Giulia Siena
ROMA – “L’essenza dello snobismo è il desiderio di fare colpo sugli altri. Lo snob è una creatura inconsistente, senza cervello, così poco soddisfatta della propria posizione che per darsi un po’ di spessore non fa che sventolare in faccia agli altri titoli e onorificenze, affinché si convincano, e convincano lui stesso, di ciò di cui in realtà non è affatto convinto: che anche lui, o lei, è una persona importante.”
E’ il 1936 quando Virginia Woolf viene invitata da Molly McCarthy al Memoir Club per leggere le proprie memorie. In questo contesto nasce “Sono una snob?”, il saggio che da il nome alla raccolta recentemente pubblicata da Piano B edizioni.
Cosa racconta la grande scrittrice di se? “La conclusione sembra dunque essere che io non sono soltanto una snob da blasoni; ma anche una snob da salotti sfavillanti; una snob da feste del bel mondo”. La Woolf è attratta da quella società fatta di chiacchiere e confronti, una società che si incontra nei salotti buoni di Londra per discutere di arte e lettere, così come ricorda Bloomsbury Group, il suo primo circolo intellettuale. La “scribacchina, sognatrice dilettante”
Virginia Woolf: "Sono una snob?", memorie di una sognatrice dilettante
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