Daniela Distefano
CATANIA – “Il Milione fa entrare in Europa i paesaggi smisurati dell’Asia. E’ una compenetrazione geografica mai tentata prima, che sfora i limiti dello spazio, schiude alle menti diverse profondità, notti più buie, giorni di luce abbagliante. Ma c’è un’altra estensione, non meno vasta, che il lettore impara a conoscere attraverso i racconti di Marco. E’ la sterminata espansione dei corpi. Altre fisicità viaggiano a ritroso dall’impero del Gran Qan verso Venezia, e di qui in tutta l’area di diffusione del libro”.
Nato nel 1254 da una famiglia appartenente al patriziato di Venezia, Marco Polo ci ha lasciato il più famoso libro di viaggi della storia occidentale: Il Milione. Considerato fonte enciclopedica per molti secoli, Giulio Busi ci fornisce una lettura critica e appassionata del testo.
Partendo dallo stesso titolo, veniamo a conoscenza di alcune ipotesi circa la sua origine: secondo alcuni deriva dall’appellativo veneziano con cui Marco era conosciuto, ovvero Marco Polo Milion che ritroviamo in un documento dell’inizio del 1300 e relativo alla Confraternita della Misericordia della città lagunare, a cui lui stesso apparteneva. Secondo altri si tratterebbe di una probabile aferesi da Emilione, diminutivo arcaico di Emilio, nome con cui si distingueva il ramo dei Polo dagli altri della medesima famiglia. Altre ipotesi si ricollegano alla ricchezza della famiglia di provenienza o ancora al nomignolo dato dai concittadini per indicare i milioni vantati nei suoi racconti. Per non parlare della supposizione forse più dilettevole secondo cui i veneziani lo soprannominavano Marco Milioni per la sua abitudine di esagerare nel raccontare fatti accaduti. Un esempio fra tutti in quel passo in cui riporta d’aver visto il favoloso liocorno che in realtà altro non è che un rinoceronte di Sumatra. Il Milione, nato nelle carceri genovesi, nel 1298, non è solo il più famoso libro di viaggi della storia occidentale. Quello che lo rende unico è lo sguardo di Marco: meticoloso, preciso come un registro mercantile, capace di tener conto anche dei dettagli più insignificanti. Ma al contempo uno sguardo globale, che sa essere pietoso, simpatico, aperto. Scoprire, capire, raccontare, questa è la missione di Marco Polo. Giulio Busi lo accompagna lungo le vie carovaniere d’Oriente, alla corte del Gran Qan, in città remote dai tetti lucenti. Lo segue rispettando l’autorevolezza delle fonti, annotando con fluida sapidità narrativa ogni tappa, ogni evento. Tanto viaggiare ha uno scopo: rivedere quello che Marco ha visto, con i suoi occhi. Per imparare a osservare il nuovo, il diverso, l’altro, senza timori e con la stessa intangibile meraviglia. Uno dei punti di forza de Il Milione è la sua impronta universale. Siamo negli anni della tradizione orale e del manoscritto, ma Marco riesce a collegare e intrecciare dati senza perdere il filo del discorso. Un lavoro di memoria se pensiamo che fu scritto dopo aver concluso il viaggio, durante la sua permanenza presso il carcere di Genova. Per ragioni poco chiare, Polo dovette affrontare la prigionia nel 1298: qui conobbe Rustichello da Pisa, scrittore di professione, al quale decise di dettare i fatti accaduti. Un connubio rivelatosi felice e fruttuoso, e Giulio Busi in questo saggio Marco Polo. Viaggio ai confini del Medioevo (Mondadori) è riuscito a seguirne la scia, riportandone il profumo di freschezza e giocosità rimasti inalterati fino ad oggi.
Giulio Busi è professore ordinario alla Freie Universität di Berlino e presidente della Fondazione Palazzo Bondoni Pastorio. Ha scritto di mistica ebraica, di storia rinascimentale, della filosofia di Giovanni Pico della Mirandola. Collaboratore di lungo corso delle pagine culturali del «Sole – 24 Ore», ha uno stile letterario inconfondibile, incalzante e, al tempo stesso, documentatissimo. Per Mondadori ha pubblicato le magistrali biografie di Lorenzo de’ Medici (2016) e Michelangelo Buonarroti (2017).