"Diario di un gatto con gli stivali", l’interessante libro di Roberto Vecchioni

Stefano Billi
Roma “Niente è come appare, ragazzo, soprattutto per l’uomo che è di per se già apparenza”.
Aveva ragione Palissandro di Trezene, nei suoi Ta Antikeimena, a sostenerlo, e ha quanto mai ragione Roberto Vecchioni a ribadirlo nel prologo del suo libro, “Diario di un gatto con gli stivali” (Einaudi, 2006).
Infatti sempre più spesso la realtà quotidiana ci si mostra sotto innumerevoli sfaccettature, e sempre più spesso siamo tentati di andare alla ricerca di una non-realtà, ovvero di crearci degli alibi oppure delle giustificazioni che di tale realtà vorrebbero farsi manifestazione.
Ed è per questo che nascono le favole: esse rappresentano le nostre psicologie, celano le nostre paure e mettono a nudo tutti i nostri desideri e le nostre passioni.
Nel suo libro, Vecchioni – da cantautore e cantastorie quale egli è – si diverte a reinterpretare le fiabe più tradizionali, mischiando le carte in tavola, nell’accattivante gioco di stravolgere i ruoli e le sorti dei buoni e dei cattivi: e così le principesse si annoiano, i principi azzurri divengono uomini e i gatti con gli stivali tengono diari come gli adolescenti.
Superficialmente, questo libro sembra adatto ad un pubblico di bambini, ma se lo si legge sotto la giusta luce rivela quel gusto del contrario e quell’incertezza che talvolta contraddistinguono la nostra vita.
L’unico difetto che si può riscontrare nel testo consiste nell’utilizzo di una terminologia un po’ troppo verace, immediata e grottesca, pur tuttavia mai esageratamente volgare ed irrispettosa nei confronti del lettore; con grande abilità, l’autore sa ben risollevarsi da questi momenti per riprendere le sorti del discorso in maniera assolutamente originale ed inaspettata.
Il “Diario di un gatto con gli stivali” è un libro davvero appetitoso, ideale per quei palati letterari alla ricerca di storie vivaci e divertenti.

"Fuori e dentro il borgo", la straordinaria opera prima di Luciano Ligabue

Stefano Billi

Roma – In questa domenica di marzo ricorre il compleanno di Luciano Ligabue, grande cantautore rock italiano, ma anche affermato scrittore e celebre regista.
Per festeggiare questo artista emiliano viene bene ricordare il suo primo libro, intitolato “Fuori e dentro il borgo” (edito Baldini e Castoldi).
Quest’opera prima consiste in una raccolta di storie tutte accomunate dalla circostanza di essere capitate proprio nel borgo (cioè Correggio, il paese dove vive tutt’ora Ligabue): e così prendono vita affascinanti descrizioni di personaggi che, con i loro caratteri peculiari ed assolutamente stravaganti, sembrano essere frutto della più fervida immaginazione ma che, invece, rispecchiano la quotidianità di una cittadina piccola eppure vivace.

Lo stile della narrazione è assolutamente originale e riflette il modus scrivendi del cantautore nel comporre le sue canzoni: frasi chiare e lineari prendono il lettore per mano e lo spingono nelle profondità del borgo per conoscere da vicino quella realtà.
Tutto ciò accompagnato da una straordinaria abilità, da parte dell’autore, nel veicolare il proprio messaggio in maniera sincera, priva di oziosi artifici letterari.
Allora, Luciano diviene come un moderno Virgilio, che aiuta a comprendere i tratti caratteristici di un mondo – il suo – così entusiasmante, che ognuno vorrebbe aver vissuto proprio là.
Non a caso da questo libro è stato poi realizzata “Radiofreccia”, la prima pellicola in cui Ligabue appare come regista: questo film, assolutamente interessante, si occupa di tematiche scottanti, come quella dell’uso di eroina negli anni ’70, e di aspetti di costume, come il fenomeno delle cosiddette “radio libere”.
Da segnalare, in merito, l’emozionante colonna sonora del film creata per l’occasione dallo stesso artista, che riesce a commuovere sin dalle prime note.
“Fuori e dentro il borgo” rappresenta lo strumento ideale per tutti coloro che vogliono apprezzare l’affermato musicista emiliano non soltanto attraverso le sue canzoni.
Perché Luciano Ligabue è davvero un artista a trecentosessanta gradi, così poliedrico ed esuberante nella sua creatività che riesce a conquistare intere generazioni di ascoltatori.
Questo libro ha un’anima rock, e tra le righe il lettore può percepire nitidamente tutta l’energia di quelle storie che hanno caratterizzato la vita di una cittadina emiliana, rendendola frizzante come un Lambrusco d’annata che viene buono tirar fuori nelle occasioni migliori, come del resto oggi che è il compleanno del Liga.
Buon compleanno, Luciano!

Ammaniti ritorna a emozionare con il suo nuovo romanzo, "Io e te"

Stefano Billi
Roma – Diffidate, o lettori, da quei presunti esponenti di una non meglio definita “intellighenzia” che etichettano i libricini come meri prodotti commerciali, oppure come esemplari mal riusciti di storie che in realtà meritavano ampio spazio.
In realtà, dietro questi libelli molto spesso si celano storie commoventi e toccanti, come ad esempio quella narrata in “Io e te”, il nuovo romanzo di Niccolò Ammaniti edito da Einaudi.
La trama di quest’opera presenta caratteri davvero peculiari ed interessanti: Lorenzo, il protagonista della vicenda, si rifugia per una settimana intera all’interno di uno scantinato con l’intenzione di evadere dalla realtà di un carattere – rectius, di una caratterialità – che lo rende introverso e chiuso verso il mondo che lo circonda.

Ammaniti tratteggia in maniera originale, ma anche sincera e schietta, la problematicità di un adolescente che fatica ad avere relazioni con i suoi coetanei e che tuttavia dovrà poi cercare di aprire le porte del suo cuore ad un’inaspettata intrusa, la quale arrecherà forte scompiglio alla volontaria detenzione che Lorenzo si era procurato.
In questo libro scritto dall’Ammaniti, riecheggiano quei tratti interessanti che avevano caratterizzato l’opera prima dell’autore (intitolata “Branchie” ed edita anch’essa da Einaudi); c’è da sottolineare, però, che “Io e te” presenta inoltre molti spunti che fanno intuire come in tutti questi anni la penna dell’autore sia evoluta e maturata.
Infatti, in questo suo nuovo romanzo, Ammaniti abbandona quel modus scrivendi talvolta eccessivamente licenzioso che era presente in “Branchie” per dedicarsi invece alla creazione di una nuova storia che è capace di stringere il cuore.
Ci sono sentimenti particolari, nella vita, che riescono a creare legami con persone che abbiamo conosciuto per poco tempo, quasi di sfuggita; ma, talvolta, proprio queste occasioni strappate al destino riescono a incidere le pieghe della memoria e così quelle avventure che si presentano prima facie come situazioni indesirate e moleste, poi ci portano a scoprire la ricchezza presente nell’altro.
Verrebbe da ricordare quelle righe poetiche scritte da John Donne, dove si afferma che nessun uomo è un’isola oppure quegli ideali sani ed eterni sull’importanza del confronto come fonte di crescita interiore e spirituale.
Altro aspetto di assoluto rilievo di questo libro dell’Ammaniti, consiste nel richiamo fatto dallo scrittore alla drammaticità della tossicodipendenza, tematica ancora attuale e che troppo spesso viene analizzata come una piaga del passato, di una generazione alla deriva nel mare di un contesto culturale (come quello a partire dagli anni Sessanta) dove la droga era rifugio e scappatoia ai problemi della vita.
Un centinaio di pagine, quelle di “Io e te”, che condensano una vicenda tenera e originale, a cavallo tra una gioventù che deve ancora sbocciare e una maturità inesorabilmente smarrita.
Ammanititi conferma il suo originalissimo talento in un nuovo romanzo da leggere tutto d’un fiato, da assaporare sino all’epilogo, riflesso di una vicenda che sa intenerire davvero.