“Un lavoro nuovo di zecca”: Cristiano Bacchieri per Volevamo solo ridere, Racconti d’Estate

“Un lavoro nuovo di zecca”
CRISTIANO BACCHIERI – Ripensando alla mia fugace carriera di bambino, mi tornano alla mente pochi episodi salienti, ma molte sensazioni. Ricordo chiaramente che il desiderio più grande e ricorrente era uno solo: essere “grande”. Perché gli adulti si divertivano molto di più: potevano andare dove volevano, dire ciò che volevano e mangiare gli spinaci solo se volevano. Che conquista!
Il modo migliore per sublimare quell’ardente desiderio, io e i miei due cuginetti lo trovavamo giocando “ai mestieri”. Mia cugina, che ha la mia stessa età, solitamente gestiva un bar o un ufficio postale (o, spesso, entrambi). Mio cugino, di un anno più piccolo, era generalmente percepito come presenza non gradita. Infatti non ricordo nemmeno che mestiere facesse. Qualcosa di manuale, comunque.
Adoravo quel gioco, mi faceva sentire parte di una piccola comunità. Avevo, però, un approccio al mondo del lavoro molto diverso da quello che avrei avuto da “adulto”. Mostravo una certa ossessione per il denaro: la mia attività principale, infatti, consisteva nello “stampare” banconote in quantità industriale. In fondo era semplice: bastava strappare un pezzo di carta e disegnarvi un “1” seguito da tanti zeri (la cara vecchia lira). Forse quell’ossessione era legata all’essermi reso conto presto che ogni cosa bella, buona o luccicante (la felicità, insomma), aveva un prezzo. E i soldi parevano non essere mai abbastanza, almeno a giudicare da ciò che dicevano i miei genitori nei loro discorsi, dove il concetto di denaro era spesso associato a una preoccupazione, una mancanza o una rinuncia.
La mia attività “ufficiale”, comunque, era quella di banchiere. Il denaro, dopo tutto, era il mio mestiere (come cambiano le cose…). Dopo aver predisposto l’ufficio, dotandolo di una cassa, e aver prodotto un discreta fortuna in banconote, come ogni professionista che si rispetti partivo alla volta del bar per concedermi una meritata pausa caffè (roba da grandi!), stipando tutti i miei averi in un astuccio di stoffa giallo, grazioso omaggio trovato all’interno di un prodotto acquistato da mamma. Profumava ancora di detersivo…
Dopo aver scambiato due chiacchiere con la piccola barista, tornavo al lavoro e mi dedicavo ancora un po’ alla mia fiorente attività di conio, ignaro della grave spirale inflazionistica a cui esponevo quella piccola comunità. Poi una capatina alla posta per spedire qualche bolletta, che i destinatari avrebbero potuto comodamente pagare presso la mia banca, dove li avrei aspettati pazientemente, ammonticchiando qualche altro pezzo di carta. Ovviamente la mia attività non prevedeva solo dazi e tributi. Concedevo volentieri anche dei prestiti, a tassi molto concorrenziali.
Per me, in fondo, il denaro non era un problema…

© Racconto di Cristiano Bacchieri per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
Tutti i diritti riservati.
© Foto di Nikos Economopoulos

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