I “Fiumi” e le più crudeli guerre per l’acqua.

FiumiGiulio Gasperini
AOSTA – Se ne parla oramai da anni: il petrolio sta per finire. L’uomo sarà costretto a ripensare alla maniera con cui procurarsi l’energia per ogni aspetto della sua vita, anche il più minuscolo e insignificante. Le prossime guerre saranno tutte per la conquista di un bene più prezioso, più imprescindibile: l’acqua, senza il quale l’uomo neanche esisterebbe. Ettore Mo, giornalista di lunga e decorata esperienza sui fronti di tutto il mondo, nel suo libro “Fiumi” edito da Rizzoli, sceglie di esplorare altre trincee, altri luoghi di guerre più o meno silenziose e dimenticate: quelle che si combattono, appunto, per la conquista e il possesso dei grandi (o piccoli) corsi d’acqua.
Le grandi culture, si sa, sono sempre fiorite in prossimità di fiumi: dalla Mesopotamia, così chiamata per la fortuna di trovarsi distesa tra il Tigri e l’Eufrate, alla civilità egizia, dai Romani alle cultura della valle dell’Indo, dalla Cina al Sud Est asiatico. E da allora il corso dei fiumi ha attirato le attenzioni e le mire speculative di grandi gruppi privati e del potere pubblico. In epoca dell’esaltazione delle energie alternative, l’acqua ha smesso di essere considerata solo come importante per il soddisfacimento dei bisogni primari degli uomini o per la sua importanza agricola, ma si è quantificata per la potenza della sua portata.
Ettore Mo visita il mondo partendo dall’importanza culturale, religiosa, persino mistica, che questi fiumi hanno sempre rivestito per le popolazioni che sulle rive sono nate e si sono sviluppate: il Gange, il Nilo, il Giordano, lo Yangtze, il Mekong, il Rio delle Amazzoni, il Mississippi fino ai più nostrani Danubio e Piave. Nelle storie di Mo c’è il tentativo disarmante di far capire come tutti questi grandi corsi d’acqua e persino alcuni laghi (il Mar Morto, il Lago d’Aral, il Lago Bajkal) siano degli “agonizzanti”, destinati a scomparire dalle cartine geografiche nel giro di pochissimi anni. Non rimane quasi più nulla della loro storia gloriosa, del loro passato, della loro memoria di eventi e ricordi: basti pensare alle vicende della Prima guerra mondiale accadute sulle rive del Piave, o alle tante suggestioni letterarie che il Mississippi, nei romanzi da Twain a Faulkner, ha saputo nutrire e poi evocare.
I reportage di Ettore Mo si arricchiscono, però, anche di dati sulla contemporaneità. Sul faraonico progetto cinese della Diga delle Tre Gole, o sui tentativi del Brasile di sfruttare senza ritegno il polmone verde del mondo, la Foresta amazzonica, con le sue ricchezze di alberi, natura, acqua, sottosuolo. Ettore Mo ci ammonisce, snocciolando dati e presentando persone, famose o meno, che stanno pagando la loro voglia di resistenza. Ma ci ammonisca anche su quell’assurda pretesa dell’uomo di voler a tutti i costi, con ogni mezzo, con un’illusoria onnipotenza, imbrigliare la Natura e piegarla ai suoi biechi e miseri interessi, alle sue assurde pretese di crescita continua e inarrestabile.