Michael Dialley
AOSTA – “L’arte moderna non è nata per via evolutiva dell’arte dell’Ottocento; al contrario è nata da una rottura dei valori ottocenteschi”: così si apre il saggio “Le avanguardie artistiche del Novecento”, proposto da Mario De Micheli e edito da Feltrinelli. Un manuale che aiuta il lettore a scoprire i motivi che hanno portato l’arte del Novecento a diventare così avanguardista e diversa dall’arte classica, tanto estetica e perfetta. È interessante vedere proprio come sia nata la rottura, partendo dai solidi princìpi su cui si basava l’arte realista del XIX secolo: la cornice è Parigi e a livello storico si fa riferimento a tutte le rivolte e i fermenti, politici ma anche culturali, che animano le persone; si sente quanto la concezione forte di popolo che dominava gli animi del tempo si riflettesse nelle arti e nella letteratura. Un sentimento di unità che portò gli artisti a esprimere il loro attaccamento alla condizione dell’uomo, che diventò assolutamente centrale nella realtà nella quale vive. Sentimento, questo, che portò, però, a un profonda crisi del modello e che trovò sfogo nel 1848, ma ancora di più nel 1871 dopo i tragici eventi della Comune di Parigi, che segnarono rotture con il passato e grandi rivoluzioni e cambiamenti in Francia e in tutti gli altri paesi europei.
De Micheli racconta in maniera molto chiara e precisa, con numerose citazioni, l’emblematica e profonda crisi di Van Gogh: il suo animo è lacerato dalla perdita di tutte le sue concezioni, è dilaniato dal dolore per la caduta del realismo, su cui lui ha basato tutta la sua visione del mondo. Ma nonostante la consapevolezza che tutto è perduto, l’artista afferma che “al posto di cercar di rendere esattamente ciò che ho davanti agli occhi, io mi servo dei colori arbitrariamente per esprimermi in maniera più forte”. E ancora è riportato un commento a un articolo su di lui: “L’articolo di d’Aurier mi incoraggerebbe, se io osassi lasciarmi andare, a rischiare un’evasione della realtà e a fare con il colore come una musica di toni… Ma essa mi è così cara, la verità, il cercare di fare il vero, che infine io credo di preferire il mestiere di calzolaio a quello di musicista dei colori”.
Da qui, con il Novecento, si approda ad un’altra arte, ad una nuova visione del mondo che si propone come evasione dalla tanto cercata e bramata realtà ottocentesca. Le avanguardie, ecco la soluzione: ritornare alla realtà, sì, ma allo stesso tempo evadendola, cercando non una visione chiara e limpida, bensì scavando la verità andando a toccare la sua essenza più profonda. Tanti i movimenti dei primi anni del XX secolo, espressionismo e dadaismo, ad esempio, ma che non ebbero quella forza e quell’unità che servono per affermarsi davvero; forza, invece, che ha avuto il surrealismo: una forza interna sosprendente, che ha saputo unificare gli ideali e le esigenze di molti artisti che si possono tradurre con alcune parole chiave, trasformare il mondo (Marx), cambiare vita (Rimbaud), bisogna sognare (Lenin) e bisogna agire (Goethe); il tutto, in ogni caso, volto alla liberta individuale e alla libertà sociale, cercando sempre di unire sogno e realtà, razionalità e irrazionalità. Non solo bisogno di libertà e unione, ma anche necessità di una maggiore scientificità rispetto a quanto non avesse fatto l’arte impressionista: e questo è ciò che sostengono i cubisti, i quali, afferma De Micheli, “rimproveravano ai pittori dell’impressionismo di essere solo retina e niente cervello”. Ogni movimento raggiunge consapevolezze e risultati ben diversi, ma con una radice comune: ognuno è nato dalla profonda crisi, dalla spaccatura che si è creata a Parigi, verso la metà dell’Ottocento, che ha portato alla perdita del sentimento di unione, di popolo, su cui si basava la società.
Un manuale, questo di De Micheli, che permette di conoscere un po’ di più l’origine dell’arte moderna, tanto criticata, ma altrettanto amata; a volte difficile da capire, ma un’arte che ha dentro di sé tanto da dire, tanto da raccontare.
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