Juan Arjona, “A volte mi annoio”: indossare i panni degli altri per accettare se stessi

Giulia Siena
PARMA – Tanti volti, tante età, tanti colori, tante forme, tante espressioni e tante storie. La copertina di A volte mi annoio, il libro Juan Arjona, illustrato da Enrique Quevedo e tradotto da Rossella Michienzi per Coccole Books è un elogio alla diversità. La noia, infatti, non è altro che un espediente per poter indossare tutte le facce che si vuole, senza essere rimproverati o giudicati. “A volte mi annoio e faccio le facce. Se faccio la faccia da papera, sembro una papera, me lo dicono tutti: «Sembra una papera! Faccia da papera! Faccia da papera!» E non mi interessa, perché sono una papera fantastica: nuoto nello stagno, mi immergo, pesco… Insomma, quello che fa una papera”. Un gioco di crescita e immedesimazione che i bambini sono abituati a fare con la loro innata spontaneità. Un gioco che promuove – involontariamente ma necessariamente – la diversità e sviluppa l’empatia. Indossare la maschera invisibile e fare le facce è svincolarsi dal proprio ruolo e vestire i panni dell’altro, vivere le sue emozioni, provare le sue gioie, avere i suoi talenti, apprezzare i punti forti e accettare quelli deboli.

Il fulcro della scrittura di Juan Arjona, autore spagnolo, sta nell’accettazione della propria persona, oltre i pareri della gente, oltre le etichette della società, oltre i dubbi. In questo gioco di immedesimazione la scrittura diventa veicolo di libertà: non c’è alcuna differenza tra la papera e l’ambulanza, l’informatico e la mucca perché ognuno di questi “travestimenti” è simbolo di accettazione, emancipazione e dinamicità. Il bambino, infatti, nel suo percorso di crescita ha bisogno di identificarsi attraverso la dimensione ludica; l’altro, così, diventa specchio, punto di osservazione per definire la propria entità. Un concetto caro alla psicoanalisi (il filosofo francese Jaques Lacan affermava che “ciò che anima l’inconscio è il desiderio di ogni soggetto di riconoscere se stesso”) che mai come in questi tempi odierni è necessario per sdoganare la convinzione di normalità. La normalità, infine, è la condizione di stasi, quella senza troppe definizioni, che si raggiunge dopo aver provato che la diversità non è mai mica un problema.

Informazioni su Giulia Siena

Direttore. Per gli amici: il direttore di ChrL. Pugliese del nord, si trasferisce a Roma per seguire i libri e qui rimane occupandosi di organizzazione di eventi e giornalismo declinato in modo culturale e in salsa enogastronomica. Fugge, poi, nella Food Valley dove continua a rincorrere le sue passioni. Per ChrL legge tutto ma, come qualcuno disse: "alle volte soffre un po' di razzismo culturale" perché ama in modo spasmodico il Neorealismo italiano e i libri per ragazzi. Nel 2005 fonda la rubrica di Letteratura di Chronica.it , una "vetrina critica" per la piccola e media editoria. Dopo questa esperienza e il buon successo ottenuto, il 10 novembre 2010 nasce ChronicaLibri, un giornale vero e proprio tutto dedicato ai libri e alle letterature, con occhio particolare all'editoria indipendente. Uno spazio libero da vincoli modaioli, politici e pubblicitari. www.giuliasiena.com
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