“La strega di Baratti” e un mistero lungo i secoli

La Strega di BarattiGiulio Gasperini
AOSTA – A Baratti, località a strapiombo sul mare nel parco archeologico di Populonia, in provincia di Livorno, fu rivenuta dagli archeologi dell’Università dell’Aquila, in mezzo ad altre tombe di epoca medioevale, una sepoltura anomala ed enigmatica, tra le più famose d’Italia: quella denominata S64, che custodiva la “strega” di Baratti. Stelio Montomoli, in La strega di Baratti edito da Ouverture Edizioni, tenta la strada dell’invenzione narrativa per spiegarci chi sia stata, questa presunta strega, e quale sia stata la storia che l’ha condotta in quella tomba così inquietante.
Ma perché strega? Perché condannata a una sepoltura così crudele? Le risposte, purtroppo, non ce ne sono; ci sono soltanto ipotesi e illazioni. Continua

È il tempo della congiura, “Quando Marte è in Capricorno”.

Quando Marte è in CapricornoGiulio Gasperini
AOSTA – “Quando Marte è in Capricorno” è il tempo della congiura. Come quella di cui narra Silvana La Spina nel romanzo edito da Bompiani nel 1994. Ai danni di Federico II di Svevia. La congiura si fa spazio subdolamente nei rapporti tra persone, percorre fredde stanze, valica improbabili e fragili confini e si semina distrattamente per dare grossi frutti. E con la congiura accade un passaggio, una transizione da epoca a epoca che condiziona una società e ne modifica alla base i meccanismi e i rapporti.
Il punto di vista del romanzo è quello di un vecchissimo Jacopo da Lentini, l’inventore del sonetto, la cui vocazione poetica è da lui stesso considerata timidamente come una pausa rispetto alla sua attività (modesta) di notaro. Rinchiuso, quasi in fuga dal mondo, in un’abbazia benedettina della Sicilia, trascorre il proprio tempo nell’affannoso compito di sistemare la sua attività poetica, il suo splendido “Canzoniere”. Alla notizia della morte di Pier delle Vigne, il consigliere più amato da Federico, accusato di alto tradimento, si spalanca la memoria del notaro e l’imperativo più impellente, quello a cui non ci si può sottrarre, è la stesura di una storia, da lasciare in eredità al figlio, su come sia andata effettivamente la storia; tanto pressante da dimenticarsi delle proprie poesie.
Silvana La Spina edifica una narrazione che travalica la storia, creando una realtà più concreta dei semplici fatti storici, dei semplici avvenimenti da calendario. Solo ipotesi, quelle elaborate da Silvana, ma che assumono la potenza di una verità incontestabile, perché animate da una forza narrativa destabilizzante, tellurica. I legami umani, quelli di amore e di amicizia, sono l’origine di un complesso tessuto, di una rappresentazione che richiama quelle del “pittore di battaglie” di Arturo Pérez-Reverte: un affresco unico, un ciclo continuo di vicende e accadimenti che si rincorrono e nessuno è casuale né vano, ma tutti incatenati e incastrati armonicamente per la realizzazione di un disegno superiore. Ma l’importanza della storica fa un passo indietro di fronte alla monumentale narrazione dell’interiorità di quelle stesse persone che, in altri libri, paiono persino svuotate della loro umanità, per diventare eminentemente pedine di uno schema politico e militare.
In “Quando Marte è in Capricorno” Silvana La Spina non avanza pretese di nessun tipo. Soltanto, si concede il beneficio del dubbio di avere più ragione di chi la storia la teorizza e basta. Utilizzando uno strumento ulteriore, quello dell’italiano. Nel romanzo, la lingua è raffinata poesie: un’attenzione puntuale ma non ostentata verso il lessico. Una scelta preziosa di parole e suoni, di significati e significanti, rendono la lettura di queste pagine un piacere anche musicale ed emotivo.

“Segni di pietra”: la Valle d’Aosta come (forse) non t’immagini

Giulio Gasperini
ROMA – Se dovessimo dire quel che ci viene in mente della Valle d’Aosta probabilmente tutti ci immagineremmo subito alte montagne, lunghe piste da sci, boschi fitti e animali selvatici, la lingua francese che vi si parla in regime di bilinguismo e, forse, qualcheduno penserebbe al casino di Saint-Vincent. Ma c’è un volto della Vallée che andrebbe, in maniera opportuna, sistemato al primo posto di questa improbabile classifica: quello, ovvero, della Storia che qui, in questa grande valle incastrata tra le montagne più alte d’Europa, si è concretata in ardite tracce. Ci riferiamo, ovviamente, ai tanti castelli che punteggiano il suo panorama, appollaiati su speroni di roccia che difficilmente potremmo pensare abitabili e, ancor meno, edificabili. Tutti questi castelli, le torri, i manieri e le residenze che hanno scolpito sulla roccia la storia della Vallée, questi “Segni di pietra”, sono riprodotti in un bel volume realizzato nel 2008 dall’Associazione Forte di Bard, che gestisce l’omonima fortezza, una delle prime che ci mozzano il fiato, per imponenza e arditezza architettonica, entrando nella regione.
Francesco Corni riproduce, con particolareggiati disegni a china, le architetture nel loro complesso, soffermandosi attentamente su dettagli peculiari o più significativi, e offrendoci l’illusione quasi di poter toccare, sfiorare quelle rocce, quei mattoni, quelle finestre dalle ardite linee e geometrie. In alcuni casi, addirittura, i castelli vengon smembrati, proposti in sezione, resi vulnerabile agli occhi di chi guarda, per far comprendere tutta la reale grandezza delle costruzioni. I disegni sono poi accompagnati da piccole didascalie chiarificatrici, che contestualizzano le architetture e tratteggiano indispensabili nozioni di storia.
Dopo alcune introduzioni sulla storia della Vallée, i disegni (che paion quasi elaborazioni grafiche tridimensionali) sono raccolti in tredici sezioni: dai castelli primitivi (tra i quali quelli di Cly, la Tour Colin a Villeneuve e la Torre dei Balivi ad Aosta) ai castelli che si tramutano in vere e proprie residenze (come nel caso di Montjovet e Sarriod de la Tour a Saint-Pierre), dai castelli del periodo aureo (Fénis, Aymavilles e Verrès su tutti) ai castelli trasformati col sopraggiungere dell’artiglieria (il Castello di Saint-Germain a Montjovet e il Forte di Bard) si squaderna tutta la storia della Vallée, così ricca di eventi inaspettati e fondamentali anche per la storia dell’Italia tutta. Basti pensare ai legami strettissimi che unirono la famiglia Savoia a questa piccola regione, a partire dal conte Umberto “Biancamano”, capostipite della dinastia sabauda, che intorno al 1000 stabilì una posizione egemone della sua famiglia in questo angolo di mondo, per finire con Umberto I e Maria José che trascorrevano le villeggiature con grande piacere nel castello di Sarre, usato precedentemente da Vittorio Emanuele II e da Vittorio Emanuele III come residenza per le amate cacce.