Volevamo solo ridere: “Diario di un bullo”, Giorgia Sbuelz dà voce a un disagio

“Diario di un bullo”
GIORGIA SBUELZ – Mattia: “Ciao sfigato, domani porta i soldi che ti ho chiesto o ti spezzo le ossa”.
Edoardo: “Non so dove prendere altri soldi. Ti ho dato tutti quelli che avevo messo da parte, non lavoro mica!”
Mattia: “Ma i tuoi genitori sì. Prendili da loro e portameli, capito?”
Edoardo: “Faranno delle domande… e allora gli racconterò tutto e andranno dal preside”.
Mattia: “Tu racconta e io metto online il video che ti abbiamo fatto nello spogliatoio di educazione fisica, quando ti abbiamo lasciato in mutande e ti abbiamo messo sotto la doccia gelata. Ti ricordi quanto hai pianto? Puoi prendere i soldi senza chiederli. Ma ti devo spiegare tutto io? Sei proprio uno sfigato!”
Edoardo: “Va bene”.
Domani Edoardo mi porterà altri soldi, altrimenti non lo lascerò più in pace. La verità è che non mi servono i soldi, mi serve Edoardo.
I miei si sono separati sette anni fa, ricordo che di notte non riuscivo a dormire per le loro urla. Una volta sono arrivati i carabinieri perché il vicino aveva telefonato al 112. Casa era un campo di battaglia: i miei si erano rovesciati contro qualsiasi oggetto a portata di mano, persino i miei giocattoli. Papà aveva buttato dalla finestra il telefonino di mamma, mentre mamma stringeva tra le dita un ciuffo di capelli di papà e piangeva.
Quando si sono separati per un periodo sono stato dai nonni e sono stato bene, ma di notte non riuscivo ugualmente a dormire. I miei genitori erano stressati e dovevano cercare una casa nuova, anche se a me piaceva quella vecchia. Papà fece una vacanza ai Caraibi, mamma iniziò a uscire tutte le sere per ricominciare, così diceva la nonna. Poi il giudice ha stabilito che vivessi con la mamma e il fine settimana da papà. Da allora non ho fatto altro che ricevere dei regali bellissimi e ho sempre visto mamma e papà sorridenti, soddisfatti di me.
C’era una tata che mi veniva a prendere a scuola e mi aiutava a fare i compiti. Poi i nonni mi portavano a calcetto e la sera con mamma andavamo spesso da Mc Donald’s, eh mica solo con tuo padre ti diverti, diceva la mamma. Con papà il fine settimana partivamo per delle gite, andavamo con certe amiche sue che a volte avevano altri figli, così potevamo giocare insieme. Che bambino fortunato, mi diceva mio padre, anche se io non riuscivo a dormire. Un giorno, giocando a pallone nel salotto di mamma, ho rotto un vaso che a lei piaceva molto. Sapevo che non potevo giocare a pallone in casa, e avevo paura che la mamma mi sgridasse, ma quando è tornata mi ha accarezzato la testa dicendomi che poteva succedere, perché ero un bambino vivace. Mi è capitata la stessa cosa da papà, però lì ho rotto la televisione della cucina. Papà si è messo a ridere dicendo che avevo una buona mira e sarei diventato un goleador.
Alla fine ho capito che di notte non riuscivo a dormire perché al buio non mi vedevo e, se non mi vedevo io, non mi avrebbe più visto nessuno.
Ora mi vedono tutti, perché a scuola ho trovato Edoardo. Gli altri si mettono a ridere per quello che dico, mi mettono i like su Facebook, si vestono come me e vogliono essere miei amici.
Io mi sento bene, di notte riesco a dormire perché non sparisco col buio e perché penso a Edoardo; chissà mamma e papà cosa direbbero se sapessero di lui. Nessuno aveva visto Edoardo, ma io sì. Ci sono dei giorni in cui lo odio, altri in cui mi fa pena, altri in cui mi dispiace per quello che gli faccio, poi torno a ragionare sul fatto che ora lo vedono, lo conoscono tutti e io sto così bene e mi sento forte… allora no, non posso lasciarlo in pace, altrimenti il buio, tutto quel buio mi farà sparire.


Mattia: “Ciao sfigato! Pare che tu abbia parlato e ho ricevuto un provvedimento disciplinare. I miei sono stati chiamati in presidenza e adesso pensano che io abbia dei problemi. Mi hanno già fatto incontrare uno strizzacervelli. Ho pianto, sai? Non mi capitava da quando ero un moccioso. Ho capito alcune cose, soprattutto di quando piangevi tu, ma ora non sto qui a spiegartele. Ho sbagliato, non sei sfigato e ti lascerò stare, adesso ho altro da fare che occuparmi di te. Adesso tocca a me”.

 

© Racconto di Giorgia Sbuelz per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
Tutti i diritti riservati.
© Foto di Vivian Maier

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