“Lettere azzurre”
ANTONELLA BERGAMASCO – Quel Lido le era sempre andato stretto. Da quando frequentava il primo anno del liceo Pietro Orseolo aveva perso i soliti amici. Suo padre l’aveva iscritta in un istituto dell’isola quando lei avrebbe voluto frequentare il liceo di Venezia. Tornando da scuola percorreva sempre a piedi lo stradone grigio di via Sandro Gallo. L’autunno era davvero una stagione incolore e inodore per lei. Alzando gli occhi al cielo provava un senso di oppressione. “Perché i suoi fratelli avevano potuto frequentare le scuole di Venezia e lei no? Forse perché era femmina e doveva rimanere vicina a casa?”
L’inverno era grigio e brumoso. L’odore dello smog si diffondeva per tutta l’isola che per lei era diventata un deserto. Le passeggiate tra i verdi platani, il profumo dei pitosfori e le nuotate in spiaggia erano un ricordo lontano. Papà si era ammalato e la mamma era sempre nervosa. Le lezioni scolastiche invadevano le giornate di Clelia che doveva portare a casa buoni voti. Il suo diario le teneva compagnia e sfogliando le pagine di agosto rivedeva le passeggiate con Luca, un coetaneo ligure, tra i boschi del Comelico. Chissà dov’era lui in quel momento. Chissà se la pensava ancora. Le condizioni di suo padre stavano peggiorando e la ragazza si rifugiava nel pensiero di quel ragazzino componendo piccole poesie che rimanevano imprigionate nel diario come un messaggio in bottiglia che non avrebbe mai letto nessuno. La voglia di uscire e fuggire era grande. Così Clelia inforcava la bici e girava quell’isola che per lei era disabitata e anche con la nebbia più fitta e il freddo intenso, sognava di allontanarsi sempre più. Andava da un capo all’altro del Lido fino a stordirsi dalla stanchezza. Poi rientrava a casa e in camera sua si gettava sul letto col cappotto ancora addosso aspettando che la punta del naso e le dita intirizzite si riscaldassero.
Una domenica pomeriggio, tra le pagine del diario, trovò un rametto di fiorellini gialli rinsecchiti che le aveva donato Luca dicendole: “You like me!” Annusando il rametto incollato tra le pagine cercava invano il profumo di osmanto che ormai era perso per sempre. Prese carta e penna e scrisse al giovane una lettera di saluti.“Chissà se risponderà!” Pensò.
Due mesi dopo, proprio quando la ragazza non ci sperava quasi più, spuntò una busta azzurra dalla cassetta della posta. Era una missiva di Luca che tra le altre cose scriveva: “Carissima Clelia, che piacere ricevere tue notizie. Telefonami, questo è il mio numero!” Un mese dopo la ragazza uscì di casa furtivamente con un sacchetto pieno di monete e si diresse verso una cabina telefonica in Lungomare. Infilò un bel po’ di gettoni e compose il prefisso con il numero. Il cuore le batteva forte. Dopo alcuni squilli a vuoto, rispose una voce femminile. Era la madre di lui che con fare arcigno le disse che il ragazzo era appena uscito.
“Accidenti, questa qui ci ha scoperti!” Pensò Clelia e riattaccò.
Tornata a casa prese di nuovo carta e penna e scrisse:
“Caro Luca, ti ho cercato al telefono ma non c’eri. Fammi sapere se quest’estate verrai in montagna:ti devo parlare di una cosa importante. Scrivimi presto! Ciao”
Tra estenuanti esercizi di latino ed equazioni parametriche Clelia passava lunghi pomeriggi invernali. Poi, all’imbrunire, usciva con la bici e attraversando tutta l’isola, raggiungeva il viale delle querce. Là si divertiva ad osservare la coda degli automezzi in sosta in attesa per l’imbarco del ferry boat. Le luci rosse delle auto in fila sembravano lanternine che punteggiavano il viale ormai buio e il fumo bianco dei tubi di scappamento si mescolava alle goccioline di nebbia. Per lei quel posto era speciale perché era la sua via d’uscita.
“Non vedo l’ora di andarmene anch’io. Speriamo che papà possa star meglio per quest’estate e che ci porti su in montagna anche quest’anno!” Pensava.
Intanto, intercalate da un mese all’altro, arrivavano le letterine di Luca piene di cuoricini. Clelia le leggeva tutte d’un fiato. Poi chiudeva gli occhi e le annusava in cerca di un’improbabile profumo. Infine le infilava tra le pagine del libro di biologia per mostrarle il giorno dopo alle compagne di classe. Anche lei aveva trovato un ammiratore, seppur lontano. In primavera suo padre fece un controllo medico e il cardiologo lo trovò migliorato. Venne giugno e la fine dell’anno scolastico. A luglio la giovane partì con tutta la famiglia per le vacanze in montagna. Giunti che furono nel paesino di montagna, Clelia mollò tutti e si diresse correndo verso la strada del Vecchio Mulino in cerca di Luca. Il cuore le batteva forte ripensando a tutti i progetti che aveva fatto nei mesi d’attesa. Ma in fondo al sentiero, dietro la latteria, vide la casa con le tapparelle celesti ermeticamente chiuse. E così rimasero per tutta l’estate. Inutile cercarlo al telefono in Liguria: avrebbe risposto sua madre. Così l’estate passò e iniziò un nuovo anno scolastico. Ma un giorno, tornando da scuola, Clelia scorse nella cassetta della posta una letterina azzurra. La giovane, concitata, strappò la busta e lesse: “Cara Clelia, scusa tanto se non ci siamo visti in montagna. Mia madre mi ha spedito in Inghilterra per un viaggio di studio. Mi perdoni? Ti invio questa foto con amici scattata a Dover. Ciao, tuo Luca”. Con un cuoricino disegnato accanto. La ragazza guardò la piccola immagine che ritraeva un gruppo di giovani dai volti indistinti e pensò: “Chissà quale di questi è lui!” Tre mesi dopo spuntò un’altra missiva azzurra dalla buca delle lettere. Il cuore le balzò in petto quale presagio di una forte emozione. Aprì la busta e lesse: “Cara Clelia, sono un verme. Ti chiedo scusa ma devi spedirmi subito la foto che ti ho mandato: mia madre la rivuole indietro!”
© Racconto di Antonella Bergamasco per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
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© Foto di Cig Harvey
Ciao Antonella, davvero brava complimenti di cuore…. Che anni belli ,in quella Padola con lunghe passeggiate e chiacchierate e giochi a non finire…..Con affetto. Luca.Bacioni