L’educazione finanziaria già a scuola? Perché no?

Stefano Billi
ROMA – Si chiede molto alla scuola contemporanea. Anzitutto, dovrebbe formare gli studenti ad acquisire conoscenze e competenze fondamentali all’ingresso nel mercato del lavoro. Poi, dovrebbe insegnare una coscienza civica, educando a quei valori che talvolta le famiglie omettono di coltivare coi propri ragazzi. C’è addirittura chi ritiene come la scuola abbia il compito di istruire circa una morale laica.

Tra queste esigenze di formazione, tuttavia, oggigiorno si affianca la necessità di approfondimento dell’educazione finanziaria, una disciplina che non può non essere inclusa nel bagaglio di saperi che la scuola dell’obbligo annovera e impartisce.

“Educazione finanziaria a scuola. Per una cittadinanza consapevole” è dunque il testo adatto per comprendere l’importanza dell’insegnamento di una materia la cui conoscenza è divenuta ormai imprescindibile. A cura di Enrico Castrovilli e pubblicato da Guerini e associati, questo libro racchiude al suo interno una serie preziosa di interventi non soltanto sul concetto dell’educazione alla finanza, del suo rapporto con la crisi e al contempo con lo sviluppo economico, ma anche sulla sua diffusione all’interno degli istituti scolastici, e del ruolo fondamentale che rivestono i docenti nel coinvolgimento dei ragazzi all’apprendimento di questa disciplina.

Insomma, non solo greco, latino, chimica o letteratura d’oltralpe: è opportuno che gli studenti siano formati anche sotto un profilo finanziario. Non certo perché divengano traders professionisti. Piuttosto, si vorrebbe che lo studente possedesse gli strumenti necessari per «risparmiare e investire meglio, o perlomeno in maniera consapevole», per usare le parole di Massimo Fracaro. Ed è proprio il responsabile di CorrierEconomia che ci avverte della “nostra arretratezza finanziaria”, provocata anzitutto «dalla nostra matrice culturale, basata su radici classiche-letterarie, che molto poco hanno a che fare con la cultura finanziaria, tipicamente anglosassone». Senza contare l’affidamento che per decenni si è rivolto allo Stato, incaricato di pensare alle questioni finanziarie dei cittadini per soddisfare tutti i bisogni economici, dietro – ed è lapalissiano – il pagamento di generosi interessi.

Ma insegnare l’educazione finanziaria a scuola significa inoltre, sottolinea Carmela Palumbo, «riportare le questioni economiche nel solco più vasto del senso di appartenenza alla comunità sociale», giacché «diffondere la consapevolezza dei meccanismi che presiedono ai processi economici e finanziari significa non subirli, e ridurre i rischi non solo di un default finanziario, ma di un intero default civile e sociale che  potrebbe verificarsi quando non ci sia controllo e partecipazione sociale dal basso». In estrema sintesi, «introdurre l’educazione economico finanziaria nelle scuole significa contribuire a tutelare i diritti e la libertà della persona».

Un saggio, quello del Castrovilli, che per l’ensemble degli interventi e per l’accuratezza del curatore nel selezionare i contenuti da affrontare risulta di spiccato interesse, su una tematica, quella dell’educazione finanziari a scuola, che proprio in queste pagine può trovare l’innesco per una sua diffusione a largo spettro. Tra le pagine sono inserite anche le conclusioni di personaggi insigni quali Elsa Fornero e Ignazio Visco, affiancate dagli scritti incisivi di numerosi altri eccellenti autori degli interventi, dotati di un acume particolare nell’evidenziare, in maniera spesso sintetica ma sicuramente azzeccata, i lidi su cui la tematica dell’educazione finanziaria a scuola può e deve radicarsi.

Vale la pena concludere sottolineando come la materia de quo potrebbe poi giovare ai genitori degli studenti chiamati ad apprendere l’educazione finanziaria, giacché, come argutamente sottolinea il Castrovilli, «la finanza non è come imparare una volta per tutte ad amare Dante, piuttosto una continua ri-educazione». Così, nel confronto tra esperienze scolastiche del giovane discente ed esperienze di vita del genitore, diviene più agevole disegnare i contorni di una futura società che sappia intendere l’economia e la finanza non soltanto come un insieme di concetti quali risparmio, quotazione dei titoli, debiti sovrani o spread, piuttosto come benessere di tutti i cittadini.