Piemme: Il corredo, il romanzo storico di Patrizia Rinaldi tra mare e follia

Storia e letteratura si mescolano grazie a un linguaggio straordinario

IL CORREDO

Il corredo è una storia che comincia lontano. Pubblicato nei mesi scorsi da Piemme, Il corredo è il primo romanzo storico di Patrizia Rinaldi, ma non il più recente. La stesura di questa narrazione, infatti, ha una gestazione lunga e affonda le sue radici nella tesi di laurea – mai pubblicata – di Maria Franco, maestra nel carcere minorile di Nisida con la quale Patrizia Rinaldi ha collaborato per diversi anni tenendo lì laboratori di lettura e scrittura. In quel luogo “altro” che è il carcere, le loro scritture si sono incontrate e Maria ha affidato a Patrizia la lettura di Doti nuziali a Napoli nel Settecento, la propria tesi di perfezionamento in Storia Medievale e Moderna all’Università di Roma. Da questo “tesoro” fatto di analisi storica, dati, leggi, elenchi e aneddoti, Patrizia Rinaldi è riuscita a immaginare una storia usando quella ricchezza lessicale e sentimentale che Maria Franco aveva indagato e trascritto. Rinaldi quindi ha spogliato gli scritti accademici di teoria e ha ricamato personaggi, storie e accadimenti; ha fatto ciò che sa fare meglio e per la quale l’abbiamo apprezzata in tanti e diversi precedenti lavori narrativi: ha “riportato nella quotidianità il desueto”.

Don Saverio temeva l’amore, il contagio fisico, il “morbo”. Andava spesso a caccia, curava i suoi averi, calcolava gli interessi del matrimonio con Donna Costanza, ma quello che non riusciva a gestire era il terrore di impazzire, di fare la stessa fine di molti suoi avi. Aveva studiato le carte, era risalito a documenti che accertavano quella sorta di “lebbra della testa” che aveva fatto delirare tanti uomini ed evitato molte nascite future. Decise allora di “ritirarsi” in quella tenuta di Capa Guasta che era stata approdo dei “disgraziati” della sua famiglia e lì esercitare caccia e diletto con i dovuti accorgimenti. “Il ritiro del Marchese era protetto, soprattutto erano protetti i suoi vizi, che esercitava con foga soltanto nella tenuta, isolata per grazia di mare e di spine”. Il luogo era raggiungibile solo per mare e tutte le maestranze dovevano essere reperite sulla terraferma e formate a dovere. C’era bisogno di qualcuno dal polso fermo. C’era bisogno di Lauretana, ma c’era posto anche per Sainiello, piccolo Isaia, il marinaio confidente.

L’accordo tra Don Saverio e Lauretana era nato lontano, in Africa, Lauretana si era mostrata un’abile consigliera: veloce, sagace, esperta. Durante la sua lunga vita, Lauretana aveva osservato, studiato, celato, bramato e lavorato incessantemente affinché la sua naturale astuzia – insieme allo studio, la perspicacia e l’abitudine al sortilegio – divenisse strumento indispensabile per avere un ascendente su nobili, principi o marchesi. E così avvenne. Don Saverio trovò in quella vecchia megera dai capelli rasati – era più igienico e sicuro per affrontare i lunghi viaggi – una confidente e una spalla. D’altra parte Lauretana, pur di diventare la governante che Don Saverio cercava e di avere un ruolo importante tra quelle mura dimenticate dal mondo, avrebbe fatto di tutto. In più Lauretana sentiva forte il bisogno di dissetare quell’arsura di potere e l’antica e latente necessità di essere “considerata”. Allora mise la sua presenza e la crudeltà a servizio del Marchese; conseguenza di questo incontro – come avvenne spesso nella storia – fu che il potere dell’uomo aumentò poiché crebbe la sete di potere della donna. La smania di lei veniva sfruttata dalla posizione di lui. L’attenzione di lei era motore per l’ascesa di lui. Gli studi di lei diventavano garanzia di successo per lui.
Don Saverio rimaneva sulla scena perché Lauretana muoveva i fili.
Lauretana aveva il delicato compito, infatti, di gestire (minacciare) la servitù e selezionare, spaventare e preparare le vergini che avrebbero saziato i bisogni carnali di Don Saverio. Un lavoro cruciale, infatti, se si pensa ai “rischi” che correva il Marchese, al suo pensiero fisso a quel morbo che aveva portato via lucidità e futuro a molti dei suoi avi. Solo l’attenta mano di Lauretana avrebbe garantito la salvezza dell’uomo che aveva voluto che quel luogo dimenticato rifiorisse. Lauretana, forte del suo ruolo, in pochi mesi aveva già oliato la macchina organizzativa di Capa Guasta e imparato a calibrare l’equilibrio di dominio.
Lauretana, però, non aveva fatto i conti con il mare.

Dal mare arrivò un giorno Altagracia. In mare, sulla barca, “Altagracia Valiago ripeteva la parte”. “Non sono scappata, Altagracia si convinceva, mentre provava la parte. Me ne sono andata. Là non c’era più posto. Anche là. Guardò il Palazzo”. E al palazzo giunse Altagracia con la sua fasulla età, la sua solida bellezza e con un corredo fatto di lenzuola e promesse, stoffe e menzogne. Le menzogne, infatti, erano il pane quotidiano di Altagracia.
Mentiva per sopravvivere, osservava per salvarsi, simulava per rimanere.

“Fino in Spagna si sapeva che il Marchese Saverio Contardo de Vedina, proprietario della tenuta, non rifiutava asilo; la sua terra si era fortificata con l’aiuto di braccia straniere, che il Marchese accoglieva con benevolenza”. Don Saverio non solo accolse Altagracia ma ne rimase frastornato. Fino a quel momento nulla poteva scalfire le sue convinzioni: un matrimonio di convenienza e facciata e l’assenza irreparabile di amore. Non poteva esserci, infatti, piacere totale, non poteva esserci bellezza che arginasse la sua paura della follia. Eppure Altagracia provocò forte turbamento nella tenuta: il Marchese venne totalmente catturato da quella straniera appena sbarcata a Capa Guasta.
E il turbamento fu pure di Lauretana. La vecchia ora si trovava un grande ostacolo sul cammino, un imprevisto non di poco conto: i fili che manovrava per Don Saverio, poco a poco si stavano rompendo. Non poteva accettarlo.

Il corredo attraversa il Settecento e ne racconta – dati alla mano – vizi e costumi, movimenti e insolenze. Questo è un romanzo denso: gravido di descrizioni fisiche e psicologiche dei personaggi, dei luoghi e delle evoluzioni, ricco e accorto nel linguaggio, attento alle trasformazioni sociali dell’epoca. Il corredo infatti, non è solo una storia, ma è un affresco, un dipinto dalle tinte vivissime, un viaggio narrativo – per mare e per terra – nella cospirazione tra futuro e follia.

Informazioni su Giulia Siena

Direttore. Per gli amici: il direttore di ChrL. Pugliese del nord, si trasferisce a Roma per seguire i libri e qui rimane occupandosi di organizzazione di eventi e giornalismo declinato in modo culturale e in salsa enogastronomica. Fugge, poi, nella Food Valley dove continua a rincorrere le sue passioni. Per ChrL legge tutto ma, come qualcuno disse: "alle volte soffre un po' di razzismo culturale" perché ama in modo spasmodico il Neorealismo italiano e i libri per ragazzi. Nel 2005 fonda la rubrica di Letteratura di Chronica.it , una "vetrina critica" per la piccola e media editoria. Dopo questa esperienza e il buon successo ottenuto, il 10 novembre 2010 nasce ChronicaLibri, un giornale vero e proprio tutto dedicato ai libri e alle letterature, con occhio particolare all'editoria indipendente. Uno spazio libero da vincoli modaioli, politici e pubblicitari. www.giuliasiena.com
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