“Erano come due notti”, le parole buie della speranza

recensione di erano come due notti_orecchiacerbo_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
“Erano come due notti: la notte e il mare nero come la notte che ci viene addosso. Tutti pregavano, musulmani e cristiani, pregavano anche quelli che non credono”. La notte è sempre buia quando si deve intraprendere un viaggio e lo diventa più del solito quando il viaggio è di speranza. “Erano come due notti” è un racconto corale di emigranti – quindi immigrati – che raccontano attraverso brevi frasi la propria “apocalisse”. Il volume, stampato in serigrafica, cucito e rilegato a mano, è promosso da Orecchio Acerbo Editore, Cemea del Mezzogiorno Onlus, Asinitas Onlus e pubblicato dalle Edizioni Libri Serigrafici E altro.

“Erano come due notti” parla di una oscurità doppia, multipla, quasi infinita: il buio di un passato doloroso, di un presente di difficoltà e di un futuro incerto. Nonostante tutta questa apparente negazione della vita le voci che costruiscono questo racconto fuggono dalla guerra, dalla miseria e dalle sofferenze e affrontano dei viaggi dilanianti. E’ questo il loro buio: un viaggio che per arrivare alla speranza e alla salvezza deve oltrepassare con coraggio naufragi, carceri e confini. Un racconto di tante differenti lingue e culture per raccontare una sofferenza comune, priva di immagini stereotipate da telegiornale ma piena di realtà.

 

“L’età d’oro dei viaggi”

L'ippocampo_chronicalibri_età dell'oro viaggiROMA“L’età d’oro dei viaggi” è un cofanetto elegante e intenso di Gérard Piouffre pubblicato da L’ippocampo. Napoli, Marsiglia, Genova, Liverpool, Amburgo si allontanano. Tra qualche giorno, all’orizzonte apparirà un altro porto: quello di New York, d’Algeri o di Alessandria d’Egitto.  Tra qualche settimana si arriverà a Bombay, a Singapore, a Yokohama oppure a Rio, via Dakar…
All’alba del XX secolo, i mari e gli oceani vengono solcati dai piroscafi delle grandi potenze marittime, prime fra tutte l’Inghilterra, cui l’immenso impero coloniale offre vasti sbocchi. E la competizione tra le Compagnie comincia: i transatlantici si fanno sempre più veloci e grandi, ci sono quelli della P & O, dai tipici fumaioli dipinti di giallo, il Mauretania e il Lusitania della Cunard, l’Olympic e il Titanic della White Star… senza dimenticare il Rex, orgoglio dell’Italia fascista, che strappa il mitico Nastro Azzurro  nel 1933. Con eccezionali documenti d’archivio, ecco un secolo di navigazione a vapore, sei grandi rotte marittime da percorrere, dalle tempeste dell’Atlantico  alle aurore del Pacifico, dagli scali tropicali ai ghiacciai del Grande Nord. (scheda libro a cura della casa editrice)

“Filosofia della montagna”

ROMA – La montagna in tutti i suoi molteplici aspetti, esaminata da una prospettiva filosofica. Per Tomatis, professore di Ermeneutica filosofica, l’ambiente montano aiuta a comprendere e a risolvere le questioni centrali della vita umana perché sulle vette tutto riesce a essere colto compiutamente, con profondità e con partecipe distacco come in una prospettiva dall’alto. Attraverso le proprie esperienze, l’autore elabora un pensiero che ritrova una dimensione di libertà e di pace, in grado di porre in dialogo anche le differenti culture della Terra, perché, come ebbe a dire un alpinista d’altri tempi: “La montagna è dei buoni.” Chiuso il libro, al lettore parrà d’aver raggiunto veramente alcune tappe di un percorso spirituale. (scheda libro)

Il Kenya nelle pagine de “Il signore delle pianure”

Silvia Notarangelo
ROMA– L’Africa, terra d’adozione dello spagnolo Javier Yanes, è al centro del suo romanzo d’esordio, “Il signore delle pianure” (Tea). Curro Mencía aveva dieci anni quando ascoltava rapito i racconti del vecchio Hamish, pieni di vegetazione esotica e di esploratori, di cieli sconfinati e di savane, di leoni uccisi e di trofei di caccia. La nonna, l’adorabile e indomabile Uke, era morta da poco, e Hamish, uno scozzese dai capelli rossi scomparso negli immensi spazi africani dopo averla messa incinta, era inaspettatamente tornato per renderle omaggio. Nelle poche settimane in cui si era trattenuto prima di scomparire nuovamente nel nulla, quel nonno che non aveva mai conosciuto era riuscito a instillare in Curro, attraverso i suoi affascinanti racconti, un’insopprimibile e misteriosa nostalgia, chiamata mal d’Africa. Quando, molti anni dopo, viene messa in vendita la residenza nei pressi di Madrid che da generazioni appartiene alla sua famiglia e che insieme a essa sta andando in rovina, in Curro si riaccendono i ricordi sopiti. Perché quella è ben più di una casa, è un universo intero che racchiude i ricordi di un’infanzia piena di avventure, di affetti e di mistero: è lì che Curro ha conosciuto fugacemente il suo bizzarro nonno ed è da lì che intende ripartire alla ricerca di indizi che glielo restituiscano. Un viaggio sulle tracce delle proprie radici che lo porterà fin nel cuore del Kenya, all’appuntamento da troppo tempo rimandato con il «signore delle pianure»…

"Nel tuo deserto", la storia di un viaggio indimenticabile


Silvia Notarangelo
Roma – Pensare spesso a momenti vissuti, senza trovare il coraggio e i modi di raccontarli per paura di rovinarne il ricordo. E’ questa la sensazione che ha accompagnato Miguel Sosa Tavares per oltre vent’anni prima di riuscire a rivivere, mettendo nero su bianco, quel viaggio indimenticabile. Non è il Sahara, non è l’entusiasmo del reportage, a renderlo così speciale è Claudia, la sua giovane e inaspettata compagna di viaggio. “Nel tuo deserto”, pubblicato da Cavallo di Ferro Editore, è la storia del loro incontro, di una brevissima convivenza forzata che saprà regalare ad entrambi irripetibili emozioni.

Sono diversi, Miguel e Claudia, attraversano momenti della vita diversi, cercano e vogliono cose diverse. Claudia è partita per distrarsi, per allontanarsi da “un altro deserto senza fondo” in cui sentiva di precipitare, Miguel per lavoro, per raccontare e filmare la magia del Sahara. Claudia è dolce, vulnerabile e, a tratti, un po’ infantile, Miguel è sicuro di sé, attento e orgoglioso. Una combinazione apparentemente esplosiva.
Eppure bastano pochi giorni per rendersi conto di quanto le differenze li uniscano, di come, in quel preciso momento, ognuno sembri avere un terribile e, talvolta, inconfessato, bisogno dell’altro. Miguel diventa la guida e Claudia il suo sostegno, quando lui decide, lei, incondizionatamente, lo appoggia. Non lo ammettono, ma, a poco a poco, nasce in tutti e due la consapevolezza di condividere un’esperienza unica, in cui persino le parole diventano un inutile accessorio. Sono, così, i silenzi ad accompagnare, spesso, il tempo che passano insieme. Nell’abitacolo di una jeep o in una piccola tenda, sopportando il freddo e il caldo, le giornate trascorrono velocemente tra imprevisti burocratici, riprese televisive e lunghe serate dedicate a contemplare le stelle. Ma tutto passa troppo in fretta e il ritorno alla routine quotidiana segna il definitivo allontanamento tra i due.
La distanza temporale, e non solo, è ormai tanta, ma l’autore, ancora oggi, sembra a tal punto coinvolto da confessare alla fine del libro: “Ci sono viaggi senza ritorno né repliche ed io non tornerò mai da questo viaggio”.

"Siamo state a Kirkjubaejaklaustur", fuggendo tutto e tutti (tranne sé stessi)

Giulio Gasperini
ROMA
Un reportage, più intimo che sentimentale, di un viaggio in Islanda, terra remota e d’arcane definizioni, redatto da Valeria Viganò: ecco “Siamo state a Kirkjubaejarklaustur” (paese che, se pur tentando, non può nulla, in lunghezza, con Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, in Galles), pubblicato da Neri Pozza nella collana Il cammello battriano nel 2004. Due donne italiane partono per un viaggio on the road, desiderose di spazi vuoti e vuoto di rumori, di orizzonti sconfinati e vaporosi, del sotto che si confonde col sopra, e delle direzioni che paiono stordirci ma non depistarci.


La loro guida è Auden, che viaggiò in Islanda, beandosi della sua latitanza, e scrisse delle struggenti Letters from Iceland, nelle quali si scontorna il limite tra percezione sensoriale, visione paesaggistica ed evoluzione sentimental/esistenziale.
Cosa spinge due donne a sfidare l’Hringvegur, l’unica superstrada d’Islanda, la numero 1, che da Reykjavik torna a Reykjavik dopo aver compiuto un giro di perfetto anello? Cosa le costringe a meravigliarsi di fronte allo sterminato orizzonte di ghiacci, che le obbliga a confrontarsi con il nulla, col deserto che, solo, stabilisce le leggi e regola i limiti?
I luoghi desertici, che siano aridi o gelidi, impongono agli uomini una terribile violenza: il trovarsi di fronte a sé stessi, senza salvezze né vie di fuga. Noi, nel deserto, siamo gli unici nostri interlocutori. Ecco perché, qualche volte, in un qualche momento per tutti differente, sorge in noi il desiderio, se non addirittura il bisogno imperativo, di smarcarsi dall’umanità, di disertare il consorzio civile per ritrovarsi con noi stessi, e per riflettere sulle proprie condizioni e suoi propri spasimi. Per dare risposta alle domande, o magari solo per bearsi delle domande senza risposta.
L’Islanda pare una terra appropriata, per fare questo. Perché non si incontrano macchine per chilometri, perché la tecnologia pare ingoiata dalla natura, perché il mondo, quello continentale, pare lontanissimo. Ma anche qui l’uomo rovina, la natura soccombe. E questa pare una delle sole conseguenze che non hanno soluzione. Un peccato per la remissione del quale non esiste nascondiglio mai troppo lontano.

In viaggio anche a tasche vuote: "101 cose divertenti, insolite e curiose da fare gratis in Italia almeno una volta nella vita"

ROMA Nelle proprie città, nei luoghi di vacanza, al mare come in montagna. Basta saper cercare. A volte sono sotto i nostri occhi e non ce ne accorgiamo. In queste pagine ho cercato di segnalare le cose più curiose, per offrire una mappa ben chiara da Nord a Sud.”
In Italia sono innumerevoli le possibilità di godere di un posto speciale, di toccare con mano un pezzo di storia, di ammirare un’opera d’arte, di fotografare una rarità, di assaggiare un prodotto tipico, di divertirsi senza “tirar fuori un euro”. E oggi più che mai vale la pena approfittarne. A guidarvi in questo viaggio è Isa Grassano con “101 cose divertenti, insolite e curiose da fare gratis in Italia almeno una volta nella vita” pubblicato da Newton Compton.
Per farvi riscoprire il meraviglioso mondo della “spesa a costo zero”, abbiamo scelto luoghi poco conosciuti ed esperienze emozionanti, sagre e manifestazioni, chiese e palazzi, musei ed eventi, percorsi e itinerari, tutti unici e liberamente fruibili. Attraversando il Belpaese ci si può immergere nella magia della Death Valley lucana o respirare l’atmosfera lunare del Parco delle Biancane in Toscana. Seguire le orme di san Francesco nel cuore dell’Umbria o essere un ospite illustre alle feste popolari in cui si celebra il matrimonio tra il tronco e la cima. Incontrare autori celebri in Alta Badia o ammirare le sculture di sabbia sul litorale di Cervia. Suonare un enorme campanaccio o scatenarsi al ritmo frenetico della Taranta. Ritornare bambini viaggiando tra cavalli giocattolo, fi gurine e cuchi. E ancora, inseguire la fortuna che non basta mai, provando a sfi orare il cappello di uno gnomo, o portando via un pezzo di carro benedetto, fi no a cimentarsi nella ricerca dell’oro.

Terre di Mezzo editore ci accompagna "a Santiago lungo il cammino portoghese"

Giulio Gasperini
ROMA –
Strade diverse portano comunque a mète note. Santiago di Compostela è destinazione oramai prospera e certa. Per arrivarci, tradizionalmente, si parte da Puente alla Reina, una piccolissima località della Navarra, e si percorre il cosiddetto Camino Francés. Ma già anticamente le strade che conducevano alla tomba dell’apostolo Giacomo erano molte di più. Una di queste era il Camino Portugues, che la Terre di Mezzo Editore ci illustra nel libro “A Santiago lungo il cammino portoghese”, scritto da Irina Bezzi e Giovanni Caprioli, e pubblicato nella collana Percorsi.


La strada, lunga 650 chilometri, parte da Lisbona, la magnifica capitale portoghese, dal tratto urbano nervoso e nostalgico d’un passato di potenza coloniale, (“Lisbona è una delle città più belle del mondo”, scrisse Carolina Invernizio), e sconfina in Spagna, fino ad approdare in uno dei tre grandi luoghi del pellegrinaggio cristiano.
I 650 chilometri del percorso di srotolano su una terra ancora di natura indomita, poco contaminata, che conserva, per molti aspetti, il carattere di purezza. Tanti, inoltre, i luoghi attraverso i quali si può passare: a partire da Fatima, altro grande centro spirituale e religioso, per finire alla graziosa e fascinosa Porto (il cui centro storico è stato dichiarato, nel 1996, Patrimonio dell’Umanità), oppure in importanti luoghi artistici come Coimbra.
Ma il libro di Terre di Mezzo Editore non dà soltanto informazioni e chiarimenti sui luoghi visitati e da visitare; offre tutta una serie di informazioni pratiche, utilissime al viaggiatore che, zaino in spalla, si appresta a intraprendere un cammino d’avventura. Dove dormire, cosa portarsi, cosa può diventare assolutamente necessario o assolutamente inutile, quanto si spende (e tracciare in tutta tranquillità un preventivo delle spese).
Ci sono informazioni, inoltre, indispensabili per chi voglia intraprendere il viaggio in bicicletta: utili, in questo senso, saranno le cartine, le distanze tappa per tappa e le indicazioni dei luoghi dove trovare ospitalità, corredati da informazioni tecniche e pratiche.
Insomma, se quest’estate avrete il coraggio di optare per un viaggio alternativo, il libro della Terre di Mezzo editore vi sarà assolutamente indispensabile: perché la mèta potrà pur rimanere sempre la stessa, ma le strade per arrivarci sono infinite.

“Il Medico da Viaggio. Partire sicuri senza riempirsi di farmaci e di vaccinazioni inutili”: una guida sicura per le v


Alessia Sità
RomaPartire per le vacanze è sempre una grande gioia, ma abituarsi ai nuovi ambienti o seguire consuetudini completamente diverse dalle nostre non è facile . Per evitare lo stress delle partenze difficili e per imparare a reggere nel migliore dei modi i repentini cambi climatici, evitando di scontrarsi con l’imprevisto, leggete “Il Medico da Viaggio. Partire sicuri senza riempirsi di farmaci e di vaccinazioni inutili” di Alfonso Anania, edito nel 2011 da Polaris. Scoprirete le profilassi e le terapie da adottare per non trasformare la vostra permanenza in un vero incubo.

Grazie alla rapidità dei voli aerei oggi è possibile spostarsi in poche ore da un capo all’altro del pianeta, ma non è altrettanto facile mutare repentinamente le abitudini di vita e di alimentazione, sopportare improvvisi e significativi cambi di altitudine, temperatura e clima e, non ultimo, proteggersi da malattie sconosciute. In un’epoca di globalizzazione il concetto di regionalizzazione dei problemi sanitari e in particolare delle patologie infettive potrebbe sembrare superato, ma, se si escludono le grandi pandemie virali, non lo è affatto.
Anche se si sente spesso parlare di zanzara tigre e di anofele, di malattie esotiche come chikungunya, dengue, West Nile virus e SARS, in Italia, come nella maggior parte dei cosiddetti Paesi industrializzati, lo stile di vita della popolazione e l’esistenza di strutture sanitarie capaci di diagnosticare e trattare queste malattie esotiche ne impediscono la diffusione.
In viaggio la situazione è diversa, e sorge spontaneo domandarsi quali sono i rischi sanitari per il viaggiatore internazionale? Conseguentemente quali le precauzioni, i comportamenti, le profilassi e le terapie da adottare per non trasformare il paradiso esotico in un inferno e i sogni in incubi, e diventare un veicolo di infezione una volta tornato a casa?
Scopo di questo manuale è offrire regole, suggerimenti ed informazioni ai viaggiatori internazionali, ovvero cosa fare e soprattutto cosa non fare prima, durante e dopo aver intrapreso un viaggio per qualsiasi destinazione del mondo, attraverso la descrizione dei rischi generici e specifici che si possono correre alle diverse latitudini e nei diversi continenti, delle malattie più frequenti e della loro epidemiologia, nonché consigli su eventuali vaccinazioni e profilassi e quando rivolgersi al proprio medico di fiducia o ricorrere a uno specialista in Medicina Tropicale.
Alcune di queste regole saranno familiari a back-packers, globe trotter di lungo corso e agli amanti dei viaggi-avventura estremi, ma ricordarle è utile: non si può certo dimenticare che statisticamente sono proprio l’eccessiva sicurezza e la superficialità a creare i maggiori problemi e gli incidenti banali ad avere le conseguenze più tragiche.

"Papà Mekong", dove ancora si può scommettere sull’intima bontà dell’uomo.

Giulio Gasperini
ROMA –
Arduo è scrivere un romanzo che abbia come argomento i viaggi. Perché si rischia di essere pedanti, di scrivere inutili glosse, di voler dare troppe informazioni che pertengono più a una guida turistica che non a un prodotto di finzione narrativa. Corrado Ruggeri, consumato giornalista ed esperto viaggiatore, ha pubblicato per
Infinito Edizioni, casa editrice dalla vocazione del sociale, “Papà Mekong” (2011, collana Grandangolo), un libro che su questi due fronti (guida vs. romanzo) si dondola con misura e sobrietà.
È una storia, quella di “Papà Mekong”, che si orchestra tramite l’allacciarsi e l’intersecarsi di tante altre storie: tante individualità che, spesso gravate da un passato ingombrante e prepotente, si trovano a toccarsi, anche solo a sfiorarsi, in una progressione alla casualità che pare piuttosto un disegno geometrico del destino.

Silvia è la donna che trova un messaggio del padre, morto da anni, e principia a indagare nell’Oriente sulla vera persona del padre; Amina è la ragazza che attraversa un’infanzia difficile e spietata e trova conforto spirituale nel lavoro a Kalighat, dalle Missionarie della Carità, e conforto sentimentale tra le braccia del giovane dottore Peu; Pietro è l’uomo d’affari italiano con un passato oscuro, e un ancor più oscuro avvenire; Wong è la donna che si prostituisce per vivere, e rimane vittima innocente del suo primo e vero (quanto magari involontario) amore. Tutte storie nelle quali la lontananza gioca un ruolo fondamentale, e nelle quali in qualche caso si trasforma in un crudele addio, in altre sa evolversi e coniugarsi in un’attesa più pura e proficua.

Corrado Ruggeri né giudica né valuta. Soltanto, si fa burattinaio, abile tessitore di fili – in qualche caso fors’anche troppo prevedibili o esasperati – d’una vita che sa rifiorire anche in luoghi di dolore e di sofferenza, tra i lebbrosi della mitica Kolkata o tra i bambini orfani d’una terra martoriata da guerre inspiegabili. Su tutti questi travasi di sorte e su tutti questi frammenti di dolore domina quella che una giovane donna, ostaggio dell’odio immotivato, definì “l’intima bontà dell’uomo”: la capacità, cioè, di rendersi partecipi del dolore degli altri (la nobile compassione!) e di attivarsi affinché il dolore non rimanga soltanto una fotografia, una denuncia sterile, ma possa significarsi in un domani migliore, in un altro giorno che non sia manifesto di propaganda né pura retorica. E tutto questo Ruggeri lo fa mai scivolando nel sentimentalismo, in cui così facilmente si può sprofondare descrivendo storie come questa.
Forse l’autore esagera troppo le casualità, che sono chiamate a edificare un destino; ma il risultato (e il messaggio finale) si smarcano decisamente dalla fiction narrativa, per rappresentarsi indipendenti e per veicolare il messaggio più nobile di tutti: il rispetto d’ogni vita e d’ogni dignità, a ogni latitudine e longitudine.