"Amore e Vizio nella Roma del ‘500" un breve viaggio tra i segreti della Città Eterna

Marianna Abbate
Roma – I mille volti di Roma sono un ottimo spunto letterario. Perché seppure ci si dedica soltanto ad una delle miriadi di aspetti della Città Eterna, si scopre facilmente che anche questo ha almeno un’altra faccia. Come Giano, il dio Bifronte, Roma si erge a vessillo del cambiamento, della mutevolezza e dell’ambiguità.
E questo vuole mostrarci Carlo Tuzzi, nel suo breve saggio romanzato “Amore e Vizio nella Roma del ‘500” edito da Trevi nel 1966. Il Cinquecento, secolo illuminato di scienziati e artisti, secolo dell’Umanesimo e del Rinascimento, della cultura e della ricchezza. Secolo dell’Amore e del Vizio per Tuzzi, e per chiunque conosca e ami almeno un poco la Storia di Roma.
Sarà forse per un senso di ribellione, di rivendicazione, dopo il lungo digiuno medievale, ma Roma nel ‘500 è viva e viziosa. Vivacemente pullula di intrighi, sgualdrine e papponi. Di pontefici corrotti e nobili privi di pudore.
E se l’infedeltà dell’uomo è scontata anche alla donna è consentito tradire, basta che il fatto procuri profitto alla sua immagine e non danneggi la dignità del marito. Addirittura i monasteri sono considerati pocopiù che bordelli e le monache hanno perso comunemente la loro rispettabilità.
Bisogna dire che il Tuzzi ama esagerare, le sue pagine sono pittoresche e romanzate. Non vogliamo qui negare l’esistenza della corruzione e la presenza del vizio, ma sicuramente le parole del nostro autore andrebbero ridimensionate e le sue fonti analizzate secondo l’attendibilità. Sembra quasi che il Tuzzi si diletti a riferirci i pettegolezzi del tempo, traendo i riferimenti a noti personaggi del tempo come la poetessa Tullia d’Aragona, da un giornaletto scandalistico dell’epoca.
Comunque si tratta di un libello di piacevole e facile lettura, adatto ad un viaggio in metro tra due capolinea.