“Amy. Mia figlia”

Giulia Siena
ROMA
“Le canzoni sono straordinarie, ma dovette attraversare l’inferno per poterle comporre”. Sono le parole di Mitch Winehouse in “Amy. Mia figlia”, il libro scritto dal padre della celebre star inglese morta il 23 luglio 2011. Il volume, pubblicato in Italia da Bompiani, è il racconto intenso, straziante, tenero e sofferto di 27 anni di vita di un’artista geniale.

Oggi, a un anno esatto dalla scomparsa di Amy, su queste pagine trova spazio un libro che parla di una bambina vanitosa, un’osservatrice attenta, una star con le sue virtù e le sue paure, una donna che si è lasciata rovinare per amore e che, nonostante l’amore, non è riuscita a rialzarsi.
Mitch Winehouse parte dell’infanzia di Amy, dalla passione di entrambi per la musica e per le canzoni di Sinatra; racconta la semplicità, la testardaggine e la determinazione di quella bambina che amava cantare, acconciarsi con i vestiti e le collane della nonna, riuscendo a fare sembrare attente decorazioni retrò. Amy era così, era una ribelle che amava la sua famiglia e le tradizioni ebraiche, era una ragazza curiosa, esplosiva e ironica.
Amy, all’inizio degli anni duemila, sapeva quello che voleva: cantare e diventare famosa. Frequentò diverse scuole, allenò la sua voce e compose in musica con la sua chitarra le frasi che raccoglieva sul suo taccuino per gli appunti. La sua musica si fa vita e nel 2003 pubblica Frank. Ma Amy per far conoscere la sua arte doveva affrontare il pubblico; “Amy non riuscì mai a capire come tener testa alla sua paura del palco. Anche se non si sentiva male fisicamente, come accade ad alcuni artisti, a volte aveva bisogno di bere qualcosa prima di salire sul palco”. L’insicurezza, il timore di affrontare chi le stava di fronte, accompagnava l’artista quando doveva salire sul palco; allora doveva bere qualcosa, all’inizio bastava qualche drink, poi, con gli anni, divenne alcolismo.

 

A peggiorare la situazione arrivò Black, l’ossessione di Amy. Black era il ragazzo scanzonato per il quale Amy perse la testa. Nel 2006 si conobbero e Amy si lasciò trascinare nella tossicodipendenza. A questo punto la vita di Mitch non è più solo quella di un padre. Mitch da amico e confidente di Amy ne diventa anche l’angelo custode, correndo al capezzale della figlia ogni volta che un collasso o una ricaduta portavano Amy a essere l’ombra della grande donna che era. Il 2007 è l’anno decisivo per Amy: esce Back to Black, l’album che le fa scalare le classifiche mondiali e grazie al quale ottiene cinque Grammy Awards. Ma Back to Black è una dichiarazione d’amore a suo marito, Black che sposa lo stesso anno e dal quale divorzierà nel 2009. A Black, a l’uomo che secondo Mitch sarà la causa di tutti i problemi di Amy, è dedicato un album nel quale l’artista esprime anche tutto il suo dolore, la sua sofferenza e la sua voglia di uscire dalla trappola letale che è la tossicodipendenza. Sono questi gli anni più bui di Amy Winehouse come donna, ma la con l’amore della sua famiglia, l’affetto degli amici e la sua determinazione riuscirà a uscire dalla tossicodipendenza a fine del 2008. Ma la strada è ancora in salita. Nel 2010 Amy sembra rinascere: suona, compone, ama nuovamente, ha tanti progetti e vuole vivere. Nella notte del 23 luglio 2011 la sua vita si arresta e la sua voce tace. Forse un collasso per abuso di alcool.

 

“Amy. Mia figlia” è un libro scritto in soli quattro mesi, un atto di amore frutto di un diario che Mitch tiene dal 2007 e dove appunta i tanti giorni d’inferno di una tossicodipendente, i grandi momenti di gioia di un’artista geniale e le tante richieste di aiuto di una figlia in difficoltà. Un libro su Amy, una biografia intensa per raccontare al mondo che oltre alle debolezze Amy aveva una grande forza e la cosa che amava di più era la sua musica. Ora ci resta la sua voce.

Informazioni su Giulia Siena

Direttore. Per gli amici: il direttore di ChrL. Pugliese del nord, si trasferisce a Roma per seguire i libri e qui rimane occupandosi di organizzazione di eventi e giornalismo declinato in modo culturale e in salsa enogastronomica. Fugge, poi, nella Food Valley dove continua a rincorrere le sue passioni. Per ChrL legge tutto ma, come qualcuno disse: "alle volte soffre un po' di razzismo culturale" perché ama in modo spasmodico il Neorealismo italiano e i libri per ragazzi. Nel 2005 fonda la rubrica di Letteratura di Chronica.it , una "vetrina critica" per la piccola e media editoria. Dopo questa esperienza e il buon successo ottenuto, il 10 novembre 2010 nasce ChronicaLibri, un giornale vero e proprio tutto dedicato ai libri e alle letterature, con occhio particolare all'editoria indipendente. Uno spazio libero da vincoli modaioli, politici e pubblicitari. www.giuliasiena.com
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8 commenti

  1. Bellissimo articolo… molto toccante…

  2. questo libro mi suona familiare, devo averlo sentito nel sonno…

  3. Senza però dimenticarsi che i geni sono anche altri.

  4. Si, questa Winehouse alla fine era un prodotto commerciale, poco credibile, come se una direttrice di chronicalibri volesse fare Rafting.

  5. a parte l’ironia, questo è un libro molto bello: toccante, vero. un modo per scoprire che i geni nascono sotto varie forme e in qualsiasi secolo, il tempo dirà se la loro arte rimarrà.
    cmq io non faccio rafting 😛

  6. Tonia Satriano

    Bellissimo articolo !Brava (come sempre) Giulia

  7. Abbiamo già affrontato il problema rafting con il direttore e con chi di dovere!

  8. Grazie Tonia!

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