Marilena Giulianetti
ROMA – Roma e i suoi rioni. Non la città dei papi e degli imperatori. Non l’affascinante centro monumentale o la meta di giovani in cerca di divertimento.
Con il romanzo Né in cielo né in terra, targato Exòrma Edizioni, l’autore Paolo Morelli punta la sua lente d’ingrandimento sulla città popolare, e quindi popolana, fatta dei piccoli vecchi quartieri, città nella città.
Né in cielo né in terra è un po’ come dire né carne né pesce: il luogo fisico e la sua identità, assieme a quella di chi lo abita da sempre. E se non sei più uno che “c’è sempre stato” e di fatto non sei nemmeno arrivato da poco, allora sei perso nei ricordi, nascosto in soffitta oppure in giro in cerca di qualcosa che non trovi più.
Ne scaturisce un racconto onirico, sospeso nel ricordo e nei rioni, degli storici abitanti sgomberati per far posto a chi oggi una casa in centro può permettersela. Polvere, ricordi e assenze. Né in cielo né in terra poggia fedele sulla tradizione dell’oralità più che sul racconto stampato, scelta narrativa che amplifica il fascino della vicenda.
L’identità del rione assieme all’identità dei vecchi residenti – come lo stesso Paolo Morelli – sbatte duramente contro il contemporaneo e i nuovi arrivati, forestieri affamati di redditizie attività da inaugurare sulle spoglie delle botteghe storiche, nuovi inquilini pronti a sbandierare la propria elegante e ristrutturata residenza nel quartierino ora alla moda o speculatori sull’onda dei business offerti dal turismo mordi e fuggi: “Non se ne fa niente, ha soffiato la Rubinetti all’abbronzato, è troppo vicino al carcere, qui un bed & breakfast non funziona, qui al massimo ci fai una casa della Cultura! Ha soffiato con schifo, pareva. E già si girava per andarsene (…) Nessuno era riuscito a trattenerla la signora, né la bionda gonfia né l’abbronzato radioattivo che continuava a dirle di aspettare e vedere di sopra, decantava l’ampiezza degli ambienti e delle stanze “.
Il romanzo Né in cielo né in terra strizza l’occhio con dolcezza ed ironia alla commedia Fantasmi a Roma, la dolcezza del ricordo che ha ispirato l’autore Paolo Morelli che dedica la sua opera “a tutti coloro che hanno dovuto lasciare le case nelle quali le loro famiglie abitavano da generazioni perché ci venissero a stare i ricchi, e per primi quelli con cui ho diviso la giovinezza “.