Chi non ha mai cucinato con Sonia?

Marianna Abbate

ROMA – Cucinare a volte è una passione. A volte no. Anche seguire una ricetta può sembrare un ostacolo insormontabile: quanto è un pizzico di sale? mezzo bicchiere di farina intende un bicchiere da 20 cl o uno da 40? Sonia Peronaci ha avuto un’idea brillante. Rivoluzionaria. Come fare un uovo sodo? Devi aspettare che l’acqua bolle e poi poggiare l’uovo su un cucchiaio e immergerlo lentamente, poggiandolo sul fondo. E aspettare. Ma aspettare quanto? Nell’era di youtube e dei tutorial su qualunque cosa Sonia ha trasformato il nostro vivere in cucina. Possiamo sconvolgere i nostri amici con ricette originali che non pretendono alcun impegno reale grazie ai suoi video tranquilli e semplici che riempiono di giorno in giorno uno dei siti più famosi d’Italia: Giallo Zafferano.

Molti uomini che abitano soli proclamano a gran voce che Sonia li ha salvati da una frequenza quotidiana della tavola calda all’angolo.

Ma non lasciatevi ingannare: per Capodanno volevo, appunto, sconvolgere i miei amici con dei bellissimi macarones che mi hanno illusa con la scritta facile facile sul sito di Sonia. Eppure dopo ripetuti tentativi non ho potuto far altro che dichiarare il fallimento. Sarà perché non ho la tanto decantata planetaria o perché non ho usato il termometro da zuccheri, ma per me le paste a base di meringa rimangono un enigma.

Pertanto vi invito a non dimenticare tutti i consigli classici che le nonne tramandano, e se una cosa ha la fama di essere difficile non illudetevi che non lo sia solo perché Sonia ve lo dice sorridendo.

Ora è uscito persino un libro, che racchiude 130 delle sue ricette più cliccate, da quelle semplici alle più ricercate- indirizzato, più che altro, a tutte le signore che non usano internet e muoiono dalla curiosità di provare le sue ricette perché ne hanno sentito parlare.

Ma per chi internet lo sa usare, propongo di continuare a seguire le videoricette e, magari, comprarsi questa benedetta planetaria.

Tutti pazzi… per le stelle

Agnese Cerroni

Roma – Gli italiani, depressi per la congiuntura negativa di spread alle stelle e recessione all’orizzonte, si rifanno con le promesse ben auguranti degli astri. Così, nonostante la crisi economica, in edicola e libreria i tomi dei guru dell’astrologia sono andati a ruba: da Branko a Paolo Fox, da Astra a Rob Brezsny, in tanti sbirciano tra le profezie sperando di trovare qualche buona notizia.

Tutti pazzi per l’oroscopo quindi.Ma cosa avevano previsto gli oroscopi a Capodanno 2011? Tanta salute, prosperità, ricchezza e fortuna per tutti. E’ questo che abbiamo bisogno di sentirci dire? Anche se non è vero? Perché oroscopo, alla fine dell’anno, fa rima con “speranza”. Speranza nell’anno che verrà, speranza di essere assunti con un contratto a tempo indeterminato, di non essere più solo dei lavoratori precari, di innamorarci, di trovare l’uomo giusto, di sposarci, di avere dei figli.

E allora ci verranno in aiuto Paolo Fox, Branko e, come ogni anno, verranno rispolverate le profezie di Nostradamus e confutate le apocalittiche previsioni dei Maya che fanno del 21 dicembre 2012 l’ultimo giorno di vita sulla Terra.

Attesi e ormai punti di riferimento imprescindibili per chi è appassionato di astrologia, arrivano «L’oroscopo 2012» di Paolo Fox (Cairo, pag. 262, euro 15) e il «Calendario astrologico 2012» di Branko (Mondadori, pag. 200, euro 10).Come nelle sue trasmissioni televisive, Paolo Fox tranquillizza e fa riflettere, segnala le criticità e i punti di forza, non prendendosi mai troppo sul serio e ricordando costantemente ai suoi lettori che le stelle possono aiutare od ostacolare, ma artefici del nostro destino rimaniamo sempre noi.

Ma perché gli astrologi hanno tanto successo? Perché ascoltiamo le loro previsioni e acquistiamo i loro libri?
La ragione, secondo Claudio Sabelli Fioretti, l’autore del salace “antioroscopo” Stelle Bastarde e noto giornalista delle principali testate italiane, è una sola: “l’astrologia è una truffa, per poveri di spirito, gli astri se ne fregano di noi. Gli astrologi nel migliore dei casi sono degli abili psicologi che captano dai nostri sguardi l’ispirazione per parlarci di noi stessi. E poi sono degli adulatori”. Insomma, è arrivato il momento di dire basta a questa ipocrisia dilagante, di smascherare questo impero della menzogna e chiarire una volta per tutte come stanno veramente le cose: gli oroscopi sono stupendi, ma la vita fa schifo.

 

Dal più affascinante, ironico e preparato astrologo italiano Marco Pesatori ecco un volume che, oltre a essere un repertorio di piccole previsioni e suggerimenti per il 2012 segno per segno, come si conviene, è anche una lettura piacevole e divertente, densa di citazioni e suggerimenti che nulla hanno a che vedere con un’arte divinatoria spesso raffazzonata: 2012. Visioni e previsioni sul nuovo anno. Segno per segno (Feltrinelli, pag. 304, euro 14).

Un paragrafo originalissimo merita una citazione a sé: Se il mondo finiscese si avvererà la profezia dei maya voi come affronterete questo fastidioso imprevisto?
E allora eccoci lì a leggere gli oroscopi per segnare le cose più belle, per farci qualche risata o per sorridere credendoci almeno un po’…

Santificare le feste… con gusto!

Agnese Cerroni
ROMA – Un giro del mondo a tavola, un tuffo nei menù e nelle tradizioni gastronomiche della cristianità. Pietro Semino in Santifica le feste … a tavola!Menù e tradizioni da tutto il mondo (Ancona Editore) ci guida fra le tavole imbandite delle varie chiese e confessioni (a occidente e a oriente di Roma), illustrandone con competenza la simbologia, le radici storiche, gli usi e costumi, e dando pratiche ricette da eseguire passo passo.

Partendo dalla festa della Resurrezione fino al Natale e passando per Capodanno e Epifania . Si gustano i tipici menù della tradizione Ortodossa, Copta o di quella Caldea. Ricette di livello medio, eseguibili con facilità grazie anche al reperimento degli ingredienti o ai consigli sui succedanei equivalenti. In fondo al testo un glossario in ordine alfabetico descrive i cibi più esotici e poco conosciuti.

La pace nel fiume

sidStefano Billi

ROMA – Alcuni sono convinti che esistano libri belli e libri brutti. O meglio, che alcuni libri siano più belli di altri. Come dar loro torto?

E’ innegabile che ci siano dei testi che sanno emozionare ogni uomo nel suo io più profondo, e che inoltre sappiano far aprire gli occhi al lettore. Perché l’individuo del nostro tempo spesso non vede, o vede male. E anche se osserva il mondo, spesso non lo capisce.

Ecco che allora la letteratura – quella che eleva lo spirito – diviene il faro che rischiarai giorni bui, il grimaldello che scardina la volgarità culturale che accompagna questo tempo di crisi di valori.

All’interno di quella letteratura, fulgido esempio è “Siddharta”, insostituibile romanzo di Herman Hesse, edito in Italia da Adelphi.

A voler dare una descrizione sommaria del libro, si potrebbe riassumerlo nella storia di un giovane indiano che fatica a trovare il senso della propria esistenza. Ma questa sarebbe davvero una descrizione sommaria, e sicuramente riduttiva.

“Siddharta” è qualcosa di più: è la narrazione dei profondi travagli interiori di un uomo, che scopre la fragilità della sua purezza giovanile, che sperimenta il dolore provocato dalla perdizione morale.

Adolescente in cerca del sapere profondo, il protagonista della vicenda – il cui nome rispecchia il titolo del racconto – lascia la casa del padre per diventare adulto, ma al passare degli anni non corrisponde una simultanea crescita della coscienza, e così Siddharta assaggia il sapore amarissimo del fallimento, della mancata realizzazione di quello che si sarebbe voluti essere.

Ma proprio sull’orlo del declino, il protagonista ritroverà se stesso, segno che il cammino verso la saggezza è lungo ma raggiungibile, al volenteroso che lo intraprende.

Herman Hesse crea così un romanzo indimenticabile, la cui lettura riesce a forgiare soprattutto gli animi dei giovani. Difatti, attraverso le pagine immortali di “Siddharta”, proprio i ragazzi possono capire tutto il disagio di chi ha smarrito se stesso, in cerca di un’emancipazione che poi si è rivelata soltanto un abbandono della propria purezza. E così “Siddharta” può educare il lettore a comprendere se stesso, ascoltando il rumore del fiume e del mondo, che poi è il senso della rinnovata meditazione del protagonista della storia. Allora davvero si fa chiaro come anche un barcaiolo, un umile personaggio fluviale, possa diventare un maestro che spinge alla profonda meditazione sul senso della vita.

Asciutto nei dettagli, ma chiarissimo nella sua scrittura, questo libro merita comunque di essere letto, a qualunque età, perché ha il grande merito di lasciare una sensazione di appagante serenità. Quella stessa letizia che è cardine delle filosofie orientali e in particolar modo della religione buddista, sottofondo di tutta la vita del protagonista.

“Siddharta” è uno di quei bei libri che andrebbero assolutamente letti, ed auspicabilmente riletti, come una tappa fondamentale nella vita di ogni uomo. Perché non ci si improvvisa adulti, né tantomeno si cresce solo dal punto di vista anagrafico. Proprio per questo Herman Hesse ha regalato all’umanità una storia di crescita interiore. Proprio per questo, tra le tante cianfrusaglie che circondano i vasi degli alberi di Natale, “Siddharta” può rappresentare il dono più straordinario che si possa ricevere.

Buon compleanno Generale Giap

Agnese Cerroni

Roma – In occasione del centesimo compleanno dell’autore, Sandro Teti Editore ha deciso di ripubblicare il volume “Masse armate ed esercito regolare”, uno dei grandi testi di filosofia del conflitto (“scienza militare” sarebbe riduttivo) del XX secolo, summa concettuale del maggiore interprete della “guerra di popolo”, il generale vietnamita e teorico marxista Vo Nguyen Giap

Fu lui lo stratega e organizzatore che combatté il fascismo giapponese in Indocina (1942-45), portò l’esercito del Viemihn ad annichilire il colonialismo francese (Dien Bien Phu, 1954), diresse per lunghi anni la guerra contro l’imperialismo USA fino all’umiliante disfatta di quest’ultimo (Saigon, 1975) ed ebbe un ruolo-chiave nella deposizione del regime di Pol Pot in Cambogia (invasione militare del 1978).

Corredato dalla prefazione di Luciano Canfora (curatore della collana “Historos”, dov’è contenuto il testo) e dalla postfazione di Tommaso De Lorenzis (fra le altre cose da anni compagno di strada e di scrittura dei “Mu Ming”), per i curatori il libro punta a “riproporre un classico del pensiero militare, all’incrocio tra rigore filologico, aggiornamento critico e divulgazione pop. Nel rivolgersi a vecchi e nuovi lettori, il testo diventa l’occasione per un ragionamento a tutto campo sui significati metaforici della figura del Guerrigliero, da Spartaco ai giorni nostri, “e sulle icone dell’epos moderno nella società della comunicazione di massa”. 
La copertina del libro mostra il generale in piedi accanto a Ho Chi Mihn, “Colui che rimane sveglio quando tutti dormono”, protagonista del prologo di Asce di guerra.

“Un uomo finito”- si è un po’ vecchi a trent’anni

Marianna Abbate
ROMA – E’ qualche settimana che mi porto dietro Un uomo finito di Giovanni Papini, tanto da stimolare la curiosità di mia sorella che mi ha chiesto candidamente se trattasse di Berlusconi. No, non tratta di Berlusconi, anche se potrebbe tranquillamente farlo, dal momento che l’argomento principale sono le manie di grandezza. L’edizione Vallecchi in mio possesso rientra pienamente nei canoni della consueta rubrica vintage della domenica di Chronicalibri, in quanto risale al 1958 e l’ho acquistata su una bancarella di Portaportese.

Veniamo dunque a noi. Giovanni Papini fu tra i fondatori della rivista Leonardo nel 1903, con Prezzolini e Vailati. Si distinse per la sua saggistica filosofica e per le polemiche con Croce.

La sua mancata fama letteraria ai nostri tempi, è probabilmente legata alla sua adesione al fascismo- probabilmente più formale che ideale.

Un uomo finito risale al 1913 ed è uno scritto autobiografico. Papini cerca disperatamente di raggiungere le vette artistiche di Shakespeare e Alighieri, per poi rimanere deluso di non essere riuscito a raggiungerle.

Il libro è composto da una miriade di capitoli, che si dipanano in parti, come in una partitura, andante, appassionato, solenne, tempestoso… Una struttura interessante anche dal punto di vista stilistico. Eppure la lettura non è facile, e mi trovo d’accordo con alcune recensioni che lo vedono più vecchio di qualche decennio rispetto agli scritti di Pirandello.

Rimane tuttavia un libro molto interessante, che ci regala un ritratto dell’Italia del primo Novecento, un po’ polemico e deludente, dandy e annoiato.

La Roma di mio padre: viaggio emotivo nella città eterna


Agnese Cerroni

ROMA – Può un padre lasciare un segno così indelebile da indurre suo figlio a seguirne il solco per tutta la vita? Questa la domanda che si pone Fernando Alcitelli in Sulla strada del padre (Cavallo di ferro editore)


Spinto dal ricordo intenso del genitore, il figlio ci porta con sé in un emotivo viaggio a piedi attraverso le strade di Roma, partendo dai resti della città antica per arrivare fino alla periferia sud (quella dove con il padre ha condiviso l’amore per il calcio e i racconti della guerra), passando per i quartieri che hanno da raccontare qualcosa sul suo passato. Il figlio attraversa rioni e strade seguendo la scia della memoria, rievocando nella mente le parole paterne, come a ricostruire il dialogo di un tempo. Gli sembra di leggere quelle parole sui muri e sui monumenti della città, anche dove tutto è cambiato e l’immagine nel la mente è lontana.
Roma diventa allora non solo il museo al l’aperto della storia collettiva, ma anche il museo di una storia individuale, l’affresco dei frammenti della giovinezza pa ter na «donata alle armi» e devastata dalla guerra, dalla pri gionia nel campo di concentramento. Con il suo nitore poetico, na to per restituire il sublime delle cose semplici, Fernando Acitelli ha raccontato un viaggio nella Roma presente che si fonde con le immagini ricordate e fotografate della Roma post-bellica, ma che è an che e so prattutto un pellegrinaggio alla ricerca del padre.

Indovina chi viene a cena: grandi autori a tavola


Agnese Cerroni

ROMA – Falsi di gusto (Edizioni Protagon) è, fin dal titolo rivelatore, un gioco che chiede la complicità di chiunque ami le buone letture, e abbia scelto i suoi personali eroi tra i protagonisti dei più celebri romanzi di ogni tempo. Quindici racconti brevi o addirittura fulminanti, ‘scritti alla maniera’ dei grandi della letteratura mondiale: da Leone Tolstoj a Carlo Emilio Gadda, da James Joyce a Ernest Hemingway, da Marcel Proust ad Andrea Camilleri, da Emily Bronte a Jorge Luis Borges. Non banali copie di originali inimitabili, non clonazioni insensate, ma libere interpretazioni che non possono prescindere dallo stile di scrittori immortali. I quali, cavalcando allegramente le unità di tempo di luogo e di azione, si ritroveranno tutti a tavola, insieme ai loro personaggi, per gustare le buone ricette della cucina toscana. L’ironia di uno stile paradossalmente originale riscatta l’arbitrarietà dell’operazione, le splendide illustrazioni di Gianluca Biscalchin, che vibrano di geometrie visionarie e stillano intelligenza, si coniugano perfettamente alla leggerezza, elegante e niente affatto flebile, dei testi.

Un viaggio dell’altro mondo: Argentina no stop

Agnese Cerroni

ROMA -Dall’estremo nord, al confine della Bolivia, fino alla Tierra del Fuego, la guida Argentina:spazi sconfinati e ghiacciai perenni (edizioni Polaris) descrive il paese in tutta la sua lunghezza segnando il confine con il Cile ed esibendo una varietà di paesaggi unica al mondo, dagli altopiani desertici del nord-ovest e del Cuyo (regione dei deserti in lingua indigena), dove vulcani più o meno quiescenti sfumano con le pendici nell’immacolato riverbero di immensi salar o nelle acque cristalline di lagune colorate di rosa dalle piume dei fenicotteri, con valli, canyon e montagne dagli incredibili colori, fino alle regione dei laghi, dei boschi, dei ghiacciai della Patagonia.

Qui si trovano i parchi di Ischigualasto e Talampaya, dove le pieghe e i colori delle rocce scolpite dal vento racchiudono uno dei giacimenti paleontologici più importanti del mondo. Più a sud, oltre le valli di La Rioja, San Juan e Mendoza, che danno vini di rinomanza internazionale, nelle Ande centrali si eleva, massima cima del continente americano, l’Aconcagua. Al confine con il Paraguay si estende l’immensa e impenetrabile foresta di spine del Chaco, mentre tra i fiumi Paraná e Uruguay le fertili terre rosse, le lagune e paludi della Mesopotamia, avvolgono nella cortina di verde esuberante della selva tropicale le spettacolari Cataratas del Iguazú e le rovine delle Missioni Gesuitiche, testimonianza della feconda opera di evangelizzazione della Compagnia di Gesù.

Centro geografico ed economico del Paese, la pianura della Pampa offre la magia degli spazi immensi e degli orizzonti infiniti: questa è la terra dei gaucho e della tradizione. Ad ovest la Pampa si eleva nelle sierra di Córdoba, che nelle valli fertili accoglie templi ed estancia dell’epoca coloniale. Il litorale atlantico, disegnato da alti precipizi dalle forme sinuose e da spiagge interminabili, scaldato dalla corrente del Brasile, si anima a nord di vivaci centri balneari che, oltre il Río Colorado, a sud del 39° parallelo, svaniscono travolti dai freddi venti dell’Antartide per lasciare padroni delle coste uccelli e mammiferi marini.

Qui Península Valdés si estroflette coraggiosamente ad affrontare le onde e dare rifugio a pinguini, otarie, elefanti di mare, balene ed innumerevoli colonie di uccelli marini, e Punta Tombo accoglie lo stridio di milioni di pinguini. Arriviamo fino alla Tierra del Fuego, con gli immensi laghi della Cordillera, e tra questi uno dei pochi ghiacciai al mondo ancora in fase di crescita: il Glaciar Perito Moreno. Infine le Malvinas e l’Antartide.