Graphe.it edizioni: “Compito per domani” di Nicolae Dabija (traduzione di Olga Irimciuc)

Daniela Distefano
CATANIA
“Quando superammo l’alta recinzione dell’orfanotrofio, lo sconosciuto mi disse che il suo nome era Mihai Ulmu: fu così che conobbi mio padre.Tutto quello che c’è in queste pagine mi è stato raccontato da lui. Ero desideroso di far conoscere questa storia anche ad altri perché – queste erano esattamente le sue parole – “era un dovere per colui che era sceso all’Inferno per poi risalirne, raccontare quanto aveva visto”.

A Poiana, piccolo villaggio romeno, i soldati di Stalin fanno irruzione – una mattina del 1940 – e arrestano in classe il giovane insegnante Mihai, spedendolo in Siberia. Maria, alunna segretamente innamorata di lui, si mette in viaggio per cercarlo e confessargli i suoi sentimenti.

Dopo tredici anni Mihai, testimone di tante brutture, farà ritorno a Poiana portando con sé un nuovo motivo di speranza. La vita continua, malgrado l’abominio delle tragedie inenarrabili e il miracolo di una storia d’amore sbocciata tra le spine del Gulag.
“No, non si sbagliava. Non l’aveva mai vista prima.
Non l’aveva incontrata. Non le aveva mai parlato. La
vedeva per la prima volta. Ma era lei… Lei, la donna che
desiderava da sempre, che aspettava e cercava in ogni
momento della sua vita. Somigliava perfettamente alla
ragazza dei suoi pensieri, dei suoi sogni, dei suoi libri.
Era impossibile averla incontrata prima, averla vista e
non riconoscerla adesso, pensava.
Era una sua alunna. tentava di ricordarsela durante le
lezioni, nell’aula, a scuola. Ma senza risultato. Non ricordava
nulla, nessun dettaglio, neanche uno insignificante.
e se le fosse passato vicino, senza vederla, senza
accorgersi di lei?
Avrebbe riconosciuto senz’altro il suo sorriso luminoso,
i capelli neri come la notte, che ondeggiavano incessantemente
anche quando non c’era vento; si
sarebbe accorto dei suoi occhi chiari, della voce vellutata,
del portamento leggero, quasi da ballerina, e della
sua aria calma e serena, che la rendeva diversa da tutte
le altre donne”.

Maria è l’angelo in Terra che farà sopravvivere Mihai:
“Paragonò Maria Razesu a Giovanna d’Arco, a Eloisa,
a tutte le donne forti della storia. Ma lei risultava più
forte. Perché l’amore della sua vita – che lui aveva cercato
in tutto il mondo quando era risaputo che i grandi
amori non si cercano, ma ti trovano loro – l’aveva trovato
proprio là, alla fine del mondo”.

(..) “Questo amore, grande quanto il cielo e la terra,
quanto la vita e la morte, sembrava essere pronto a sopportare
dolori e mancanze, sofferenze e umiliazioni,
come se da lui dipendesse l’esistenza della vita nel
mondo, come se dovesse salvare l’intera umanità”.

E se il Male prevale all’inizio e distrugge ogni briciola di felicità, Mihai lotta lo stesso con coraggio e forza, ben sapendo che altri come lui nel Gulag patiscono le stesse sofferenze e uniti possono trovare un respiro di aria pura tra il fetido odore dell’odio umano.
“Il carcere era diventato da tempo uno spazio di tolleranza,
non tra le vittime e i loro aguzzini, ma tra le persone
private della loro vita e della libertà:
probabilmente, questo fu l’unico posto al mondo, forse
anche nella storia, dove, contemporaneamente, credenti
e atei, ortodossi e cattolici, ebrei e musulmani,
protestanti e avventisti, battisti e tibetani, buddisti e
shintoisti, recitarono la stessa preghiera. Ognuno nella
propria lingua e fede.
In quel momento era come se ognuno di loro dichiarasse:
“Io sono gli altri”, “Io sono i diversi”, “Io sono
tanti”.

Compito per domani – classico della letteratura romena, tradotto in diverse lingue, e pubblicato in Italia per la prima volta da Graphe.it – è un romanzo che fa sgorgare fiumi di lacrime, ma lascia nel cuore la pace della serenità spirituale. Conserva intatto il sentore della Storia che domani potrebbe essere cancellata nella memoria collettiva, ma mai nel cuore sfregiato dell’umanità.

L’autore – Nicolae Dabija, poeta, scrittore e giornalista, nato il 15 luglio 1948 a Codreni, nella Repubblica di Moldavia – è membro onorario dell’Accademia Romena e corrispondente dell’Accademia Moldava delle Scienze. Il suo primo volume di poesie Il terzo occhio (1975) assume un valore iconico per la generazione dei poeti moldavi di quegli anni, inducendo la critica letteraria a coniare l’espressione Generazione del Terzo Occhio per definire il movimento letterario che ne scaturì.

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