia conservare “una forte e specifica relazione con il territorio d’origine”.

Il "Libro Verde" di Gheddafi, una risposta concreta ai problemi del mondo?

Marianna Abbate
ROMA – Sapevate che la democrazia in realtà è una tirannide? Che il Referendum è una frode democratica? Che l’istruzione nelle scuole è una coercitiva pratica della dittatura?

Il “Libro Verde” del  Colonnello Gheddafi (1975) ci illumina la strada della libertà e fa cadere quel velo di Maya che non ci permette di guardare oggettivamente la realtà.
Già dalla copertina comprendiamo l’eccellenza dell’opera del leader libico che si propone di risolvere il problema della democrazia e il problema economico del mondo sviluppando in conclusione la Terza Teoria Universale che ci guarirà dai mali del mondo!
Ma andiamo per gradi e approfondiamo la conoscenza di questa illuminata teoria.
In primo luogo affrontiamo il tema della democrazia, che come apprendiamo dalle prime pagine del libro è una tirannia mascherata.
O Ateniesi, e voi che v’illudevate di aver sviluppato un sistema politico equo e innovativo, ascoltate le parole del Colonnello e riconoscete la rivoluzionarietà del suo pensiero!
Orbene, è chiaro che in una democrazia a governare è il Parlamento. Ma che cos’è il Parlamento se non la rappresentanza di una parte della popolazione? Il governo viene infatti scelto con il 51% dei consensi, è dunque chiaro che il restante 49% non si senta rappresentato e viva dunque sotto un potere che reputa ostile. Lo stesso vale per il partiti che, come indica il nome stesso sono di parte e non desiderano altro che vincere sugli avversari.
Per non parlare poi del Referendum che ci mostra una finta libertà, permettendo al cittadino di scegliere tra sole due opzioni : sì o no. Sarebbe giusto invece che ogni cittadino motivasse le sue scelte, giustificando le ragioni per le quali è contrario o a favore di un determinato provvedimento. Ma non perdiamo tempo occupandoci del Referendum che serve per promulgare leggi, quando il problema fondamentale è proprio che non bisogna codificare le leggi. La legge, infatti, cambia ogni qualvolta cambia il governo, e quello che fino a poco fa era lecito, cambiato il potere non lo sarà più. Bisogna pertanto affidarsi alla Religione, unica fonte della tradizione e del volere popolare e quindi unica norma da seguire.
Bisogna poi riconoscere che la Stampa usurpa un ruolo che non le si addice, e cioè quello di parlare a nome del popolo. Ognuno dovrebbe invece attenersi a parlare soltanto degli argomenti che lo riguardano, e quindi dedicarsi strettamente alla sua materia. Un medico parlerà di Medicina, un giurista di Giurisprudenza. A questo punto viene da chiederci se un politologo possa parlare di Politica, ma Gheddafi viene subito ad illuminarci informandoci che non deve esistere la politica perché è il popolo a detenere direttamente il potere, attraverso i Comitati Popolari. Ci presenta addirittura uno schema circolare nel quale dimostra la sovranità diretta del popolo.
Ecco spiegato perché il Colonnello tenga tanto a non essere chiamato Presidente, ma Leader: una guida spirituale fortemente voluta dal popolo, che incarna il volere del popolo. Perché, secondo Gheddafi, in questi Comitati Popolari regna magicamente la pace e tutti vanno d’accordo e vogliono la stessa cosa.
Passiamo poi alla seconda parte del libro che dovrebbe risolvere il problema economico del mondo. Orbene tutti i salariati sono sostanzialmente degli schiavi, perché sono costretti a scambiare il loro lavoro con del vile denaro. E qui il Colonnello torna a deliziarci con una nuova teoria progressista che essenzialmente propone il ritorno al baratto.
Nell’ultima parte del libro continuiamo a documentarci sull’eclettico pensiero del Leader apprendendo interessanti notizie su praticamente qualunque argomento concerna la vita quotidiana: la Famiglia, la Tribù, la Musica  le Arti , lo Sport, l’Istruzione e quant’altro.
Mi soffermerò, invece, soltanto su quello che Gheddafi dice della Donna, perché probabilmente è dove la sua teoria raggiunge l’apice dell’illuminazione.
Sappiate dunque che, per gentile concessione, dal punto di vista umano la donna è uguale all’uomo. Tuttavia ci sono delle differenze fondamentali che fanno sì che i ruoli dell’uomo e della donna differiscano enormemente: la donna ogni mese ha il ciclo mestruale e l’uomo no. Inoltre la donna, quando non è indisposta è gravida e pertanto impedita (sic!), poi deve allattare, poi c’ha di nuovo il ciclo: insomma due, tre anni se li gioca. E’ una barbarie quindi costringere la donna a svolgere i compiti dell’uomo, d’altronde la donna è tenera, bella, facile al pianto e ha paura.
Concludo qui la mia dissertazione, anche se potrei continuare ancora a lungo, tanto per lasciarvi con queste perle di saggezza e invitarvi con insistenza a leggere con i vostri occhi le parole del governante di un paese così vicino al nostro. Troppo vicino.

"Fare l’autore per la tv", da Eurilink il saggio di Maurizio Gianotti

Silvia Notarangelo
Roma Scrivere per la televisione, trasformare una passione in lavoro: è questa l’aspirazione di quanti ambiscono a diventare autori televisivi. Ed è a loro che Maurizio Gianotti dedica il saggio “Fare l’autore per la tv”, pubblicato da Eurilink.
Certamente quella dell’autore non è una professione facile, il lavoro, soprattutto all’inizio, è discontinuo, soddisfazioni e riconoscimenti si alternano a “sconfitte” che, talvolta, possono sembrare ingiuste o immotivate. Se a ciò si aggiunge l’effettiva difficoltà che si incontra nel provare soltanto ad avvicinarsi all’universo televisivo, forse chi ha intenzione di intraprendere questa professione farebbe meglio a ripensarci. Eppure, ultimata la lettura del libro di Gianotti, le conclusioni che ne derivano lasciano più di qualche spiraglio.

Infatti, pur senza fare mistero di insopportabili “inciuci” che caratterizzano l’ambiente, l’autore non scoraggia i suoi lettori, anzi, tenta di spronarli, mettendo a loro disposizione la propria esperienza sul campo unita ad una serie di utili suggerimenti. Non solo, ripercorrendo alcuni momenti salienti della sua carriera, riesce a dimostrare, in modo convincente, come qualunque genere televisivo, telepromozioni incluse, possa diventare un banco di prova per sperimentarsi e lasciare spazio alla creatività.
Ma, che cosa bisogna fare, concretamente, per affermarsi come autore?
Prima regola, forse scontata ma non banale, è saper scrivere correttamente in italiano. Perché se è vero che le idee, lo stile, la forma possono maturare e migliorare nel tempo, la correttezza grammaticale è requisito basilare e indispensabile.
Consiglio numero due: la voglia e l’entusiasmo non bastano, vanno messi in pratica. Per questo occorre, oggi, presentarsi ad un’emittente televisiva potendo vantare una qualche, seppur minima, esperienza. E allora, perché non armarsi di telecamera e pc per girare, autonomamente, un corto, un promo o un numero zero?
Attenzione, infine, a non commettere l’errore di disdegnare la radio, la cui programmazione, al contrario, offre l’opportunità di cimentarsi con la stesura di testi e, magari, affinare anche preziose competenze musicali.
Un’ultima raccomandazione: tenere gli occhi aperti e attingere dappertutto, perché qualsiasi storia, qualsiasi persona con cui si è venuti a contatto può rappresentare uno spunto da sviluppare in ottica televisiva e/o cinematografica. L’autore, in fondo, come precisa Gianotti, è e resta “uno scrittore” chiamato a mescolare sapientemente “realtà e sentimento”.

Bompiani: Federica De Paolis,”Ti ascolto” chiudere gli occhi e vivere con le storie degli altri

Giulia Siena
Roma E’ strano leggere le movenze, i pensieri e gli atteggiamenti di un uomo dalla penna di una donna: le sensazione che percepisci sono aspre, dirette, proprio come le racconterebbe un uomo, ma si intersecano a descrizioni sentimentali e precise proprio come quando è la donna a raccontare. Questo è il terzo libro di Federica De Paolis, “Ti ascolto” edito da Bompiani.

Diego, il protagonista, peregrino perenne in fuga da qualcosa, deve fermarsi nella casa di famiglia senza nessuno che si prenda cura di lui. La monotonia del silenzio in cui è costretto viene spezzata dallo squillo del telefono: non c’è bisogno che le sue parole precipitino sulla cornetta, è il ricevitore che invoca ascolto. Il filo del telefono collega inaspettatamente Diego con i delicati intrecci di vite degli altri. Amicizie, storie, amori e sofferenze entrano nella cornetta del telefono per farsi ascoltare senza un nome e vivere senza un volto.

 

Così, le vite degli inquilini del suo stesso palazzo diventano anche la storia di Diego. Lui vuole vivere attraverso l’ascolto, celandosi dietro la sua buffa mascherina con la quale si aiuta a schermire la luce. Le storie degli altri lo coinvolgono, lo rinnovano, lo spronano a mettersi in gioco e a entrare nelle altre vite come un bisogno. I tasselli si riuniranno e il romanzo non smetterà di sorprendervi fino alle ultime righe dell’ultima pagina.
Fermarsi e chiudere gli occhi porta all’ascolto, regala quiete e riflessione: da qui alla decodificazione in parola è stato un passo semplice per una narratrice attenta come Federica De Paolis. La sua scrittura è compatta nello stile e agile nel gestire il congegno narrativo; in questo modo il lettore ha il posto da spettatore d’onore.

"La rivoluzione delle api". Serge Quadruppani per VerdeNero


Silvia Notarangelo
Roma “La rivoluzione delle api” è il titolo del nuovo  libro di Serge Quadruppani, pubblicato nella collana  noir di ecomafia di VerdeNero (Edizioni Ambiente): un romanzo dalla prosa scorrevole, in cui il lettore viene catturato non solo dalle immancabili indagini investigative ma anche da interessanti spunti di riflessione sul progresso scientifico e sulle sue, talvolta inquietanti, conseguenze.

Nella tranquilla Val Pellice un ingegnere e un apicoltore sono uccisi. Dietro entrambi gli omicidi una stessa, misteriosa firma “la rivoluzione delle api”. Che cosa hanno in comune? E, soprattutto, c’è un legame con lo sconvolgente disgregamento delle colonie di api?

A fornire una risposta a questi interrogativi ci pensa il commissario capo Simona Tavianello, persuasa a trattenersi in Piemonte dalla convinzione che, tra quelle montagne, “sta succedendo qualcosa di importante”. Determinata e dotata di notevole intuito, è lei a dare ascolto ai vari personaggi che, in misura diversa, contribuiscono a ricostruire il movente e a dare un nome all’assassino.
Tra gli indiziati, l’attenzione si concentra su un comitato di apicoltori spaventati dagli effetti devastanti dei pesticidi, e su una multinazionale, la Sacropiano, la cui attività di ricerca sulle nanotecnologie non passa inosservata.
In un susseguirsi di informazioni e foto rubate, telefonate segrete, interessi politici smascherati, la verità riuscirà a venire alla luce.
Se la rivoluzione delle api è cominciata ed è quindi “arrivato il momento di dire basta con l’apologia della supertecnologia”, forse, non resta altro che sperare in “una nuova forma di alleanza fra gli esseri viventi in cui l’uomo non sarà più al centro di tutto, ma una componente in mezzo alle altre”.

"Che intellettuale sei?" La figura dell’intellettuale di ieri e di oggi

Alessia Sità
ROMA – “Gli intellettuali sono sempre stati in competizione con i preti. Mentre i preti ti vengono incontro con il sorriso paternalistico di chi ha Dio in tasca e te ne offre un po’ a condizione che tu gli offra obbedienza, così gli intellettuali laici moderni si presentano al mondo come coloro che dicono la verità e difendono la libertà.”
Questo è quanto scrive Alfonso Berardinelli nel suo nuovo libro “Che intellettuale sei?”edito nel 2011 da Nottetempo, nella collana Gransasso.
L’autore tiene subito a precisare che ‘gli intellettuali non sono un gruppo, né un partito della verità: sono qua e là, non hanno potere, e se lo cercano si mettono al servizio di chi lo ha”. Schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra, però, sarebbe un controsenso, sarebbe come snaturarsi e perdere la misura di ciò che si è.
Berardinelli passa in rassegna ben tre tipi di intellettuali: il Metafisico, il Tecnico e il Critico. I primi ‘si credono e si vogliono Critici’; i secondi ‘a loro volta si sentono massimamente critici, realistici, concreti e privi e di pregiudizi (…)’ ; gli ultimi ‘nutrono infine la presunzione di essere criticamente i più coerenti, dato che non credono né di credere né di sapere (…)’.
L’analisi prosegue tenendo in considerazione anche i rapporti morali e letterari con la politica, ‘per il sociologo e il politico gli intellettuali sono una categoria, una serie di corporazioni e di gruppi di pressione’. Esiste, però, anche una sorta di contraddizione fra Cultura e Società, che già dall’Illuminismo ha contribuito ad alimentare l’immagine dell’intellettuale misantropo, ovvero ‘un individuo indocile alle buone regole della socievolezza’. Insomma, il dibattito affrontato dal critico letterario non sembra essere di facile soluzione, da una parte vi è l’idea di intellettuali intesi come ‘artisti del pensare e del sapere’ e dall’altra vi è l’immagine di misantropia che pare appartenere a questa pseudo ‘categoria di professionisti’.
Con una certa vena umoristica, dietro la quale sembra paventarsi anche una nota polemica, Bernardelli affronta un quesito culturale particolarmente interessante, descrivendo l’intellettuale di ieri e di oggi con tutti i suoi paradossi.

"E’ tutto normale"

Marianna Abbate
ROMA – Ho avuto un approccio distratto a questo libro. La sua copertina era tranquillizzante nei suoi colori pastello e nella sua fluttuante plasticità. Il titolo poi, mi ha del tutto rilassata “E’ tutto normale” mi ha detto di celeste Luciano Pagano, pubblicato da Lupo Editore
Eppure avrei dovuto insospettirmi: se tutto è normale perché ricordarmelo? Perché sottolinearlo in prima pagina? E cosa c’è di normale in una bambina che cammina sott’acqua tenendo all’amo un pesce?
Invece niente: non mi ha sfiorata il minimo sospetto.
Poi ho scoperto il segreto, poi un altro e un altro ancora. Finché il quadro non si è fatto completo, ma solo intorno a pagina 200.

Una coppia gay attende il ritorno del loro figlio Marco dalla seduta di laurea. E fino a qui tutto abbastanza normale, o perlomeno niente a cui non abbiamo mai pensato o immaginato potesse accadere. Deve portare a casa la sua anima gemella, maschio o femmina che sia. Kris.
Un nome che potrebbe significare tutto e niente. E’ tutto normale.
Riceverà in regalo una Porche. E’ tutto normale. Kris è una femmina. E’ tutto normale. La madre è morta poco dopo la nascita di Marco. La madre ha avuto una relazione con entrambi i suoi padri. La madre ha scelto di avere il figlio nonostante la malattia terminale che l’avrebbe portata alla morte. E’ tutto normale. 
Marco non è il figlio naturale di quello che crede essere suo padre ma del suo compagno.
Continua a convincerti che è tutto normale.
Se poi aggiungi che Kris proviene da una famiglia omofoba, tutto il tuo castello di carta della normalità potrà finalmente frantumarsi tirando un sospiro di sollievo. 
Perché se è vero che ogni famiglia ha i suoi segreti, il sottotitolo di questo libro potrebbe tranquillamente ispirarsi a un link di facebook: “E’ tutto normale. S’o dici te…”
E se qualcuno teme che gli abbia rovinato il libro non si preoccupi, ho lasciato intatto il colpo di scena finale.