MILANO – Sono tante le ragioni che hanno permesso la creazione del Festival della Letteratura a Milano, dal 6 al 10 giugno. All’inizio ci fu una voglia lunga un secolo, condivisa da tanti, in mille chiacchiere, incontri, dibattiti, convegni; tazze di caffé sul tavolino o inquieti ticchettii tra quattro mura e infiniti punti cardinali. C’è forse un altro mondo all’interno di questo. C’è gente che continua a credere – nonostante tutto – che con la cultura non solo si può mangiare, ma perfino imparare a guardare in modo diverso il piatto che ci troviamo davanti, le persone che ci stanno intorno, la stanza che ci ospita, quella precisa ora del giorno in cui ci fermiamo a curiosare sotto la superficie delle cose, e scopriamo odori, colori, sapori, sensazioni nemmeno sospettati un attimo prima. Qualcuno coniò, molto tempo fa, una parola che ne racchiude tante altre. Cittàmondo. Pressappoco il paradigma zen dell’esistenza: un tutto conformato da singoli segmenti, in ognuno di essi si trova il tutto. Per chi vive a Milano, per coloro che ci sono nati o semplicemente hanno deciso di piantare qui le tende, in un certo momento della loro vita, quel concetto diventa ogni giorno più chiaro. Questa è la città che racchiude tutti i mondi possibili, e perfino quelli che un giorno lo diventeranno.
Da qui nasce l’idea di un Festival della Letteratura. Letteratura come incontro, dialogo, discussione, riflessione, incanto, come “sintesi organica dell’anima e del pensiero d’un popolo”, conformato da tanti popoli. Un contenitore nel quale ospitare tutti quegli incontri, quelle chiacchiere, quelle inquietudini, quelle sensazioni. Incrociando conoscenze, lingue, storie, percorsi personali e collettivi, passioni, desideri, idee. Uscire dai recinti in cui spesso ci siamo da soli confinati e portare tutto quanto alla luce del sole, nelle piazze, nei cortili, nelle biblioteche, sulla strada. E trovare la vera voce di questa CittàMondo, che continua a modificare la sua veste, giorno dopo giorno, a ingrandirsi, a colpi di umanità. Sempre più variegata, multiforme, variopinta.
Protagonisti siamo tutti noi, la gente che legge e quella che scrive, coloro che raccontano con la penna, con la voce, col corpo e coloro che hanno voglia di ascoltare. Cinque giorni di giugno per conoscerci e continuare a dialogare un anno intero.L’idea di base è quella di una rete cittadina composta da librerie, biblioteche, teatri, scuole, università, centri sociali, piazze, androni, cortili, stazioni, tram… e ovunque ci venga concesso uno spazio nel quale fare incontrare la gente con la gente. La gente che scrive e quella che legge, la gente che recita e quella che assiste, la gente che canta, che s’incanta, che suona, che stampa, che disegna, che racconta, che soffre, che denuncia, che ammalia…
Trasformare la città da bere, in una città da leggere, per qualche giorno della sua vita. Invitandola a fermare la sua corsa, soltanto un istante, e a respirare un’aria diversa.E provare a trasformare quel filo vivente delle mille e più realtà culturali che sferragliano senza sosta in una metropoli dalla vocazione cosmopolita, in un tappeto variopinto, forse quello sul quale transitare, Maya permettendo, verso le edizioni successive.