Juan Arjona, “A volte mi annoio”: indossare i panni degli altri per accettare se stessi

Giulia Siena
PARMA – Tanti volti, tante età, tanti colori, tante forme, tante espressioni e tante storie. La copertina di A volte mi annoio, il libro Juan Arjona, illustrato da Enrique Quevedo e tradotto da Rossella Michienzi per Coccole Books è un elogio alla diversità. La noia, infatti, non è altro che un espediente per poter indossare tutte le facce che si vuole, senza essere rimproverati o giudicati. “A volte mi annoio e faccio le facce. Se faccio la faccia da papera, sembro una papera, me lo dicono tutti: «Sembra una papera! Faccia da papera! Faccia da papera!» E non mi interessa, perché sono una papera fantastica: nuoto nello stagno, mi immergo, pesco… Insomma, quello che fa una papera”. Un gioco di crescita e immedesimazione che i bambini sono abituati a fare con la loro innata spontaneità. Un gioco che promuove – involontariamente ma necessariamente – la diversità e sviluppa l’empatia. Indossare la maschera invisibile e fare le facce è svincolarsi dal proprio ruolo e vestire i panni dell’altro, vivere le sue emozioni, provare le sue gioie, avere i suoi talenti, apprezzare i punti forti e accettare quelli deboli. Continua