Intervista a Giulio Gasperini
Giulia Siena – Nella settimana che ci porta alla Pasqua 2024, voglio presentarvi Sacra Sciarada dell’uomo e della Passione, la raccolta con la quale Giulio Gasperini approda alla poesia religiosa . Sacra sciarada, però, non è definibile esclusivamente come una silloge spirituale; in questo libro, arricchito dalle illustrazioni di Beatrice Cetrullo, confluisce tutto ciò che la vita ci serba: c’è la condivisione, il tradimento, lo sconforto, la resilienza, il fallimento, l’affetto, la morte. Questo volume è poesia, infatti, ma è anche tutto ciò che incontriamo in quel percorso quotidiano che chiamiamo vita. Non tutto viene immediatamente svelato, ma si costruisce pagina dopo pagina, stazione dopo stazione.
Il progetto ha qualche anno, ma arriva alle stampe nel 2023 pubblicato dalle Edizioni del Mosaico.
“C’è un bel cielo terso lassù, / un enorme spazio libero da evasioni – / c’è una prigione quaggiù: / un delirio di futuro ad attendermi. / Vana non sarà la mia fine, / ma umano è il dolore, non conosce / rapida redenzione.”
Per raccontare Sacra sciarada e il progetto da cui è nato, ho voluto rivoltere a Giulio qualche domanda.
Come nasce Sacra sciarada?
Il titolo nasce, prima di tutto, dal rimando alle Sacre rappresentazioni del Duecento, quelle ad esempio di Iacopone da Todi, che mettevano in scena, attraverso la forma poetica, una vera e propria “rappresentazione” che veniva recitata. Non avendo, ovviamente, la presunzione di aver scritto qualcosa di pari, ho voluto però sottolineare come anche le poesie del mio libro siano state scritte per “mettere in scena” una Via Crucis: è accaduto anni fa, nella piccola parrocchia del paese toscano nel quale sono cresciuto, Caldana, ed era stata un’idea nata a seguito di una richiesta del nostro parroco. Aveva, cioè, affidato al Gruppo giovani la conduzione di una Via Crucis durante la Quaresima. Noi abbiamo proposto al nostro don Enzo di poter utilizzare anche fonti alternative alla narrazione, come i Vangeli apocrifi, e di fronte al suo entusiasmo abbiamo “rappresentato” queste poesie in Chiesa. Il mio editore, poi, ha voluto aggiungere l’aggettivo “Sacra” al titolo iniziale proposto, di “Sciarada“, per sottolineare l’aspetto più “religioso” della silloge.
Sciarada significa conversazione, lunga chiacchierata, ma anche problema, situazione difficile e inestricabile. Da gioco a trovata letteraria: questa lunga “conversazione” si fa sacra per raccontare/accompagnare il cammino di Gesù verso la croce. Scelta stilistica o necessità comunicativa?
Potrei dire che è stata più un’urgenza creativa: nel senso che le poesie di “Sacra sciarada” sono nate, appunto, nel tentativo di raccontare l’esperienza – soprattutto nella sua dimensione umana – della via Crucis attraverso una prospettiva forse inedita, sicuramente inconsueta: la poesia mi ha permesso di assumere, di volta in volta, punti di vista diversi, dei vari personaggi e protagonisti della vicenda, in alcuni casi addirittura mischiandoli per non rendere chiaro né evidente chi stia parlando e stia proponendo il proprio sentire. La narrazione evangelica della Via Crucis è un grandissimo epos, ovvero un racconto “epico” nel senso compiuto del termine; un’esperienza, ovvero, che comprende in sé tutte le esperienze umane, dal dolore all’attesa, dal tradimento all’incontro, dalla resa alla rinascita della speranza. Al di là della fede, quel racconto è un “exemplum” per chiunque faccia esperienza della vita, in ogni sua declinazione.
La poesia di Gasperini attraversa il sociale per approdare al sacro: dove comincia e quali direzioni prende oggi il tuo verso?
Devo dire che mi sono stupito quando, dopo anni, e dopo soprattutto l’esperienza poetica di “Migrando”, del 2014, ho ripreso in mano queste poesie per provare a capire se fosse possibile una pubblicazione; mi sono stupito perché ci ho ritrovato alcuni degli elementi di analisi poetica che poi sono esplosi con la mia esperienza di operatore legale nel settore delle migrazioni e le poesie civili che ne sono derivate. Il sacro è pervaso di “sociale”, perché il sacro, soprattutto nella religione cristiana, ci si è sempre immersa – nel bene e nel male – perché considera come fondamentale l’esperienza umana ma anche quella corporale, che è una dimensione fondante nell’esperienza di migrazione. Gesù stesso, con i genitori, è stato un profugo, vivendo sulla sua pelle, direttamente, l’esperienza della fuga e dell’asilo. Tra sacro e sociale c’è meno differenza di quanto si possa pensare, esattamente come tra il diritto e la poesia. In questo periodo, sto ragionando su un paio di progetti un po’ diversi, che si occuperanno di geografie e dell’amore, in una prospettiva contemporanea.
Nei tuoi scritti immagini e parole si intrecciano: quanto è importante in queste pagine l’accompagnamento visivo delle illustrazioni di Beatrice Cetrullo?
Beatrice, mia amica di Caldana e anche lei nel gruppo giovani di allora, ha accolto con estremo entusiasmo il mio invito a realizzare delle immagini per ogni poesia di questa particolare Via Crucis. Le ha realizzate con la tempera su un supporto di cartoncino e devo dire che ha colto alla perfezione il contenuto di ogni componimento. Le immagini si sono così strettamente legate al testo tanto da diventarne parte integrante, necessaria a capire anche alcuni elementi che la poesia tende, naturalmente, a rendere più criptici ed evocativi. Le poesie e le immagini creano due percorsi di fruizione che possono essere percorsi da soli o in combinazione, senza per questo perdere nulla ma, anzi, potenziando notevolmente il senso stesso del percorso che è, per definizione, quello che caratterizza una Via Crucis, come estremo esempio del percorso esperienziale di un essere umano che, prima di essere divinità, è, appunto, uomo.