“Ti riporto a casa”: una storia di guerra e di famiglia

Ti riporto a casaGiulio Gasperini
AOSTA – La Storia (quella universale) è un intreccio di storie. Elsa Morante ce ne ha offerto l’esempio magistrale. Ma le storie possono essere infinite, toccanti ed emozionanti nella sua perfezione di vita concreta, veramente vissuta; come quella raccontata da Nicola Maestri in Ti riporto a casa di Epika Edizioni.
La storia della sua famiglia, in particolare del nonno, Eleuterio, e della nonna, Livia, prende le mosse da un desiderio personale di far conoscere la figura di questo uomo, migrante per necessità e per amore. I luoghi che hanno fatto da sfondo alla loro storia sono ancora presenti, a Parma; li si possono ancora scovare, passeggiando per le strade, alzando lo sguardo e facendo attenzione alle targhe, alle testimonianze che ancora oggi popolano gli angoli delle nostre città, cercando di convincere il passeggiatore distratto che sta passando per strade importanti, che conservano una memoria. Per questo, il libro è accompagnato da foto, che ritraggono gli angoli di Parma che compaiono nella vicenda: una vicenda come ce ne furono tante altre, in tempo di guerra, ma che coinvolge il narratore in prima persona e lo rende “esecutore memoriale” di una storia di intima quotidianità.
È il racconto di un amore forte, di una consapevolezza prepotente su chi si è e su quali valori si vogliono insegnare a quei figli così amati. È una storia, anche, che accelera inevitabilmente alla tragedia, una storia dove gli uomini si scoprono in grado di gesti di estremo eroismo e di amore sconfinato, che danno un valore nuovo e inedito anche a esistenze che si potrebbero erroneamente definire grigie e anonime. Sono sempre i gesti di amore che ci caratterizzano e ci definiscono, particolarmente in momenti dolorosi della storia, personale e universale.
Il romanzo breve di Nicola Maestri è una testimonianza che risente un po’ del legame di parentela: non fa nessun tentativo di estraniarsi dalla vicenda narrata, calandosi sempre nella storia come più parente che narratore. Lo sguardo è intimo, dolce, estremamente partecipativo, anche nella descrizione degli interni, dei rapporti, delle emozioni. È una storia evidentemente autobiografica, raccontata con il tatto tipico di chi magari non è scrittore di professione e pecca un po’ di ingenuità ma sa trovare le parole giuste per una dimensione personale e autentica.