Graphe.it: la Toscana del passato ne “I due che salvarono il Natale” di Marco Fabbrini

Daniela Distefano
CATANIA“Forse suo zio Raniero un po’ di ragione ce l’aveva / e magari le fiaccole erano quella parte della vita in cui / la gente alza lo sguardo e la smette di guardarsi solo i / piedi, quel momento in cui, per una notte, tutto quello / che di solito ti sembra normale vedere sempre lì dove / sta, a fare il suo dovere, ti appare all’improvviso sotto / una luce diversa. Gli dai il valore che merita, un valore / importante e ti chiedi come mai per tutto il resto dell’anno / non ci si fermi a farlo più spesso”.

Nel sud della Toscana, in un’epoca imprecisata e anteriore alla Grande Guerra di inizio Novecento, ai piedi di un antico vulcano, sorge un paese i cui abitanti lavorano quasi tutti in una miniera. Il lavoro è duro, ma ogni anno lo scompiglio si ferma alla vigilia di Natale: la sera delle Fiaccole, una festa di ritrovo, di pace, di fratellanza. Protagonista di questo racconto dalle sfumature fiabesche – I due che salvarono il Natale (Graphe.it Edizioni) di Marco Fabbrini – è Mino, cioè Ultimino, un bambino di 8 anni ultimo di cinque fratelli che insieme, con la mamma e il babbo, vivevano in una casa non più grande di una stalla.
Come in una favola dal sapore antico, non manca il cattivo della storia, il cinico, crudele impresario tedesco della miniera dove lavora anche il papà di Mino, ovvero Gustav Strege detto il “Capoccia”. Continua

Pisa Book Festival, tre giorni per confrontarsi sui libri

PISA – Si alza il sipario sul Pisa Book Festival, l’appuntamento tradizionale con l’autunno dei libri e con il meglio dell’editoria indipendente nel panorama nazione. Tutto è pronto per il classico taglio del nastro. Appuntamento venerdì 9 novembre al Palazzo dei Congressi che, anche quest’anno, ospita la tre giorni all’insegna della cultura, fra gli stand dei 160 editori e i tanti appuntamenti con gli autori del momento della scena letteraria nazionale e internazionale.

“Abbiamo lavorato con impegno e passione – afferma Lucia Della Porta, ideatrice e direttrice del PBF -, e ora siamo pronti a goderci questa bellissima fiera con il suo straordinario programma culturale. Ci auguriamo che anche quest’anno gli editori e i visitatori trovino la migliore accoglienza possibile. Il Palazzo dei Congressi, con la propria capacità organizzativa, ha dato prova di essere all’altezza di un evento di portata nazionale. D’altronde Pisa si merita di avere il suo salone del libro”.

Il Pisa Book Festival è un salone nazionale del libro dedicato alle case editrici indipendenti italiane che ogni anno in autunno riunisce a Pisa editori, scrittori, traduttori, illustratori e artisti italiani e stranieri. Continua

“Firenze Mare”, la natura marittima e controversa del capoluogo toscano nelle parole di Simone Innocenti

Giulia Siena
PARMA – Questo non è un romanzo. Firenze Mare è un saggio critico sulla città dei mille contrasti perché Firenze è acqua e terra, centro e campagna, palazzi e alberi, intellettuali e contadini. Firenze Mare è un viaggio nelle epoche e nei luoghi per dimostrare, confermare, la natura marittima e controversa del capoluogo toscano. Scritto dal giornalista fiorentino Simone Innocenti – con l’introduzione di Wlodek Goldkorn – e pubblicato dalla Giulio Perrone Editore, Firenze Mare è analisi e poesia di questi luoghi e della loro evoluzione.
“Il mare c’è sempre stato, l’Arno è un mare che si naviga, che si nuota, che ciba e che regala rena”.
Ogni angolo di Firenze reclama la propria natura di isola, terra che si lascia circondare dal suo mare “sciapo”, come il pane; terra strappata all’acqua e alle volte in balia di quello stesso Arno con i suoi canali e i mille capricci. Continua

ElbaBook 2017, dal 18 al 21 luglio il Festival isolano dedicato all’editoria indipendente

RIO NELL’ELBA – Dal 18 al 21 luglio, dopo il tramonto, il centro storico di Rio nell’Elba sarà animato da incontri con editori e scrittori, concerti, workshop di illustrazione en plein air, laboratori per i più piccoli sul riciclo e l’ecologica. E’ la terza edizione dell’ElbaBook, l’unico festival isolano dedicato all’editoria indipendente che racchiude in sé le anime dell’isola, la collina e il mare. Il rapporto tra immagini, parole e nuove cittadinanze sarà il fil rouge della terza edizione.
Le piccole e medie realtà editoriali saranno protagoniste della kermesse, con l’obiettivo di disegnare strategie per la loro valorizzazione e tutelare la “bibliodiversità”. La mappa conterà oltre 20 case editrici provenienti da tutta la Penisola, tra le quali L’orma, Neri Pozza, Odoya, La Vita Felice, Exòrma, Kleiner Flug, Edt e Robin. Continua

29 – 31 Luglio 2015: Al via Elbabook, il primo festival isolano dell’editoria indipendente, per dare ai libri e ai loro lettori un futuro più equo

A3+ guideRIO NELL’ELBA – Se è vero che la lettura salva, o meglio, amplifica la vita, non si potrà mancare a Elbabook, il primo festival isolano dedicato all’editoria indipendente in programma da domani, mercoledì 29 a venerdì 31 luglio a Rio nell’Elba. ‘Isolano’, tuttavia, non significa ‘isolato’, bensì reattivo alle novità editoriali di qualsiasi genere, specialmente se curate; infatti la tradizione e la professionalità di un suggestivo borgo incastonato tra mare e montagne, Rio nell’Elba, accoglieranno sull’Isola che fu tanto amata da Hervé Guibert e da Michel Foucault chi vorrà unire i piaceri del corpo a quelli della mente, il relax all’approfondimento di una buona lettura.  Continua

Cortona Mix Festival, dal 25 luglio al 2 agosto arriva la quarta edizione

cortona-mix-festival-454x550CORTONA – Non sarebbe estate in Toscana senza il Cortona Mix Festival, il festival di arte e linguaggi, letteratura, cinema e teatro, giunto quest’anno alla quarta edizione. Dal 25 luglio al 2 agosto con un cartellone ricco di suggestioni e grandi ospiti. Innumerevoli, infatti, i possibili intrecci, le assonanze, il gioco di specchi fra le tematiche proposte negli incontri come nelle proiezioni e sul palcoscenico: il tutto nella cornice di una città fatta di Storia come Cortona, dal retaggio del periodo etrusco ai fasti rinascimentali, incastonati nei magnifici paesaggi della Val di Chiana. Continua

La giungla pittoresca dei premi letterari in “Selezione naturale”.

Selezione naturaleGiulio Gasperini
AOSTA – L’Italia esplode di premi letterari. Bandi e concorsi che allettano e illudono centinaia di scrittori o di aspiranti tali che conquistano pergamene e scarse motivazioni. La casa editrice di Orbetello, l’Editrice Effequ, ha edito una divertente antologia di racconti, “Selezione naturale. Storie di premi letterari” che mette assieme la genialità di scrittura di numerosi giovani scrittori toscani. I racconti, curati da Gabriele Merlini, hanno tutti come tema la scoperta e la conquista di un premio letterario da parte di scrittori spesso in erba, o da affermati narratori che, loro malgrado, sono nominati giudici e devono alimentare le illusioni di scribacchini vari.
La passione per il premio letterario ha una fenomenologia tutta sua, tutta particolare, tutta divertente e totalizzante. Stupefacente il realismo adesivo di Marco Simonelli, nel suo racconto “Patologia del premio di poesia”, dove la febbre del premio si fa accelerazione all’ironia. La fortunata stesura di un racconto, che detta il successo di uno scrittore per tutta la vita, nel racconto “Un racconto vincente” di Francesco D’Isa, è metafora di tanti premi dei giorni nostri, quando per vincere basta fin troppo poco e la fama è assicurata da praticamente nessun talento di scrittura. “Essi scrivono” di Alessandro Raveggi è invece parodia di una società di scriventi ma non di leggenti, di persone che credono tutte di aver qualcosa da dire ma che non si interessano a quello che hanno detto gli altri, in un solipsismo così esclusivo da risultare ridicolo. E poi ci sono anche i premi subito ripudiati, come nel caso di Vanni Santoni e nel suo “Il forca”, dove un intero romanzo, sudato in ogni pagina, finisce nel secchio dell’immondizia prima dell’ultima revisione.
Questi racconti, spietati e intelligenti, rendono uno specchio abbastanza convincente di un certo mondo letterario della nostra penisola, quello dove si nutrono false speranze e si premiano amici dei giurati; un mondo dove non si salvano neppure i premi ritenuti più importanti e blasonati, perché tutti finiscono nei medesimi meccanismi di interessi e visibilità editoriali. Una giungla è il mondo dei premi; una giungla dove le illusioni sono tante e i tentativi di rapina ancora di più. Basta prenderli un po’ con la giusta ironia e con una sana propensione all’indulgenza.

Gli “Ottantatré” anni di Giustino.

OttantatréGiulio Gasperini
AOSTA – “Ottantatré” sono gli anni che Giustino vive, nel romanzo di Alberto Bracci Testasecca edito da Edizioni e/o. E per ogni anno Giustino ha un attimo, un momento, un frammento di vita da raccontare, quasi da confidarci con la delicatezza di un rapporto amico e fraterno. Sulla falsa riga di “The years” di Virginia Woolf, la storia personale di Giustino si intreccia con un avvenimento della Grande Storia, come a stabilire un legame inscindibile tra l’uomo e l’accadere degli Eventi. In qualche caso più invasiva, in altri meno, la Storia fa accadere qualche evento per ogni anno, scandito cronologicamente, con una cadenza maniacale e ridondante: 1° anno, 2° anno, 3° anno… Dalle Torri Gemelle al delitto Moro, dalla guerra del Vietnam agli scontri intorno a Villa Giulia a Roma, dalla vittoria dei mondiali di calcio ’82 a quella del 2006, tutto si intreccia con lo srotolarsi della vita di una misera pedina nel grande gioco del destino.
Alberto Bracci Testasecca, partendo dal bellissimo borgo di Montalcino, in Toscana, dove tutto principia e finisce in un ritorno circolare, tesse una favola moderna, con una pregevole fluidità narrativa e una discreta capacità di pennellare brevi dialoghi colmi dell’essenziale. Il materiale umano e storico evocato in queste pagine è tanto, abbondante, mastodontico: praticamente non si dimentica di nulla, comprende tutto ciò che ha caratterizzato il “secolo breve”, fino a sconfinare nei più recenti Anni Zero. Testasecca tratteggia certe interpretazioni, fa capire le sue opinioni, certe volte semina dubbi ma al contempo mostra dimesso la direzione dove guardare per decifrarla. La vita di Giustino è una vita semplice, nutrita di sentimenti e di emozioni declinate secondo una comune familiarità. Viene generato, nasce, cresce, ha le prime cotte, si innamora profondamente, si sposa, nascono i figli, arrivano le crisi coniugali, si innamora di nuovo, cresce i figli, accudisce i nipoti: è un copione già visto, una parte che non conosce sorprese né colpi di scena.
Non c’è niente di stra-ordinario nella sua vita. Si innamora, tradisce, si innamora di nuovo, si impegna per non arrendersi, combatte, fa finta di niente. Si comporta come un qualsiasi essere umano alle prese con la sua vita qualsiasi. Ma non è un inetto, Giustino. Perché non subisce passivo l’accadere degli eventi ma cerca di farsi pilota attivo del suo destino; cerca di non subire le casualità feroci con l’arrendevolezza di chi sa già che nessuna difesa può servire contro l’inevitabile: e invece si presta al combattimento, si arrabbia, si infuria, si difende con le armi che conosce. E alla fine, quando il suo corpo decide di averne a sufficienza e lo abbandona in mezzo all’orto familiare, Giustino può ben dire di aver vissuto come meglio – sicuramente – non avrebbe potuto.

“Oriana Fallaci e così sia. Uno scrittore postmoderno”.

Oriana Fallaci e così siaGiulio Gasperini
AOSTA – La diffidenza della critica nei confronti di Oriana Fallaci è evidente. Sempre contesa tra giornalismo e letteratura, sono soprattutto gli ultimi anni della scrittrice ad averle attratto lo scetticismo di critici vari. E la sua strabiliante e stra-ordinaria carriera le ha, da sempre, attratto invidie e risentimenti. Nessuno se n’è ancora occupato in maniera sistematica e concreta, quasi a non voler correre il rischio di riconoscere i suoi meriti. Franco Zangrilli nel suo “Oriana Fallaci e così sia. Uno scrittore postmoderno”, edito nel 2013 da Felici Editore, è uno dei primi critici che con sistematicità offre la sua chiave di lettura dell’opera fallaciana, soffermandosi soprattutto sui cinque prodotti che secondo lui possono rientrare nel genere del romanzo, in particolare postmoderno, da “Penelope alla guerra” a “Un cappello pieno di ciliege”.
L’assunto di partenza è chiaro: i prodotti narrativi della Fallaci sono un chiaro (e sorprendete) esempio del romanzo postmoderno, in particolare di quella non-fiction novel che affonda le sue radici nel mutamento del giornalismo avvenuto intorno alla metà del ‘900, quando si affermò (anche un po’ disordinatamente) la corrente del New Journalism (quello, per intendersi, di Capote, Wolf, Talese). Sicché la Fallaci narratrice, sin dalle sue prime esperienze (con “Penelope alla guerra”), non sarebbe da rapportare alle esperienze italiane del neorealismo né della neo-avanguardia, ma più sicuramente ai tentativi del postmodernismo statunitense, rendendola in tal senso una grande sperimentatrice. Il merito della Fallaci è stato quello di saper rappresentare “con raffinato stile letterario la notizia giornalistica”: un lavoro sempre al confine, pertanto. Giornalismo e narrazione diventano due diversi comportamenti che la scrittrice utilizza quasi interscambiandoli, rendendo il giornalismo narrazione e la narrazione giornalismo.
Pochi sono gli esempi testuali che Zangrilli cita a sostegno delle sue tesi, e forse in alcuni punti le sue critiche alla Fallaci potrebbero essere rimodulate e ricalibrate, senza sconfinare nell’esagerazione. I “mezzi iterativi”, “le forzature, stonature e digressioni, divagazioni e deviazioni, elucubrazioni fluviali”, che Zangrilli individua come punto debole, potrebbero al contrario essere riconosciuti come una sua cifra distintiva peculiare, come un costrutto valido e potente, sempre incentrato sulla musicalità e il ritmo della frase, che mai cede né si fa vuota o zoppicante. Molto interessanti sono, all’opposto, i riferimenti meta-letterari e meta-narrativi che Zangrilli offre come strumenti per la decifrazione della Fallaci scrittore, dal confronto con gli esempi più luminosi di giornalismo femminile italiano fino a rimandi intertestuali con i grandi capolavori della letteratura italiana (“I Promessi sposi” sopra tutti). Il saggio di Zangrilli diventa uno strumento interessante per cominciare a realizzare come l’importanza della Fallaci sia comunque indiscutibile nel panorama letterario, se non italiano, sicuramente internazionale, in una prospettiva che la vede tra i pochi scrittori nostrani ad aver saputo cogliere un afflato e una potenza dal chiaro respiro extra-mediterraneo.

“Tutti dicono Maremma Maremma”, una terra che soffre e lavora.

Giulio Gasperini
AOSTA – La Maremma è terra contadina. Un luogo faticosamente e ostinatamente sottratto alle acque stagnanti e malariche, bonificato da una palude arida e sterile. La Maremma è terra che conosce il sudore del duro lavoro e sa la fatica della privazione e dell’importanza vera. Venti scrittori italiani, da Lidia Ravera a Nadia Fusini, da Daniela Marcheschi a Clara Sereni, da Giuseppe Pontiggia a Ugo Riccarelli ne raccontano gli abitanti e gli umori, le storie e le sofferenze in venti storie, raccolte nel volume “Tutti dicono Maremma Maremma”, edito dalla piccola Edizioni Effigi di Arcidosso (Grosseto), nel 2010.
I racconti sono tante angolazioni prismatiche che illuminano e colorano una terra da sempre ai margini dell’economia e della cultura italiana ma che alimenta potenzialità immense e dà vita a un’umanità contagiosa e contagiante. Non esiste la Maremma senza l’agricoltura, la coltivazione di viti e ulivi, di ombrosi boschi di castagni e immense distese di dorato grano, di sterminati campi di girasoli e bassa vegetazione che si specchia nel tosco mare. E tutte le storie hanno questi, come setting privilegiati. Giuseppe Pontiggia racconta la storia della scoperta del Morellino, bevuto quasi per caso in una dimessa osteria del grossetano; Guido Conti ci presenta la figura leggendaria di Tiburzi, il più famoso brigante che operava in queste distese alla fine dell’800; sulle leggendarie strade del tufo, con destinazione le splendide Pitigliano, Sorano e Sovana, ci guida Andrea Carraro, mentre Laura Bosio ci commuove con la storia di altre anonime persone, impiegate nell’altra attività che per anni caratterizzò l’economia della zona: l’estrazione di pirite e carbone, sui quali anche Luciano Bianciardi e Carlo Cassola scrissero un’indagine cruda e spietata all’indomani della tragedia di Ribolla che, nel 1954, costò la vita a 43 minatori. Bianca Garavelli ci presenta una delle meraviglie naturali della zona, il vecchissimo Olivo della strega, mentre Carlo D’Amicis dipinge la crudeltà dei rapporti, quando un fraintendimento può costare la vita. In tutti i racconti casolari e poderi, cavalli e butteri, olio e vino, raccontano storie di lotte e giorni da conquistarsi coraggiosamente, uno dopo l’altro, inanellati come grani di un rosario; giorni strappati alla furia del tempo e del lavoro, giorni da riempire e significare con la costanza di mestieri antichi, che si sottomettono al ciclo delle stagioni e che ne assecondano le pieghe, senza pretendere di deviarle o corromperle.
La Maremma è una terra di uomini ruvidi, di duro lavoro, di mani callose; ma anche di occhi chiari, puliti di vento; occhi che si addolciscono al profilo delle colline, che si indorano al sole della sera; occhi che conoscono l’orizzonte ma non lo bramano, contenti di contemplare il limitare del campo, lo scorrere del fosso, il frusciare delle foglie, il maturare di un frutto, l’esplodere di un colpo di fucile. La Maremma è una terra caparbia e ostinata; una terra che sa soffrire e rifiorire. Anche quando l’acqua sale, travolge e distrugge tutto.