Le nostre “Derive” e l’enorme mosaico del disumano

DeriveGiulio Gasperini
AOSTA – L’antologia giornalistica di Flore Murard-Yovanovitch, edita da Stampa Alternativa con il titolo di Derive, non è un “piccolo” mosaico del disumano, come recita il sottotitolo; è un enorme mosaico, di un disumano che assume i contorni di una crisi sociale e di valori di cui non se ne riesce a percepire la fine, in particolare perché dominata e governata dall’ignoranza più becera e cafona. Flore Murard, dalle pagine principalmente de “L’Unità” e “Agenzia Radicale”, offre tanti contributi preziosi quanto chiari ed essenziali su vari argomenti, lungo un arco temporale non esteso (a partire dal 2009) ma incredibilmente necessario e imprescindibile per capire come siano cambiati certi aspetti e certe modalità migratorie e come la società abbia reagito difronte a questi.
Il campionario degli interventi della Murard è estremamente vario: da recensioni di film come Vol Spécial (che per primo racconta il dramma dei centri di detenzione e di rimpatrio in Svizzera da una prospettiva interna) e Wellcome, a recensioni di libri altrettanto importanti, come “Brutti, sporchi e cattivi” di Giulio Di Luzio che indaga sugli stereotipi utilizzati dai giornalisti parlando di migranti. Ma lo spazio più stimolante è quello in cui l’autrice racconta come l’Italia e l’Europa, le varie società e le diverse cittadinanza, stiano rispondendo a questi nuovi fenomeni, concepiti sempre come emergenziali ma che, oramai, rappresentano le nuove modalità dei flussi migranti, complici le devastanti urgenze umanitarie che costellano il mondo. Racconta, ad esempio, la retata della polizia greca dell’agosto 2012, ribattezzata “Zeus Xenios”, durante la quale, in due giorni, sono state fermate 6000 persone ed espulsi 1600 migranti; o come la drammatica situazione che oramai rappresenta la stancante quotidianità dei CIE, i Centri di identificazione ed espulsione, la più vergognosa delle pagine europee legate alle migrazioni; un agghiacciante esempio di come i centri detentivi non siano spariti coi campi di sterminio nazisti o coi campi di lavoro comunisti, ma continuino a essere una parte costitutiva estremamente solida della nostra omertosa e finto perbenista società. Ma racconta anche storie di persone, dando un nome un volto un’età a chi, nelle migrazioni, si trova costretto: come nel caso di Aziz, che dal Kurdistan iracheno cerca per bene tre volte di guadagnarsi l’Europa, una persino dentro una betoniera.
Una consistente parte del volume, arricchito da un CD con la registrazione di Moni Ovadia che legge alcuni di questi testi, è formata da interviste, realizzate dall’autrice a importanti personalità politiche e culturali, come i registi Tony Gatlif e Fernand Melgar, il docente di filosofia Alberto Burgio, lo psichiatra e psicoterapeuta Roberto Altamura, l’antropologo Marco Aime. Tutti racconti e tutte testimonianze che drammaticamente documentano come, nella nostra stanca società, “dalla negazione dell’altro si passa al suo annullamento”, per cui, poi, si riesce a sentirsi legittimati a qualsiasi atto pur di non rischiare di “percepirsi” (aleatoriamente) in pericolo; una società diseducata prima di tutto dalla politica, con il rischio, come ha scritto Tvetan Todorov, “per la paura dei barbari, di diventare noi stessi barbari”.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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