Un cielo ancora rosso


Silvia Notarangelo

ROMA – “Un male universale ha dato loro la possibilità di uccidere persone sconosciute…un male tanto grande per cui essi portano terrore e morte e distruzione senza pensarci, con la coscienza di compiere un dovere”. Il male universale, in virtù del quale gli aerei americani sganciano bombe seminando morte e distruzione nelle cose e nei cuori, è il tema centrale del romanzo “Il cielo è rosso”, scritto da Giuseppe Berto e pubblicato nel 1947.
In una Treviso ridotta ad un mucchio di rovine, l’autore ambienta una storia di estrema disperazione e di miseria, offrendo una sincera ed efficace rappresentazione di quei sentimenti che, pur in terribili momenti, riescono, in qualche modo, ad emergere.
Carla e Giulia, due cugine adolescenti rimaste sole, si trasferiscono in una vecchia casa abbandonata insieme a Tullio, un giovane innamorato di Carla.
Per sopravvivere non ci sono grandi possibilità e il trio si arrangia come può: Tullio si dedica al furto, Carla alla prostituzione. Del gruppo entra a far parte anche Daniele, un ragazzo di estrazione borghese, fragile e ingenuo, ma soprattutto incapace di capire e di accettare i comportamenti degli altri. La solidarietà e un affetto reciproco, tuttavia, rendono i quattro sempre più uniti fino a creare, di fatto, due coppie: una, dall’apparenza più forte e scaltra, costituita da Tullio e Carla, l’altra, più sensibile e indifesa formata da Daniele e Giulia.
Mutare il corso del male universale è, però, impossibile così come trovare delle vie d’uscita e anche i protagonisti non potranno sottrarsi ad un crudele destino.
La loro inaspettata quanto precaria felicità viene infranta dalla morte di Tullio. Il delicato equilibrio si spezza: Daniele non riesce a trovare un lavoro, Carla non è in grado di mantenere tutti, Giulia, piuttosto cagionevole, muore di lì a poco, stroncata dalla tisi.
Per Daniele è un dolore insopportabile. Nulla sembra riuscire a consolarlo, neppure le attenzioni di Carla che si fanno più insistenti. Il giovane si toglierà la vita lanciandosi da un treno, dopo essersi tolto “mantello e giubba” perché potessero servire a qualcun altro.

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